Sono mesi che l’Italia (e non solo) attende di conoscere quale
sarà l’atteggiamento del nuovo governo indiano, insediatosi alcuni mesi
fa, con primo ministro l’ultranazionalista Narendra Modi, sul caso dei
due marò italiani detenuti ingiustamente in India da mille e più giorni.
Il verdetto su questo nodo fondamentale della politica estera e della
dignità internazionale dell’Italia si scioglierà dopodomani. La Corte
Suprema indiana, infatti, ha fissato per il 16 dicembre l’udienza sulla
libertà provvisoria di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
La data è stata fissata ieri, in base
all’agenda del massimo ente giudiziario indiano. E questa è,
sicuramente, una buona notizia, perché un’udienza fissata ad un periodo
posteriore avrebbe significato, ovviamente, che tutto sarebbe stato
rimandato a dopo le vacanze di Natale. Il presidente H.L. Dattu con
altri due giudici ascolterà invece martedì i legali della difesa e il
pubblico ministero. Per lo stesso giorno era già prevista l’udienza
presso la Cancelleria della Corte per verificare, nell'ambito dei
ricorsi presentati dall’Italia e dai due fucilieri, se i ministeri
competenti indiani e la polizia antiterrorismo Nia si siano pronunciati
sulla possibilità di escludere la stessa Nia dal processo.
La situazione vede, in questo momento,
separati i due ficilieri, detenuti perché ritenuti coinvolti in un
incidente in cui morirono due pescatori indiani al largo del Kerala il
15 febbraio 2012.
Massimiliano Latorre si trova dal 13
settembre in Puglia per un permesso di convalescenza di quattro mesi
concessogli dopo l’ictus che lo ha colpito a New Delhi. Salvatore Girone
continua ad essere regolarmente in servizio presso gli uffici
dell’addetto militare italiano in India, presso l’ambasciata, con
l’impegno di presentarsi ogni mercoledì presso il commissariato di
polizia di Chanakyapuri. Nella lunga e tortuosa vicenda giudiziaria che
li coinvolge, i due fucilieri avevano in passato ottenuto due permessi
straordinari per rientrare in Italia in occasione del Natale e di
elezioni politiche.
E la speranza delle famiglie, ma anche delle
autorità, è che venga esaminata la richiesta di Girone di poter
rientrare per le festività natalizie. Questo non darebbe solo la
possibilità alla famiglia di riunirsi, ma sarebbe anche un chiaro
segnale di distensione da parte del governo di New Delhi in quella che è
la più difficile crisi che ha incrinato i rapporti tra i due Paesi
nella storia delle loro relazioni diplomatiche.
«Oltre al terreno giudiziario c’è un dialogo
in corso e mi auguro possa produrre risultati»: così si era espresso in
merito alla vicenda il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, nei
giorni scorsi, durante un incontro con la stampa nell’ambasciata
italiana a Washington. «Pensarci sempre e parlarne meno possibile»,
aveva ribadito il ministro . «Tutti abbiamo ben presente la data del 13
gennaio. Ne siamo tutti consapevoli», aveva poi aggiunto riferendosi
alla scadenza del rientro in India di Massimiliano Latorre. Ecco, il
pronunciamento di dopodomani sarà l’incontrovertibile dimostrazione
dello stato dei fatti: se quel «dialogo in corso», al quale si è
riferito Gentiloni, stia, effettivamente, producendo quei risultati che
tutti sperano.
«Vogliamo Salvatore a casa per le festività
natalizie», aveva detto Guglielmo Nardini, presidente del Gruppo
Nazionale Leone San Marco della Marina Militare. «Non ho dubbi
sull’impegno del governo italiano, ci mancherebbe - aveva detto - ma
anteporre l’economia e gli affari economici senza considerare che un
pezzo dell’Italia è sequestrato da uno stato straniero, rende vano il
senso della sovranità e della difesa della Patria su cui noi militari
abbiamo prestato giuramento».
«Se il silenzio - aveva aggiunto Nardini -
come dice il ministro Gentiloni, porta ad una soluzione entro Natale ci
allineeremo al governo di cui abbiamo molto rispetto, anche per essere
stati uomini dello Stato, ma non posso negare l’amarezza dell’intero
Gruppo Leone San Marco quando il presidente del Consiglio, soprattutto
durante il semestre europeo, durante gli incontri istituzionali, si
dimena in dichiarazioni di sudditanza quando incontra il primo ministro
indiano, invece di far valere le ragioni di un diritto internazionale
che riconosce all’Italia il diritto di giudicare i propri militari in
Patria».
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