
 
di Giuseppe Lertora
E’ giunta di recente, da parte
 della Corte Arbitrale dell’Aja, la notizia ferale e insieme grottesca 
della calendarizzazione degli appuntamenti sulla questione dei 2 
Fucilieri di Marina che rimanda, bene che vada, all’agosto del 2018, la 
decisione finale sulla competenza giurisdizionale del caso.  Nonostante 
ogni buona intenzione e predisposizione, tale programmazione appare 
ingiustificabile per la sua lentezza, degna di una burocrazia 
elefantiaca tipica del Vecchio Continente e della nostra cultura, 
cloroformizzata e sempre più avvezza a tempi biblici, anche nelle 
decisioni che riguardano direttamente esseri umani e i loro sacrosanti 
diritti. Che gli Organismi internazionali, dalle Nazioni Unite alle sue 
numerose e ineffabili ramificazioni, come il Tribunale del Mare ITLOS,  
l’UNHCR, la FAO, e via dicendo, fossero Enti che si preoccupano 
essenzialmente del proprio lauto benessere a carico degli Stati e della 
loro sopravvivenza, senza rilevare o decidere alcunché, era arcinoto  a 
tutti i cittadini del pianeta. Che, tuttavia, occorressero tre anni 
almeno… da adesso per prendere una decisione lapalissiana su un 
argomento chiaro sotto il profilo del Diritto Internazionale, sembra un 
fatto abnorme che solleva dubbi e pone serie ipoteche sulla stessa 
credibilità di quella Corte.  Ciò in palese contrasto con le promesse 
della nostra classe  politica, dal famigerato governo tecnico di Monti 
in poi, che “il caso dei 2FCM sarà risolto bene e, soprattutto, 
rapidamente”, salvo abbandonare quei due poveri e ligi servitori del 
nostro Paese (lo Stato è cosa ben diversa, regolato dal Diritto e da 
Leggi rispettate) al loro destino senza mai dichiarare con forza e 
coraggio morale la nostra competenza a giudicarli, la loro innocenza e 
perfino la loro estraneità a quell’incidente. Purtroppo il nostro è un 
Paese che ha conservato per naturale connotazione geografica un suo 
status, senza rilievo geopolitico,  in cui il reale rispetto delle Leggi
 che governano o dovrebbero governare una Società per elevarla a Nazione
 o Stato, si è dissolto nel tempo a causa dell’annichilimento di quei 
valori fondanti delle società liberal- democratiche basati sul rispetto 
dominante delle Libertà e dei Diritti inalienabili degli individui. Con 
ciò abbiamo abbandonato la cultura dei fini, dei risultati conseguiti 
con dignità e onore statuale, facendoci sopraffare dalla cultura dei 
mezzi, della comunicazione, dei dettagli che sono appannaggio di 
tromboni insulsi a cui poco importa di battersi per la propria bandiera e
 per la tutela dei propri figli e della loro libertà:  il caso dei 2 
fucilieri sembra rientrare in uno stato patologico più che fisiologico 
di una società liquida come la nostra in cui la parola Patria è 
soffocata dalla globalizzazione e sempre più bandita dai dizionari e 
dalle nostre menti. Eppure nel caso in specie l’Italia aveva davvero 
tante ragioni da far valere proprio in termini di diritti e norme; dal 
diritto internazionale all’immunità funzionale dei militari impiegati 
all’estero, fino alle prove sulle menzogne indiane, esistevano ed 
esistono argomenti duri come rocce a nostro favore che però non abbiamo 
voluto sostenere con coraggio, muovendoci con discrezione ( o 
opportunismi…) per evitare di infastidire gli indiani ed i loro 
business, lasciando spazio a grandi, roboanti e vani annunci edonistici e
 populistici, sostanziati da un nichilismo galoppante che, tuttavia, non
 paga mai. Evidentemente, oltre ai risultati che sono – ahimè – sotto 
gli occhi di tutti, anche il valore della grandezza “tempo” viene più o 
meno valorizzata a seconda delle circostanze e dei propri interessi; 
forse non sarebbe sprecato studiare meglio la fisica, ma anche avere nel
 contempo una qualche reale leadership per prendere le decisioni 
necessarie e una consapevolezza di identità e di orgoglio nazionale  che
 spesso languono. Einstein, padre  della fisica, nello spiegare la 
relatività al popolo, utilizzava proprio la percezione del 
tempo-relativo: se voi mettete una mano su una stufa rovente anche 
qualche secondo diventa infinito, ma se siete in compagnia di una bella 
ragazza anche le ore volano. Che scherzi può fare la relatività! Ciò porta a riflettere anche per il caso dei 2 Fucilieri;
 un conto è stare nei Palazzi dorati o in quello di Vetro con stipendi 
da favola, con tutti i privilegi di quello status e tutte le possibili 
libertà; altro è se ci si mette nei panni dei 2 Fucilieri che 
dopo un’illegittima  e infinita odissea già sofferta fra soprusi e 
sgambetti, si vedono ora spostare la loro via Crucis di almeno altri tre
 anni per una decisione programmatica di  quei signori. Viene 
da pensare che poco importi della predetta relatività,  e della 
cattività in cui si trovano quei due, anche a causa di un relativismo 
culturale, statuale, e nichilista che ha offuscato i veri valori di una 
Nazione. E, nonostante siano già trascorsi quasi quattro anni da quel 
nefasto 15 febbraio 2012, quando furono proditoriamente e 
illegittimamente arrestati e  sequestrate le armi del nostro Stato, con 
un trattamento simile a due terroristi anche se, è bene ripeterlo, 
stavano svolgendo un compito istituzionale a protezione degli equipaggi 
contro la pirateria particolarmente virulenta proprio nell’Oceano 
Indiano. Cioè combattevano quel crimine delle genti proprio in quelle  
acque  a beneficio della comunità internazionale, ma non ultimo a favore
 ovviamente della vicina India.  E’ sicuramente una storia che resterà 
nei nostri annali come una parentesi grottesca, di un Paese che ha 
subito vessazioni e beffe, con un’incredibile sopportazione e con 
comportamenti  etici spesso opinabili. Nessuno ha avuto reazioni, né 
fornito risposte di fronte a questa ulteriore deriva, giustificando anzi
 – come ha sostenuto il Ministero degli Esteri – che “ci sono dei tempi 
arbitrali!!!”; nessuno si è peritato di dichiarare la loro innocenza e 
la loro estraneità ai fatti e, ormai,  anche le telefonate di 
circostanza e di facciata sembra siano finite.  Eppure la 
calendarizzazione stilata dalla Corte dell’Aja che, immotivatamente, 
mena il can per l’aia, battendo sempre le ortiche con l’affare altrui e 
rinviando il supremo pronunciamento al 2018, sulla competenza giuridica 
tra Italia e India per trattare il caso, ripropone con forza alcuni temi
 e riflessioni, nonchè le relative azioni che non possono essere 
ulteriormente sottaciute o rinviate.
Primo punto – Le lungaggini e l’elefantiaca 
burocrazia paralizzano diversi Organismi, come il Tribunale del Mare di 
Amburgo e quello della Corte arbitrale dell’Aja che, per analizzare, 
discutere e decidere su questioni abbastanza lapalissiane, impiega 
lustri o comunque molti anni… per non decidere nulla. E’  il caso di 
mantenere quei carrozzoni inutili che ci costano una tombola, costituiti
 da elementi autoreferenziali e lautamente pagati, nella sola speranza 
che decidano qualcosa prima che morte ci colga?  Bisognerebbe forse 
iniziare dalle Nazioni Unite che, come noto, è un mostro vorace di 
denari, ma un nano irrilevante quando si tratta di coordinare operazioni
 di peace-keeping o anche di decidere su questioni internazionali; con 
esso bisogna ridurre se non eliminare tutte quelle articolazioni 
dipendenti con lo stesso DNA, come l’ITLOS, l’UNHCR, lo World Food 
Program, la FAO, e via dicendo che sono dei buchi neri privi ormai di 
ogni reale significato  sociale e comunitario, se non quello di 
alimentare stipendi favolosi ai prediletti, innumerevoli, dipendenti.
Punto Secondo – Le decisioni di tali organi vanno 
fatte nel merito, nella sostanza e quindi nei fatti, più che sulle 
opinioni o sulle formalità. La documentazione presentata al Tribunale di
 Amburgo evidenzia oltre ad inaccettabili “taroccamenti” e falsità in 
diversi allegati, che le morti di quei due poveri pescatori sono 
avvenute in tempi diversi di ben cinque ore, e a decine di miglia di 
distanza da dove si trovava la nave Enrica Lexie, la quale – cosa ancor 
più grave –  è stata costretta ad entrare nelle acque territoriali del 
Kerala con premeditati inganni e vessazioni degli indiani. Che, 
peraltro, hanno spudoratamente mentito anche sulla prova balistica, 
tanto che l’autopsia sui due deceduti ha confermato che i proiettili 
letali sono di calibro diverso da quelli in dotazione ai fucilieri del 
San Marco.  Una solenne montatura, costruita ad arte dagli indiani per 
diversi motivi e mai contestata con la dovuta energia e determinazione 
da parte italiana, nell’arco di questi quattro anni ma che potrebbe 
smontata da parte del Tribunale olandese se solo lo volesse: è  chiaro 
che l’iniziativa deve partire dall’Italia che dovrebbe urlare prima la 
loro innocenza e la loro estraneità!
Punto Terzo – La riflessione sulla tempistica. Se è 
vero che la calendarizzazione è opinabile ed estremamente lenta, così da
 definirsi medievale, richiedendo altri 2 anni e mezzo per decidere sul 
caso, va anche ricordato  che la procedura arbitrale era stata avviata 
nel lontano marzo del 2013, quando il governo Monti aveva affermato che i
 2 FCM non sarebbero rientrati in India dopo il permesso pasquale, 
almeno fino a quando non ci  fosse stata una decisione arbitrale sulla 
giurisdizione. Con il loro rientro coatto e il vergognoso voltafaccia di
 quel governo dei tecnici, tutto è andato a ramengo, compreso 
l’arbitrato che, qualora attuato a quel tempo,  pur con le predette 
lentezze dell’Aja, oggi saremo – dopo circa tre anni trascorsi –  alle 
battute finali della loro odissea.
Anche il nuovo governo  – e qui sta il Quarto punto –
 che aveva promesso di avviarlo subito al suo insediamento, ha atteso 
oltre un anno e mezzo: era chiaro fin d’allora che tergiversare non 
serviva a nulla, e che più tardi si iniziava la procedura, più tardi si 
arrivava a un risultato. Tant’è!
Ma è mai possibile che nessuno risponda di quegli errori fatti sulla 
pelle di quella povera gente?     E che qualche onorevole non senta la 
necessità di promuovere una rigorosa Commissione di Inchiesta 
Parlamentare – già richiesta anche di recente al Presidente della 
Repubblica – per far luce sulle responsabilità di certe decisioni, sia 
di ordine politico che militare, e nello stesso tempo proponga una way-ahead condivisa?
Fra l’altro anche il termine dell’agosto 2018 è piuttosto labile e 
rischia di spostarsi ulteriormente a destra;  incomprensibili sono gli 
intercalari di 6 mesi in sei mesi fra le varie memorie delle parti che 
potranno essere diluiti in quanto la Corte potrà concedere dilazioni 
concedendo all’Italia ed all’India di presentare ulteriori dichiarazioni
 e chiarimenti che allungheranno ancora il brodo ed i tempi definitivi: 
altro che prendersela comoda, qui siamo di fronte ad una sfacciata presa
 per i fondelli! Paradossalmente, pur non esistendo tuttora uno 
specifico capo d’accusa nei confronti dei 2 FCM dopo quasi 4 anni di 
detenzione o libertà vigilata preventiva, loro hanno avuto già una 
condanna di fatto, di questi 4 anni  di pena, senza sentenza, senza 
processo e, soprattutto, senza colpe.  E, soltanto dopo quell’agosto 
2018, a fronte della decisione in merito alla giurisdizione presa 
dall’Aja, dovrebbe iniziare il processo in Italia o in India, secondo il
 verdetto del Tribunale Arbitrale; cioè solo allora inizierà la seconda 
parte dell’odissea che si spera avvenga nei tribunali nostrani i quali, 
comunque, secondo le tradizioni della nostra ineffabile giustizia, 
potrebbero richiedere  tempi non brevi.
L’ultimo punto di riflessione in ordine di tempo, ma
 non certo d’importanza, riguarda invece la decisione dell’Aja sulla 
sorte di Girone che dovrebbe scaturire, salvo complicazioni, dalla 
prefigurata riunione del 30 e 31 marzo prossimo venturo, in esito alla 
reiterata richiesta italiana (finora respinta) di farlo rientrare e 
attendere la definitiva sentenza del 2018, in Patria.  Di fronte alle 
farse indiane, ai profili d’illegittimità dei documenti forniti dagli 
stessi, e considerati i soprusi patiti finora dalla parte italiana, lo 
stesso rilancio del verdetto sulla giurisdizione per altri 2 anni e 
mezzo, dovrebbe e potrebbe essere giocato su quei tavoli a nostro 
favore. Sicuramente va sostenuta, come elemento fondamentale, 
l’aberrazione giuridica di mantenere in uno stato di detenzione 
preventiva e continuata, un soggetto, magari innocente, per un periodo 
che si avvicinerebbe ai 7 anni di detenzione. Il rientro di Girone 
potrebbe essere visto come una magra e parziale soddisfazione, ma nulla è
 scontato; almeno in quell’occasione i nostri governanti e lo staff 
degli avvocati difensori dovranno alzare i toni denunciando ogni altra 
diversa  decisione, contraria ad ogni stato di diritto: c’è bisogno non 
di una giustizia scioccamente giustizialista, ma di una giustizia della 
Legge e del Diritto Internazionale. Ci vuole quel coraggio morale che 
sappia vincere le paure, una intraprendenza che soffochi le neghittosità
 e gli opportunismi, e  faccia osare con forza contro i soprusi e per la
 Libertà, soprattutto di quella dei nostri figli-soldati, e dei diritti 
umani di tutti; c’è bisogno di porre in essere l’etica della 
responsabilità a tutti i livelli, poiché una Nazione è tale, e 
democratica davvero,  soltanto se ogni doveroso atto civico dei propri 
governanti è orientato alla tutela dei propri cittadini, soprattutto se 
degni servitori della cosa pubblica. In tale ottica, qualora il 
pronunciamento della Corte dell’Aja di fine Marzo 2016 non decida a 
favore del rientro in Patria di Girone, non possiamo restare inermi ad 
attendere che passi “la lunga notte” grottesca e offensiva della loro 
interminabile odissea, divenendone compartecipi e conniventi; 
un’ulteriore umiliazione personale e nazionale non sarebbe tollerata 
perché il bicchiere  è stracolmo.
Ci rimarrebbe una sola via d’uscita, rischiosa ma onorevole e da percorrere a qualunque costo: dare l’ordine, senza se e senza ma, di andarsi a riprendere Girone a Delhi con le nostre Forze Speciali, alla faccia tosta degli indiani.
P.S: Ieri, 25.1.16, una notizia positiva che si 
spera possa discendere dalla nostra perseveranza nel sostenere la causa 
dei 2 Fucilieri: il sottufficiale Latorre, in Italia per curarsi dopo il
 grave ictus che l’ha colpito oltre un anno fa, accompagnato dall’ 
Ammiraglio De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina, è stato 
ricevuto con grande umanità e comprensione – a detta dello stesso FCM – 
dal Presidente Mattarella: un segnale importante. Ci vogliamo illudere 
che “
la letterina aperta di Natale” possa aver giocato un qualche ruolo nella giusta decisione del nostro Presidente!
 
26 gennaio 2016 
fonte: http://www.liberoreporter.it