(aggiornato il 9 febbraio ore 10)l
Il ritorno dei controlli alle frontiere interne non rappresenterà
forse la fine ufficiale dell’Unione Europea ma darà probabilmente il
colpo di grazia all’illusione di poter costituire un’Europa dei popoli e
minerà definitivamente la percezione che i cittadini europei hanno
dell’Unione in termini di efficacia e capacità di tutelare interessi
comuni, soprattutto quelli legati a difesa e sicurezza.
Dopo aver subito passivamente le crisi in Libia e Siria-Iraq,
l’Europa si è fatta schiacciare da un’immigrazione illegale che lei
stessa ha incoraggiato. Un aspetto che la dice lunga sullo spessore
della classe dirigente che ci governa: abbiamo un dannato bisogno di
statisti e invece dobbiamo accontentarci di politicanti o più
probabilmente di amministratori delegati che gestiscono l’Europa
nell’interesse degli “azionisti”, che non sono i popoli ma i gruppi
d’interesse economico-finanziari.
Le
eccezioni sono poche e le troviamo nei Paesi della Ue meno
globalizzati, in Mitteleuropa, dove ancora forte è l’identità nazionale
e il senso di appartenenza culturale.
Solo l’estate scorsa il premier ungherese Victor Orban, lo slovacco
Robert Fico, il presidente ceco Milos Zeman, ai quali si è aggiunto più
recentemente il nuovo governo polacco, lanciarono l’allarme per
un’immigrazione selvaggia, gestita da criminali in combutta con gli
estremisti islamici o che avevano la complicità evidente della Turchia
che non esercita alcun controllo sui flussi di clandestini diretti in
Grecia. Al tempo stesso Ankara è l’unico sponsor (insieme al Qatar) del
governo islamista libico di Tripoli che controlla le spiagge da cui
salpano barconi e gommoni diretti in Italia.
Un’immigrazione
pere lo più islamica che sta schiacciando l’Europa provocando
disordini, violenze, disastri economici e sociali come già testimoniano
le cronache quotidiane.
Fico e Zeman sono di sinistra, addirittura ex comunisti, Orban e il
governo polacco guidato da Beata Szydło sono di centro-destra ma le loro
affermazioni non hanno ideologia, sono semplicemente ispirate a quel
buon senso che da noi è stato schiacciato dal luogo comune, dal
terzomondismo non certo disinteressato e dall’ossessione per il
politically correct.
L’estate scorsa il presidente della Bundesbank dichiarò che “gli
immigrati sono una risorsa che ci consentirà di restare competitivi sul
mercato del lavoro ancora a lungo” (che significa poter ridurre gli
stipendi agli europei perché gli immigrati si accontentano anche di
paghe molto più basse) e quasi tutti i governi e i media d’Europa
accusarono Orban e soci di fascismo, razzismo e islamofobia.
Adesso
invece molti centri di ricerca economica tedeschi dicono il contrario:
solo nel 2015 l’assistenza ai clandestini è costata alla Germania 21
miliardi di euro, i dati riferiscono di costi per mille euro al mese per
ogni immigrato accolto mentre qualcuno ha “scoperto” che di manovalanza
non qualificata la Germania ne ha già in abbondanza.
Ora la Merkel dice le stesse cose di Orban dopo essersi accorta che
l’accoglienza per tutti le fa perdere denaro e consensi e, dopo i fatti
di Capodanno a Colonia e in numerose altre città tedesche, che una
consistente presenza islamica crea problemi di convivenza sociale,
legalità e ordine pubblico.
Anche la Gran Bretagna si rifiuta ora di accogliere i minori sbarcati in
Italia e Grecia e, come USA e Canada, sceglie i siriani da ospitare
direttamente nei campi profughi in Giordania, Turchia e Libano. Come si è
sempre fatto per i profughi di tutte le guerre del passato.
Persino
la civilissima Danimarca fa pagare, come ha sempre fatto la Svizzera, i
costi dell’accoglienza ai tanti immigrati benestanti mentre la
socialdemocratica e accogliente Svezia ha detto basta e vuole
rimpatriare 80 mila clandestini indesiderati.
Userà voli charter con costi proibitivi senza contare che forse 80
mila persone (per lo più giovani uomini) destinati a tornare in Africa e
Asia opporranno qualche resistenza.
Anche il resto d’Europa si appresta a procedere a espulsioni di
massa, costose e difficili da attuare, ma la risposta dell’Unione
rappresenta forse la migliore conferma che quest’Europa, così com’è, è
da buttare alle ortiche.
L’abrogazione
di Schengen significa infatti che i tedeschi rispediranno in Austria i
clandestini respinti, l’Austria a sua volta li rimanderà in Ungheria o
Slovenia, che a sua volta li espellerà in Croazia e poi in Macedonia
anche se in molti di questi Paesi la realizzazione di “muri” ai confini
impedirà ogni ingresso di immigrati. Probabilmente molti verranno
rimandati in Italia e Grecia, dove sono sbarcati.
Del resto che l’Europa non esista è stato sancito anche dal fatto che
i vari programmi di distribuzione degli immigrati negoziati per
settimane, non sono mai stati attuati né rispettati.
La vera lezione da apprendere, chiara come il sole, è che l’Europa ha
fallito perché non ha difeso le sue frontiere esterne. E non le ha
difese perché l’Europa non esiste.
Basta
vedere cosa combina Eunavfor Med, missione navale nata per il contrasto
dei trafficanti ma che in realtà raccoglie clandestini e li sbarca in
Italia come l’operazione di soccorso Mare Nostrum.
Eppure l’Europa, se esistesse, avrebbe dovuto aiutare l’Italia e la
Grecia con denaro e mezzi navali a fermare i clandestini, soccorrere
eventuali malati ma respingere con fermezza sulle coste libiche e turche
tutti gli altri. Come sostiene da tempo Analisi Difesa, in breve tempo i
flussi sarebbero cessati poiché nessuno pagherebbe i trafficanti per
ritrovarsi sulla spiaggia da dove è salpato. Un’iniziativa da
accompagnare con l’approvazione di una legge europea che sancisse che
nessuno, neppure chi avrebbe diritto all’asilo, riceverà mai accoglienza
nella Ue se raggiunge l’Europa rivolgendosi a organizzazioni criminali.
Se
invece di regalare miliardi di euro (3 ma diverranno presto 5) e
promesse di ingresso nella Ue al presidente Recep Tayyp Erdogan avessimo
minacciato la Turchia di embargo commerciale se non fermava i barconi
diretti sulle isole greche e non si riprendeva indietro coloro che erano
riusciti a sbarcare a Lesbo o nelle altre isole elleniche, l’emergenza
sarebbe durata non più di due settimane e molte vite si sarebbero potute
salvare.
Invece riempiamo di miliardi Erdogan che, come confermano i report di
questi giorni, continua a far salpare clandestini dalle coste
dell’Anatolia (in gennaio sono arrivati in Grecia in 67 mila) e ci
prende pure per i fondelli. Nelle località turistiche intorno ad Antalya
molti negozi e venditori ambulanti hanno affiancato ai souvenir
massicci quantitativi di giubbotti salvagenti che vanno a ruba tra i
clandestini in attesa di salpare per la Grecia.
Il
tutto ovviamente sotto gli occhi indifferenti o compiacenti delle
autorità turche: polizia, gendarmeria, guardia costiera e marina.
Il mondo intero ha visto un’Europa in ginocchio, incapace di esprimere
la benché minima deterrenza nei confronti di turchi, criminali e
terroristi, peraltro tutti islamici.
Anzi, per compiacere il leader di Ankara, la Merkel si è detta addirittura “inorridita” dai raid aerei russi in Siria.
Siamo quindi di fronte, ancora una volta, a un’Europa a credibilità
zero, che si atteggia a grande potenza ma è incapace persino di
difendere i suoi confini dagli immigrati clandestini e oggi conferma il
suo fallimento chiudendo le frontiere interne con atteggiamenti ridicoli
come nel caso della Germania che oggi accusa Italia e Grecia di non
aver fermato quei clandestini che ieri definiva “una risorsa” e voleva
accogliere tutti.
L’aspetto più vergognoso è che tedeschi e nord europei non puntano
neppure oggi a difendere le frontiere esterne della Ue in Grecia o in
Italia ma a sacrificare Atene (e domani forse Roma?) costituendo la
“linea Maginot contro i clandestini” ai confini macedoni.
L’ipotesi che si sta facendo strada è considerare di fatto la Grecia
fuori dell’area Schengen, come riferisce il Financial Times, schierando
truppe Ue ai confini macedoni per sigillarla ermeticamente.
Di fatto la Grecia diverrebbe una “zona cuscinetto” abbandonata a sé stessa, un immenso campo profughi estromessa dalla Ue.
Una proposta che sembra piacere a nord europei perché avrebbe costi
limitati e ai Paesi balcanici perché fermerebbe i flussi prima dei loro
confini.
La motivazione ufficiale è infatti che la natura frammentata dei
confini greci, a causa delle centinaia di isole, rende impossibile
fermare nell’Egeo il flusso di immigrati.
In
realtà sarebbe possibile ma richiederebbe soldi, navi da guerra e una
politica un po’ meno genuflessa nei confronti di Erdogan: insomma un po’
di quegli attribuiti di cui tradizionalmente l’Europa è priva.
Risulta quindi ben più facile e meno costoso scaricare la Grecia e
lasciarla andare alla deriva economica e sociale. Del resto negli ultimi
anni abbiamo buttato miliardi per assistere chiunque arrivasse in
Europa pagando i criminali mentre abbiamo a lungo negato. nel nome del
“rigore” aiuti ai greci benché la situazione sociale di Atene fosse
gravissima.
Anche i miliardi che alla fine la Ue ha girato alla Grecia sono per
lo più finiti nei forzieri delle banche tedesche e francesi che si sono
liberate dei buoni del tesoro ellenici oppure sono stati prestati in
cambio della svendita di banche, aeroporti e persino isole per lo più
acquisiti da gruppi tedeschi.
C’è
davvero di che essere fieri di un’Europa forte con i deboli, debole con
i forti ma soprattutto in ginocchio davanti a “bulli” e criminali.
Dopo aver saccheggiato la Grecia di tutto ciò che avesse un valore,
Berlino e i suoi vassalli si apprestano a scaricarla, a espellerla di
fatto dall’Europa schierando truppe in Macedonia.
Un insulto ulteriore se si considera che Skopje, che ha già
realizzato una doppia barriere di reticolati ai confini greci, non è
membro dell’Unione e che Atene neppure riconosce la Macedonia, il cui
nome è lo stesso di una regione ellenica.
Un piano nefando che in breve tempo getterebbe la Grecia nelle mani
dell’estrema destra di Alba Dorata e che potrebbe anticipare azioni
simili anche nei confronti dell’Italia secondo un progetto di cui da
tempo si vocifera, partorito a Berlino, per istituire un nuovo accordo
di Schengen ma ristretto ai Paesi nordeuropei.
In
Italia intanto neppure il nuovo trend della Ue sembra fermare la foga
umanitaria del governo Renzi. Le flotte italiana ed europea Eunavfor Med
continuano infatti a sbarcare in Sicilia migliaia di immigrati
clandestini africani (5 mila in gennaio) raccolti in mare.
Vengono quasi tutti dall’Africa Occidentale, non hanno alcun diritto
all’asilo e vogliono andare in Germania, Gran Bretagna e Svezia dove
verrebbero inseriti nelle liste degli espulsi da rimpatriare.
Ma ciò nonostante l’Italia resta coerente ai suoi principi: impiegare
i militari per accogliere tutti gli immigrati clandestini ingrassando i
criminali legati al terrorismo islamico ma anche le associazioni vicine
alla politica che in Italia gestiscono il business dell’assistenza.
Poi,
eventualmente, con molta calma e ulteriore spreco di denaro del
contribuente, penseremo ai rimpatri di coloro che non hanno diritto
all’asilo.
L’aspetto forse meno pubblicizzato dai media del recente viaggio di
Matteo Renzi in Africa Occidentale (accompagnato dal capo della Polizia,
Alessandro Pansa) è quello legato alla firma di accordi con Nigeria,
Ghana, Senegal e Costa d’Avorio per l’identificazione e il rimpatrio di
circa 35 mila clandestini provenienti da quei Paesi.
Appena il 10 per cento di quelli sbarcati in Italia negli ultimi due anni e mezzo e in gran parte riversatisi in Nord Europa.
Foto: Vox Europ, Reuters, AP, AFP, EPA. Marina Militare Italiana
di Gianandrea Gaiani - 8 febbraio 2016
fonte: http://www.analisidifesa.it