
Il fascismo, per fortuna, non esiste più. La marea nera che doveva 
travolgere le italiche urne si è attestata su percentuali da prefisso 
telefonico. Esiste, però, l’ironia della sorte. Per cinque lunghi anni 
ci siamo dovuti sorbire una forma di antifascismo di ritorno in chiave 
istituzionale: Laura Boldrini ha parlato dell’imminenza di un pericolo 
fascista con la stessa cadenza con cui Giorgio Mastrota, nell’intera sua
 carriera televisiva, ha provato a piazzare materassi. Non è la stessa 
cosa, per carità. Però siamo arrivati a dover sopportare robe come 
questa: Il New Yorker si è chiesto come mai, differentemente 
dall’America dove hanno cancellato i simboli scomodi del passato, in 
Italia sia ancora pieno di monumenti del ventennio. Il clima alimentato 
nel belpaese, del resto, ha supportato questo genere di interrogativi.
La motivazione sarebbe banale: gli Stati Uniti sono una paese privo 
di un’epica. Noi non abbiamo avuto bisogno di costruire enormi 
grattacieli per farci notare dal mondo. E il fascismo si è richiamato ad
 un periodo, quello dell’antica Roma, che resterà sui libri di storia a 
prescindere dai desiderata boldrineschi. L’Appia, giusto per dirne una, è
 l’unica strada della Capitale che non è sprofondata in qualche 
voragine. Ma la Presidenta non si è mai arresa all’evidenza e pare sia 
persino arrivata a parlare
 di “disagio” in riferimento ai monumenti costruiti durante il 
ventennio. Pare, cara Presidenta, che il “Colosseo quadrato” e i suoi 
simili siano destinati a rimanere dove sono. Pare anche di poter dire, 
cara Presidenta, che l’estremismo antagonista di certi centri sociali sia considerato più pericoloso delle bottiglie di vino ritraenti il faccione del Duce.
Esisterebbe, questo sì, l’esigenza di pacificare per sempre la 
nazione e di porre fine a una dialettica, quella del 
fascismo/antifascismo, che certo non ha contribuito a rasserenare gli 
animi di un paese che avrebbe altro a cui pensare. I problemi degli 
italiani, e lei cara Presidenta se n’è accorta il 4 marzo scorso, sono 
del tutto differenti. Quelli che continuano a professarsi “fascisti” a 
settant’anni dalla fine della guerra, quei pochi, farebbero bene a 
smetterla. I rischi veri sono rappresentati dall’instabilità politica e 
dagli attacchi speculativi. E allora altro che raduni nostalgici a 
Predappio! Ma l’ironia della sorte, si diceva, esiste. E lei, cara 
Presidenta, lascia la presidenza della Camera dei deputati il 23 marzo. 
La medesima data in cui, nel 1919, vennero fondati i Fasci italiani di 
combattimento. Questa legislatura si insedia proprio in coincidenza di 
questo anniversario. E lei, onorevole Boldrini, avrebbe potuto proporre 
di abolire la data nefasta dal calendario gregoriano. E forse lo farà lo
 stesso, ma le sue parole avranno meno spazio mediatico e un peso 
diverso. Buona legislatura, ex Presidenta.
di Francesco Boezi - 23 marzo 2018
 
