Un reportage fra elefanti foggiani, politici italiani e miliardari globali 
 
 
Invitati arrivano al matrimonio di Ritika Agarwal e Rohan Metha (Stringer/Getty Images)
 
 
      La
 storia del matrimonio indiano è finita sotto i miei occhi in un bar del
 Salento a fine agosto. Stavo mangiando un pasticciotto, una delle 
pochissime attività che compio in estate assieme alle torsioni sul mio 
asse per evitare le piaghe da decubito, e ricordo ancora perfettamente 
l’occhiello pieno di 
understatement di 
Repubblica Bari:
“IL MATRIMONIO DEL SECOLO”
Il pezzo si riferiva ai due ricchi giovani indiani che avevano scelto
 per motivi misteriosi di sposarsi a pochi chilometri da Fasano. Come 
tutte le altre testate locali in edicola 
Repubblica Bari si 
prodigava in una ridda pressoché infinita di particolari su quanto lo 
sposalizio sarebbe stato (traduco liberalmente): enorme, meraviglioso, 
smodatamente ricco, insultantemente (ma anche ammirabilmente) fastoso, 
lunghissimo, florale, tamarro, dorato, decisamente indiano ma pure 
orecchiette-munito almeno nella giornata di giovedì, quella dedicata 
agli chef locali. Il lieto evento veniva descritto esplicitamente come 
“fiaba” “episodio da mille una notte” e tacitamente come “quello che non
 voi non vivrete mai sciocchini privi di aziende di famiglia che 
fatturano 3 milardi di dollari l’anno”.
Il matrimonio non solo era in quanto tale un atto contro natura, 
pensavo io, ma in questo caso specifico, dicevano i giornali , era 
organizzato in un regime di ristrettezze con l’esile budget di 10 
milioni di euro per tre giorni.
Sfacciatamente oligarchico cioè ma anche episodico e ad appannaggio 
di gente che abitava lontano abbastanza da poter generare con la sua 
ricchezza più ammirazione che risentimento.
(e soprattutto sobrio)
«Però dieci milioni di euro…» sospirai in direzione della ragazza che
 era con me, per tutelare la privacy della quale, visto che lavora per 
un grosso giornale dotato di scarso senso dell’umorismo, rinominerò 
“Conchita”.
«Quando hai finito con quel pasticciotto andiamo al mare» rispose però Conchita poco impressionata
.
 E sarebbe finita così, dato che io e l’India non ci siamo mai 
considerati troppo, non ho infatti mai sentito il bisogno, nemmeno 
nell’età più a rischio, di cercare il mio me stesso più 
vero veramente, in un paese dove le mucche sono sacre e la gestione dei cadaveri contempla “gettarli in un fiume” come soluzione.
Nei giorni seguenti però i dettagli sui media sempre più 
pantagruelici e assieme bollywoodiani dell’evento hanno incominciato a 
risuonare con l’incerta eco stonata e ridondante di chi ha da riempiere,
 in fretta e per pochi soldi, mezza pagina o più e non sa bene come 
farlo, un dramma che ho conosciuto molto bene nei miei passati giorni da
 cronista. La cifra a disposizione degli organizzatori ad esempio 
aumentavano e cambiano valuta, il tutto nello stesso giorno, per citare 
letteralmente:
«Il budget sale da 10 milioni di dollari a 20 milioni di euro, 
fino a sfiorare quota 25»
Questo svolazzo delicato da 5 milioni di euro che farebbe venire un 
attacco di panico a un fact checker del New Yorker, affiancato a un 
parco invitati che ora si diceva totalizzasse il 20% del Pil Indiano e 
ai due elefanti aviotrasportati dall’India, da Parigi, o dal luogo dove 
nascono i sogni, incominciava, non posso negarlo, ad arraparmi 
parecchio.
Aggiungi che i due rampolli Ritika Agarwal e Rohan Metha, pur essendo
 a detta di tutti indianissimi si erano già sposati la settimana 
precedente con rito civile a 
Londra, nota città della penisola 
indiana. Qualcosa non tornava. Nella lottizzazione del discorso 
mediatico l’immancabile “quota polemica” era però occupata dalla 
mobilitazione pro-marò capeggiata da un generale di brigata 
dell’esercito e da un ammiraglio dell’aviazione, oltre che, in maniera 
autonoma, dalla ormai semplice quanto necessaria pagina Facebook di 
protesta. In questo caso si trattava di “nessun amministratore fasanese 
al matrimonio indiano” gestita dal giornalista fasanese Romano Bianco.
Rimanevano quindi tutta una serie di questioni fondamentali in sospeso ovvero:
Gli indiani esattamente chi erano? Perché tutta questa tamarraggine? Perché si erano già sposati a Londra?
Quanto deve essere grande un aereo adibito all’Ele-trasporto? Non 
sarebbe stato più sensato calare i pachidermi dall’alto con dei jet 
pack?
Il sindaco di Fasano, Lello di Bari, sospeso dal suo ruolo dopo la 
condanna in primo grado per abuso di ufficio, avrebbe partecipato al 
matrimonio come auspicato dal padre della sposa?
Perché “no” solo agli “amministratori fasanesi”? Cosa sarebbe 
successo se per caso il presidente della regione Valle d’Aosta fosse 
stato un vecchio amico di famiglia degli Agarwal o un addestratore di 
elefanti?
L’atteggiamento con il cappello in mano nei confronti dello straniero
 con i soldi esibito da molte fra le autorità e i giornalisti era 
condiviso dagli abitanti della zona?
Si sarebbe riusciti a vedere qualcosa delle maxi celebrazioni o mi 
sarei dovuto travestire da odalisca e avrei dovuto cedere il mio corpo a
 un nerboruto bodyguard di Monopoli?
E soprattutto la domanda che nessuno nella campanilistica Puglia 
sembrava farsi: perché cazzo due miliardari indiani vengono a sposarsi a
 Fasano?
Se due rampolli giapponesi venissero a sposarsi, che ne so, a 
Crevalcore mi chiederei il perché, invece qui nessuno sembrava avere 
nulla da eccepire. Per quanto sia noto come per il sud poche cose siano 
più naturali del fatto di essere amato, sentivo che bisognava indagare.
(i portici del centro storico di Fasano. via Gofasano.it)
Gradualmente Conchita sembra interessarsi alla storia. Dall’headquarter de 
Linkiesta,
 a chilometri di profondità dentro una fredda montagna lombarda, mi 
fanno sapere che la storia si può fare. Così con l’idea di vedere prima 
se il muro di gomma che secondo i media avvolgerebbe impenetrabile 
l’evento sia davvero così spesso, decido di approcciarmi gradualmente al
 territorio fasanese, e scelgo di farlo con una ricognizione che per 
forza di cose deve partire da una circospetta mangiata di bombette nella
 vicina Cisternino.
Finiamo in uno dei tanti locali che da quelle parti uniscono una 
macelleria al ristorante, ti scegli la carne al bancone, poi ti siedi e 
te la servono cotta.
Alla 25° bombetta, Conchita ha quasi perso i sensi e con il telefono spara Somewhere over the rainbow di 
Israel "IZ" Kamakawiwoʻole  a volume 
sedicenne algerino sul bus 36 e io ne approfitto per approcciare uno dei camerieri sulla storia del matrimonio degli indiani.
 
Guarda un po’ lui ci deve lavorare proprio venerdì, solo non è ancora
 sicuro perché danno 70 euro, dice con lo sguardo di chi non si 
allontana dalle bombette per compensi a meno di tre cifre. «Ci possiamo 
sentire però, così ti racconto tutto», mi spiega fissando Conchita.
Da lì io e la mia amica rotoliamo satolli verso il centro di Fasano 
dove trovo un barista che risponde volentieri alle mie domande, sempre 
senza levare lo sguardo di dosso da Conchita, e assicura di avere un 
sacco di foto di Borgo Egnazia luogo dove si svolgerà la prima delle 
serate del matrimonio (foto per altro tranquillamente reperibili sul 
sito della struttura, ma questo ancora non lo sapevo).
(Un particolare di Borgo Egnazia)
Capisco comunque alcune cose:
1. C’è margine per scoprire qualcosa di più delle cifre del budget che era 10 milioni poi 20 poi 25 e poi ha 
sfiorato il Pil della scandinavia.
2. Per evitare di finire nella sezione “omicidi per gelosia” del 
Quotidiano di Brindisi bisogna che lavori a questa storia da solo.
3. Fondamentale però è l’intuizione che mi dona Conchita prima di 
svenire su un divanetto al 2° amaro del capo (Cochita non regge 
l’alcool),
Ricorda Quit: gli elefanti sono l’epicentro simbolico della storia!
Sento che ha ragione: se troverò gli animali, coglierò il senso profondo di tutta questa vicenda.
Così il giorno successivo siamo di nuovo a Fasano e mi lancio sulle 
tracce dei pachidermi con un comodo identikit tracciato sul taccuino.

(l’identikit)
Sui giornali si legge l’agiografico resoconto dell’incontro fra il 
sindaco sospeso Lello Di Bari e il padre della sposa Pramad Agarwal, che
 ci tiene molto ad invitare il fasanese almeno come amico se non proprio
 come autorità. Di Bari di fronte a questa via d’uscita sapientemente 
offerta dal miliardario, è felice di accettare.
 (L’ulivo nell’invito è stato interpretato da più parti come segno
 di grande conoscenza del territorio da parte degli sposi. Non è infatti
 scontato notare uno dei 60milioni di esemplari che si trovano in 
Puglia, 14 per ogni abitante)
(L’ulivo nell’invito è stato interpretato da più parti come segno
 di grande conoscenza del territorio da parte degli sposi. Non è infatti
 scontato notare uno dei 60milioni di esemplari che si trovano in 
Puglia, 14 per ogni abitante) 
Quanto al bene pubblico che da più parti gli si chiede di restaurare 
in zona come mancia sui 10, 20, 25 o millemila milioni di euro che ha 
già speso, Agarwal risponde che beni pubblici no, ma sta valutando di 
comprare casa da queste parti. Allora rilanciano chiedendo se, già che 
c’è, per caso non gli piacerebbe comprarsi almeno l’Ilva di Taranto, e 
lui gentilmente declina ancora, assicurando però che della Puglia gli 
piace proprio tutto-tutto.
Per motivi che forse afferiscono con il suo non essere il ministro 
degli esteri indiano ma un imprenditore londinese, Agarwal non risponde 
(almeno pubblicamente) alla lettera aperta sulla Gazzetta del 
Mezzogiorno del deputato Pd Dario Ginefra che, prendendo con forza le 
distanze dalle polemiche sui marò, chiedeva esattamente un 
interessamento per la questione dei marò. Lo faceva con le seguenti 
parole
«provate a svolgere una volta tornati in India» forse intendendo per 
le ferie «una funzione attiva per aprire una breccia proprio dove, sino 
ad oggi, hanno fallito le nostre democrazie».
(Pramod Agarwal / crediti: Stringer/Getty Images)
Ma chi è esattamente Pramod Agarwal, padre della sposa e misterioso 
magnate del ferro? Agarwal è nato a Bombay da un clan originario dello 
stato di Haryana e vive da anni a Londra con la sua famiglia, 
esattamente come i Metha (la famiglia dello sposo) ecco il perché del 
matrimonio civile nella capitale inglese.
Nasce professionalmente come trader con interessi in Russia e Hong 
Kong ma nel 2004 in Brasile intuisce in anticipo il boom del ferro che 
verrà causato dall’espansione dell’economia cinese e compra la sua prima
 miniera. Fa così il salto di qualità e si espande soprattutto in 
Sudamerica, ricevendo di recente, nonostante le proteste degli abitanti 
della zona interessata, anche l’appoggio del presidente uruguaiano di 
sinistra Jose Mujica per il progetto di scavo 
Valentine, un affare da 3 miliardi di dollari.
Pramod mantiene il centro direzionale della sua azienda, la Zamin, a 
Londra e non sembra intenzionato a fare business in India per timore, 
dice, delle lungaggini burocratiche necessarie a fare qualsiasi cosa da 
quelle parti. Gli analisti sostengono che non ha nemmeno voglia di 
differenziare la sua attività ma punta ad una espansione all’interno del
 suo settore che definire ambiziosa è pochino: passare da 5 miliardi di 
tonnellate l’anno al 45 nel giro di un lustro.
Agarwal ha già sistemato una figlia con un matrimonio a Venezia, che 
se non è stato il più costoso fra i matrimoni dei miliardari indiani 
(c’è anche chi ha speso 50milioni per una singola cerimonia) è stato 
comunque molto apprezzato dagli esperti di settore per originalità e 
cura dei dettagli. Quelli di noi che non guardano al mondo con un 
sistema di valori mutuato dalle pagine di 
Chi potrebbero a 
questo punto chiedersi che senso abbia spendere tutti questi soldi per 
un matrimonio, ma sarebbe una domanda che sconta un certo pregiudizio 
romantico occidentale e paga dazio a tutta la retorica delle “Mille e 
una notte” e “fiaba all’ombra degli ulivi” che, come detto, ha 
contraddistinto la campagna mediatica italiana sull’evento .
Il business dei matrimoni indiani è precisamente un business, non 
solo per quanto riguarda la realizzazione ma anche per la loro natura di
 rito socio-economico in cui l’amore come lo concepiscono i libri 
Harmony o le rubriche di Natalia Aspesi trova ben poco posto. In India 
esistono persino dei mediatori il cui lavoro è quello di intrecciare gli
 interessi delle grandi famiglie combinando matrimoni convenienti per 
gli affari in cui le stesse sono coinvolte. Pankaj Shastri, un broker 
matrimoniale che tratta solo famiglie con dei 
billion ha dichiarato a Forbes india:
«normalmente le contrattazioni avvengono in forma di budget per 
il matrimonio. Le famiglie devono trovarsi d’accordo su un budget che li
 rappresenti come status» 
Il matrimonio è dunque un momento per confermare il proprio status ma
 anche per instaurare nuovi rapporti e creare opportunità di business, e
 non sono rari gli sposalizi da cui nascono accordi che generano ricavi 
in grado di coprire ampiamente le spese milionarie di organizzazione 
dell’evento. Il carattere a metà fra conferenza aziendale e la riunione 
di clan è talmente conclamato che di recente è nata la tendenza a 
celebrare, prima dell’evento vero e proprio, anche dei matrimoni 
paralleli con invitati solo i veri giovani amici degli sposi, 
relativamente meno sfarzosi ma più divertenti per i partecipanti.
All’interno di questo quadro non è facile scoprire l’attuale attività
 di Arun Metha, il padre dello sposo, il quale, forse proprio per questo
 motivo, è praticamente assente dalle cronache italiane dell’evento. Ex 
co-fondatore in Olanda della Mexx, brand di abbigliamento mondiale non 
presente in Italia, Metha ha venduto la società all’azienda americana 
Liz Claiborne nel 2001. Vive anch’egli a Londra, passa molto tempo nella
 sua villa nel sud della Francia, e ci sono pochi dubbi sul fatto che il
 figlio Rohan rappresenti un partito consono a Ritika Agarwal.
Nel pomeriggio di mercoledì faccio un sopraluogo a Borgo Egnazia. Fra
 i campi di ulivi spuntano da lontano due gru bianche, sospese sopra 
quella che apparentemente è una masseria ristrutturata a fini turistici 
ma vista da vicino assomiglia più a un paese privato vero e proprio. 
Dall’alto Borgo Egnazia è grande quasi quanto il vicino paese di 
Savelletri,
(Borgo Egnazia sulla sinistra e Savelletri sulla destra)
All’esterno del lato verso l’entroterra sono piantati i tendoni 
bianchi del personale, gruppi di giovani parcheggiano le loro auto fra 
gli ulivi, si infilano in jeans e maglietta dentro le tensostrutture e 
ne escono in livrea da camerieri. Poi ci sono gli attori, i figuranti e i
 ballerini, con i vestiti più larghi, i piercing, i tatuaggi e le 
acconciature un po’ scapigliate. Una Cinquecento con madre e figlia 
armate di smartphone scivola lenta sulla strada che costeggia il muro di
 cinta, dei turisti stranieri in bicicletta intravvedono le strutture e 
le americane del palco e si fermano a chiedere «there is music?» ai 
buttafuori che fanno sì sì con la testa senza sapere bene come 
spiegargli che però non sono invitati. Questo è il periodo dell’anno in 
cui sulla costa di Fasano i turisti italiani sono ripartiti, sostituti 
da russi francesi e inglesi. Fuori da Borgo Egnazia passano furgoni con 
la guida a destra, macchine, pullman turistici. Dentro il borgo fervono 
ancora i preparativi, una delle gru muove un albero ricoperto di luci. 
Passando davanti all’ingresso principale, s’intravvedono golf cart 
trasportare donne indiane con indosso vestiti tradizionali. Degli 
elefanti però nessuna traccia.

 
(Preparativi. Durante lo show dalle braccia partiranno fuochi d’artificio. Spero usi un deodorante senz’alcool)
Il borgo sembra effettivamente 
off limits così faccio un 
salto in città alla redazione di Fasano Live, uno dei tre giornali 
online di una città con 40mila abitanti, gli altri sono GoFasano e la 
versione web dello storico cartaceo “L’osservatorio”.
La sede di FasanoLive è in uno scantinato ristrutturato di fresco 
poco lontano dal centro e i giornalisti sono tutti molto giovani. 
Vincenzo è il cronista che sta seguendo la storia per il sito e per un 
quotidiano cartaceo locale, mi accoglie nel suo ufficio e racconta con 
un certo orgoglio come questo non sia il primo matrimonio di milionari 
che si svolge sul territorio.
(preparativi a Borgo Egnazia)
Lo scorso anno ad esempio era stato il turno di Justin Timberlake che
 con l’occasione aveva voluto anche vedere il famoso presepe vivente di 
Pezze di Greco. A Ottobre.
Glielo si era dovuto fare apposta convocando i figuranti fuori 
stagione. Quest’anno poi a luglio nel più assoluto riserbo era stato il 
turno di un ex vice presidente di Google ( che nella versione che 
circola nei bar della zona diventa inevitabilmente “il presidente”) 
Nikesh Arora. Ora a Fasano è il momento della terzogenita di Agarwal e 
del giovane Metha, un evento che sta attirando molta più attenzione 
degli altri perché nonostante tutte le notizie attorno ai contratti di 
riservatezza (per 5 anni) che sarebbero stati firmati dai dipendenti è 
stato il più pubblicizzato sin dall’inizio. Il risultato è che così 
tanti giornalisti da queste parti non si sono mai visti. E il balletto 
dei dati? Il 20% del Pil indiano non è un po’ troppo? Forse è un dato un
 po’ alto concede Vincenzo, ma al tempo stesso non crede che i lettori 
qui prestino davvero molta attenzione al reale significato di queste 
cifre. Cosa manca ancora? Servirebbero le foto da dentro, spiega, tutto 
il resto ormai l’abbiamo fatto.
Gli chiedo se hanno pensato a un drone ma lui con il sorriso di chi 
queste cose non deve certo farselo dire dal topo di città, risponde 
«hanno i tiratori scelti, si rischia di perderlo, troppi soldi».
E delle critiche che mi dici? C’è chi sostiene che l’impatto 
dell’evento per l’economia della città sia minimo. Vincenzo non è 
d’accordo racconta delle grandi quantità di pollo acquistate da 
un’azienda fasanese, dei 100 iphone, 400 schede e 50 computer acquistate
 in città e delle tante persone assoldate per l’evento (si parla di 700 
in tutto, di cui circa 200 dal territorio), oltre ai dipendenti fissi 
delle strutture impegnate nel matrimonio. Fatti un giro nel 
capannone-magazzino nella zona industriale sud, aggiunge, li hanno preso
 quasi tutti ragazzi di Fasano. E comunque sì, qualcuno che ha proprio 
in odio il turismo c’è, ma si tratta di pochissime persone per fortuna, 
gente che vive lontana, che non sa quanto il territorio abbia bisogno di
 soldi e di lavoro, ci danno dei venduti quando a me nessuno mi ha mai 
detto niente su quello che scrivo, fortunatamente, conclude, Facebook 
non è il mondo reale.
Senti ma perché venire a sposarsi proprio qui? Perché è la terra più bella del mondo, spiega con il 
claim
 ufficiale di ogni campanile italiano. Il vero orgoglio di Fasano 
comunque, anche più del turismo di alto livello è la pallamano, sport in
 cui la città è campione d’Italia, Vincenzo ad esempio è appena tornato 
dall’Alto Adige dove era andato a seguire la squadra per il giornale.
Mentre mi accompagna fuori, discutiamo di dati e di traffico, gli 
incubi di tutti i giornalisti della nuova generazione. «il matrimonio va
 forte, di solito invece le cose che tirano di più sono gli incidenti, 
specie se ci sono coinvolti dei giovani» spiega un po’ rassegnato o 
realista, che dir si voglia. Una volta per una frase così si sarebbe 
incolpato il giornalista, oggi grazie alle statistiche in tempo reale 
non si può che prendersela con i lettori.
Più tardi seguo il consiglio di Vincenzo e raggiungo la zona 
industriale sud di Fasano, che è ben distanziata dalla città e vicina 
alla superstrada Brindisi-Lecce. Di notte è un luogo un po’ spettrale, 
piena di strade laterali chiuse da sbarre elettroniche e totalmente 
priva di segni di vita. Solo in fondo in mezzo a un nugolo di TIR, si 
erge il capannone della Track zero, uno dei partner della società 
organizzatrice del matrimonio, la Balich world wide shows del veneziano 
Marco Balich, producer di grandi eventi fra i quali le cerimonie delle 
olimpiadi di Sochi e di Londra, e personaggio noto anche alle cronache 
rosa per il suo legame con la presentatrice tv Victoria Cabello.
La festa a Borgo Egnazia però ormai è iniziata e così quando arrivo 
al magazzino non c’è quasi più nessuno, solo una bella ragazza sui 
trent’anni che a un banchetto all’ingresso vende panzerotti a un euro e 
birre Forst a due per i lavoratori. Fin troppa calma oggi, sospira come 
chi ha visto passare una festività che non tornerà prima di un anno. Il 
grande capannone alle sue spalle fino a poche ore prima era diviso in 
due parti, quella in cui venivano cuciti i vestiti per gli spettacoli, e
 quella dove c’erano le prove delle coreografie. Ora sono entrambi 
vuoti, rimangono solo delle pile di casse di legno alte fino al 
soffitto. Fuori dal capannone, osservando i Tir e il cielo, bevo una 
Forst con un autotrasportatore di Bologna sui cinquanta, pancia 
prominente, codino, e una certa vena narrativa sul tema “tour musical in
 sud America durante la sua giovinezza”. Ok, ma questa volta invece?
«Questa volta qua al posto degli strumenti che porto da una vita mi 
hanno fatto portare di tutto e da ovunque. Siamo stati fino in Bulgaria a
 prendere i vestiti».
Che vestiti?
«Ma di ogni. Cose da antichi romani, minotauri… cose così».
Minotauri… Ma l’elefante?
No, del pachiderma ancora nessuna traccia.
Torno a Borgo Egnazia, davanti all’ingresso principale presidiato 
dalla sicurezza adesso stazionano una serie di troupe televisive, ma da 
lì tutto quello che possono filmare sono i Vito Mercedes con i vetri 
scuri che si infilano nei check point ed entrano nel borgo sfilando fra 
le due fila di bracieri ornamentali.
Supero in auto gli avamposti dei media e raggiungo i tendoni 
all’estremo opposto del borgo. Lì ci sono giovani lavoratori in pausa 
che mangiano, bevono o chiamano a casa a raccontare quanti soldi tengono
 questi indiani. Da dentro le mura giunge a volume altissimo un’infinita
 musica epica che sembra presa dal menù iniziale di un videogioco 
sull’antica Grecia. Mi siedo con alcuni di loro e chiacchieriamo un po’.
 L’argomento unico è lo splendore misurato in cifre non verificate. 
Camion pieni di 200mila euro di fiori dall’Olanda
(arredi floreali a Borgo Egnazia)
proiettori da 60mila euro, alberghi per gli ospiti a 150mila euro al 
giorno, campagne affittate per parcheggiare le auto a 10mila per tre 
giorni, le cifre transitano di bocca in bocca come una palla di neve 
fatta di euro che diventa più grande ad ogni passaggio,
Tutto qui è splendido soprattutto in quanto grandemente costoso, un processo che ricorda vagamente Mary Louise Parker in 
Weeds quando scopre che per fare felici i ricchi newyorkesi deve vendergli l’erba a dieci volte il suo prezzo.
Gli immaginari si fondono acrobaticamente e Shakira (che ha cantato 
al matrimonio della primogenita di Agarwal a Venezia e si dice canterà 
anche a questo) sarebbe stata avvistata nei dintorni con Vucinic ex 
attaccante, molto compianto, del Lecce. Dopo un altro po’ di chiacchere e
 bevute con i ragazzi salta fuori il modo per entrare dentro Borgo 
Egnazia.
(dentro il matrimonio)
Ne approfitto e finisco proprio sotto l’albero che avevo visto 
preparare nel pomeriggio. Alla mia sinistra gli invitati, sistemati su 
degli spalti, guardano lo spettacolo delle proiezioni epiche a tema 
greco-romano sulla facciata del palazzo di fronte, alla mia destra 
invece ho il backstage degli attori che impreziosiscono la coreografia. 
L’attore più vicino a me, guarda un po’, è vestito proprio da Minotauro.
Video of Dal matrimonio di Ritika Agarwal e Rohan Metha
Lo show assomiglia molto a una 
cerimonia di inaugurazione dei giochi olimpici, senonché l’iconografia 
pur spettacolare ricorda quel tipo di semplificazione con cui di solito 
noi occidentali ci rapportiamo al resto del mondo, questa volta però 
l’onda della rappresentazione per sommi capi ci torna indietro spinta 
dai venti del denaro globale. Per una sera l’altro da dipingere sulle 
pareti in un infedele trompe-l'œil fatto di luci, non è il santone, il 
selvaggio, l’imperatore lontano, ma la nostra età classica. L’effetto è 
un po’ straniante ma decisamente al passo coi tempi.
Lo spettacolo s’interrompe quando le famiglie dei festeggiati salgono
 sul palco e ringraziano i presenti e gli abitanti della zona che li ha 
accolti. Nel discorso di Agarwal, nonostante sia davanti a più di mille 
persone, c’è una vibrazione d’intimità così forte che anche se sono 
dentro da poco e potrei avventurarmi più a fondo nel borgo decido di 
aver visto quanto basta. E poi le inaugurazioni delle olimpiadi le ho 
sempre trovate un po’ noiosette.
Tutto attorno a me comunque baluginano gli smartphone di invitati e 
dipendenti che fotografano e girano video, ed è chiaro che presto le 
immagini arriveranno anche ai giornalisti in posa qui fuori di fronte ai
 bracieri. (Nei giorni successivi infatti sono apparse diverse gallery: 
qui gallery Repubblica, 
qui
 gallery Osservatorio Oggi). Così varco in senso opposto i controlli di 
sicurezza e me ne vado a mangiare. Pollo fasanese anche per me, come per
 gli indiani, ma non ai tavoli con le forchette placcate in oro ma in un
 ottimo ristorante di Speziale, poco lontano.
(tavoli con le famigerate forchette)
Il mattino seguente salgo in quota, verso la Selva di Fasano, 
frazione del comune abbarbicata su quelle colline che più a nord 
diventano le Murge. In una zona molto silenziosa, immersa nel verde e 
piena di villette si trova anche l’abitazione di Romano Bianco, 
giornalista e scrittore fasanese da anni di stanza Roma. C’è lui dietro 
il gruppo facebook “nessun amministratore fasanese al matrimonio 
indiano” più volte citato anche dai telegiornali Rai.
Bianco è un uomo simpatico, a suo modo preparato e ricco di forti 
convinzioni. Mi fa accomodare in terrazzo di fronte al giardino pieno di
 alberi e incomincia a parlare del suo arcinemico Lello di Bari. Un 
esponente, dice, di quel partito unico degli affari che in Puglia come 
nel resto d’Italia non conosce bandiera politica. Romano si definisce, a
 malincuore, l’unica opposizione locale, dato che “il movimento in 
comune” una specie di omologo fasanese del movimento 5 stelle è a suo 
parere chiuso nell’immobilismo (lui li chiama “il partito narcisista 
fasanese”) e i giornali che ritiene compattamente compiacenti verso i 
progetti di Lello di Bari e degli imprenditori turistici. Secondo Bianco
 il turismo a Fasano non è questo grande affare (qui il suo slogan è 
«Lusso ai forestieri/tasse ai fasanesi»), le retribuzioni dei dipendenti
 comuni di molte strutture turistiche sono basse e gli straordinari 
pagati pochissimo, mentre le tasse dei rifiuti per i residenti aumentano
 e le strutture alberghiere godono di sgravi fiscali. Gli stessi 
complessi che chiudono le spiagge più belle per uso privato, quelle di 
un tratto di costa fra i pochi della provincia di Brindisi ad essersi 
salvato dalle speculazioni edilizie degli anni 70 e 80. A Savelletri, 
aggiunge, la pasta costa il doppio che a Fasano (7,2 km di distanza). 
Be' al mare è normale, obbietto «io sono per i prezzi differenziati per 
fasanesi, in Trentino lo fanno e cosa ci manca a noi per essere come il 
Trentino?» Qui in effetti non so bene come reagire, bloccato 
dall’immagine mentale di ulivi innevati. Per non parlare, continua 
Bianco inarrestabile, dal crescente numero di incidenti stradali dovuto 
anche alla presenza crescente di turisti. Pure sull’indotto per il 
territorio del matrimonio indiano ha dei grossi dubbi, anche perché per 
Bianco ciò che conta per calcolare i benefici è solo il fasanese in 
senso stretto, e se il pane, come sembra, gli sposi l’hanno preso a 
Monopoli (14,6 km di distanza) non è un vero vantaggio per il 
territorio. Anche se non lo dice esplicitamente l’impressione è che per 
lui sia un po’ come se lo avessero importato direttamente da Bombay. Fra
 le tante cose forse quella che fa infuriare di più Bianco è il 
famigerato dato del “20% del Pil indiano” che sarebbe presente alle 
nozze, dato che è stato ripreso senza controlli da quasi tutti i media. 
Sulla pagina della protesta, Nicola Lamacchia un suo amico (fasanese) 
analista trasferitosi in svizzera dove lavora per una società 
finanziaria, ha fatto un lungo intervento dove a suo dire smonta il dato
 arrivando a un più modesto 2-3%. Il vento però sta cambiando e comunque
 vada il processo di appello di Lello di Bari, il tempo del sindaco del 
turismo di lusso, secondo Bianco, si avvia alla fine. Ma da dove deriva 
tutto questo autonomismo fasanese? Fasano, dice, è sempre stata una 
città autonoma da quando era un feudo indipendente dei cavalieri di 
Malta, il retaggio viene da lì. Poi mi mostra la bandiera fasanese di 
sua ideazione che è, testualmente, così composta:
Striscia celeste come il cielo di Fasano
Striscia verde come la campagna di Fasano
Striscia azzurra come il mare di Fasano
Disco centrale giallo come il sole di Fasano.
Molto bella, ma i marò?
Ai marò bisogna che gli sia garantito un giusto processo che sia in 
Italia o in India, cosa che non si può dire stia avvenendo, poi possono 
pure essere condannati se sono colpevoli. Nel frattempo però un 
amministratore italiano non può andare a un matrimonio di indiani.
Non è mica il ministro degli esteri.
Lo stesso, è un segnale.
Poi ci salutiamo perché deve partire per l’Austria dove va a seguire 
la squadra del Fasano nella Champions League di pallamano, davvero 
l’unico minimo comune denominatore fra il giornalista Bianco e i suoi 
giovani colleghi del web.
Scendo dalla collina e punto verso il municipio, dove ho un appuntamento con il vero grande vincitore di tutto l’
affaire matrimonio
 indiano, il sindaco sospeso Lello di Bari che da giorni sta passando da
 un’intervista all’altra fra giornali nazionali, internazionali e tv.
Di Bari è al secondo mandato, ha un condanna in primo grado per abuso
 di ufficio per il piano di recupero del centro storico di Fasano, 
l’appello è previsto per novembre di quest’anno quindi ai sensi della 
legge Severino nel frattempo è sospeso dall’incarico. Benché militi nel 
centrodestra nel passato è stato anche in giunta sotto Nicola Latorre, 
dalemiano di ferro. Carismatico medico chirurgo, Di Bari è una 
personalità divisiva, amata ma anche molto discussa nel paese, non solo 
da Romano Bianco. Quando lo incontro in municipio indossa camicia Ralph 
Lauren, al polso porta in bella vista un Rolex e la custodia del suo 
smartphone riporta il logo Ferrari, una delle sue passioni più note.
(Il sindaco Lello Di Bari al matrimonio. Via Osservatoriooggi)
Sa bene che questo è il suo momento e non fa nulla per nascondersi, 
anzi accetta ogni contatto con la stampa, tutte occasioni buone per 
raccontare la sua narrazione ovvero quella di un territorio che ha 
saputo arrivare all’onore delle cronache con una pianificazione 
lungimirante e lunga più di un decennio. A suo agio, assertivo e non 
privo di analiticità, Di Bari è ben rodato sugli argomenti più dibattuti
 di questi giorni, ma non da comunque l’impressione che in un altro 
momento sarebbe stato facile da cogliere in fallo, è uno scafato 
politico di piazza.
Ad esempio prima ancora che riesca a fargli presente la polemica 
sull’opportunità di partecipare dopo la sua condanna e la conseguente 
sospensione, lui mi ha già raccontato la genesi della sua amicizia con 
Agarwal, nata nell’incontro di due ore avvenuto due giorni prima al 
termine del quale si chiamavano per nome ed era diventato amico di 
famiglia della dinastia del ferro. Da qui l’invito alla cerimonia in 
questa nuova forma privata. Problema risolto insomma, almeno per lui.
In questi mesi però anche dopo la sospensione ha a presenziato a molte eventi pubblici.
Solo se mi invitavano, e sempre in forma privata, dovevo dirgli di no?
È per questo che ci troviamo in anticamera e non nell’ufficio del sindaco?
Esattamente, lì ora c’è il vicesindaco.
È pur vero che l’anticamera è sempre parte del municipio. Ieri è stato alla festa?
Sì
 e devo dire che è un evento di dimensioni immani che non mi sarei 
aspettato ora qui a Fasano, anche se siamo abituati ai matrimoni di 
grandi dimensioni. Un evento di questo tipo me lo figuravo fra qualche 
anno. Sono passati solo 12 anni (14 in realtà, forse Di Bari si confonde
 con l’anno in cui diventò assessore ndr) dall’operazione Primavera 
voluta dal ministro Bianco contro il contrabbando che al tempo era la 
più importante attività economica della zona. Stroncato il contrabbando 
si trattava di capire cosa fare in questo territorio, dal 2002 al 2007 
come assessore all’urbanistica e dal 2007 in poi come sindaco intrapresi
 insieme ad alcuni imprenditori che avevano sia la volontà che i mezzi 
economici, questa direzione che oggi ci porta all’attenzione del mondo.
Si riferisce ai Melpignano e ai Muolo.
Esattamente,
 e poi ad altri come loro. C’è da dire che nelle nostre strutture vige 
il rispetto della privacy, in questo caso invece sono uscite 
indiscrezioni due settimane prima ma anche perché non c’è stato un veto 
da parte delle famiglie degli sposi. Un mese fa quando è venuto il 
vicepresidente di Google hanno mantenuto un riserbo assoluto della 
privacy, di quell’evento non sappiamo assolutamente niente. Nel caso di 
Justin Timberlake c’era la richiesta di privacy ma c’erano anche delle 
esclusive con delle riviste, in questo caso invece è stato diverso, e le
 proporzioni sono, ripeto, immani, chissà quando ricapiterà un evento 
come questo. In soli 12 anni credo sia un ottimo risultato, con 530mila 
presenze nel 2013 eravamo al 6° posto fra le località turistiche della 
Puglia, dopo posti come Gallipoli, Peschici o San Giovanni Rotondo, 
quest’anno probabilmente miglioreremo ancora.
Il turismo chiuso nei resort però ha un impatto economico limitato sul territorio.
Era
 chiuso nei resort all’inizio, ora le cose sono cambiate. Il problema è 
che all’inizio fuori dai resort non c’erano servizi all’altezza delle 
aspettative di quel tipo di turisti. Tutti i nostri bar ora hanno del 
personale che parla inglese, una cosa impensabile fino a 3-4 anni fa, 
parlavano solo dialetto e l’italiano. Ora i turisti escono, non 
rimangono chiusi nelle “cattedrali nel deserto”.
E per quanto riguarda i marò?
Noi
 siamo sempre stati solidali con i marò, abbiamo anche esposto uno 
striscione qui in piazza. Ma non si poteva pretendere che il sindaco di 
una piccola di città di provincia risolvesse una crisi internazionale 
dove sia il governo indiano che quello italiano hanno delle 
responsabilità. Tra l’altro anche volendo un sindaco non ha l’autorità 
per impedire un matrimonio in forma privata. A parte che fare una 
promozione del territorio come questa sarebbe costata milioni di euro, 
mai avrei pensato di rilasciare un intervista al “Times” di Londra, non 
c’è solo questo se è vero, come è vero, che questo matrimonio ha portato
 ricchezza a tutto il territorio italiano dato che le due agenzie 
principali dell’organizzazione sono di Milano e di Roma, gli 
autotrasportatori sono arrivati da tutta Italia così come tante altre 
figure che hanno collaborato. Non sono state impiegate solo persone del 
nostro territorio, ma da tutta la Puglia e da tutta l’Italia.
Saluto il sindaco-non sindaco e il suo discorso della vittoria e me 
ne vado mentre risponde al telefono con una giornalista di Mediaset 
felice che nella location scelta per il secondo giorno si riesca a 
vedere qualcosa anche da fuori.
Che fosse impossibile declinare l’invito al matrimonio come sembra 
sottintendere Di Bari non è del tutto vero. Il governatore della Puglia 
Nichi Vendola, ad esempio, era a sua volta fra gli invitati e ha 
anch’egli incontrato il padre della sposa prima della cerimonia. Con un 
equilibrismo d’alta quota di quelli che capita di dover fare ai leader 
di sinistra in un mondo dominato dai capitalisti si è detto felice della
 pubblicità per il territorio pugliese, stimata anche qui non si capisce
 esattamente come in un controvalore di 100 milioni di euro, così come 
si è rallegrato per l’indotto, però poi ha declinato l’invito perché «in
 un momento di così grande crisi non ritengo opportuno partecipare ad un
 evento così sfarzoso». Ha fatto però sapere che gli sarebbe piaciuto 
riceve un pumo di grottaglie placcato d’oro, la bomboniera, da lasciare 
in regione a fine legislatura.
A questo punto comunque rimane aperta solo la questione degli 
elefanti. Il mistero sui giornali, seppur a celebrazioni iniziate 
continua: non si sa da dove ne quando arriveranno né dove staranno. 
L’arcano lo risolviamo per primi io e Conchita quella stessa mattina. 
L’animale simbolo del “matrimonio del secolo” in realtà è presente in un
 solo esemplare e se ne sta in gran segreto, ma rispettando le severe 
prescrizioni di legge, in una vecchia fabbrica vicino al mare, a pochi 
chilometri da Savelletri. Non arriva dalla capitale francese, né 
dall’India, ma dalla più prosaica Foggia, dove era in forze al Circo 
Nazionale d’Italia, ha più di trent’anni e il suo proprietario è un uomo
 originario di Lugo di Ravenna.
(l’elefante indiano-foggiano)
Da vicino i sogni sono spesso un po’ più simili alla realtà del 
previsto. Il mare della vecchia fabbrica si sta alzando, ha preso una 
tonalità di azzurro virata verso il grigio e il cielo sembra promettere 
la pioggia tanto temuta dagli sposi.
L’estate è finita, la festa degli indiani-londinesi della nuova 
aristocrazia globale continuerà anche in caso di pioggia, neve, grandine
 o attacchi di scimmie volanti, io e Conchita decidiamo di ripartire per
 il nord.
Le immagini e i video dei festeggiamenti varcheranno da sole i muri 
dei resort di lusso sulle onde dei wi-fi e finiranno sui giornali grazie
 all’inevitabile narcisismo primario tipico dell’epoca dei “social” , un
 tempo storico in cui solo i dirigenti di società come Google sono 
davvero capaci di vivere nell’ombra, il che dovrebbe insegnarci 
qualcosa, ma no, tranquilli, non lo farà.
D’altro canto, è anche vero che come diceva Wittgenstein ben prima che dio inventasse il modem a 56k
Se hai una stanza dove non vuoi che entrino certe persone mettici
 una serratura di cui non hanno una chiave. Ma non ha senso parlare di 
questa stanza, a meno naturalmente che tu voglia fargliela ammirare da 
fuori 
Chiudo la portiera, lascio fuori il fischio del vento che arriva 
dall’adriatico e percorro la manciata di chilometri verso la superstrada
 Brindisi-Bari, le 4 corsie che separano Fasano dai resort sulla costa 
dove arrivano per brevissimi periodi celebrità del mondo globale, un 
business a cui questo piccolo mondo si è votato anima e corpo. Una volta
 qui si viveva delle sigarette senza bollo che arrivavano dalle navi 
madre ormeggiate di fronte al Montenegro e ora si segue il profilo 
Twitter delle star per capire se verranno o meno a cantare agli eventi 
super segreti e si lavora nelle cucine e negli alberghi.
Un piccolo paese in cui il punto di riferimento del potere locale è 
uno di quei medici scesi in politica tipici del sud, un po’ sciamani, un
 po’ capo-popolo, un po’ macchiette, con una condanna in primo grado che
 fa sempre curriculum ma anche un progetto di lungo termine in mente, un
 piccolo paese dove l’economia è in mano a una manciata di imprenditori 
molto efficienti che hanno capito che nel futuro globale e sempre più 
iniquo che ci aspetta il lusso è un settore che difficilmente conoscerà 
crisi. Un piccolo paese dove popolazione accetta il modello di sviluppo 
con l’attitudine tipica del sud per cui i soldi anche se sono pochi e 
mal distribuiti non si discutono, perché potrebbe sempre andare peggio. 
Un paese dove proprio come a Roma centrodestra e centrosinistra vanno 
spesso d’accordo, dove i media nazionali scendono a cercare sensazione 
più che senso, un paese dove chi proprio non è d’accordo su nulla è 
perché vive altrove o in collina, e chissà se la penserebbe davvero così
 se stesse ancora da queste parti. E poi ce la fama, il proprio nome 
sulle mappe, la pubblicità, le troupe, i cronisti, e, certo, anche i 
reporter di long-form. Soprattutto c’è “l’importante è che se ne parli”,
 il mantra con cui la provincia, povera fino all’altro ieri, incontra la
 società dello spettacolo totalizzato. E infatti, eccoci qua.
9 settembre 2014 
fonte:
http://www.linkiesta.it/reportage-matrimonio-ritika-agarwal-rohan-metha-quit-the-doner