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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

01/11/14

Finalmente lo hanno fatto: Monsanto ha acquistato la Blackwater, il maggiore esercito di mercenari del mondo





Se qualche cosa mancava alla nefasta multinazionale Monsanto ( specialista in produzioni OGM ed altri veleni per l’agricoltura ), questo era l’assoldare un esercito privato di assassini prezzolati a difesa dei propri interessi.  Considerando che questa grande multinazionale controlla la distribuzione di alimenti sulla metà del pianeta, condivide asset finanziari con le più importanti società farmaceutiche e produce armi nucleari e biologiche, da ultimo si è assicurata anche la produzione del vaccino per il virus dell’Ebola ed il suo campo di interessi spazia dalla chimica all’agricoltura, agli armamenti, alle biotecnologie ed ai brevetti sulle sementi, non c’è da meravigliarsi che la grande “corporation” abbia avuto la necessità si arruolare un esercito mercenario a tutela dei propri interessi.


Questa notizia  viene rivelata da una informativa di Jeremy Schaill, in una inchiesta per il giornale “The Nation”,  dove si afferma che l’esercito mercenario più grande al mondo, quello dellaBlackwater (in precedenza denominato Xe Service e dopo, di recente come ” Academi”), è stato acquistato dalla multinazionale.
La Blackwater era considerato un servizio di “intelligence”  privato che si era macchiato di molti crimini e violazioni di legge, in particolare durante il conflitto in Iraq dove i mercenari della Blackwater erano stati accusati di aver compiuto  massacri contro i civili ed aveva operato anche su altri teatri di intervento, in Medio Oriente ed in Africa,  a seguito delle forze USA. Questo esercito privato aveva cambiato il suo nome nell’anno 2009. Nonostante il suo cambiamento formale, la Blackwater continua ad essere considerata attualmente come il maggiore “contractor”  privato del Dipartimento di Stato USA, come agenzia segreta di “servizi di sicurezza” che opera con azioni coperte di attività di terrorismo di Stato che vengono occultate e negate  dal governo di Washington.
Alcuni siti di controinformazione hanno denunciato che molti agenti della CIA ed ex militari lavorano per la Black Water o società collegate, che cercano di deviare l’attenzione dalla loro cattiva fama ed ottenere significativi guadagni commerciali. Questi mercenari vendono i loro servizi che vanno dalle informazioni illegali fino alle tecniche di infiltrazione, lobbismo politico, spionaggio  ed addestramento paramilitare per conto di governi, banche e corporations multinazionali.
Secondo quanto riferito da Scahill, il business con la Monsanto viene fatto con le commesse  della Chevron e da giganti finanziari come Barclays o la Deutsche Bank, attraverso l’incarico appaltato da due società, la “Total Intelligence Solutions” ed il “Terrorism Research Center”, entrambe di proprietà di Erik Prince, lo stesso proprietario della Blackwater. Questi organismi  condividono funzionari e direttori con la Blackwater.
Uno dei direttori chiamato Cofer Black, è quello che divenne famoso per la sua brutalità quando era un dirigente della CIA, fu lui stesso  che prese i contatti con la Monsanto nell’anno 2008, essendo a capo della Total Intelligence. La Monsanto contrattò i suoi servizi per spiare ed infiltrare organizzazioni per la tutela dei diritti umani, degli animali e di attività transgeniche (oltre ad esercitare il controllo sulle altre multinazionali che si occupano di biotecnologie e farmaceutici).

La multinazionale Monsanto non soltanto uccide molte migliaia di persone con i suoi prodotti chimici, ma ne uccide altre anche con colpi di fucile automatico oppure per mezzo “incidenti”. Le sue vittime preferite sono giornalisti indipendenti, attivisti, esponenti politici e chiunque che si ritenga un ostacolo per i suoi piani di espansione. Ad essere contattato da Scahill, il manager Kevin Wilson della Monsanto si è rifiutato di fare commenti ma più tardi si è confermato dalla “The Nation” che la Monsanto aveva incaricato la Total Intelligence nel corso del 2008 e del 2009, secondo la società, “soltanto per effettuare una schedatura pubblica dei suoi oppositori”. Il manager della Monsanto ha anche sostenuto che la Total Intelligence era  “una società totalmente separata dalla Monsanto”.  Tuttavia Schahill detiene copie di comunicazioni via mail da parte di Cofer Black, emesse dopo la riunione con Wilson della Monsanto, dove si spiega ad altri ex agenti CIA, utilizzando caselle della Blackwater, che la discussione con Wilson aveva enfatizzato il fatto che la Total Intelligence si era trasformata nel “braccio operativo della Monsanto”, “per spiare gli attivisti e per altre azioni, come integrarsi illegalmente in questi gruppi”. Risulta che la Monsanto ha pagato alla Blackwater 127.000 dollari nel 2008 e 105.000 nel 2009 per questi servizi.
Non è affatto sorprendente che una multinazionale  che si dedica in forma estensiva alla scienza della morte, come la Monsanto, che si era occupata fin dagli inizi di produrre veleni tossici come l’”agente Arancio” (usato dagli USA in Vietnam), le sostanze PCB (bifenili policlorati), pesticidi, ormoni, semi geneticamente modificati, ed anche armi nucleari, si sia associata con un’altra impresa di assassini e mercenari.

Gli inizi della relazione tra Bill Gates e la Monsanto
Quasi simultaneamente con la pubblicazione di questo articolo nella The Nation, l’organizzazione degli agricoltori organici “Via Campesina”, in Argentina,  ha riportato che la Fondazione Bill e Melinda Gates ha acquistato 500.000 azioni della Monsanto, pagando più di 23 milioni di dollari, una azione questa che distrugge una qualsiasi maschera di filantropia che si era dato il personaggio. Un’altra associazione fra criminali che non risulta inaspettata.
Bill Gates controlla più del 90% del mercato dei brevetti nel mondo dell’informatica, oltre a promuovere e finanziare campagne di vaccinazione per laboratori genocidi ed essendo responsabile di sperimentazioni illegali con farmaci fatte in paesi sottosviluppati, mentre la Monsanto controlla il 90 % del mercato mondiale delle sementi transgeniche e delle sementi commerciali a livello globale, avendo fondato una grande casa farmaceutica oggi denominata Pfizer.
In altre parole non esistono peggiori monopoli nel settore industriale e neppure così estesi. La stessa esistenza di questi organismi implica che gran parte del mondo è stata di fatto  sottomesso ad un sistema finanziario globale e totalitario in cui viene negato il principio della libera concorrenza  e del “libero mercato”.
Tanto Gates come la Monsanto sono estremamente aggressivi nel difendere i loro monopoli mal originati.  Essendo al servizio delle direttive della potente famiglia dei Rothschild, sia Gates che la Monsanto si dedicano a distruggere l’agricoltura organica in tutto il mondo, cosa che ha avuto inizio principalmente attraverso “l’Alleanza per una Rivoluzione Verde in Africa” (AGRA), che ha operato come un cavallo di Troia per privare i contadini africani poveri delle loro culture  tradizionali e sostituendole con le sementi transgeniche. Per questo, la Fondazione contrattò a suo tempo Robert Horsch nel 2006, che era il direttore della Monsanto.
Adesso Gates ottiene grandi profitti obbedendo alle politiche di spopolamento promosse dall’elite  sionista globale.
Fonti:
Traduzione: Luciano Lago per Controinformazione

01 nov 2014
fonte: http://www.informarexresistere.fr

La figlia di Scalfaro scortata a vita


Nel 1992 ricevette minacce da parte di una non meglio specificata Falange Armata. Da allora è sotto protezione. Oltre a beneficiare della scorta, la sua residenza romana "oggetto di attenzione da parte delle volanti della zona"

Marianna Scalfaro, la figlia dell'ex presidente della Repubblica Oscar Luigi, sarà scortata a vita.




Un privilegio che dovremo pagare noi, senza sapere bene il perché. Come denuncia il Giorno, la "signorina di ferro" che entrò con il padre al Quirinale nel maggio del 1992, gode ancora oggi del servizio di tutela. Ogni uscita (pubblica o privata che sia) deve avvenire sotto scorta. Se deve andare dal parrucchiere, tanto per fare un esempio, eccola accompagnarsi dalle guardie del corpo pagate dalle casse pubbliche. E, quindi, da noi.
"Se mi indigno per la scorta alla figlia di Scalfaro commetto vilipendio filiale ereditario? Ma lo capiscono che la gente si arrabbia?". Il leader della Destra Francesco Storace affida a Twitter la rabbia, condivisa da molti italiani, scatenata dalla lettura della notizia diffusa dal Giorno. Marianna Scalfaro ha vissuto per sette anni al Quirinale, in un piccolo appartamento vicino a quello del padre. È stato proprio in quegli anni che Marianna ricevette minacce di morte da una Falange armata. Da allora gira scortata. Non solo. Da quando, nel 1999, si ritirò col padre nell'appartamento di famiglia a Roma, la casa è pattugliata dalle volanti di zona. Secondo indiscrezioni riportate dal Giorno, la residenza della figlia dell'ex capo di Stato continua tuttora ad essere oggetto di accurate attenzioni delle forze dell'ordine. Nel quartiere, tra Monteverde e Bravetta, lo sanno praticamente tutti. Insomma, pur non godendo di un servizio di sicurezza fisso sotto casa, la palazzina dove vive Marianna Scalfaro è monitorata ogni giorno.


Sergio Rame - 01/11/2014
fonte: http://www.ilgiornale.it

LA FARSA STATO-MAFIA Lo sfogo di Ultimo: «Basta fango»




Parla il carabiniere che prese Riina: «Quante menzogne sulla Trattativa Nessun mistero sulla cattura del boss. E’ stata una vittoria dello Stato»

ultimo

«E adesso basta». Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, non ne può più di bugie e insinuazioni, di «trasmissioni a senso unico, come l’ultima puntata di Servizio pubblico», che per parlare di Trattativa Stato-Mafia ha ospitato il condannato Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, don Vito, che alcuni pm descrivono come un mentitore seriale e fabbricatore di documenti falsi. In trasmissione c’era anche Sabina Guzzanti, la regista del film flop proprio su quella “trattativa” che nessuno, dopo anni, è riuscito a dimostrare. E su di lei, Ultimo ci va giù durissimo.
Ultimo è il carabiniere noto nel mondo per aver catturato Totò Riina, il capo dei capi codi Cosa nostra, dopo 23 anni di latitanza. Lui e i suoi uomini lo hanno consegnato alla giustizia e a una vita di carcere duro. Lo hanno fatto insieme all’ex generale del Ros, Mario Mori, e agli uomini di quel Raggruppamento operativo speciale che da eroi, perché tale è chi decapita una mafia potente che aveva colpito al cuore lo Stato uccidendo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, diventano imputati, poi sempre assolti, accusati di non aver perquisito il covo del Padrino, di avere, con coscienza, evitato di catturare Bernardo Provenzano, e in definitiva di essersi piegati di fronte all’anti-Stato, trattando una resa che sarebbe stata ignobile per uomini di tal fatta. Balle, clamorose balle che tendono a dipingere gli uomini del Ros come criminali. Ed eccolo lo sfogo del Capitano Ultimo raccolto da Il Tempo e dal sito «Censurati.it» sgorgato dopo le parole di Ciancimino e Guzzanti da Santoro: «C’è gente che ha fatto carriera e soldi facendo il professionista dell’antimafia a tempo pieno. Vorrei mettere a confronto la busta paga di certi esperti mafiologi con la mia e con quella di altri carabinieri che rischiano la pelle ogni giorno. Così il popolo saprebbe chi è che ha trattato, indirettamente, un profitto dalla “trattativa”...» . Non ci sta, Ultimo, a passare per “trattativista” di quella mafia che ha contribuito a sradicare:«Macché trattativa. Noi (lui e Mori, ndr) siamo criminali senza guadagno. Questa lapidazione, queste violenze indegne sui nostri corpi, sono da brividi. I giovani devono stare lontano da questi cattivi maestri». 


Ultimo attacca tutti, ne ha così tante per Travaglio che evitando la trascrizione integrale gli risparmiamo una querela. «Vogliamo parlare della Guzzanti? Di fronte a milioni di italiani parla di cose che non sa, Ma quali competenze ha per dire chi è bravo e chi no, per fare un film sulla cosiddetta trattativa che a oggi non è dimostrata, e anzi è già stata parzialmente smentita in due processi? È un modello di donna che si vede che ha sofferto, che ha costruito la sua vita donandosi agli altri». Poi si scaglia contro Santoro e Travaglio, contro il loro mondo «lontanissimo da quello di noi carabinieri. Noi siamo un mondo diverso, noi siamo soldati. Ma il problema non è la trasmissione, che dal loro punto di vista, dal loro mondo borghese e culturalmente razzista, ha una finalità e una logica. Il problema è che ci sono pezzi della magistraturache si incaponiscono su una Trattativa - ripeto, ancora mai dismostrata - che alla fine delegittimano lo Stato costringendo a una testimonianza inutile il presidente della Repubblica, che è una persona degnissima, che è un esempio per tutti e che è stato umiliato e calpestato nella sua dignità, e questo è un reato morale gravissimo». Poi Ultimo si sofferma con stizza sulle accuse che continuano a piovergli addosso sulla mancata perquisizione del covo di Riina, che gli è costato un processo finito con l’assoluzione: “Nessuno ricorda mai che la decisione di non perquisire il covo di Riina non l’ha presa il sottoscritto in solitudine e nemmeno il Ros, è stata concordata con la procura di Palermo».
Ultimo è arrabbiatissimo, prima dei saluti taglia corto. «Io ce l’ho con chi avvelena il clima, con chi non ama questo Paese, e sputa sopra le istituzioni ogni volta che può».

Luc. Roc. 01 nov 2014
fonte: http://www.iltempo.it

SOLO LA PIAZZA PUO' MANDARE A CASA IL PENTOLAIO

 

 


Ormai le distinzioni sono inutili.La massima è: il nemico del mio nemico è mio amico....sindacati,lavoratori,no tav,gli innumerevoli gruppi web antagonisti...fossero pure gli eschimesi o il diavolo in persona.

Solo la rivolta poco pacifica capiscono questi lacchè che ci stanno sotterrando,come sintetizzava un operaio licenziato della Thyssen e ferito negli scontri di ieri: "solo col sangue si accorgono di noi".
Ed è vero,perchè subito il Governo del dittatorello ha assicurato che gli esuberi,i licenziati, saranno solo 150,e non 537.
Una vertenza aperta nel 2012,ma c'è voluto lo scontro violento per metter mano a risolverlo.

Non servono denunce,manifesti,petizioni,improbabili referendum e dissidenti Pd,parlamenti....ma solo un'azione decisa di un popolo in rivolta.
E solo di questo hanno paura i lestofanti italioti ed europei,come anche la stampa di regime sottolinea preoccupata e come Belpietro,direttore di Libero sottolinea lucidamente
(anche se crediamo per ragioni diverse dalle nostre)

"Si cerca di scatenare un conflitto permanente e diffuso.....Se si inasprisce il clima,se qualcuno soffia sul fuoco,la possibilità di uno scontro vero non appartiene alla fantascienza e per Renzi sarebbero guai seri.Perchè fare i conti con una piazza infuocata,affrontando problemi di ordine pubblico,rischierebbe di sgretolare il consenso di cui gode il premier.Accontentare i burocrati di Bruxelles è un gioco da ragazzi se paragonato alle difficoltà di calmare masse arrabbiate"

Bravo....è proprio questo che vogliamo....troppo tempo da addormentati...ora basta!
Forse se ne stanno accorgendo...amici e nemici...che ormai questa è l'unica strada..il resto non serve più.
Lucide parole anche in risposta alla miopia ed ingenuità  politica  di certuni che paventano improbabili interventi della milizia mercenaria del regime europeo,Eurogendfor .
Sarebbe la sua fine immediata e del suo governo,....e forse definitiva,come nuovo Scelba.
Nessuna polizia può avere ragione di un popolo in rivolta....

Ed è proprio questo che tutte le opposizioni unite devono fare,quello che serve per cacciare con ignominia questo governicchio di servi incapaci e menzogneri,dei nominati non eletti da nessuno,se non dai poteri forti (e qui ha ragione la Camusso) a mezzo lo zelante palafreniere del Colle.

Ebbene,solo i "poteri deboli" possono cacciare questa gentaglia con una grande rivolta permanente.
I pennivendoli di regime dicono che la vertenza Thyssen é solo una scusa,per mirare più in alto.
Non tanto Alfano,ma il pentolaio,il suo governo.Forse ancora non hanno capito...come sempre...
Ebbene,non so se questa era l'intenzione della Fiom e di altri ,ma è comunque  una sacrosanta verità per tutti gli antagonisti.Un caso specifico può essere la scintilla che appicca l'incendio generale.E ci siamo molto vicini,
La verità di 156 vertenze sul lavoro aperte,con 25 mila lavoratori in via di licenziamento,la verità che chi semina vento (tipo l'amico provocatore e strozzino Serra (*) sulla libertà di sciopero) raccoglie tempesta...la verità delle innumerevoli menzogne e raggiri di questi fasulli trafficanti che continuano a prendere in giro un intero popolo da mesi.
Poco importa se l'abusivo di Palazzo Chigi sia o meno il mandante dei manganelli,questione irrilevante che pare appassionare solo i pennivendoli....resta il fatto che il finto premier raccoglie quanto ha seminato con atteggiamenti da bulletto della Suburra,arroganza,annunci e spot da demente,ma sopratutto con la crociata contro il lavoro,secondo i diktat dell'eurousura, con un precariato permanente e a basso costo,il tutto condito da miserabili battute nei confronti di milioni di persone a redditi da fame, paragonati a gettoni telefonici.
Per non parlare del resto....

Se gli italiani si sveglieranno,come può sembrare dal calendario novembrino di manifestazioni,il pentolaio avrà vita corta,anche perchè tutta questa fasulla Legge di Stabilità cimiteriale è stata smontata come un orologio di tutte le fandonie che contiene (800 mila osti di lavoro e altro....),bollata come "virtuale" da Giuseppe Pisauro,membro dell' Upb,Ufficio parlamentare di bilancio ... l'ufficio che il pentolaio vorrebbe amico del governo e non imparziale sui numeri,da quel piccolo e misero trafficante da sagra che é.

Divisi si perde,uniti si vince.Prepariamoci....!
L'obiettivo è cacciare questo miserabile Governo...con tutti quelli che ci stanno.
Casomai,litigheremo dopo....


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 (*) - Davide Serra,il neo tesserato Pd, strozzino e finaziatore della sala bingo Leopolda,ha aperto un ufficio a Milano col suo Fondo Algebris.Per chi ancor non lo sapesse la sua attività è comprare dalle banche crediti in sofferenza (mutui...)a basso prezzo,per poi incassarli direttamente ed interamente presso i privati,che ovviamente non potendo pagare la banca non avendo quattrini,non pagheranno manco Algebris che farà scattare tutti i pignoramenti del caso.Insomma,un'altra Nequitalia.L'amicizia col premier avrà certamente il suo peso presso le banche....
Per i soci partecipanti all'attività di strozzinaggio é previsto un utile netto del 15-18%.....
Attività degna dei piddioti,l'attuale destra del denaro.



Mamma e figlio, anche questa è una famiglia



In Italia le “small families” sono il 16%. Vivono tra solitudine, difficoltà e politiche disomogenee

Getty Images/GREG BAKER/AFP

Ci sono famiglie fatte da una mamma e una figlia, un padre e due figli, una mamma e due figli. Famiglie che non si vedono nelle pubblicità dei biscotti o in quelle delle merendine mentre fanno colazione intorno allo stesso tavolo. Eppure i nuclei familiari composti da un solo genitore in Italia sono ben il 16 per cento del totale. Nella maggioranza dei casi (85%) si tratta di mamme che convivono con uno o più figli. I padri sono molti di meno. Dietro ci sono separazioni, divorzi, lontananze forzate, fughe, scelte personali o anche la morte di uno dei due genitori. Storie difficili di madri e padri rimasti soli che faticano a far quadrare i conti, ma anche solo le ore della giornata.
Tecnicamente si chiamano famiglie “monoparentali” o “monogenitoriali”. Qualcuno, come Gisella Bassanini, preferisce chiamarle small families, famiglie piccole. Architetta, ricercatrice e mamma single, Gisella, insieme a Erika Freschi e Michele Giulini, a febbraio 2014 ha creato l’associazione “Smallfamilies”, dove la parola inglese all al centro indica che le famiglie “piccole” in fondo sono come tutte le altre. Nonostante le dimensioni ridotte. «I numeri sono tutt’altro che marginali», spiega Gisella. «Il 16% delle famiglie italiane è composto da un solo genitore. C’è poi l’altro genitore che per almeno la metà dei casi è presente nella vita dei figli e se ne occupa. Se a questo aggiungiamo le nuove forme di famiglia che sempre più sono presenti nel nostro Paese, ci appare un dato che nessuno può più nascondere: la famiglia è cambiata, anche in Italia». Intorno alla famiglia composta da mamma e papà seduti con i propri figli a fare colazione, la «geometria» è variabile. La definizione di smallfamilies racchiude forme e perimetri diverse. Dove il piccolo, small, «rimanda al singolo genitore o educatore che sia, che convive abitualmente con i figli o i minori a loro affidati e a loro dedica ogni giorno tempo, attenzioni, cure, impegno, amore, ma dove le relazioni, i problemi, le gioie, la complessità della vita quotidiana sono tutt’altro che piccoli».
Dietro le small families ci sono separazioni, divorzi, lontananze forzate, fughe, scelte personali o anche la morte di uno dei due genitori
E in fondo neanche le small families sono poi così piccole. Certo, la vita di una mamma o un padre single cambia se si è veramente sole o soli per crescere i figli o se si condivide questo compito con l’altro genitore dal punto di vista educativo, affettivo ed economico. «Tuttavia ci sono alcune difficoltà che accomunano le diverse storie e che amplificano i molti problemi che le famiglie italiane stanno vivendo e tanto più in questo periodo così duro», spiega Gisella. Perché se le politiche di sostegno alla famiglia sono scarse per una famiglia composta da padre e madre, figuriamoci se a portare avanti la baracca c’è un solo genitore. E spesso il lavoro del genitore small è l’unica fonte di reddito del nucleo familiare, quindi o si lavora o niente. È in questi casi che le famiglie “piccole” anziché restringersi si allargano: ai nonni, agli zii o agli amici, che danno un apporto fondamentale nella cura dei figli e sono - soprattutto per un genitore single - l’unico strumento di conciliazione tra il lavoro e la famiglia.
Lidia Baratta - 31 ottobre 2014
fonte: http://www.linkiesta.it


31/10/14

Finmeccanica si fa lo scudo fiscale Moretti fa campagna acquisti alle Entrate e imbarca funzionari ex Fiamme Gialle


Fino a qualche mese fa erano il numero due e il numero tre del Fisco. Ma tra le caratteristiche comuni spiccano altri due dettagli di non poco conto: entrambi sono ex ufficiali della Guardia di Finanza e vantano trascorsi ai vertici delle Ferrovie dello Stato. Elementi che agli occhi di Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica, devono essere sembrati una garanzia. Di sicuro continua il travaso di pezzi grossi del Fisco nelle società pubbliche. Dopo l’ex Direttore dell’Agezia delle entrate, Attilio Befera, che si è sistemato al vertice dell’organismo di vigilanza dell’Eni, ora è la volta di Marco Di Capua e Salvatore Lampone. Il primo, eterno candidato alla direzione delle Entrate ma fermatosi al rango di vicedirettore, è stato chiamato in Finmeccanica come capo dell’Internal Audit. Il secondo, già capo della strategica Direzione accertamento delle Entrate (una sorta di numero tre), nel colosso dell’aerospazio si occuperà di risk management. Cosa c’è dietro lo spostamento dei due “beferiani”?

IL PERIMETRO
Non si può fare a meno di osservare che, in quanto ex amministratore delegato di Fs, l’attuale numero uno di Finmeccanica conosce bene i due funzionari. Nel gruppo ferroviario è Lampone a vantare l’esperienza più recente. Prima di arrivare alle Entrate, nel 2012, ha rivestito gli incarichi di responsabile della funzione fiscale e di responsabile audit di Trenitalia. L’esperienza di Di Capua nell’universo di Fs è invece un po’ più risalente nel tempo. Dal 1995 al 2002, infatti, ha lavorato in Metropolis, fino a diventarne Ad. Metropolis, che oggi ha cambiato nome diventando Ferservizi, è in pratica la società di servizi di Fs che gestisce anche il corposo patrimonio immobiliare. Per uno come Moretti, cresciuto in Ferrovie, si tratta quindi di due profili che non hanno quasi segreti. E che portano in dote un bagaglio di conoscenze, da ex funzionari del Fisco ed ex ufficiali della Fiamme Gialle, che potranno essere molto preziose. Peraltro il fratello di Di Capua, Andrea Di Capua, vanta una lunga esperienza da capo del personale dell’Aise, ovvero i Servizi segreti esteri. Ed è appena il caso di notare come il presidente di Finmeccanica, Gianni De Gennaro, i cui rapporti con Moretti a quanto pare non sarebbero da catalogare come “idilliaci”, è stato dal 2008 al 2012 capo del Dis, l’organismo di coordinamento di tutti i Servizi segreti.

LA CURIOSITA’
Chissà che poi Di Capua e Lampone non possano anche dare una mano a Finmeccanica nello sbrogliare qualche contenzioso fiscale in atto. Basta sfogliare l’ultimo bilancio approvato del colosso dall’aerospazio per verificare che ci sono diverse pendenze. Tra quelle messe più in risalto una coinvolge la controllata Telespazio, che sta ancora lottando con un avviso di accertamento ai fini delle imposte indirette notificato nel 2006 con la richiesta complessiva di 30 milioni. Ma c’è anche un contenzioso tra Entrate e Selex Sistemi Integrati che vale 1,7 milioni. Seguono poi pendenze più risalenti nel tempo.




di Stefano Sansonetti - 31 ottobre 2014
Twitter: @SSansonetti

fonte: http://www.lanotiziagiornale.it

Rosario Crocetta: «le unioni civili? Ci portano alle adozioni gay»



Rosario Crocetta 





Come ha spiegato Bruno Ferraro, presidente Aggiunto Onorario della Corte di Cassazione, le unioni civili tra persone dello stesso sesso non hanno alcun motivo di esistere. Ha quindi aggiunto che non esiste alcuna lacuna nel nostro ordinamento civile che discrimina coppie omosessuale e dunque «non c’è bisogno di scardinare la famiglia per dare ad omosex e transex i diritti di cui sono già oggi titolari».
Questo è uno dei motivi per cui rimaniamo contrari alle unioni civili per le coppie omosessuali, come abbiamo già chiarito. Uno degli altri motivi è che esse sarebbero semplicemente l’apripista verso il matrimonio omosessuale e la possibilità di adozione (tramite utero in affitto), come è avvenuto in Francia e in diversi altri Paesi in cui il piano è stato inclinato con le unioni civili. Questo non è affatto una forma di complottismo o un timore infondato, è invece un obiettivo ben dichiarato dai principali esponenti della comunità Lgbt italiana.
Ad esempio lo ha ammesso Josefa Idem (Partito Democratico), paladina Lgbt: «un progetto si deve costruire, studiare, conoscere il quadro nella sua totalità, e poi si procede. Io penso che serva una legge sulle unioni civili». E sulle adozioni per coppie gay? «Un passo alla volta». Un passo alla volta, dunque.


Ancora più chiaro è stato Rosario Crocetta, presidente della Regione Sicilia, uno delle decine di politici omosessuali italiani (ma non era una categoria discriminata?): «partirei con una legge sulle unioni civili. Una volta diffuso il modello di famiglia omosessuale, aprirei un dibattito sulle adozioni». Un passo alla volta in attesa che si “diffonda” il “modello di famiglia omosessuale”, dopo averlo creato a tavolino.
Il primo passo del progetto lo aveva rivelato l’on. Ivan Scalfarotto parlando della legge contro l’omofobia. Alla domanda: “Questo dibattito non allontana quello sui matrimoni gay, o sulle unioni?”, il politico omosessuale ha risposto: «Io direi che lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra». Lo stesso concetto usato da Boris Dittrich, noto attivista omosessuale olandese: «Abbiamo pensato che sarebbe stato psicologicamente meglio introdurre prima le unioni registrate». Una volta istituite (1998) «le persone si sono abituate all’idea che due uomini o due donne se vanno in comune avranno il loro rapporto riconosciuto dalla legge. E la gente lo ha chiamato “matrimonio gay”. Il passo successivo è stato l’uguaglianza del matrimonio, è stato un passo logico». Un passo alla volta, aspettando che il popolo bue si abitui.
Si parte dall’omofobia, si passa alle unioni civili, poi al matrimonio gay e quando il pollo è cotto a puntino si arriva alle adozioni. Ognuno fa i suoi progetti, ci mancherebbe, ogni lobby ne ha. Chi ancora ragiona, però, non si faccia ingannare da chi propone le “unioni civili” come “male minore” o unica alternativa al matrimonio omosessuale. E’ un imbroglio.

La redazione - 30 ottobre 2014
fonte: http://www.uccronline.it

EUROGENDFOR: ARRIVA LA DENUNCIA DI UN POLIZIOTTO ITALIANO






“Si affaccia minaccioso, vi invito ad approfondire, Eurogendfor (o EGF). Una Polizia transazionale militare, della quale io ho già scritto in passato e che adesso potrebbe essere un rischio. Noi non abbiamo capito ancora bene come funziona.



Noi temiamo che si vada verso una militarizzazione della gestione dell’ordine pubblico. (…) E questo noi non lo vogliamo! Non lo vuole nessuno. In un Paese democratico le Forze dell’Ordine devono essere democratiche e civili. Nel senso di non militari”.
L’accusa è di Igor Gelarda, segretario nazionale del CONSAP, la confederazione sindacale autonoma di Polizia.
Secondo quanto riportato da Wikipedia, l’Eurogendfor “è un’iniziativa multinazionale di cinque Paesi Membri dell’Unione europea (Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna, ai quali si sono aggiunte la Romania nel 2008 e la Polonia nel 2011) destinata a rafforzare le capacità di gestione delle crisi internazionali fuori dai confini dell’UE (…) La EGF è composta da forze di polizia ad ordinamento militare in grado di intervenire in aree di crisi, sotto l’egida della NATO, dell’ONU, dell’UE, dell’OSCE o di coalizioni costituite “ad hoc” fra diversi Paesi. (…) La Forza di gendarmeria partecipa a missioni dell’UE, dell’ONU, della NATO, dell’OSCE, alle quali i Ministri scelgono di aderire. La struttura della EGF richiama quella delle Multinational Specialized Unit (MSU) dell’Arma dei Carabinieri, impiegate in Bosnia, in Kosovo e in Iraq. Il coordinamento politico-militare della Gendarmeria europea è affidato al Comitato Interministeriale di Alto Livello (CIMIN), con sede a Vicenza (presso la caserma dei carabinieri «Generale Chinotto»), un comitato composto dai Ministri degli Esteri e della Difesa degli Stati membri che aderiscono alla EGF, fornendo uomini e mezzi.

Ogni anno uno dei Ministri assume la presidenza di turno del CIMIN. La EGF non è sottoposta al controllo dei Parlamenti nazionali o del Parlamento europeo, risponde direttamente ai Governi, attraverso il citato CIMIN. Per il suo dispiegamento operativo e rafforzamento, è richiesta l’unanimità degli Stati membri dell’EGF (non dell’Unione europea). Durante le operazioni della EGF ogni Stato membro mantiene la propria autonomia decisionale. Gli Stati, quindi, delegano al CIMIN l’indirizzo politico, strategico e militare, mantenendo l’autonomia operativa. L’ingresso delle forze di polizia all’EGF è subordinato al possesso di un ordinamento militare e devono far parte di uno Stato dell’Unione Europea ovvero candidato all’esserlo. Attualmente i corpi che partecipano alla Forza di gendarmeria europea sono sei più due che però hanno solo il ruolo di supporto. I corpi di Gendarmeria sono: Arma dei Carabinieri italiana (dalla fondazione) Gendarmerie nationale francese (dalla fondazione) Guardia Civil spagnola (dalla fondazione) Guarda Nacional Republicana portoghese (dalla fondazione) Marechaussee olandese (dalla fondazione) Gendarmeria romena (dal 3 marzo 2009).”
Avevamo già denunciato la pericolosità dell’Eurogendfor, perchè “non è sottoposto al controllo dei Parlamenti nazionali o del Parlamento europeo, ma risponde direttamente ai Governi, attraverso il citato interministeriale (CIMIN).
Questa volta, però, è diverso. Non si tratta di una nostra inchiesta ma di parole ufficiali del segretario nazionale del sindacato di Polizia, che accusa l’EGF di essere una “minaccia per la democrazia”.
Ecco il video in cui Igor Gelarda, segretario nazionale del CONSAP, parla dell’Eurogendfor.

SE NON VISUALIZZI IL VIDEO CLICCA QUI

31 ottobre 2014
FONTE: http://infodifesa.blogspot.it 


Quei 17 milioni di italiani che vivono a rischio povertà.

 
Quei 17 milioni di italiani che vivono a rischio povertà. Nel Sud il 50% delle famiglie sta sotto i 19.955 euro annui, 1.663 euro al mese. Il reddito medio nel Mezzogiorno è pari al 74% di quello dei residenti al Nord. E poi la Coldiretti sostiene che più di 4 milioni hanno chiesto aiuto per mangiare e la Cia (confederazione agricoltori) aggiunge che il 65% dei nuclei ha tagliato gli acquisti di cibo
 
Corriere della Sera, venerdì 31 ottobre 2014
Più di una persona su quattro in Italia è «a rischio di povertà o esclusione sociale». Per la precisione si tratta del 28,4% (dati 2013), secondo l’indagine Istat diffusa ieri. In pratica, 17 milioni di italiani su 60. L’indicatore, che si compone di tre quote (famiglie gravemente deprivate, persone a rischio povertà e famiglie a bassa intensità lavorativa) è in leggera diminuzione (-1,5 punti) rispetto al 2012 «a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate». Il quadro resta tuttavia preoccupante, soprattutto nel Mezzogiorno. Il rischio di povertà o esclusione sociale si attesta infatti nel Sud al 46,2% un valore più che doppio rispetto al resto del Paese.
Invariato l’indice Gini della disuguaglianza: 0,32 a livello nazionale, 0,34 nel Sud. Per capire meglio, il 20% più ricco delle famiglie percepisce il 37,7% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta il 7,9%. La metà delle famiglie italiane ha percepito un reddito netto non superiore a 24.215 euro l’anno, pari a 2.017 euro al mese. Nel Sud le condizioni peggiorano: il 5o% delle famiglie sta sotto i 19.955 euro annui, 1.663 euro al mese. Il reddito mediano delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno è pari al 74% di quelle residenti al Nord.
L’indagine è stata commentata dalla Coldiretti, che sostiene che ci sono più di 4 milioni di poveri che hanno chiesto aiuto per mangiare; dalla Cia, confederazione degli agricoltori, che aggiunge che il 65% delle famiglie ha tagliato gli acquisti di cibo, percentuale che al Sud sale al 77%; e dal presidente della Conferenza episcopale, Angelo Bagnasco: «I dati sulla povertà devono essere presi sul serio. È necessario dare risposte occupazionali perché solo il lavoro e non l’assistenza dà dignità»
 
.Enrico Marro

La minaccia – interna e regionale – del terrorismo in Egitto




egitto-terrorismo



Anche dopo l’elezione di Abdel Fattah al-Sisi a Presidente della Repubblica nel maggio 2014, la transizione egiziana non può definirsi totalmente conclusa poiché a seguito delle destituzioni di Hosni Mubarak nel febbraio 2011 e di Mohamed Morsi nel luglio 2013 permane nel paese una rilevante serie di problemi. La sicurezza e il pericolo del terrorismo rappresentano sicuramente alcune delle maggiori criticità del periodo post-Primavere arabe.
I cambiamenti al vertice del 2011 e del 2013 hanno acuito in Egitto una recrudescenza terroristica che si pensava parzialmente risolta dopo gli innumerevoli arresti – oltre 3.000 – di militanti e sospetti jihadisti a seguito degli attentati di Luxor del 1997 e quelli nel Sinai meridionale (Sharm al-Shaik, Dahab, Taba, Ras al-Shaitan e Nuweiba) del triennio 2004-06. Attualmente la minaccia è localizzata su più fronti: coinvolge la penisola del Sinai nella sua interezza, il mainland egiziano (Il Cairo, il distretto della capitale e il delta del Nilo) e le province occidentali vicino al confine libico. Secondo le autorità egiziane, Ansar Bayt al-Maqdis (ABM) è al momento la principale minaccia alla sicurezza nazionale, nonché il gruppo responsabile della maggior parte degli attacchi lanciati negli ultimi mesi in tutto il paese.
ABM è un’organizzazione islamista radicale di matrice salafita che si richiama all’ideologia qaedista ma che ufficialmente non risulta legata ad Al-Qaeda attraverso un’affiliazione diretta come nel caso di AQAP (Al-Qaeda in the Arabian Peninsula) o AQIM (Al-Qaeda in the Islamic Maghreb). Il gruppo presenta, comunque, collegamenti rilevanti con le sezioni siriane più o meno direttamente affiliate al nucleo duro di Al-Qaeda (come Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham) e ai movimenti islamisti attivi in Libia (in particolare con il Mohammed Jamal Network e Ansar al-Sharia Libya). Negli ultimi mesi, tuttavia, si è assistito all’emergere di nuove sigle jihadiste affiliate allo Stato Islamico/ISIS (come Jund al-Khilafah Kinana) e a un fenomeno di emulazione con alcune decapitazioni nel Sinai – è il caso dei quattro egiziani accusati di essere spie del Mossad il 28 agosto scorso: tutto ciò farebbe propendere per un avvicinamento di Ansar Bayt al-Maqdis all’organizzazione del califfo Abu Bakr al-Baghdadi.


ABM è operativo nei territori centro-settentrionali del Sinai vicino al confine israeliano tra Rafah, Al-Arish e Sheikh Zuweid. Prima del 2013 le sue azioni erano fondate soprattutto sui rapimenti di soldati, sul lancio di razzi verso Israele e sugli attentati alle infrastrutture economiche – tra tutte l’Arab Gas Pipeline, il gasdotto sinaitico che rifornisce di gas naturale liquido la Giordania e che ha coperto fino all’aprile 2012 il 40% dei consumi domestici israeliani (1,7 miliardi di m³). Il golpe del luglio 2013 ha rappresentato uno spartiacque fondamentale nel modus operandi della cellula jihadista segnando un innalzamento del livello qualitativo degli attacchi: lo dimostrano gli attentati al quartier generale della Direzione sicurezza del sud Sinai ad At-Tur nell’ottobre 2013, l’abbattimento di un elicottero dell’esercito egiziano tramite sistema missilistico antiaereo MANPADS nel gennaio 2014 o l’attacco al bus di turisti coreani a Taba nel febbraio 2014. Nonostante siano in corso nuove campagne di counterterrorism – ben tre dal 2011 al 2013 – contro i miliziani di ABM e delle altre sigle jihadiste, i risultati sono ancora contenuti e le operazioni non hanno condotto a una reale messa in sicurezza della penisola.
A fronte degli sforzi profusi dal governo egiziano, il numero di cellule radicali continua a crescere, in particolare nel Sinai: un fenomeno sospinto soprattutto dal dissenso islamista nei confronti dell’establishment civile-militare. A ciò bisogna aggiungere che nonostante gli arresti e le uccisioni di miliziani e leader jihadisti – recentissima la notizia dell’uccisione da parte delle forze di sicurezza di Abu Osama al-Masry, leader di ABM – non migliora neanche la percezione della sicurezza complessiva nel paese. Un paradosso che si è manifestato in tutta la sua evidenza con la non-partecipazione attiva dell’Egitto nella coalizione arabo-occidentale contro l’ISIS, nel timore che una sua iniziativa militare possa incentivare una ritorsione da parte dei gruppi radicali e, allo stesso tempo, favorire un nuovo bacino di reclutamento dal quale attingere nella battaglia jihadista contro il governo centrale.
Se gli Stati Uniti spingono per un maggiore coinvolgimento dell’Egitto nel fronte anti-IS, come dimostra la visita dell’8 ottobre di una delegazione americana al Cairo, di converso al-Sisi si limita a una forma di “appoggio esterno” consapevole dei rischi di instabilità crescente che abbracciano tutto il Nord Africa e il Medio Oriente. Il timore principale è che il paese diventi un hub di primo livello per operazioni terroristiche da e verso i maggiori teatri di crisi regionali, ponendo dunque un serio problema alla sicurezza interna egiziana contestualmente a quella dell’area mediorientale.

di Giuseppe Dentice*

* Questo articolo è apparso originariamente su Aspenia online, Rivista dell’Aspen Institute Italia il 16.10.2014.
Photo credits: AFP

fonte:http://www.bloglobal.net/

Scontri Roma - Chi ha aggredito chi? Ecco il video che fa chiarezza sull’inizio degli scontri, e intanto Alfano fa l'equilibrista .... si scusa con tutti, ma non difende a spada tratta la Polizia.


Il video .... segue articolo




                                fonte: http://www.secoloditalia.it




Alfano si scusa con tutti, ma non difende a spada tratta la Polizia

 

Alfano si scusa con tutti, ma non difende a spada tratta la Polizia


Angelino Alfano ha tirato fuori dai cassetti la sua natura democristiana e il suo equilibrismo. Riferendo in Parlamento sugli scontri tra polizia e manifestanti avvenuto a Roma non si è presentato da “cuor di leone”, non ha fatto come tutti i suoi predecessori. Sia nella prima sia nella seconda Repubblica in caso di scontri i responsabili del Viminale hanno scelto una delle due strade: o l’assunzione di responsabilità con messa a disposizione dell’incarico o, nel caso in cui la Polizia di Stato ha fatto il suo dovere, la difesa a spada tratta dell’operato di agenti in divisa e funzionari.

Il ministro dell’Interno non ha voluto scontentare Matteo Renzi

Alfano ha invece deciso una terza via utile a non scontentare nessuno e a coprire i problemi interni alla sinistra di Matteo Renzi. E così si è scusato con tutti, con i poliziotti coinvolti e gli agenti feriti, mettendo sullo stesso piano chi difende l’ordine pubblico e chi pur manifestando legittimamente ha cercato forzature che alzassero l’attenzione mediatica sulla manifestazione. Ed ha pure aggiunto che non saranno denunciati coloro che hanno provato a forzare le delimitazioni del corteo autorizzato.

Alfano ha avuto paura di tenere una linea di destra, no

Da un ministro dell’Interno che è anche presidente di un partito che si chiama Nuovo Centrodestra ci saremmo aspettati meno equilibrismo è più coraggio. Anziché leggere la relazioncina preparata dagli uffici Alfano doveva difendere a spada tratta l’operato della Polizia, spiegando che i manifestanti avevano forzato il blocco degli agenti, come si vede nel filmato pubblicato dal Secolo d’Italia, per violare il percorso autorizzato ed andare ad occupare la Stazione Termini. Alfano non ha fatto il suo dovere di ministro dell’Interno per paura che tenendo una linea troppo di destra si creasse qualche problema a Renzi ed emergesse l’incongruenza di chiamarsi Nuovo Centrodestra stando al governo col Partito Democratico.





I politici romani entrano gratis nella Ztl


 

 

SCANDALO MOBILITÀ

I cittadini pagano i rincari e i consiglieri capitolini mantengono i benefit. Il 

 

I costi dei consiglieri comunali:

http://www.iltempo.it/polopoly_fs/1.1337418.1414740651!/menu/standard/file/Costi.pdf 

 

Il sindaco, i 12 assessori capitolini, i 48 consiglieri comunali e pure i 3 revisori dei conti dell’Assemblea Capitolina. Sono le categorie politiche del Campidoglio che possono disporre di benefit quali l’abbonamento alla Ztl Centro Storico per le auto private, la tessera annuale Atac per la rete di Roma e un contributo fino a 150 euro annue per i parcheggio sulle strisce blu. Tutti rigorosamente pagati da Roma Capitale, nelle diverse accezioni istituzionali a seconda dell’appartenenza (Giunta o Consiglio). Si tratta ovviamente di strumenti che servono ai politici romani per svolgere il loro lavoro, essendo le sedi istituzionali concentrate nel cuore della città. E va detto anche che i capitolini non spiccano per essere dei paperoni in quanto a stipendi: si va infatti dai 1600-1700 euro netti dei consiglieri presenzialisti ai poco oltre 4000 euro del primo cittadino, molto poco a confronto di consiglieri regionali e deputati. Resta comunque una certa distanza rispetto alla cittadinanza, che nell’ultimo anno ha subito la crescita del prezzo delle strisce blu da 1 a 1,5 euro l’ora (con abolizione dei mini-abbonamenti), l’incremento esponenziale della tariffa Ztl per il centro storico (2000 euro circa per i lavoratori non residenti) e, probabilmente, fra quale mese pure l’aumento delle tessere Atac annuale (da 250 a 280 euro) e mensile (da 35 a 38,5). Sono pochi infatti, in questi tempi di crisi, i datori di lavoro che possono assicurare il rimborso di spese come queste ai loro dipendenti. Anche le forze dell’ordine, pur potendo contare su alcuni forti sconti (come per i mezzi pubblici) sono comunque costrette a pagare la loro tariffa. 
Nell’ultimo anno, questo tipo di benefit è stato tolto ai consiglieri regionali (che raggiungono stipendi anche di 8 mila euro al mese) e ai parlamentari, la stragrande maggioranza dei quali ormai gira con le proprie auto. In Campidoglio, come detto, i benefici persistono. Benefit ai quali è possibile su richiesta rinunciare. Quasi tutti hanno deciso di mantenere il contributo per le strisce blu, e molti hanno rinnovato il permesso Ztl. In parecchi, poi, hanno tenuto anche la tessera Atac. Solo Enrico Stefano, del M5S, ha rinunciato a tutti e tre i privilegi. «Questi sono comunque strumenti che servono ai consigliere per lavorare e per essere presenti nelle sedi istituzionali nell’ambito delle loro funzioni», spiega la presidente della commissione capitolina Trasporti Annamaria Cesaretti. Va aggiunto, inoltre, che i capigruppo hanno a disposizione anche un’auto del Comune e un’autista: a rinunciarvi Fabrizio Ghera (Fdi), Marcello De Vito (M5S) e Alessandro Onorato (Lista Marchini). L’auto «blu» spetta giustamente anche a sindaco e assessori, ma chi ha la vettura comunale po’ tenere comunque la Ztl sul suo mezzo privato.

Vincenzo Bisbiglia- 31/10/2014 
fonte: http://www.iltempo.it

30/10/14

CASO MARO' - L'INIZIO DELLA FARSA ...... IN ATTESA CHE CALI IL SIPARIO (per non dimenticare .. )







Furberie,   arroganza e rinvii.  Annunci senza seguito e promesse non mantenute.
Così sono trascorsi circa tre anni, l'ultimo annuncio quello dell'internazionalizzazione, una balla che é andata avanti per mesi e come tale sembra già estinta e seppellita.
Una triste, incredibile e vergognosa vicenda  che  non potrà  cadere nel dimenticatoio.


   ALZO ZERO N. 16 DEL 22/02/2012

- DALL'ITALIA UNA RISPOSTA "FLACCIDA" ALL'ARROGANZA DELL'INDIA -


 


    ALZO ZERO N.17 DEL 29/02/2012

-  SEMPRE PIU' RIDICOLE LE ACCUSE INDIANE AI MARO' -




   ALZO ZERO N. 21 DEL 04/04/2012

- LA POLIZIA INDIANA BRANCOLA NEL BUIO -





Gianandrea Gaiani

Gianandrea Gaiani

Giornalista nato nel 1963 a Bologna, dove si è laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 ha collaborato con numerose testate occupandosi di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportages dai teatri di guerra. Attualmente collabora con i quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Libero, Il Corriere del Ticino e con il settimanale Panorama sul sito del quale cura il blog “War Games”. Dal febbraio 2000 è direttore responsabile di Analisi Difesa. Ha scritto Iraq Afghanistan - Guerre di pace italiane.

Farnesina, volata finale Sereni-Quartapelle La piazza inguaia Alfano: ora il rimpasto è possibile. Rebus per il dopo Mogherini agli Esteri


Che siano stati “otto mesi intensi” non ne abbiamo il benché minimo dubbio. Passare da zero a cento in pochi secondi, pur non essendo un bolide di formula Uno, farebbe venire il mal di testa a chiunque. E quindi la frase da Baci perugina con la quale Federica Mogherini lascia la Farnesina per trasferirsi a Bruxelles è da copione. Come da manuale è la metafora automobilistica. Meno scontato, invece, il copione che sta recitando il governo per la successione alla guida del ministero degli Esteri. Che al premier Matteo Renzi non interessa in modo particolare, ma dovendo farlo, è stato costretto ad occuparsi della pratica. Soprattutto dopo i fatti di ieri. E sì, perché dopo gli incidenti con gli operai di Terni il clima con Angelino Alfano è andato via via peggiorando con il passare delle ore, finendo per far slittare la nomina del successore della Mogherini. A palazzo Chigi, anche se a denti stretti , qualcuno è tornato a parlare di possibile rimpasto. E nel giro di valzer potrebbe esserci anche l’attuale ministro dell’Interno. Da qui la gelata sulla Farnesina, che potrebbe essere scongelata dopo aver risolto il caso degli scontri in piazza. Restando però al toto nomi per il dopo Mogherini appaiono stabili le quotazioni della deputata milanese del Pd, di appena 32 anni, Lia Quartapelle. Le voci di corridoio insistono nel darla in in prima fila per diventare il nuovo ministro degli Esteri. Il nome della giovane – e rampante – esponente Dem ha trovato conferme anche alla Leopolda, nonostante sia solo alla prima legislatura e vanti solo l’esperienza di ricercatrice dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale. L’eventuale nomina della Quartapelle darebbe a Renzi l’occasione per confermare la sua vocazione nel promuovere le donne, al di là di dati anagrafici e curriculum più o meno titolati.
Il nome della giovane parlamentare lombarda per il vertice della Farnesina sembra scartare quelli più volte circolati nei giorni scorsi, come l’attuale sottosegretario agli Esteri, Lapo Pistelli o la vicepresidente della Camera, Marina Sereni. Non che le loro chance si siano del tutto dileguate, ma in favore della Quartapelle, oltre naturalmente al fattore rosa che condivide con Sereni, giocherebbe soprattutto la totale novità che la sua nomina comporterebbe, quell’effetto sorpresa che è ormai parte essenziale della narrativa renziana. Non solo. La nomina di Pistelli, gradita ai tecnici e ad una parte del partito, innescherebbe una reazione a catena di difficile valutazione: dentro un uomo, avanti con altre due donne, creando nuove poltrone.

di di Lapo Mazzei - 30 ottobre 2014
fonte: http://www.lanotiziagiornale.it 

29/10/14

Quella zona grigia dove lo Stato scarica i suoi eroi

Da Mori a Ganzer, da Ultimo a Pollari: gli uomini dello Stato nell'ora del bisogno abbandonati al loro destino



È la frontiera più difficile. Perché chi la supera lo fa a suo rischio e pericolo. In modo clandestino. E però è proprio lì, spesso solo lì, in quella zona grigia, una terra fangosa per definizione, che lo Stato, anche il nostro sgangherato Stato, tenta di tenere a bada i suoi nemici più pericolosi: la mafia, anzi le mafie, perché in Italia c'è anche il federalismo criminale, il terrorismo.




Anzi, pure qui, a grappolo, i terroristi: una volta le Brigate rosse, oggi i tagliagole nati dal big bang di al Qaida.

Chi si avventura in quel paese finisce inevitabilmente con lo sporcarsi le mani. Anzi, il rischio è quello di sprofondare letteralmente nella palta. Accordi indicibili. Informazioni ottenute a caro, carissimo prezzo. Violazione delle norme. Il catalogo degli strumenti utilizzati per sconfiggere o almeno rallentare quelle trame assassine è lungo e poco elegante. Ma si sa, la guerra si fa come si può, specialmente se hai davanti boss o kamikaze che non controllano Stati, non sventolano bandiere ma drogano l'economia, sciolgono i corpi nell'acido, tagliano le teste, minacciano la nostra civiltà.
Chi oltrepassa quella linea invisibile si ritrova ricoperto di guano, ma al ritorno a casa, magari dopo aver centrato l'obiettivo, deve poi giustificare quello che giustificare si può, ma fino a un certo punto. Siamo un Paese strano. In bilico fra eroismo e tradimento, fra orgoglio e vergogna. Anzi, diciamola tutta: i nostri agenti segreti, i nostri poliziotti, i nostri militari partiti per quelle lande oblique rientrano spesso fra polemiche, processi, avvisi di garanzia. Con risultati paradossali: la magistratura che indaga sui servizi che indagano sugli estremisti della jihad ; i carabinieri che hanno catturato Totò Riina inquisiti per non averlo catturato prima. E poi tutto un saliscendi di sospetti, misteri, dietrologie. Sembra una filastrocca maligna. Un gioco del domino sfasciatutto. Gli italiani in prima linea, anzi oltre la prima linea, non ricevono medaglie e se cadono sul campo non vengono sepolti in un cimitero degli eroi che da noi, del resto, non c'è. Chi va, chi va oltre non viene coperto, non viene tutelato, al momento del bisogno viene abbandonato come un furfante al suo destino. Deve districarsi da solo fra avvocati, carte bollate, interrogatori umilianti.
Non vogliamo difendere dietro uno scudo paratutto tutto quello che è accaduto nella storia patria, ci mancherebbe. C'è stata una stagione, per fortuna superata, quella delle bombe, delle complicità o delle connivenze fra Stato e antistato che richiama dolorosamente una memoria di sangue. Piazza Fontana. Piazza della Loggia. La mattanza della stazione di Bologna.


E non vogliamo neanche semplificare e cancellare con un tratto di penna partite complicate, multistrato, con tanti attori in campo, come la trattativa, ma sarebbe più corretto dire le trattative fra Stato e Cosa nostra.
Ma uno Stato, anche il nostro, dovrebbe fissare principi chiari e semplici e dovrebbe difendere i servitori che l'hanno servito, per finalità Superiori, con la S maiuscola, oltre le leggi, oltre i codici, oltre le nostre certezze quotidiane. C'è una terra, quella terra, in cui il galateo è un libro sconosciuto. Laggiù, lontano ma a volte molto più vicino di quanto possiamo pensare, si tratta solo alzando la voce, riempiendo zaini di banconote, a volte mostrando le armi. Non c'è niente, o quasi, mettiamola così, che non si possa fare se lo Stato abbia pesato i pro e i contro. E stabilito che quella è l'unica via per scongiurare rischi tremendi, pericoli immani, scenari apocalittici. Inutile nascondersi come lo struzzo sotto la sabbia dell'ipocrisia. L'importante è non procedere in modo cialtrone, all'italiana, con una mano che finge di non conoscere l'altra. Decisivo è che chi riceve un mandato lo esegua anteponendo il bene comune, quello della collettività, al tornaconto personale, o peggio al salto dall'altra parte della barricata. È, dovrebbe essere, questo il criterio, la bussola, la stella polare pur nella notte e nelle tenebre della realtà contemporanea. Poi si possono fare scelte di un tipo o dell'altro. L'America, per intenderci, non paga un dollaro bucato ai fanatici dell'Isis e lascia morire, fra indicibili orrori, gli ostaggi; ma poi il presidente Obama in persona autorizza il lancio di droni che fanno a pezzi i soldati del califfo e lo stesso Obama ha seguito in diretta dalla situation room l'eliminazione di Bin Laden. Da noi probabilmente l'avrebbero indagato. Così mandiamo i nostri alfieri negli avamposti più lontani, poi magari li condanniamo in Corte d'assise. Per salvare la faccia, la perdiamo definitivamente.





Tonelli (Sap): “Ci utilizzano per avere visibilità. Ricordate quanto accadde l’anno scorso a Terni”



Gli scontri di questa mattina a Roma tra gli operai dell’Acciaieria di Terni, che protestavano contro la decisione della Thyssenkrupp di mettere in mobilità oltre 500 persone, e la Polizia di Stato sono culminati con il ferimento di alcuni lavoratori e con le accuse dei sindacati nei confronti di Alfano e delle forze dell’ordine. Per questo motivo IntelligoNews ha contattato Gianni Tonelli, segretario del Sindacato Autonomo di Polizia, per commentare l’accaduto.


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Maurizio Landini (segretario generale della Fiom-Cgil), Annamaria Furlan (segretario generale della Cisl) e Giorgio Airaudo (Sel) hanno “condannato” gli avvenimenti di oggi a Roma descrivendoli come insensati e inspiegabili, come risponde a queste accuse?
«Ritengo che queste accuse siano semplicemente uno strumento per dare visibilità alla loro manifestazione e alla loro protesta. Le loro ragioni sono molto forti e gli operai sono scesi in strada per garantirsi il posto di lavoro e assicurare la sussistenza alle famiglie, ma noi non possiamo essere lo strumento che consente loro di avere una visibilità. Anche intellettualmente è disonesto. Noi siamo lì per garantire loro di poter manifestare, ma come dice la nostra Carta Costituzionale “pacificamente e senza violenza”. Non vorremmo che qualche soggetto vicino alla manifestazione abbia strumentalmente violato questi vincoli che sono le colonne della democrazia. Richiamo quindi l’attenzione a quello che accadde meno di un anno fa proprio a Terni in presenza degli stessi operai, dove fummo soggetti del dileggio e delle accuse più infamanti alla nostra onorabilità, professionalità e serietà. Allora ci fu chi volle strumentalizzare una lesione patita dal Sindaco di Terni che qualcuno accusò essere stata inferta da un operatore di Polizia, quasi fossimo dei Lanzichenecchi al soldo del padrone delle ferriere che mazzolavano gli operai che stavano semplicemente difendendo il loro tozzo di pane. E invece qualche giorno dopo uscì fuori, attraverso un filmato, che l’aggressione al Sindaco venne cagionata da un suo amico con un ombrello a causa di un’intemperanza. E allora, fino a qualche giorno prima eravamo dei mascalzoni, poi invece si sono rimangiati tutto perché la situazione non era causa nostra. Non vorremmo quindi che anche quei piccoli filmati che stanno girando oggi sul web nascondano una verità più profonda come fu per l’ombrellata al Sindaco».


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Ora Airaudo, proprio a noi, dice di voler proporre una mozione di sfiducia nei confronti del Ministro dell’Interno Alfano. Cosa ne pensa? 
«Lasciamo perdere, si inventassero un’altra cosa. Io ogni giorno ho valide motivazioni per criticare il Ministro dell’Interno, ma oggi veramente è una mera strumentalizzazione e ci impedisce, per onestà intellettuale, di associarci ad una cosa del genere».
Ha parlato con qualche agente dell’accaduto? Crede che l’uso di videocamere sarebbe stato utile?
«Sì, ed è chiaro che ci sono stati dei disordini, ma questo perché qualcuno all’interno della manifestazione, probabilmente esasperato, è andato al di là e ha reso necessaria qualche carica di alleggerimento. L’uso della telecamera non sarebbe stato utile, bensì essenziale. Tutti gli operatori su strada dovrebbero averne una in dotazione, così finirebbero anche queste baggianate».

Micaela Del Monte - 29 ottobre 2014
fonte: http://www.intelligonews.it

La voce su Berlino: "La Germania potrebbe lasciare l'Euro"








"Euro auf wiedersehen". La Germania potrebbe dire addio alla moneta unica. A sostenere questa tesi sono alcuni economisti ed esperti su Il Foglio, in edicola oggi mercoledì 29 ottobre. Pareri ed opinioni che portano tutti in un'unica direzione: Berlino sta pensando di sganciarsi dall'Euro. Secondo Luigi Zingales, come racconta il Foglio, l'uscita della Germania dalla zona euro procurerebbe la creazione di due sistemi monetari. Uno più forte che unisce i paesi del nord europa e uno più debole che invece tiene insieme i paesi mediterranei, inclusa l'Italia. E a consigliare l'exit strategy dall'euro alla Germania ci sono anche gli Stati Uniti.

L'allarme degli Stati Uniti - Il Tesoro americano nei suoi rapporti ufficiali individua nell'Eurozona il buco nero della crescita globale. Per Washington è evidente il ruolo frenante di Berlino rispetto a un rilancio della domanda interna. Ma a quanto pare ci sono anche motivi contingenti che potrebbero spingere Berlino ad autoescludersi dal club dell'Euro. Secondo Matt O'Brien, editorialista del Washington Post ogni nuova mossa della Banca centrale europea potrebbe essere percepita come politicamente costosa per la cancelliera Angela Merkel.

Cosa può succedere - E qui arriva la profezia di Anatole Kaletsky, editorialista del New York Times: "Una rottura di Berlino con l'euro attuale sarebbe molto meno distruttiva di un break down causato da una svalutazione in Grecia o in Spagna. Nel caso di una rivalutazione della Germania non ci sarebbe effetto contagio. Non ci sarebbero cause giudiziarie da parte dei creditori".

I vantaggi e i pericoli - E sulle conseguenze di un addio all'Euro della Germania è chiaro il think thank progressista statunitense Center for Economic and policy research: "Se la Germania abbandonasse l'Eurozona, i problemi degli altri paesi membri sarebbero in larga parte risolti. L'euro presumibilmente si svaluterebbe rispetto al nuovo marco tedesco consentendo ai paesi dell'Europa meridionale di riconquistare rapidamente la loro competitività rispetto alla Germania". Infine sull'ipotesi di addio di Berlino dice la sua anche Mario Monti che afferma: "Credo che sarebbe molto pericoloso se la Germania abbandonasse la zona euro. Sarebbe pericolosamente libera...". E forse pure noi...

29 ottobre 2014
fonte: http://www.liberoquotidiano.it


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SEI UN MILITARE DELLA MARINA? ZITTO E PAGA LA VACANZA ALL'AMMIRAGLIO....



 
 
Chissà se la senatrice Pinotti, quella che in passato si era dimostrata tanto sensibile ai diritti dei cittadini militari, ora che è Ministro della difesa riuscirà a rispondere alla domanda che più di 22.000 marinai si pongono ogni mese: "Perché devo pagare la quota sociale dell'Ente Circoli della Marina Militare?".



Tutti i sottufficiali e gli ufficiali della Marina Militare in servizio assumono la qualità di soci ordinari dell’Ente «Circoli della Marina» e per ciò sono obbligati al versamento di una quota sociale mensile determinata in relazione al grado gerarchico (in media 8 euro) a prescindere dall'effettivo uso, o meno, che possono fare delle strutture ricreative e alloggiative. Molti marinai pur avendo sempre pagato la quota mensile alle casse dell'Ente arrivano alla pensione senza aver mai potuto usufruire delle accoglienti e lussuose proprietà dello Stato che l'Istituto gestisce – a quanto pare - in totale autonomia.


Il problema non è di poco conto se consideriamo che il personale delle altre Forze Armate non è costretto a pagare nessun balzello, né è prepotentemente iscritto d'autorità ai rispettivi circoli (ufficiali, sottufficiali, unificati) che sono considerati – come si legge sul sito web della Difesa - degli “Organismi di Protezione Sociale” e, non diversamente dall'Ente Circoli della Marina Militare, hanno la finalità di "favorire il mantenimento della efficienza psico-fisica del personale militare, conservare l'aggregazione sociale dei dipendenti e delle loro famiglie, il loro arricchimento culturale nonché di conseguire proficui rapporti di democratica interazione con la collettività esterna, per il pieno sviluppo della persona umana dedicata al bene comune della difesa della Patria".


Della questione, o meglio della natura giuridica dell'Ente, se ne sono occupati i Giudici della Suprema Corte di Cassazione, quelli  del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti. Questo però avveniva prima che il d.P.R. n. 248/2010 abrogasse totalmente proprio quel Regio Decreto del 27 ottobre 1937, n. 1935 che ne aveva decretato la costituzione e ne aveva approvato il relativo statuto.


La “logica” vuole che quando una norma è cancellata dall'ordinamento anche i suoi effetti cessano. Se il legislatore ha ritenuto di dover abrogare la norma istitutiva dell'Ente appare evidente che anche le successive norme comprese quelle di natura regolamentare, come lo "statuto", seguono la stessa sorte. Eppure i legulei della Marina Militare sembrerebbero essere sprovvisti di questa capacità di studio. Infatti, ciò appare chiaramente dalla risposta che recentemente proprio la Marina Militare – Ente Circoli M.M. - ha dato a un dipendente che ha osato chiedere di non pagare più l'odioso balzello: “.... la vigente normativa (Statuto E.C. D.P.R. 83 del 01.01.1949 e s.m.i., art. 25 e 26) precisa che tutti i Sottufficiali in servizio nella Marina Militare assumano la qualità di soci ordinari e per quanto tali “sono tenuti al versamento della quota mensile”.” ed ancora “fin quando in servizio, per l'interessato, non sussiste la possibilità di recedere dal versamento della quota.”.


Non ci vuole certo una grande cultura giuridica per rendersi conto che il testo dello Statuto fatto valere dall'Amministrazione impositrice del pagamento e della riscossione della quota sociale non ha alcun valore dopo l'abrogazione della norma istitutrice dell'Ente e, se vogliamo proprio essere fiscali, non lo ha perché non è mai stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.


Di tale mancanza ne da atto anche l'Avvocatura Generale dello Stato che rispondendo allo Stato Maggiore della Marina - Ufficio Affari Giuridici e Contenzioso - in merito a una questione concernente la possibilità dell'Ente Circoli M.M. di avvalersi della difesa erariale aveva affermato che “Esso – lo statuto - è stato inizialmente approvato con il R.D.L. 1935/37 istitutivo dell'Ente (abrogato dall'art. 1, comma 1, in combinato disposto con l'All. 1 al D.P.R. 248/10); in seguito, è stato sostituito - limitatamente al contenuto dello statuto - dal D.P.R. n. 83 del 1.1.1949 e successive modifiche. Tale ultimo testo, peraltro, nonostante approfondite ricerche è risultato irreperibile nelle banche dati accessibili alla Scrivente, né lo stesso risulta pubblicato per esteso sulla Gazzetta Ufficiale del 25.3.1949, ove è riportata solo I'approvazione del suddetto D.P.R. n. 83.....” (parere sottoposto il l6 ottobre 2011 al Comitato Consultivo della medesima Avvocatura che si è espresso in maniera conforme).


Siccome a pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca, immagino che la Ministra Pinotti, dopo aver letto questo articolo, non vedrà l'ora di chiarire la questione che potrebbe rivelare non poche sorprese. Anche perché, se per un verso appare irrimediabilmente leso il diritto del cittadino militare (di cui purtroppo non frega niente a nessuno) di autodeterminarsi, cioè il riconoscimento sua della capacità di scelta autonoma ed indipendente di decidere liberamente se partecipare, o meno, alle attività dell'Ente Circoli della Marina Militare e quindi di versare la quota mensile, dall'altro appare chiaro che, volendo accedere alla tesi che attribuisce all'Istituzione una natura giuridica “pubblica” e che quindi colloca l'Ente alle dipendenze del Ministero della Difesa, l'imposizione della quota mensile a carico dei sottufficiali e degli ufficiali della Marina Militare si pone come una ingiustificata tassazione.


Cara Ministra Pinotti faccia chiarezza sulla questione perché se l'intenzione è ancora quella di costringere il personale a pagare le vacanze ai soliti noti, o mantenere in vita strutture dove organizzare feste e festini, sfilate di moda e riunioni di monarchici con la nostalgia delle vittoriose imprese della Regia Marina, o quanto altro possa allietare le serate mondane degli ammiragli, allora è meglio che siano le magistrature competenti a fare chiarezza sugli oltre 1.7 milioni di euro che ogni anno vengono sottratti dalle buste paga dei marinai.
 

martedì 28 ottobre 2014

 

di Luca Marco Comellini
fonte: http://infodifesa.blogspot.it