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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.
Anziché la bugia dell’anno, il 2016 è stato l’anno della
bugia. Non si contano, infatti, la quantità di bugie, falsità, ipocrisie
che sono riusciti a somministrarci quest’anno. Ci hanno riempiti
quotidianamente di dati, indicatori, numeri sulla crescita, sul
benessere, che non abbiamo né visti né sentiti. Ci hanno garantito la
tutela e il ristoro del risparmio truffaldinamente sottratto dalla mala
gestione delle banche e chiudiamo il 2016 con un decreto di salvataggio
sul Monte dei Paschi di Siena per venti miliardi, che sarà altro debito
sulle nostre spalle. Soldi che oltretutto non basteranno perché la
dimensione del buco contabile del colosso senese è talmente oceanica da
essere sconosciuta, come sono sconosciuti i misteri che avvolgono la
storia dell’istituto toscano.
Ci hanno bombardato sull’utilità e sulla necessità dell’accoglienza e
ci ritroviamo invasi da una massa di clandestini che nessuno è in grado
di identificare e di gestire. Extracomunitari che sbarcano a fiumi
dalle navi militari, che utilizziamo per andare a prenderli e salvarli e
che poi, nella più parte, si sparpagliamo nel Paese per fare danni,
malaffare, violenze, furti e lavoro nero. Parliamo di centinaia di
migliaia di persone, per lo più islamiche, di cui nulla sappiamo e nulla
possiamo sapere, tanto è vero che gli stessi paesi dai quali dichiarano
di provenire nella quasi totalità dei casi li disconoscono. Eppure ci
hanno fatto credere che sono una risorsa, una provvidenza, una garanzia
per il welfare e per le nostre pensioni, come se senza di loro saremmo
perduti. Tanto l’hanno detto e sbandierato da convincere specialmente
gli immigrati che, appena sbarcano, protestano, alzano la voce,
pretendono e battono cassa come fossero padroni dell’Italia. Hanno
negato con sdegno ogni collegamento fra sbarchi e terrorismo, insultando
chiunque li ammonisse dal continuare con la scellerata politica
dell’accoglienza, eppure oggi si accorgono che un legame fra le cose c’è
eccome.
Ci hanno giurato un rimedio equo alle follie della Legge Fornero e
hanno scodellato la vergogna dell’Ape (Anticipo pensionistico), fatta
apposta perché non cambi nulla. Ci hanno dato la parola sulla revisione
della spesa, ma le pensioni d’oro, i vitalizi, i super stipendi di Stato
e i compensi da sceicco dei manager pubblici continuano a crescere e
restare. Hanno sbagliato, mentito e disatteso così tanto da farsi
bocciare tutto, dall’Europa, dalla Corte costituzionale e dagli italiani
sul referendum.
Eppure stanno lì, hanno cambiato Matteo Renzi con il suo gemello in
sedicesimi, ma tutti gli altri nonostante le promesse sono rimasti
incollati alle poltrone, come se il quattro dicembre avessero vinto
loro. Hanno cacciato solo la Giannini per mettere al suo posto una
ministra, la Fedeli, che ha dichiarato una laurea fasulla pur di
diventare capo della Pubblica istruzione, roba da matti. Insomma, in un
anno sono riusciti a dire tante balle e bugie da inzeppare tutti i
trecentosessantacinque giorni, come un barattolo di sardine. Chiudiamo
il 2016 con più debito, più clandestini, più povertà, più ingiustizia,
più giovani disoccupati, un fallimento che spacciano per successo.
Chiudiamo l’anno con la gente avvelenata dai disservizi,
dall’insicurezza, dagli scandali e dal menefreghismo sull’esito del voto
referendario, uno schifo insomma. Chiudiamo così, con questo bilancio,
con questo Governo, con questa maggioranza, chiudiamo con la matita in
mano perché prima o poi torneremo a votare.
Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo
Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato
dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e
“nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria
statale italiana, temutissima da Germania
e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia
dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di
continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche
centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo
colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di
Berlino. La Germania
si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia
come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare
l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a
patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro
concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di
togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.
E’ la drammatica ricostruzione che Nino Galloni, già docente
universitario, manager pubblico e alto dirigente di Stato, fornisce a
Claudio Messora per il blog “Byoblu”.
All’epoca, nel fatidico 1989, Galloni era consulente del governo su
invito dell’eterno Giulio Andreotti, il primo statista europeo che ebbe
la prontezza di affermare di temere la riunificazione tedesca. Non era
“provincialismo storico”: Andreotti era al corrente del piano contro
l’Italia e tentò di opporvisi, fin che potè. Poi a Roma arrivò una
telefonata del cancelliere Helmut Kohl, che si lamentò col ministro
Guido Carli: qualcuno “remava contro” il piano franco-tedesco. Galloni
si era appena scontrato con Mario Monti alla Bocconi e il suo gruppo
aveva ricevuto pressioni da Bankitalia, dalla Fondazione Agnelli e da
Confindustria. La telefonata di Kohl fu decisiva per indurre il governo a
metterlo fuori gioco. «Ottenni dal ministro la verità», racconta l’ex
super-consulente, ridottosi a comunicare con l’aiuto di pezzi di carta
perché il ministro «temeva ci fossero dei microfoni». Sul “pizzino”,
scrisse la domanda decisiva: “Ci sono state pressioni anche dalla Germania sul ministro Carli perché io smetta di fare quello che stiamo facendo?”.
Eccome: «Lui mi fece di sì con la testa».
Questa, riassume Galloni, è l’origine della “inspiegabile” tragedia
nazionale nella quale stiamo sprofondando. I super-poteri egemonici,
prima atlantici e poi europei, hanno sempre temuto l’Italia. Lo
dimostrano due episodi chiave. Il primo è l’omicidio di Enrico Mattei,
stratega del boom industriale italiano grazie alla leva energetica
propiziata dalla sua politica filo-araba, in competizione con le “Sette
Sorelle”. E il secondo è l’eliminazione di Aldo Moro, l’uomo del
compromesso storico col Pci di Berlinguer assassinato dalle “seconde
Br”: non più l’organizzazione eversiva fondata da Renato Curcio ma le Br
di Mario Moretti, «fortemente collegate con i servizi, con deviazioni
dei servizi, con i servizi americani e israeliani». Il leader della Dc
era nel mirino di killer molto più potenti dei neo-brigatisti:
«Kissinger gliel’aveva giurata, aveva minacciato Moro di morte poco
tempo prima». Tragico preambolo, la strana uccisione di Pier Paolo
Pasolini, che nel romanzo “Petrolio” aveva denunciato i mandanti
dell’omicidio Mattei, a lungo presentato come incidente aereo. Recenti
inchieste collegano alla morte del fondatore dell’Eni quella del
giornalista siciliano Mauro De Mauro. Probabilmente, De Mauro aveva
scoperto una pista “francese”: agenti dell’ex Oas inquadrati dalla Cia
nell’organizzazione terroristica “Stay Behind” (in Italia, “Gladio”)
avrebbero sabotato l’aereo di Mattei con l’aiuto di manovalanza mafiosa.
Poi, su tutto, a congelare la democrazia italiana avrebbe provveduto la strategia della tensione, quella delle stragi nelle piazze.
Alla fine degli anni ‘80, la vera partita dietro le quinte è la
liquidazione definitiva dell’Italia come competitor strategico: Ciampi,
Andreatta e De Mita, secondo Galloni, lavorano per cedere la sovranità
nazionale pur di sottrarre potere alla classe politica più corrotta d’Europa.
Col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il paese è in
crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da
“prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto,
emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il
rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli
interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati) il
debito pubblico esploderà fino a superare il Pil. Non è un “problema”,
ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato,
disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero
per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli
investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era
sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i
trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».
Al piano anti-italiano partecipa anche la grande industria privata, a
partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e
preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li
acquista più, i tassi sono saliti e la finanza
pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato. L’industria
passa in secondo piano e – da lì in poi – dovrà costare il meno
possibile. «In quegli anni la Confindustria era solo presa dall’idea di
introdurre forme di flessibilizzazione sempre più forti, che poi
avrebbero prodotto la precarizzazione». Aumentare i profitti: «Una
visione poco profonda di quello che è lo sviluppo industriale».
Risultato: «Perdita di valore delle imprese, perché le imprese
acquistano valore se hanno prospettive di profitto». Dati che parlano da
soli. E spiegano tutto: «Negli anni ’80 – racconta Galloni – feci una
ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50
gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè
investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma
nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli
di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più
facendo
investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi.
Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione».
Alla caduta del Muro, il potenziale italiano è già duramente compromesso dal sabotaggio della finanza
pubblica, ma non tutto è perduto: il nostro paese – “promosso” nel club
del G7 – era ancora in una posizione di dominio nel panorama
manifatturiero internazionale. Eravamo ancora «qualcosa di grosso dal
punto di vista industriale e manifatturiero», ricorda Galloni:
«Bastavano alcuni interventi, bisognava riprendere degli investimenti
pubblici». E invece, si corre nella direzione opposta: con le grandi
privatizzazioni strategiche, negli anni ’90 «quasi scompare la nostra
industria a partecipazione statale», il “motore” di sviluppo tanto
temuto da tedeschi e francesi. Deindustrializzazione: «Significa che non
si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani:
quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie
industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da
Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Lo
smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica,
Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme
(alimentare), nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.
Le banche, altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia
reale, e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie
peculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla
perdita. E’ il preludio al disastro planetario di oggi. In confronto,
dice Galloni, i debiti pubblici sono bruscolini: nel caso delle perdite
delle banche
stiamo parlando di tre-quattromila trilioni. Un trilione sono mille
miliardi: «Grandezze stratosferiche», pari a 6 volte il Pil mondiale.
«Sono cose spaventose». La frana è cominciata nel 2001, con il crollo
della new-economy digitale e la fuga della finanza che l’aveva sostenuta, puntando sul boom dell’e-commerce. Per sostenere gli investitori, le banche
allora si tuffano nel mercato-truffa dei derivati: raccolgono denaro
per garantire i rendimenti, ma senza copertura per gli ultimi
sottoscrittori della “catena di Sant’Antonio”, tenuti buoni con la
storiella della “fiducia” nell’imminente “ripresa”, sempre data per
certa, ogni tre mesi, da «centri studi, economisti, osservatori,
studiosi e ricercatori, tutti sui loro libri paga».
Quindi, aggiunge Galloni, siamo andati avanti per anni con queste
operazioni di derivazione e con l’emissione di altri titoli tossici.
Finché nel 2007 si è scoperto che il sistema bancario era saltato:
nessuna banca prestava liquidità all’altra, sapendo che l’altra faceva
le stesse cose, cioè speculazioni in perdita. Per la prima volta, spiega
Galloni, la massa dei valori persi dalle banche sui mercati finanziari superava la somma che l’economia
reale – famiglie e imprese, più la stessa mafia – riusciva ad immettere
nel sistema bancario. «Di qui la crisi di liquidità, che deriva da
questo: le perdite superavano i depositi e i conti correnti». Come
sappiamo, la falla è stata provvisoriamente tamponata dalla Fed, che dal
2008 al 2011 ha trasferito nelle banche – americane ed europee – qualcosa come 17.000 miliardi di dollari, cioè «più del Pil americano e più di tutto il debito pubblico americano».
Va nella stessa direzione – liquidità per le sole banche,
non per gli Stati – il “quantitative easing” della Bce di Draghi, che
ovviamente non risolve la crisi economica perché «chi è ai vertici delle
banche,
e lo abbiamo visto anche al Monte dei Paschi, guadagna sulle perdite».
Il profitto non deriva dalle performance economiche, come sarebbe
logico, ma dal numero delle operazioni finanziarie speculative: «Questa
gente si porta a casa i 50, i 60 milioni di dollari e di euro, scompare
nei paradisi fiscali e poi le banche possono andare a ramengo». Non falliscono solo perché poi le banche centrali, controllate dalle stesse banche-canaglia,
le riforniscono di nuova liquidità. A monte: a soffrire è l’intero
sistema-Italia, da quando – nel lontano 1981 – la finanzia pubblica è
stata “disabilitata” col divorzio tra Tesoro e Bankitalia. Un percorso
suicida, completato in modo disastroso dalla tragedia finale
dell’ingresso nell’Eurozona, che toglie allo Stato la moneta ma anche il
potere sovrano della spesa pubblica, attraverso dispositivi come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio.
Per l’Europa
“lacrime e sangue”, il risanamento dei conti pubblici viene prima dello
sviluppo. «Questa strada si sa che è impossibile, perché tu non puoi
fare il pareggio di bilancio o perseguire obiettivi ancora più ambiziosi
se non c’è la ripresa». E in piena recessione, ridurre la spesa
pubblica significa solo arrivare alla depressione irreversibile. Vie
d’uscita? Archiviare subito gli specialisti del disastro – da Angela
Merkel a Mario Monti – ribaltando la politica europea: bisogna tornare
alla sovranità monetaria, dice Galloni, e cancellare il debito pubblico
come problema. Basta puntare sulla ricchezza nazionale, che vale 10
volte il Pil. Non è vero che non riusciremmo a ripagarlo, il debito. Il
problema è che il debito, semplicemente, non va ripagato: «L’importante è
ridurre i tassi di interesse», che devono essere «più bassi dei tassi
di crescita». A quel punto, il debito non è più un problema: «Questo è
il modo sano di affrontare il tema del debito pubblico». A meno che,
ovviamente, non si proceda come in Grecia,
dove «per 300 miseri miliardi di euro» se ne sono persi 3.000 nelle
Borse europee, gettando sul lastrico il popolo greco.
Domanda: «Questa gente si rende conto che agisce non solo contro la
Grecia ma anche contro gli altri popoli e paesi europei? Chi comanda
effettivamente in questa Europa
se ne rende conto?». Oppure, conclude Galloni, vogliono davvero
«raggiungere una sorta di asservimento dei popoli, di perdita ulteriore
di sovranità degli Stati» per obiettivi inconfessabili, come avvenuto in
Italia: privatizzazioni a prezzi stracciati, depredazione del
patrimonio nazionale, conquista di guadagni senza lavoro. Un piano
criminale: il grande complotto dell’élite mondiale. «Bilderberg,
Britannia, il Gruppo dei 30, dei 10, gli “Illuminati di Baviera”: sono
tutte cose vere», ammette l’ex consulente di Andreotti. «Gente che si
riunisce, come certi club massonici, e decide delle cose». Ma il
problema vero è che «non trovano resistenza da parte degli Stati».
L’obiettivo è sempre lo stesso: «Togliere di mezzo gli Stati nazionali
allo scopo di poter aumentare il potere
di tutto ciò che è sovranazionale, multinazionale e internazionale».
Gli Stati sono stati indeboliti e poi addirittura infiltrati, con la
penetrazione nei governi da parte dei super-lobbysti, dal Bilderberg
agli “Illuminati”. «Negli Usa
c’era la “Confraternita dei Teschi”, di cui facevano parte i Bush,
padre e figlio, che sono diventati presidenti degli Stati Uniti: è
chiaro che, dopo, questa gente risponde a questi gruppi che li hanno
agevolati nella loro ascesa».
Non abbiamo amici. L’America avrebbe inutilmente cercato nell’Italia
una sponda forte dopo la caduta del Muro, prima di dare via libera (con
Clinton) allo strapotere di Wall Street. Dall’omicidio di Kennedy,
secondo Galloni, gli Usa
«sono sempre più risultati preda dei britannici», che hanno interesse
«ad aumentare i conflitti, il disordine», mentre la componente
“ambientalista”, più vicina alla Corona, punta «a una riduzione drastica
della popolazione del pianeta» e quindi ostacola lo sviluppo, di cui
l’Italia è stata una straordinaria protagonista. L’odiata Germania?
Non diventerà mai leader, aggiunge Galloni, se non accetterà di
importare più di quanto esporta. Unico futuro possibile: la Cina, ora
che Pechino ha ribaltato il suo orizzonte, preferendo il mercato interno
a quello dell’export. L’Italia potrebbe cedere ai cinesi interi settori
della propria manifattura, puntando ad affermare il made in Italy
d’eccellenza in quel mercato, 60 volte più grande. Armi strategiche
potenziali: il settore della green economy e quello della trasformazione dei rifiuti, grazie a brevetti di peso mondiale come quelli detenuti da Ansaldo e Italgas.
Prima, però, bisogna mandare casa i sicari dell’Italia – da Monti alla Merkel – e rivoluzionare l’Europa,
tornando alla necessaria sovranità monetaria. Senza dimenticare che le
controriforme suicide di stampo neoliberista che hanno azzoppato il
paese sono state subite in silenzio anche dalle organizzazioni
sindacali. Meno moneta circolante e salari più bassi per contenere
l’inflazione? Falso: gli Usa
hanno appena creato trilioni di dollari dal nulla, senza generare
spinte inflattive. Eppure, anche i sindacati sono stati attratti «in
un’area di consenso per quelle riforme sbagliate che si sono fatte a
partire dal 1981». Passo fondamentale, da attuare subito: una riforma
della finanza, pubblica e privata, che torni a sostenere l’economia.
Stop al dominio antidemocratico di Bruxelles, funzionale solo alle
multinazionali globalizzate. Attenzione: la scelta della Cina di puntare
sul mercato interno può essere l’inizio della fine della
globalizzazione, che è «il sistema che premia il produttore peggiore,
quello che paga di meno il lavoro, quello che fa lavorare i bambini,
quello che non rispetta l’ambiente né la salute». E naturalmente, prima
di tutto serve il ritorno in campo, immediato, della vittima numero uno:
lo Stato democratico sovrano. Imperativo categorico: sovranità
finanziaria per sostenere la spesa pubblica, senza la quale il paese
muore. «A me interessa che ci siano spese in disavanzo – insiste Galloni
– perché se c’è crisi, se c’è disoccupazione, puntare al pareggio di
bilancio è un crimine».
Un tribunale ha ordinato al
comune francese di Publier di rimuovere una statua della Vergine Maria.
La senatrice Nathalie Goulet ha parlato di "ayatollah del laicismo".
Una scuola tedesca in Turchia ha appena vietato le celebrazioni
natalizie: l'istituto Istanbul Lisesi, finanziato dal governo tedesco,
ha deciso che le tradizioni e i canti di Natale non saranno più
consentiti. In Germania, un grande magazzino Woolworth ha abolito le
decorazioni natalizie dicendo ai clienti che l'emporio "è ora
musulmano".
L'Europa sta già mutilando le sue tradizioni "per non offendere i musulmani". Noi siamo diventati il nostro peggior nemico.
I musulmani reclamano anche "la moschea di Cordoba". Le autorità
della città della Spagna meridionale di recente hanno assestato un colpo
alla rivendicazione del diritto di proprietà della cattedrale da parte
della Chiesa Cattolica. Ora gli islamisti la rivogliono indietro.
L'esito finale del laicismo autodistruttivo dell'Europa potrebbe essere davvero un Califfato.
"Tutto è cristiano", scriveva Jean-Paul Sartre dopo la guerra.
Duemila anni di Cristianesimo hanno lasciato nella cultura, nella lingua
e nel paesaggio francese una traccia profonda. Ma non secondo il
ministro dell'Educazione francese, Najat Vallaud-Belkacem.
Ella ha appena annunciato che invece di dire "Buon Natale", i
funzionari statali dovrebbero augurare "Buone Feste", un deliberato
intento di cancellare dal discorso e dallo spazio pubblico ogni
riferimento alla cultura cristiana in cui la Francia è radicata.
Jean-François Chemain lo ha chiamato
"sradicamento di ogni segno cristiano dal paesaggio pubblico". Un anno
fa si infiammò la polemica nella cittadina francese di Ploërmel, dove un
tribunale decise che la statua di Papa Giovanni Paolo II, eretta in una
piazza, andava rimossa perché violava la legge sulla "laicità".
I quotidiani della "sinistra" francese, indignati per il divieto del burkini in Costa Azzurra imposto dalla "destra", appoggiano questa politica anticristiana.
Il Consiglio di Stato
ha appena stabilito che "l'installazione temporanea di presepi in un
luogo pubblico è legale se ha un valore culturale, artistico o di festa,
ma non se esprime il riconoscimento di un culto o di una preferenza
religiosa". Quali precauzioni per giustificare una millenaria
tradizione!
Nella città di Scaer,
una casa di riposo è stata oggetto di una simile denuncia laicista per
la presenza di un affresco della Vergine Maria. Poi è stata la volta
della mangiatoia nella stazione ferroviaria di Villefranche-de-Rouergue, in Aveyron. A Boissettes, le campane delle chiese oggi sono mute per decisione del giudice.
Fortunatamente, alcune idee dell'Osservatorio della laicità –
l'organo istituito dal presidente François Hollande per coordinare le
sue politiche neolaiciste – non sono state attuate. L'Osservatorio ha
anche proposto di eliminare alcune feste nazionali cristiane per far posto a quelle islamiche, ebraiche e laiche.
Il presidente Hollande, in occasione delle festività pasquali "ha dimenticato"
di rivolgere gli auguri ai cristiani di Francia. Pochi mesi prima, il
capo dell'Eliseo aveva invece espresso i suoi migliori auguri ai
musulmani di Francia in occasione della festa dell'Aid, che chiude il
Ramadan. "Il saluto di Hollande ai musulmani è di natura opportunistica e
politica. Per il Partito socialista, si tratta di una clientela
elettorale essenziale", ha detto il filosofo francese Gerard Leclerc,
nel quotidiano Le Figaro.
Questa cristianofobia è il cavallo di Troia dell'Islam. Come scrive Charles Consigny sul settimanale Le Point,
"a forza di questa tabula rasa del suo passato, la Francia farà piazza
pulita del suo futuro". Purtroppo, la Francia non è un caso isolato.
Ovunque in Europa, una estenuante e laicista mancanza di determinazione e
l'esistenza di valori confusi condannano il Cristianesimo a favore
dell'Islam.
Un terrorista jihadista, che ha preso di mira un simbolo della
tradizione cristiana, la settimana scorsa ha ucciso dodici persone in un
mercatino natalizio a Berlino. Ma l'Europa sta già mutilando le sue
tradizioni "per non offendere i musulmani". Noi siamo diventati il
nostro peggior nemico.
L'annuale processione a lume di candela di Santa Lucia ("Sankta Lucia"),
una tradizione cristiana svedese che si celebra da centinaia di anni,
"sta scomparendo". Uddevalla, Södertälje, Koping, Umeå e Ystad sono
alcune del crescente numero di città che non ospitano più questa bella
manifestazione culturale. Secondo Jonas Engman, un etnologo del Museo
nordico, l'interesse sempre minore per la processione di Santa Lucia accompagna
una disaffezione più generale verso la cultura della Svezia cristiana.
Uno studio condotto dalla Gallup International rivela che nella
professione della religione cristiana, la Svezia è il paese "meno religioso del mondo occidentale".
Intanto l'Islam, contraddistinto da un nuovo, forte e motivato senso di
determinazione e da una serie di valori propugnati dalla sharia, è
sempre più diffuso.
Una scuola tedesca in Turchia
ha appena vietato le celebrazioni natalizie. L'istituto Istanbul
Lisesi, finanziato dal governo tedesco, ha deciso che le tradizioni e i
canti di Natale non saranno più consentiti. Il Washington Post
ha sintetizzato così la decisione: "Nessun insegnamento delle
tradizioni natalizie, nessun festeggiamento e niente canti di Natale".
Non è un episodio isolato. In Germania, un grande magazzino Woolworth ha abolito le decorazioni natalizie dicendo ai clienti che l'emporio "è ora musulmano".
In Gran Bretagna, David Isaac,
il nuovo capo della Commissione per le Uguaglianze e i Diritti umani
(EHRC), ha detto ai datori di lavoro che non devono sopprimere la
tradizione cristiana per paura di offendere qualcuno. In precedenza, Dame Louise Casey,
"zar" dell'integrazione del governo britannico, aveva già avvertito che
"le tradizioni come la celebrazione del Natale scompariranno se la
gente non difenderà i valori britannici".
In molte città spagnole
come Cenicientos, un comune della Comunità autonoma di Madrid, sono
state rimosse le stazioni cristiane della Via Crucis. Poi, la sindaca di
Madrid, Manuela Carmena, ha deciso di vietare la tradizionale esposizione dei presepi alla Puerta de Alcalá della capitale spagnola.
I musulmani reclamano anche "la moschea di Cordoba".
Le autorità della città della Spagna meridionale di recente hanno
assestato un colpo alla rivendicazione del diritto di proprietà della
cattedrale da parte della Chiesa Cattolica. Costruita sul sito della
chiesa di San Vincenzo, è stata una moschea per più di 400 anni quando
la Spagna islamica faceva parte di un califfato, prima che il regno
cristiano di Castiglia conquistasse la città e la trasformasse di nuovo
in chiesa Ora gli islamisti la rivogliono indietro.
I
musulmani reclamano anche "la moschea di Cordoba". Le autorità della
città della Spagna meridionale di recente hanno assestato un colpo alla
rivendicazione del diritto di proprietà della cattedrale da parte della
Chiesa Cattolica. Costruita sul sito della chiesa di San Vincenzo, è
stata una moschea per più di 400 anni quando la Spagna islamica faceva
parte di un califfato, prima che il regno cristiano di Castiglia
conquistasse la città e la trasformasse di nuovo in chiesa. (Fonte
dell'immagine: James Gordon/Wikimedia Commons)
Anche il Belgio, la democrazia più islamizzata d'Europa, sta epurando la sua tradizione cristiana. Quest'anno a Holsbeek,
alle porte di Bruxelles, non è stato allestito il tradizionale presepe,
tra le polemiche sorte per "non offendere i musulmani".
Come riportato dal quotidiano La Libre,
i calendari scolastici della comunità francofona del Belgio stanno
utilizzando una nuova terminologia laicizzata: la festa di Ognissanti (Congés de Toussaint) viene chiamata congedo di autunno; le vacanze di Natale (Vacances de Noël) diventano vacanze d'inverno; il Carnevale (Congés de Carnaval) è ora chiamato "congedo di riposo e relax" (Congé de détente) e le vacanze di Pasqua (Vacances de Pâques) sono diventate vacanze di primavera (Vacances de Printemps). E così, nella capitale Bruxelles, è stato anche installato un astratto albero di Natale scristianizzato.
In Olanda, la tradizione cristiana di "Black Pete" è sotto attacco e presto sarà abolita. In Italia, quest'anno i preti cattolici hanno rinunciato al presepe per "non offendere i musulmani".
L'esito finale del laicismo autodistruttivo dell'Europa potrebbe
essere davvero un Califfato, in cui il destino delle sue antiche e belle
chiese ricorda quello delle chiese di Costantinopoli, dove Santa Sofia,
che per migliaia di anni è stata la più grande cattedrale del
Cristianesimo, di recente è stata trasformata in moschea. La chiamata del muezzin ora riecheggia all'interno di questa pietra miliare cristiana, per la prima volta in 85 anni.
I terroristi islamici hanno colpito il Natale a Berlino, ma sono i laici cristiani che lo stanno abolendo in tutta Europa.
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.
Domenica 25 dicembre 2016 – Natale di Nostro Signore Gesù Cristo – a casa, in Famiglia
Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo E vieni in una grotta al freddo, al gelo O Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar: o Dio beato! Ah, quanto ti costò l’avermi amato! A te che sei del mondo il Creatore, Mancano panni e fuoco, o mio Signore: Caro eletto pargoletto, Quanto, questa povertà più m’innamora, Giacchè ti fece amor povero ancora. Tu lasci del tuo Padre il divin seno Per venire a penar su questo fieno, Dolce amore del mio cuore, Dove amor ti trasportò? – O Gesù mio Perchè tanto patir? Per amor mio! Ma se fu tuo volere, il tuo patire, Perché vuoi pianger, poi, perchè vagire? Sposo mio, amato Dio, Mio Gesù, t’intendo, si; Ah, mio Signore! Tu piangi non per duol, ma per amore. Tu piangi per vederti da me ingrato, Dopo sì grande amor, sì poco amato. O diletto del mio petto Se già un tempo fu così. – Or te sol bramo Caro non pianger più, ch’io t’amo, io t’amo Tu dormi, o Gesù mio, ma intanto il cuore Non dorme, no, ma veglia a tutte l’ ore: Deh! Mio bello e puro agnello A chi pensi, dimmi tu? – O amor immenso A morire per te, rispondi, io penso. Dunque a morire per me tu pensi, o Dio. E chi altro, fuor di Te, amar poss’io ? O MARIA, speranza mia: Se poc’amo il tuo GESU’, non ti sdegnare. Amalo tu per me, s’io nol so amare.
Ce l’hanno fatta ancora! Hanno sporcato per l’ennesima volta la Mangiatoia di sangue umano. Di Sangue Cristiano. Da
Berlino al Mar Nero, fino alla Siria, all’Iraq, ad Israele, al Libano,
alla Nigeria, a mezzo mondo, oggi, e nel triste ricordo di uno ieri non
lontano a Parigi, Bruxelles, Londra, Nizza, Tunisi, Madrid, gli States…
Folli delinquenti islamici, che, in massa, sbarcano sulle nostre
coste travestiti da finti profughi – veri clandestini in cerca di
terre da conquistare, in nome di un libro che semina odio, odio e odio. Vengono
accolti e rifocillati da un Occidente parrocchiano, sciocco e in cerca
di perdono per mille peccatucci da mezzatacca, da un Occidente politico
e organizzato in cooperative e associazioni, furbo e interessato a
soldi e potere, e che, addirittura, si organizza le prenotazioni di
terroristi e finti profughi contattando direttamente scafisti e mafie
musulmane.
Si ingrassano e si arricchiscono a casa nostra, i maledetti, coi nostri sacrifici di italiani messi in ginocchio,
e, appena possono, ci ammazzano come bestie. E bestie non sta per noi,
martiri, ma per loro, assassini impastati con male puro, rancori vecchi
mille anni e arroganza petrolifera dei tempi nostri.
Arrivano, peraltro, in anni in cui tutti abbiamo qualcosa da farci perdonare, dopo
qualche decennio di finto benessere acquisito a rate, mai completamente
saldate. L’abbiamo fatta fuori dal vaso, confessiamolo, acquistando di
tutto sul bancone del superfluo e dell’ignobile: dalle ville kitsch alle
auto fuoriserie color prugna metallizzato, dai robot da cucina che ti
vanno anche a far la spesa al mercato alle vacanze cafone a Formentera.
Fino alla perduta gioventù, rincorsa con siringate di plastica. Fino ad
una impossibile nuova identità, da esporre alla fiera delle vanità.
Siamo caduti nella trappola del male. E abbiamo dimenticato la
Mangiatoia, il Golgota, il Sepolcro Vuoto e la Luce della Resurrezione,
per venderci alle ombre del male, che ha agito, senza colpo ferire,
spalmando di miele la larga strada della finta eternità. Quella in cui
avremmo potuto o dovuto diventare signori del tempo e dei luoghi.
Mentre loro, i cani assassini che stanno straziando migliaia
di Figli di Dio nelle nostre Città, ci sguazzano e ci fanno affari col
male. Se, addirittura, non sono un tutt’uno.
Al contrario di noi, ingordi di vacuità televisiva, loro si cibano di spietata violenza, la bevono
come fosse pioggia nel deserto; ne allattano i propri figli, spesso
messi al mondo solo per essere trasformati in armi di distruzione di
massa; ne intridono i libri di scuola, i discorsi pubblici, i sermoni
dei luoghi dove pregano quel loro riferimento non umano (chiamarlo dio
mi sembra troppo), che chiede loro martiri, ecatombi, genocidi. Mentre
Dio, Quello Vero da Dio Vero, Luce da Luce, Quello nato dal Padre prima
di tutti i secoli, ci impone di amare gli altri quanto amiamo noi
stessi. Ci chiede, addirittura, di porgere l’altra guancia a
chi ci percuote. Attenzione: ce lo chiede, NON CE LO IMPONE. Perché Dio
ci lascia liberi di scegliere la strada da percorrere. E noi scegliamo. A volte bene, a volte male. Ma scegliamo.
E lo strazio è proprio nel vedere che l’Occidente sta scegliendo di consegnarsi, suicida, ai propri carnefici.
Facendo finta di seguire la strada tracciata da Gesù Cristo, Il Quale,
invece, pur neonato seppe scappare dalla spada di Erode, per difendere
il Dio dei futuri Cristiani. Perché c’è il giorno dell’Angelo, e quello
dell’Arcangelo! Il giorno del Coro Celestiale e quello della Spada di
fuoco!
E noi non possiamo più innalzare Lodi e Canti al Signore,
mentre le spade dei nostri carnefici continuano a mozzare le teste dei
nostri martiri, le loro bombe continuano ad ammazzare innocenti
ai mercati o per strada, i loro killer continuano a uccidere sparando
da una finestra o caricando le folle con un TIR appena rubato per
l’occasione. No! Questa Mangiatoia la dobbiamo difendere, ad ogni costo.
E’ dovere di ogni “soldato di Cristo”, di ogni Cresimato, alzare alta
la voce della protesta e combattere con maglio d’acciaio contro ogni
nemico della Fede.
Russia e America, forse, hanno trovato i loro Cavalieri.
Adesso tocca ai Paesi di questo vecchio Vecchio Continente ritrovare la
propria Identità e la propria Radice, che in quella Mangiatoia hanno
avuto Origine e Conforto!
#MaipiùSangueCristianoMartire
Ora, sì, Buon Natale. Natale di Fede da difendere. Di Occidente da conservare.
Scrive Spirlì, in onore dei Caduti degli attentati islamici
La Vergine Maria sostituita con una donna islamica con il burqa. San Giuseppe sostituito con un islamico con in testa un copricapo arabo e baffoni evidenti.
Gesù Bambino avvolto in un panno bianco. La grotta di Betlemme sostituita da
una tenda beduina su cui troneggia la scritta “Costruiamo ponti, non muri”, in
aggiunta alla bandiera arcobaleno simbolo massonico e vessillo dei cosiddetti
“pacifisti”.
È il presepe islamofilo allestito nella Chiesa di Sant’Anna a
Potenza da un parrocco particolarmente dedito alla legittimazione dell’islam.
Accordandogli il beneficio dell’innocenza, ci limitiamo a dirgli che ha preso un abbaglio. Perché tutti i profeti menzionati nel Corano sono musulmani.
Quindi il Gesú coranico che si prostra ad Allah e indica Maometto come il
“Sigillo della profezia” non ha nulla a che fare con il nostro Gesù Cristo. Lo
stesso è per la Vergine Maria, San Giuseppe, ma anche per Abramo. Non c’è nulla in comune tra il cristianesimo e l’islam. All’opposto l’islam condanna il
cristianesimo considerandolo un culto politeista, proprio perché si fonda sulla
fede del Dio fatto Uomo e sulla Trinità. Nel Corano Allah prescrive che ebrei e
cristiani devono essere uccisi.
Ma se di tutto ciò il parroco fosse già edotto, ebbene allora si meriterebbe
una sonora scomunica perché legittimando l’islam ha delegittimato il
cristianesimo. Non a caso la Chiesa per 1400 anni ha condannato l’islam,
Maometto e il Corano. L’errore in cui è caduta la Chiesa, a partire dal
documento “Nostra Aetate” del 1965, è la sovrapposizione della dimensione della
persona con la dimensione della religione, immaginando che per amare
cristianamente i musulmani come persone, si debba legittimare l’islam come
religione a prescindere dai suoi contenuti violenti. Possiamo sperare in un
intervento chiarificatore di Papa Francesco a difesa del “Natale cristiano”
come lui stesso ha precisato in una telefonata a sorpresa a Uno Mattina su
Raiuno? Possiamo sperare che il parroco metta da parte la sua islamofilia e
conceda a noi cristiani il Presepe cristiano abolendo questo teatrino islamico?
.... Si rinnega la Sacra Famiglia e si stravolge la verità per compiacere chi vuole imporci con il terrore un'altra religione e un altro Dio. Così si legittima l'Islam !
Un atto sacrilego inaccettabile, da condannare ... questo prete andrebbe
scomunicato ... e la Chiesa intervenga, riaccenda la fede invece di
spegnerla
Caro contribuente. Visto che la cricca che vi governa per conto
terzi vi ha accollato altri 20 miliardi di debito per salvare la
“sua” banca, ricordatevi almeno questa foto:
e’ una grande storia d’amore. Lui è Giuliano Amato, l’immarcescibile
e il mai imputabile, oggi elevato a giudice costituzionale, ossia topo
nel formaggio, dal Napolitano. Quello fra le sue braccia è Giuseppe
Mussari, capo di Monte dei Paschi, e messo dalla cricca alla presidenza
dell’ABI, Associazione Bancaria Italiana.
Risale al 2010, quando – da intercettazioni di telefonate pubblicate
da Corriere e Repubblica – risulta che Giuliano Amato disse a Mussari:
“Io ti aiuto a prendere la presidenza ABI”, poi gli chiese dei fondi per
il Tennis Club di Orbetello, di cui l’Intoccabile e Immarcescibile è
presidente.
Roba da poco, 150 mila euro. Però pensate solo quel che succederebbe
se una telefonata simile venisse fuori che l’ha fatta Virginia Raggi:
apriti cielo, la magistratura “apre un dossier”, i giornali impazzano,
il PD urla: disonesti, incapaci!
Invece, allora, niente. Amato era, come sempre, l’Impunibile.
Mussari era dato “vicino a D’Alema”. Che infatti, sprezzante, sulla
donazione al tennis club di Orbetello, sibilò: “Era uno dei compiti
istituzionali della Fondazione”.
Provare che è stato Amato a mettere Mussari al vertice della
potentissima Associazione Bancaria è ovviamente impossibile. Fatto sta
che è stato a quel vertice – la confindustria di tutte le banche
italiote, – finché il bubbone Montepaschi è scoppiato.
E’ un bravo banchiere, Mussari? Degno della raccomandazione
dell’Immarcescibile? Accettato dagli altri banchieri perché ne aveva
conquistato il rispetto le sue capacità tecniche e professionali?
Vediamo. A quel tempo era già noto che Mussari, per Montepaschi,
aveva acquistao la banca Ambroveneta da Santander, che l’aveva pagata 9
miliardi, per 16,7: un sovrapprezzo clamoroso, incomprensibile, che ha
fatto subito pensare che nascondesse qualche tangente miliardaria…
Forse c’era anche questa. Ma quel che ha scoperto l’indagine, era che Mussari e il vertice intero di Montepaschi non avevano capito a
quanto ammontava la spesa. Ai magistrati, Piero Mantovani che era
capo di Antonveneta, testimonia che al primo colloquio con Mussari e
Vigni (il vice) “Ho colto in costoro uno smarrimento […] Forse solo in
quel momento realizzarono che l’esborso sarebbe stato ben più
elevato” di 9 miliardi. Per 9 miliardi Santander aveva rifilato
Antonveneto a Mussari, ma il gran banchiere senese non s’è accorto che
Antonveneto ha un passivo da 7,9 miliardi. Che si somma dunque al
prezzo d’acquisto.
Quando glielo dicono, “ha un momento si smarrimento”. Montani se ne
va chiedendosi – e lo dirà ai magistrati: “Ma questi han capito
veramente quel che devono pagare?”.
Mussari, il gran tecnico, il futuro presidente dell’ABI,
apparentemente non sa leggere i bilanci. O almeno così ci hanno fatto
credere: perché questa è l’estrema linea di difesa, quella cui è
ricordo un altro fallito politico, Gianfranco Fini in Tulliani: “Sono
stato coglione, non disonesto”. Ma io tendo a credere nella
incompetenza assoluta. Lo dimostra il fatto che Mussari e l’intero
vertice della banca chiedono soccorso alle banche d’affari
internazionali, Deutsche Bank, JP Morgan, Nomura per nascondere il
buco, e si mettono nelle loro mani. Queste capiscono al volo i gonzi
con cui hanno a che fare, e gli propongono dei derivati, “Alexandria”,
“Santorini”, “Fresh” che produrranno perdite miliardarie a Montepaschi,
e lucri miliardari a loro… quelli non sanno leggere un bilancio,
figurarsi se sanno come funziona un derivato di DB o Morgan il Pirata.
Sono infatti i derivati di salvataggio che Montepaschi adotta, la causa
a cascata della sua rovina. Incompetenza su incompetenza.
Ricordo questi vecchi fatti – per cui dovrete pagare voi
contribuenti – perché questo è il motivo radicale del degrado italiano:
l’accurata e sistematica selezione e promozione di ignoranti nei
posti-chiave che esigono competenza, responsabilità, esperienza.
Attratti dal fatto che quei posti sono strapagati, la “politica” li ha
occupati tutti – impedito che ci andassero quelli che sanno il
mestiere, e ci ha messo i suoi – scelti precisamente in quanto
incapaci.
Come dimostra Amato con Mussari, ma il fenomeno è visibilissimo
anche nel privato: Vivendi sta per papparsi Mediaset, e Berlusconi, il
grande imprenditore, è smarrito anche lui, s’è fatto cogliere di
sorpresa, non ha capito i giochi del sagace energico Bolloré: in una
parola, è un inadeguato al mondo moderno. Come aveva già dimostrato
facendosi ammazzare il suo Gheddafi e poi espeller dal governo italiota
da Draghi, Merkel e Sarko, è sotto il livello intellettuale e culturale
che occorre non dico per vincere, ma per sopravvivere. Anche lui s’è
scelto solo yes men. Non è un caso. E’ quel che han fatto Amato e
D’Alema mettendo Mussari dove non doveva. Il risultato è il conto che
siete chiamati a pagare voi, mica loro.
E’ così che l’apparato pubblico, anche e soprattutto quello tecnico –
la “macchina amministrativa” – non risponde nemmeno più alle direttive
del governante. E la sua sola occupazione è farsi strapagare, specie
a livello dirigenziale.
Potreste credere che “lo Stato” sia sempre stato così. Non è del
tutto vero. Io che sono vecchio, ricordo anni in cui la dirigenza
pubblica era alquanto competente, sapeva progettare il futuro
collettivo, e aveva stipendi più bassi. La “politica” ha eroso queste
competenze, le ha sostituite con i suoi scherani con la tessera del
partito. Ma lo scadimento decisivo è avvenuto in tempi abbastanza
recenti, diciamo una ventina di anni fa.
Quando cioè, l’Occidente decreta la globalizzazione. Gli intoccabili e
immarcescibili come Giuliano Amato o Napolitano, capiscono benissimo
cosa questo significa: che il sistema Italia, da loro reso poco
efficiente per mangiarne il grasso che cola, sarà investito dai venti
tempestosi della concorrenza globale; il lavoratore tessile da 1,7
milioni di lire al mese sarà messo in concorrenza col messicano a 450
mila, col pakistano a 150 mila; la Fiat crollerà perché arrivano le auto
giapponesi, che sono – semplicemente – di qualità migliore e più
economiche. Insomma l’intera industria italiana, anzi l’intero settore
produttivo viene esposto alla competizione globale; molti cadranno,
alcuni lotteranno per sopravvivere, nel tremendo darwinismo tecnologico
e sociale che sta per profilarsi. Ci saranno estinzioni di massa,
riduzioni di paghe e di posti nel crudele clima di darwinismo sociale
che sta per abbattersi sul sonnacchioso paese.
Con una sola eccezione: l’impiego pubblico. Quelli che gli economisti
chiamano “servizi non vendibili” all’estero. Puoi importare un
computer cinese, ma non un impiegato cinese da mettere al posto
dell’impiegato comunale, del tranviere dell’ATAC, un messicano al posto
dell’impiegato della Regione Sicilia o Calabria. Non puoi comprare un
servizio pubblico dall’estero anche se costa un decimo.
Lorsignori l’han capito benissimo, ed è stato – ne sono convinto – in
quel preciso momento che han deciso di farsi un ricco riparo di
privilegi intangibili, mentre gettavano noi nella tormenta della
competizione globale. Si son costruiti l’Isola Meravigliosa, il Castello
di Cristallo delle Istituzioni: si sono decretati paghe altissime,
si sono scritti loro le leggi che eterizzano il loro potere e
privilegio, hanno imbarcato qualche milione di complici con paghe più
alte che nel privato; sono saliti nella Arca di Noè dorata fra le
nuvole, ed hanno tirato su la scala.
Il nostro destino non li riguarda, ormai hanno
separato il loro dal nostro. Il calo del nostro prodotto interno lordo
non li allarma, dato che loro aumentano l’esazione fiscale e si
prescrivono gli aumenti. Sempre più ignoranti, sempre più
incompetenti, sempre più inadeguati anche intellettualmente al mondo
moderno – non fanno che ricevere ordini dalla centrali del pensiero
unico americo-anglo – e sempre più ricchi. Nomina dopo nomina,
scadimento dopo scadimento, siamo alla ministra della Pubblica
Istruzione che ha fatto le elementari, al ministro del Lavoro che
sputa sui giovani disoccupati e mostra il suo odio per gli
intelligenti: “Vadano all’estero, così non rompono i coglioni qui”. Il
che significa: non abbiamo bisogno di culture, esperienze,
professionalità, perché al vostro posto abbiamo già messo nostri figli
scemi, e i nostri Mussari. E sono stati loro, direttamente loro, a
lasciare che l’Italia abbia perso il 25% della sua produzione
industriale – negli stessi anni in cui i loro emolumenti e privilegi
crescevano.
E avete visto come reagiscono appena si profila un pericolo dal
basso, dal popolo, al loro potere inadempiente e indebito. Il Comune di
Roma ha accumulato 13 miliardi di debito sotto i loro compari e
scherani; non si sono mai nemmeno occupati di riscuotere gli affitti
dell’immenso patrimonio immobiliare, tanto lo Stato ripaga da sempre
tutti i loro buchi e furti.
Ma appena viene insediata la sindaca del5 Stelle, compare
improvvisamente un Organo di Revisione che boccia il bilancio della
Raggi: “E’ la prima volta!”, esultano i giornali: infatti. Prima,
nessun organo aveva rivisto i conti di nessuno. La Regione Calabria non
fa nemmeno bilanci scritti – così non sbaglia. “A casa, a casa!”, urlano
le opposizioni. Quelle opposizioni che prima erano al potere e mai,
dico mai, sono state disturbate da una “bocciatura” dei loro bilanci da
parte di “revisori dei conti”.
E non basta. La magistratura apre dei dossier, dice e non dice,
intercetta, e taglia uno dopo l’altro i personaggi di fiducia della
sindaca. E lei, poverina, è culturalmente inadeguata – un po’ meno di
Mussari però sì.
E viene intercettata notte e giorno, lei. “Dalle intercettazioni
dello scandalo Campidoglio spunta una relazione tra la Raggi e il suo
braccio destro ora rinnegato, Raffaele Marra”. Sulle loro “relazioni”,
mai è stato sollevato tanto scandalo. La magistratura è stata
discretissima sul grande amore che ha unito Amato a Mussari.
Finisce che voto 5 Stelle. Anche se so che non basterà. E’ tardi.
Ormai l’italiota, dopo decenni di selezione darwiniana a rovescio, sta
assumendo le fattezze e i costumi del selvaggio, tatuaggi, linguaggio
belluino e inarticolato, nessuna tradizione né memoria del passato,
incapacità di tenere in piedi una produzione industriale, espulsione
rituale dei “cervelli” come qualche millennio fa il capro espiatorio.