Negli
“ambienti beninformati” sorridono sul “passo di lato” di Silvio
Berlusconi, mentre l’uomo della strada non ha la benché minima idea su
questo “va avanti tu che a me viene da ridere”. Secondo alcuni, il
governo avrebbe comunque vita breve, e in tanti si chiedono se sia Forza
Italia che il Partito Democratico si possano essere accordati tra loro e
con Sergio Mattarella (che avrebbe fatto finta di non sentire né
vedere) per far giocare Luigi Di Maio e Matteo Salvini con la
governabilità. È evidente che i partiti tradizionali puntino sul fatto
che leghisti e pentastellati possano bruciarsi entro l’autunno,
screditandosi agli occhi di un elettorato che tornerebbe così a votare
per gli sconfitti nelle urne dello scorso 4 marzo.
Del resto da una lettura del recente voto amministrativo (roba di qualche giorno fa) emerge, e per la prima volta dal periodo post-voto di marzo, una flessione del Movimento 5 Stelle. “Flessione” minima che, secondo gli addetti ai lavori, sarebbe imputabile al fatto che ancora oggi non c’è un governo, che l’elettorato ha percepito un misto d’impotenza e incapacità politica da parte dei 5 Stelle. A questo va aggiunto che obiettivo di Silvio Berlusconi è far calare il consenso verso Salvini e Di Maio evitando comunque che a gestire d’Italia ci vada un tecnico gradito ai “poteri forti europei” (nemici giurati del Cavaliere).
L’operazione di Berlusconi ha una sua logica. Infatti, se al posto d’un governo politico (Di Maio-Salvini) salisse al potere un Esecutivo tecnico, la prima operazione sarebbe di tipo economico-finanziario e tutta sulle spalle dell’ormai moribondo ceto medio. Ovvero, il tecnico risponderebbe ai desiderata del Fondo monetario internazionale e dei “poteri forti europei”, portando entro settembre l’Iva oltre il 25 per cento, introducendo sugli immobili sia la patrimoniale nazionale che quella regionale (come nei desiderata di Fmi e Ue) che si sommerebbero a Tasi, Imu e tassazione sui redditi (ben cinque tasse sulla casa); verrebbe reintrodotta l’Imu sulla prima casa e, dulcis in fundo, a metà agosto si consumerebbe il prelievo forzoso e retroattivo sui conti correnti (per l’ammontare di un 10 per cento sul deposito effettivo della valuta).
Tutti questi aspetti sono stati saggiamente considerati da Silvio Berlusconi, che ha ribadito d’amare l’Italia e la genialità italiana e che non vorrebbe mai la gente venisse fiscalmente colpita da un ennesimo governo tecnico. Poi Di Maio s’è accorto di aver perso terreno, e perché dal 4 marzo sono passati più di due mesi, e il Movimento 5 Stelle è passato dal 33 al 32,7 per cento: fenomeno se vogliamo naturale, gli statistici lo appellano “bandwagon” (flessione post-voto). Mentre Salvini ha registrato un netto balzo in avanti, passando dal 21,4 al 22,4 per cento. Tra la coalizione di centrodestra e i 5 Stelle ci sono oggi quasi sei punti e mezzo di differenza. È il momento buono per far abbassare le penne a Lega e 5 Stelle, mettendoli entrambi a governare: questo certamente avranno pensato i vertici del Pd e Silvio Berlusconi.
Non è dato sapere con certezza se il presidente Mattarella si sia accordato con Berlusconi e Pd per bruciare Lega e 5 Stelle. Ma è a dir poco strano che il presidente della Repubblica non sappia di essere andato oltre il proprio ruolo. Infatti Mattarella potrebbe dire la sua sul gradimento del premier, ma non è compito suo suggerire i ministri a Di Maio e Salvini: anche perché il capo dello Stato non è un monarca e l’Italia non è ancora una repubblica presidenziale.
Del resto da una lettura del recente voto amministrativo (roba di qualche giorno fa) emerge, e per la prima volta dal periodo post-voto di marzo, una flessione del Movimento 5 Stelle. “Flessione” minima che, secondo gli addetti ai lavori, sarebbe imputabile al fatto che ancora oggi non c’è un governo, che l’elettorato ha percepito un misto d’impotenza e incapacità politica da parte dei 5 Stelle. A questo va aggiunto che obiettivo di Silvio Berlusconi è far calare il consenso verso Salvini e Di Maio evitando comunque che a gestire d’Italia ci vada un tecnico gradito ai “poteri forti europei” (nemici giurati del Cavaliere).
L’operazione di Berlusconi ha una sua logica. Infatti, se al posto d’un governo politico (Di Maio-Salvini) salisse al potere un Esecutivo tecnico, la prima operazione sarebbe di tipo economico-finanziario e tutta sulle spalle dell’ormai moribondo ceto medio. Ovvero, il tecnico risponderebbe ai desiderata del Fondo monetario internazionale e dei “poteri forti europei”, portando entro settembre l’Iva oltre il 25 per cento, introducendo sugli immobili sia la patrimoniale nazionale che quella regionale (come nei desiderata di Fmi e Ue) che si sommerebbero a Tasi, Imu e tassazione sui redditi (ben cinque tasse sulla casa); verrebbe reintrodotta l’Imu sulla prima casa e, dulcis in fundo, a metà agosto si consumerebbe il prelievo forzoso e retroattivo sui conti correnti (per l’ammontare di un 10 per cento sul deposito effettivo della valuta).
Tutti questi aspetti sono stati saggiamente considerati da Silvio Berlusconi, che ha ribadito d’amare l’Italia e la genialità italiana e che non vorrebbe mai la gente venisse fiscalmente colpita da un ennesimo governo tecnico. Poi Di Maio s’è accorto di aver perso terreno, e perché dal 4 marzo sono passati più di due mesi, e il Movimento 5 Stelle è passato dal 33 al 32,7 per cento: fenomeno se vogliamo naturale, gli statistici lo appellano “bandwagon” (flessione post-voto). Mentre Salvini ha registrato un netto balzo in avanti, passando dal 21,4 al 22,4 per cento. Tra la coalizione di centrodestra e i 5 Stelle ci sono oggi quasi sei punti e mezzo di differenza. È il momento buono per far abbassare le penne a Lega e 5 Stelle, mettendoli entrambi a governare: questo certamente avranno pensato i vertici del Pd e Silvio Berlusconi.
Non è dato sapere con certezza se il presidente Mattarella si sia accordato con Berlusconi e Pd per bruciare Lega e 5 Stelle. Ma è a dir poco strano che il presidente della Repubblica non sappia di essere andato oltre il proprio ruolo. Infatti Mattarella potrebbe dire la sua sul gradimento del premier, ma non è compito suo suggerire i ministri a Di Maio e Salvini: anche perché il capo dello Stato non è un monarca e l’Italia non è ancora una repubblica presidenziale.