Come al solito: usati e abbandonati dallo Stato tricolore. Prigionieri in India e sotto processo dovrebbero
essere in punta di diritto nazionale e
internazionale non i fucilieri della marina militare italiana Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone, bensì l’attuale capo abusivo dello Stato, tale
Giorgio Napolitano, il piduista Silvio Berlusconi, e gli ex ministri La Russa,
Frattini, Alfano, Maroni, Tremonti, Palma, nonché la Camera dei deputati e il Senato
della XVI legislatura. Inoltre, dovrebbero essere appurate le responsabilità degli ammiragli di
squadra Giuseppe De Giorgi e Luigi Binelli Mantelli, nonché dell'ex capo dell'Aise, Bruno Branciforte. Perché?
C’è una legge orrenda che coniuga tutti i difetti
del «patriottismo» di bassa lega con quelli della galoppante tendenza alla militarizzazione
della sicurezza. Il riferimento è al decreto-legge numero 107 del 12 luglio
2011 (promulgato da Napolitano e controfirmato da Berlusconi & soci),
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, numero 130 -
approvata dalla Camera dei deputati e dal Senato - il cui articolo 5 istituisce
per l'appunto i nuclei militari di protezione. In sostanza, tale normativa prevede
di imbarcare militari italiani su navi mercantili private per assicurarne la
difesa contro eventuali attacchi dei pirati o simili; tale normativa si
configura come una palese violazione dei principi costituzionali e delle funzioni
costituzionalmente previste per le forze armate, il cui compito, ai sensi e per
gli effetti dell'articolo 52 della Costituzione, è solo quello della difesa
della patria. Chissà quanti anni impiegherà la corte costituzionale per
dichiararne l’evidente incostituzionalità.
In
ogni caso la predetta esigenza va soddisfatta
mediante l'impiego di personale specializzato come aveva stabilito un
decreto
regio del 1940, e non già coinvolgendo le forze armate nazionali; la
predetta
norma, inoltre, è tendenzialmente farraginosa e poco comprensibile nella
sua
utilità confondendo la natura pubblicistica con quella privatista del
servizio. Infatti, parecchio a posteriori, dopo lo scandalo a livello
mondiale, con il decreto del Ministro dell'interno del 28 dicembre 2012,
numero 266,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale al numero 75 del 29 marzo 2013, si è
cercato di regolamentare le modalità attuative dell'articolo 5, commi 5 e
5-bis, del decreto-legge 12 luglio 2011, numero107, solo dopo un anno
dall'accaduto in cui risultano coinvolti i due marò.
Eppure
le leggi italiane del passato e le disposizioni dell'International
Maritime Organisation parlano chiaro: a bordo di navi civili i servizi
di vigilanza privata, sono disciplinati dagli articoli 133 e seguenti
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio
decreto 18 giugno 1931, numero 773, e successive modificazioni, e dagli
articoli 249 e seguenti del relativo regolamento di esecuzione, di cui
al regio decreto 6 maggio 1940, numero 635, e successive modificazioni,
possono essere svolti con l'impiego di particolari guardie giurate
armate, a protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili e
sulle navi da pesca battenti bandiera italiana negli spazi marittimi
internazionali a
rischio di pirateria.
A suo tempo, forse in preda al delirio, il ministro
Severino aveva spiegato addirittura, che la vicenda si inquadra nella missione
diplomatica-militare europea anti-pirateria "Atalanta" volta a
fronteggiare i frequenti attacchi alle imbarcazioni mercantili e turistiche
lungo le maggiori direttrici di traffico marino dell'oceano Indiano, pertanto
disciplinata dalle norme a tal uopo previste dall'ordinamento internazionale,
mentre l’allora presidente del Consiglio dei ministri, tale Monti imposto da
Napolitano, affondando nel ridicolo, aveva ribadito la ferma intenzione del
Governo di rivendicare un trattamento per i due cittadini italiani che rifletta
pienamente il loro status giuridico, evitando di creare un pericoloso
precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla
pirateria, mettendone a repentaglio la riuscita e le finalità.
Perché il servizio di scorta era affidato a sei marò
della Marina militare italiana, invece che alle solite guardie giurate , o -
nei casi estremi - ai soliti mercenari messi a disposizione da migliaia di
ditte specializzate nel mondo?
Le autorità di New Delhi hanno denunciato che il 15
febbraio 2012 i marò italiani del reggimento San Marco, di scorta al mercantile
Enrica Lexie, avrebbero ucciso per errore due pescatori indiani - Ajesh Pinky e Selestian Valentine - scambiati per
pirati. Così il 19 febbraio 2012 i due militari italiani del Reggimento San
Marco, forza di protezione anfibia delle Forze armate Italiane, Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone imbarcati in servizio di protezione anti-pirateria, sulla
petroliera Enrica Lexie, venivano fermati e poi arrestati con l'accusa di
omicidio di due marinai del peschereccio indiano St. Anthony. Attualmente i due
fucilieri rimangono costretti ad una permanenza forzata in balia della
giustizia straniera e subendo rinvii del processo (il prossimo al 14 ottobre
2014) ormai non più accettabili e che hanno concretamente solo peggiorato la
loro situazione.
Secondo gli atti della suprema corte dell’India, basati sui dati recuperati dal Gps della petroliera italiana e le immagini
satellitari raccolte dal Maritime Rescue Center di Mumbai - l'incidente si è
verificato a 20, 5 miglia dalla costa del Kerala. Le dinamiche dell'accaduto e
l'interpretazione dei fatti data fin dall'inizio dalle autorità indiane
appaiono quantomeno discutibili ed evidenziano numerosi dubbi, lacune, ed
incongruenze logiche. La cosiddetta difesa processuale dei due marò accusati
dalla giustizia indiana di avere ucciso due pescatori al largo delle coste del
Kerala, sparandogli dei colpi d'arma da fuoco da bordo del mercantile Lexie,
sarebbe finora costata all'erario della Repubblica non meno di 5 milioni di
dollari, corrispondenti a 3,6 milioni di euro. Non occorrono scienziati del
foro per accertare che il tragico episodio è avvenuto in acque internazionali e
pertanto, in base appunto al diritto internazionale, è applicabile la giurisdizione
nazionale dello Stato di bandiera. Infatti, la giurisdizione penale nelle acque
internazionali, tra le quali rientra la zona economica esclusiva (Zee), è di
competenza dello Stato di bandiera, in quanto non formano oggetto di diritto di
sovranità territoriale assoluta dello Stato costiero; pertanto, gli altri Stati
continuano a godere della libertà di navigazione. Lo Stato costiero, invece, è
competente ad esercitare la giurisdizione penale su una nave mercantile straniera
in transito in acque territoriali nei casi indicati nell'articolo 19 della
Convenzione di Ginevra e nell'articolo 27 della Convenzione di Montego Bay. Lo
status giuridico delle navi mercantili non cambia per la presenza di militari
armati a bordo.
Chi
ha strumentalizzato le forze armate per fini di
bassa politica? Per quale ragione legale ben tre governi (Monti, Letta
& Renzi) sia pure imposti dal capo del quirinale ma non espressione
del voto popolare, non hanno risposto a decine di atti parlamentari (XVI
e XVII legislatura) sulla vicenda?
In realtà, cosa c’è sotto? Quali sono i reali rapporti affaristici
tra i governi di Italia e India, nonché le attività degli armatori fratelli D’Amato? Qual è la vera posta in gioco? Che sorta di ricatto sta esercitando il governo indiano nei confronti dell'esecutivo Renzi? E’
quello che proverò ad appurare prossimamente
con un’inchiesta sul campo. Un fatto è certo: l'Italia non ha più alcun
peso diplomatico nel mondo, grazie ad una casta di politicanti
telecomandati, impresentabili ed incapaci che il popolo italiano dovrà
al più presto archiviare in blocco.
di Gianni Lannes 14 agosto 2014