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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

23/09/16

Il circo dell’ipocrisia

Appunti di viaggio - Parli di gente affamata e nessuno ti segue. Metti due tette in primo piano e schizzano i like. La povertà non fa notizia, poi arriva il circo e...

Scrivi un articolo su una disgraziata che muore di fame e non se lo fila nessuno, metti un post sugli animali da circo e viene giù una miriade di commenti, considerazioni, relazioni, conditi ovviamente da sottili (se va bene) insulti e allusioni. Scrivi del degrado, inviti alla responsabilità e vieni tacciato di fare il gioco di questo o di quello, poi spari due tette in home page e le visualizzazioni schizzano. Ci scandalizziamo per le notizie dove si vedono bambini morti ma se non metti nome e cognome nel titolo le visualizzazioni restano inchiodate al momento della pubblicazione. Mi chiedo: ma che razza di società ipocrita è questa? Dove, numeri alla mano, interessa esattamente ciò che si ”schifa”, dove un centimetro di pelle scoperta vale più di un’intera persona che soffre, dove un cammello vale più di un anziano?.

circo


Non sono un moralista e – nei limiti di un relativismo che comunque non mi piace e che ha portato solo danni – capisco il “vivi e lascia vivere” e capisco ancor più lo scendere in campo su un argomento che riguarda la nostra vita. Ma l’ipocrisia di questa società mi fa paura. Predicare bene e razzolare male era un privilegio di pochi, un tempo. Ora è la regola. Si parla senza documentarsi, e soprattutto senza fare una classifica di valori, di importanza. Una volta c’erano i mass media per questo, poi in troppi si sono sputtanati, rovinando l’intera categoria. Ora però siamo all’estremo opposto.

Animali da circo? Per carità, argomento di interesse. Ma la disoccupazione lo è dipiù, i posti di lavoro per i giovani, l’economia locale, la mobilità, la sanità lo sono di più. E invece su quegli argomenti, quando va bene, ci si divide in fazioni, pronte a condannare o ad assolvere senza farci sopra un ragionamento. Passano come nulla appalti che avrebbero bisogno di essere sviscerati, analizzati, sezionati anche e soprattutto dall’opposizione. Lo dico ai cittadini, lo dico da cittadino, e lo dico alle forze politiche. Alziamo il livello della discussione, stiamo andando verso il basso. Troppo. Non basta un selfie mosso per andare a comandare.

di - 21 settembre 2016
fonte: http://www.ilfaroonline.it

20/09/16

G7 all’italiana. Cene vip con formaggi selezionati e novemila regali, il conto è di 25 milioni di euro

Renzi G7


In un paio di mesi, vista l’urgenza, verranno fuori i nomi dei vincitori di un maxi appalto per l’organizzazione di eventi che già ora sta scatenando appetiti. Se poi sul piatto c’è la gestione “chiavi in mano”, come recitano testualmente le carte, del prossimo vertice del G7 a guida italiana, allora si comprende la delicatezza della questione. Ma si realizza pure la delicatezza della decisione di palazzo Chigi, che per la prima volta ha deciso di mettere la procedura in mano alla Consip, la centrale acquisti del Tesoro che cura gli approvvigionamenti della Pubblica amministrazione cercando di garantire risparmi. Diciamo subito che l’appalto, diviso in quattro lotti, per ora vale complessivamente 25,3 milioni di euro. Il pezzo forte del bando è il lotto 1, quello che potrà essere vinto da un solo operatore e che riguarda “progettazione, organizzazione, allestimento e gestione chiavi in mano del vertice dei capi di Stato e di Governo” (valore 12,4 milioni). Le carte, nell’illustrare l’importanza dell’operazione, ricordano che dal 1° gennaio l’Italia assumerà la presidenza del G7. Il vertice vero e proprio, continuano i documenti, “si terrà presumibilmente in Sicilia il 26-27 maggio e prevede la partecipazione di 35 delegazioni con circa 2 mila delegati”, oltre a “circa mille persone di staff della presidenza/organizzazione italiana”. Previsti anche “3 mila giornalisti”.

I DOCUMENTI
Chissà se per quella data Matteo Renzi sarà ancora al Governo. Di sicuro l’azienda che risulterà vincitrice di questo lotto dovrà fare praticamente di tutto: “progettazione esecutiva, direzione tecnica, segreteria tecnica, scouting locations, servizi di accoglienza, servizi di accompagnamento, servizi di presidio sanitario, presidio antincendio” e chi più ne ha più ne metta. Tra le attività da svolgere c’è poi anche la ristorazione, con la previsione di “cene Vip” e “cene di gala” durante le quali non dovranno mancare “assaggi di formaggi selezionati”. Ancora, nel perimetro rientra pure un servizio “omaggi e doni”, con la fornitura di un totale di 6 mila regalini ai delegati. Ma omaggi e doni potrebbero salire a 9 mila considerando anche i contenuti del lotto 2 (valore 10,5 milioni), il quale ha un contenuto del tutto identico al primo con la differenza che è riferito “agli eventi ministeriali e agli altri eventi a livello politico connessi all’anno di presidenza italiana del G7”. Quest’ultimo, però, potrà essere vinto da più operatori economici, come del resto il lotto 3 (valore 1,8 milioni), relativo all’“organizzazione di incontri a livello tecnico”. Poi arriviamo al lotto 4, che per 600 mila euro contempla il servizio di “registrazione accrediti e controllo accessi” alle aree dove si svolgerà l’evento. Anche questo lotto potrà essere aggiudicato a un solo operatore. Qui l’oggetto principale dell’appalto è costituito dalla “fornitura di una soluzione web chiavi in mano” per le suddette attività di registrazione e controllo.

GLI SVILUPPI
Insomma, come si vede si tratta di una serie di attività particolarmente delicate, che per la prima volta palazzo Chigi ha voluto mettere in mano alla Consip, quindi  portare all’esterno del proprio perimetro decisionale. Di certo c’è dietro l’intenzione di ottenere risparmi, ma è verosimile che su un appalto di questa delicatezza e portata Palazzo Chigi abbia voluto cercare di “garantirsi” attraverso il ricorso alla centrale acquisti per eccellenza della Pubblica amministrazione. Anche perché, nel passato più o meno recente della struttura amministrativa del Governo, la gestione di qualche appalto si è dimostrata più che sdrucciolevole.

di Stefano Sansonetti - 20 settembre 2016
fonte: http://www.lanotiziagiornale.it

Renzi attacca l’Europa? Il trucco c’è. E si vede

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A modo suo è simpatico Matteo Renzi. E davvero abile. Appena pensi che sia chiuso all’angolo trova il modo di sgusciare via. Fantasioso, imprevedibile, guascone. Da piccolo era ” Er bomba”, quello che le sparava grossa, e “Er bomba” è rimasto, solo che nel frattempo ha affinato le tecniche. Ha imparato lo spin, grazie anche al suo “stregone” Filippo Sensi.
L’ultima uscita è davvero spettacolare. Al termine del vertice europeo di Bratislava rilascia un’intervista al Corriere della Sera, che definire esplosiva non è esagerato. Al punto che persino al radiogiornale di Radio 24 l’altra sera il cronista rilevava come certe frasi fino a ieri venivano pronunciate solo da esponenti dell’opposizione “populista”. Sottinteso: come la Lega, come il Movimento 5 Stelle.
Renzi che parla dell’immigrazione come Salvini? E che denuncia le incoerenze economiche dell’Europa come Di Battista? Sì, sì. Leggete qui:
«Sull’immigrazione per il momento l’Europa ha parlato tanto e fatto poco. Noi abbiamo fatto gli hotspot, il fotosegnalamento, i salvataggi, la lotta agli scafisti. Loro hanno messo un paio di navi nel Mediterraneo che scaricano i migranti in Sicilia: utile per fare le interviste, non per risolvere i problemi. Il giochino così non funziona. Vanno chiusi gli accordi in Africa decisi nel summit di Malta del 2015. Vanno costretti i Paesi membri a fare le ricollocazioni visto che in troppi fanno finta di niente. Vanno gestiti i rimpatri che per il momento fa l’Italia mentre l’Europa fa i convegni. Abbiamo proposto sei mesi fa il Migration Compact. Juncker lo ha ripreso nel suo discorso e gli siamo grati. Ma per il momento sono parole. L’Italia se necessario farà da sola: sappiamo come fare. Ma allora l’Europa ammetta di aver fallito e dica che gli egoismi sono più forti della politica: farebbe più bella figura. Non possiamo lasciar esplodere il problema dell’immigrazione per l’incapacità dell’Europa. Nel frattempo stiamo costruendo una nuova sede per il Consiglio europeo che costa qualche miliardo: hanno scelto i miei predecessori, non posso dire nulla. Ma proporrò di mettere davanti alla sede il barcone che l’Italia ha recuperato dal fondo del mare e che adesso è ad Augusta. Almeno tutte le volte che c’è una riunione anziché guardare solo i divani nuovi, si guarderà l’immagine di quel barcone e dello scandalo di una migrazione».

E qui:
Sono altri che dovranno giustificarsi per il mancato rispetto delle regole. La Spagna ha un deficit doppio del nostro. La Francia non rispetta nemmeno Maastricht con il deficit ancora sopra il 3%. La Germania viola la regola del surplus commerciale: dovrebbe essere al 6% e invece sfiora il 9%. Nessuno chiede ai tedeschi di esportare di meno, ma hanno l’obbligo di investire di più e stiamo parlando di decine di miliardi che aiuterebbero l’intera Eurozona. Ho fatto notare questa contraddizione in modo privato prima e pubblico poi. Io non sto zitto per quieto vivere. Con me il giochino “L’Italia pensi a fare le riforme” non funziona più. Noi le riforme le abbiamo fatte, le regole sono rispettate, gli impegni sull’immigrazione ci costano in termini di consenso ma sono doverosi. E dunque ho il dovere di dire che le regole valgono per tutti. Se qualcuno vuole far tacere l’Italia ha sbagliato indirizzo, metodo e sostanza.
Basiti? Non riconoscete più Renzi? Tranquilli, non cambia nulla. Purtroppo. Già, perché quella a cui stiamo assistendo non è una vera svolta politica: se lo fosse l’Italia avrebbe posto il veto alle conclusioni del Vertice di Bratislava, che invece ha sottoscritto. E adotterebbe subito misure energiche e fuori dagli schemi, tanto per far capire a tutti che è determinata e soprattutto seria. Alla Orban, per intenderci. E invece nulla, Matteo urla ma poi si allinea.
Quella che sta imbastendo è un’operazione di comunicazione politica semplice e al contempo sofisticata incentrata sul tentativo di cambiare la narrazione. Fino a ieri denigrava e attaccava i partiti “populisti”, contrapponendo l’immagine e la retorica di un giovane leader, lui, moderno ma rassicurante, innovatore ma moderato. Un Obama de Noantri. E gli riusciva bene: nel primo periodo a Palazzo Chigi piaceva a tanti, quasi a tutti; poi è sorto un problemino: i cittadini si sono accorti che i suoi roboanti annunci non corrispondevano alla realtà. Quando il governo parlava di rinascita ma i negozi continuavano a chiudere e i giovani a non trovar lavoro, la gente si è sentita presa in giro e la sua popolarità ha cambiato rotta. Giù, sempre più giù.
E allora ecco l’idea di queste ore: Renzi non funziona più come premier autorevole? Deve diventare l’interprete del malcontento popolare, deve appropriarsi delle argomentazioni dei rivali che fino a ieri disprezzava, approfittando della frenata della Lega nei sondaggi e del fatto che il Movimento 5 Stelle è sulla difensiva, per la prima volta, a causa delle vicende della giunta Raggi.
Insomma tenta l’ultima capriola, per intorbidire le acque alla vigilia del referendum, che così depotenzia politicamente, e nella speranza di riconquistare a destra e tra i grillini delusi i consensi che perde a sinistra; quasi certamente avendo preso cura di avvertire i partner europei, che infatti non si mostrano affatto preoccupati. Sanno che Renzi resta uno dei loro e che i suoi sono annunci senza sostanza.
Spara a salve, come solo un “bomba” sa fare.

di Marcello Foa
fonte: http://blog.ilgiornale.it/foa/2016/09/20/renzi-attacca-leuropa-il-trucco-ce-e-si-vede/

Immigrati ingestibili per i sindacati di polizia





Dure reazioni negli ambienti delle forze dell’ordine dopo la morte di Diego Turra, agente del VI Reparto Mobile di Genova morto di infarto nel corso di una carica a Ventimiglia, durante una protesta dei migranti che cercano da tempo di raggiungere la Francia.

Per il Libero Sindacato di Polizia (Lisipo/Selp) “il nostro Paese, oltre ai tanti problemi economici e sociali che l’affliggono, deve confrontarsi con un problema epocale, quello di un’immigrazione a valanga, alla quale si risponde in maniera debole, sconclusionata e pasticciona”.
Così il presidente nazionale del Lisipo/Selp, Antonio De Lieto, ha commentato i fatti di Ventimiglia. “Masse di persone, la stragrande maggioranza delle quali giovani e tutt’altro che smunte e sofferenti, giungono in Italia, spessissimo grazie al ‘servizio taxi’ delle navi militari europee che operano nel Mediterraneo.

 

Raccolti i presunti profughi, presumibilmente clandestini, non vengono portati nel Paese di cui la nave che ha accolto a bordo queste persone batte Bandiera, ma vengono sbarcati in uno dei porti italiani”, ha continuato De Lieto.
“Un arrivo massiccio e quotidiano – ha rimarcato il leader del Lisipo/Selp – che sta diventando ingestibile e sta creando veri e propri problemi di convivenza fra cittadini italiani e migranti che, spesso, vengono assegnati in numero eccessivo, rispetto alle possibilità di accoglienza di piccole realtà locali”, ha avvertito.
“Tutto questo accade – ha proseguito – mentre il pericolo ‘terrorismo’ sta diventando una realtà sempre più concreta, sempre più minacciosa. Troppi ‘migranti’ conoscono molto bene la parola ‘diritti’ ed esprimono, anche platealmente e con violenza, la loro protesta per l’alloggio, il vestiario, il vitto ecc.

 

Ci si aspetta che chi asserisce di scappare da una guerra quantomeno sia grato al Paese che lo accoglie e fa ogni sforzo per assicurare una vita dignitosa, ma così, in troppi casi, purtroppo, non è”, ha detto.
“Nei confronti dei violenti, il Lisipo/Selp – ha concluso De Lieto – auspica il pugno duro. Se vi sono migranti che non si trovano a loro agio in Italia, tornino nel loro Paese e si battano per migliorarlo”.
Decisa anche la posizione espressa da Gianni Tonelli, Segretario generale del sindacato di Polizia SAP. “Non si può morire a 53 anni per colpa di chi non è in grado di arginare la violenza di un gruppo di irresponsabili che ostacola quotidianamente il lavoro delle Forze dell’Ordine alimentando tensioni e scontri e facendone una vera e propria bandiera ideologica” recita una nota, del SAP.

 

“Quella di ieri è la cronaca di una morte annunciata dopo gli ennesimi scontri e l’ennesimo giorno di riposo settimanale negato: gli agenti, costretti anche a 10 ore di straordinario al giorno, sono totalmente debilitati!”, continua.
“Quello che diciamo da mesi, purtroppo, sta diventando realtà – aggiunge Tonelli .
Questo, infatti, è il risultato delle politiche disumane del governo, che sta lesinando sulla sicurezza interna seguendo i diktat della spending review, senza preoccuparsi di mettere a rischio gli agenti. Il turnover fermo al 55% e le carenze di organico nelle Forze di polizia (45mila, di cui 17mila solo nella Polizia di stato) fanno sì che i poliziotti, sempre più anziani, siano chiamati a svolgere attività sempre più dure, con turnazioni massacranti, per ore e ore sotto il sole cocente e senza la minima tutela.


 

Quanti altri agenti dovranno morire prima che il governo decida di intervenire concretamente? -domanda Tonelli.
Se l’esecutivo vuole portare avanti le politiche scellerate delle ‘porte aperte’ in fatto di immigrazione, deve al contempo stanziare i fondi necessari per la gestione dei migranti, dei profughi e dei clandestini, anche a costo di mettere in atto scelte impopolari al solo fine di proteggere i ‘suoi’ uomini.
Perché non è la prima volta che accade un episodio di questo tipo: lo scorso anno sono stati oltre 6mila gli agenti finiti in ospedale per ’cause di servizio’, ma nessuno ne parla. Non chiediamo gloria, ma solo dignità, rispetto e tutela per il nostro lavoro”.

(con fonte Adnkronos/Labitalia)
Foto ANSA e web

di Redazione - 9 agosto 2016
fonte: http://www.analisidifesa.it/

19/09/16

Vicenda Marò - India "Perché la giurisdizione indiana sui Marò fa acqua da tutte le parti"








Avevo intenzione di dedicare il mio nuovo post alla questione migratoria, ma l’ultimo articolo pubblicato sulla vicenda dei Marò ha trovato alcune contestazioni, cui ho deciso di rispondere sempre in punto di diritto. In particolare, mi si rimproverava il fatto che la Convenzione di Montego Bay disciplini solo i fatti avvenuti in alto mare, così ho deciso – tralasciando per il momento tutte le altre norme di Diritto del Mare interessate dalla vicenda dei Marò - di dimostrare che, in qualunque porzione di acqua l’incidente sia avvenuto, la giurisdizione non appartiene all’India bensì all’Italia.

Cominciamo.
Il diritto internazionale unanimemente condiviso ripartisce le acque in mare territoriale, zona contigua, zona economica esclusiva, piattaforma continentale e alto mare. La Convenzione di Montego Bay del 1982, che sostituisce (per gli Stati che l’hanno firmata e ratificata, ben 167) le precedenti Convenzioni di Ginevra del 1958 sul tema, disciplina tutte queste porzioni di mare, stabilendone l’ampiezza, i metodi di misurazione, i diritti e poteri dello Stato costiero nonché quelli delle navi battenti bandiera di Stati terzi.
Il mare territoriale è parte integrante del territorio di uno Stato e su di esso lo Stato costiero esercita tutti i poteri che esercita sulla terraferma. Secondo la Convenzione di Montego Bay (art. 12), può raggiungere l’estensione massima di 12 miglia marine; il che significa che uno Stato può stabilire il proprio mare territoriale anche al di sotto di tale estensione, ma non può superarla.
La zona contigua (art. 33) può raggiungere al massimo 24 miglia marine. Quindi, se uno Stato decide di costituirla, dalla linea di costa fino alle 12 miglia marine è mare territoriale, dalle 12 miglia in poi (fino a massimo 24 miglia) è zona contigua. I poteri che lo Stato costiero esercita su di essa riguardano solo le violazioni delle proprie leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari e di immigrazione, avvenute entro il suo territorio o mare territoriale, e le violazioni di leggi e regolamenti riguardanti il passaggio inoffensivo di navi di Stati terzi all’interno del proprio mare territoriale.
La zona economica esclusiva raggiunge un’estensione massima di 200 miglia marine (art. 57) e su questa porzione di mare lo Stato costiero ha giurisdizione (art. 56) solo su questioni inerenti “l'esplorazione, lo sfruttamento, la conservazione e la gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo” nonché su “i) installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture; ii) ricerca scientifica marina; iii) protezione e preservazione dell'ambiente marino”. Gli altri Stati hanno piena libertà di navigazione e sorvolo, posizionamento di cavi sottomarini e attività similari. In più, gli Stati cosiddetti land-locked (che quindi geograficamente non hanno l’accesso al mare) possono venire in questa zona a pescare e comunque ad attingere alle risorse ittiche e biologiche disponibili in eccedenza.
La piattaforma continentale (art. 76) comprende il fondo e il sottosuolo delle aree sottomarine che si estendono al di là del mare territoriale (quindi dalle 12 miglia marine in poi) attraverso il prolungamento naturale del territorio terrestre di uno Stato fino all'orlo esterno del margine continentale o, fino a una distanza di 200 miglia marine, se il margine continentale si ferma prima. Lo Stato costiero esercita diritti sovrani solo allo scopo di esplorarla e sfruttarne le risorse naturali.
La definizione di alto mare la ricaviamo a contrario, cioè la Convenzione non ci dice cos’è bensì cosa non è. L’articolo 86 infatti recita che le disposizioni sull'alto mare si applicano “a tutte le aree marine non incluse nella zona economica esclusiva, nel mare territoriale o nelle acque interne di uno Stato, o nelle acque arcipelagiche di uno Stato-arcipelago”. Quindi, mettendo da parte le acque interne (ad es. fiumi e laghi) e gli Stati formati da arcipelaghi (un esempio a caso, l’Indonesia), l’alto mare è tutta quella parte di mare che non rientra nel mare territoriale e nella zona economica esclusiva. Qui vige il principio di libertà e nessuno Stato ha più diritti di altri.
Si può notare che i poteri dello Stato costiero decrescono sempre più mano a mano che ci allontaniamo dal mare territoriale e andiamo verso l’alto mare.

A questo punto, la domanda è: dove si trovava l’Enrica Lexie al momento dell’incidente?

Questo è l’unico aspetto della vicenda su cui India e Italia concordano: l’incidente dell’Enrica Lexie è avvenuto approssimativamente a 20,5 miglia marine dalla costa (lo ribadisce anche l’ordinanza del Tribunale del Mare del 24 agosto: paragrafo 36 quanto alla versione italiana, paragrafo 43 per quella indiana). Ora, sulla base delle misurazioni che abbiamo visto poco fa, siamo nettamente fuori dal mare territoriale (massimo 12 miglia marine) e quasi al limite della zona contigua (massimo 24 miglia).
Sia India che Italia, tuttavia, parlano concordemente di zona economica esclusiva. E a noi sta benissimo, dal momento che in tale zona lo Stato costiero (India nel nostro caso) ha giurisdizione SOLO per questioni inerenti le risorse naturali, biologiche o meno, più installazioni artificiali e ricerca scientifica e simili. Ora, fino a prova contraria, i Marò sono esseri umani, e non pesci o coralli. Come fa l’India a pretendere di aver giurisdizione?
Non trascuriamo, per spirito di completezza, che l’India al momento della ratifica della Convenzione ha fatto una bella dichiarazione interpretativa, affermando che nella sua lettura la Convenzione “non autorizza altri Stati a condurre nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale esercizi o manovre militari senza prima avvisare lo Stato costiero”. L’India potrebbe decidere di far valere questa dichiarazione, considerando in una meravigliosa fictio giuridica l’incidente dell’Enrica Lexie come qualcosa di militare vista la presenza dei Marò. Se non fosse che, sia l’Italia che altri Stati, al momento della ratifica, hanno prontamente fatto delle loro dichiarazioni interpretative (più fedeli alle disposizioni contenute nella Convenzione) nelle quali hanno chiaramente detto che lo Stato costiero non gode di diritti ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla Convenzione per la zona economica esclusiva, e in particolare non gode del diritto di rilasciare o meno l’autorizzazione, previa notifica, per manovre ed esercizi militari. Attraverso questa “controdichiarazione”, la dichiarazione indiana diventa del tutto inapplicabile all’Italia: essa vale infatti solo e unicamente nei confronti di quegli Stati che non hanno fatto “controdichiarazioni”. Per chi avesse voglia, qui trovate tutte le dichiarazioni fatte dagli Stati.

Ma vagliamo tutte le ipotesi: non lasciamo nulla al caso.
Oltre a essere zona economica esclusiva, le 20,5 miglia marine in cui è avvenuto l’incidente potrebbero essere zona contigua. Più su abbiamo detto che in quest’area la giurisdizione dello Stato costiero sussisterebbe solo in materia doganale, fiscale, di immigrazione o sanitaria, oltre che in caso di violazione di passaggio inoffensivo. E qui l’India non ha giurisdizione per ben due motivi:
  • siamo di fronte a un caso di omicidio, non di questioni fiscali o le altre in elenco;
  • le violazioni di cui si parla debbono essere avvenute nel mare territoriale indiano. Tuttavia, se anche l’India concorda che l’incidente è avvenuto a 20,5 miglia, mi pare evidente che non siamo nel mare territoriale.
Dalla definizione a contrario di alto mare, abbiamo desunto che la zona contigua rientrerebbe nell’alto mare. Quindi, facendo un’altra finzione per assurdo, e ipotizzando che l’India non avesse costituito una sua zona economica esclusiva, l’incidente sarebbe avvenuto in pieno alto mare e si applicherebbe l’articolo 97 della Convenzione che ho citato nel mio precedente articolo.

E, infine, l’ultima ipotesi: e se tutti quanti si fossero sbagliati e l’incidente fosse avvenuto nel mare territoriale indiano, chi avrebbe la giurisdizione?
Ebbene, l’articolo 27 della Convenzione è lapidario:
"Lo Stato costiero non dovrebbe esercitare la propria giurisdizione penale a bordo di una nave straniera in transito nel mare territoriale, al fine di procedere ad arresti o condurre indagini connesse con reati commessi a bordo durante il passaggio, salvo nei seguenti casi:
a) se le conseguenze del reato si estendono allo Stato costiero;
b) se il reato è di natura tale da disturbare la pace del paese o il buon ordine nel mare territoriale;
c) se l'intervento delle autorità locali è stato richiesto dal comandante della nave o da un agente diplomatico o funzionario consolare dello Stato di bandiera della nave; oppure
d) se tali misure sono necessarie per la repressione del traffico illecito di stupefacenti o sostanze psicotrope.
Escludiamo sin da subito le ipotesi c) e d). Trattiamo prima l’ipotesi b): l’uccisione dei due pescatori ha disturbato la pace del paese o il buon ordine del suo mare territoriale? Lascio a voi la risposta, che mi sembra self-evident.
Ipotesi a): questa è in teoria l’unica ipotesi in cui, affermando che l’uccisione di due cittadini indiani produce conseguenze che si estendono allo Stato indiano, potrebbe in qualche modo sussistere la giurisdizione indiana. Tuttavia, per correttezza, devo evidenziare che l’articolo 27 si applica ai reati commessi a bordo della nave straniera: l’incidente dell’Enrica Lexie configura un reato che è stato commesso in parte a bordo di una nave italiana e in parte a bordo di quella indiana. Qui dovrei aprire la digressione su qual è il luogo considerato come luogo di commissione del reato: quello in cui l’autore ha compiuto l’azione (per intenderci dove i marò hanno sparato) o quello in cui si sono prodotti gli effetti del reato (dove i due pescatori sono morti)?
Ma non sarebbe utile ai nostri fini, dal momento che è indiscutibile ormai che l’incidente dell’Enrica Lexie non è avvenuto nel mare territoriale, bensì – ripeto – a 20,5 miglia marine dalla costa.

L’accenno al mare territoriale l’ho fatto solo e unicamente per dimostrare che già lì, nel mare territoriale, dove i poteri dello Stato costiero sono più forti, la giurisdizione penale gli spetta solo in determinati casi e non sempre. Figuriamoci quindi cosa avviene man mano che ci allontaniamo dal mare territoriale!?
La Convenzione sul Diritto del Mare parla ancora di giurisdizione penale solo in riferimento all’alto mare (l’ormai ultracitato articolo 97). Per tutte le altre porzioni di mare dice, invece, in quali materie lo Stato costiero ha giurisdizione (fiscali, sanitarie, ecc.): su tutte le altre materie lo Stato costiero NON ha giurisdizione, fatti penali inclusi. E il caso “Enrica Lexie” è un fatto penale.

September 6, 2015 - Irene Piccolo

18/09/16

La dolce vita dei sindacalisti a spese dei lavoratori. E l'assurda difesa: stavamo lavorando


La dolce vita dei sindacalisti a spese dei lavoratori
Luigi Angeletti

Un gruppetto di amici sindacalisti, due crociere da  più di 16mila euro ciascuna a spese del sindacato. E poi un altro paio di cosette, come l’acquisto, da parte del “tesoriere”, di gioielli Swarovsky per 7000 euro. Questo tra il marzo del 2010 e il maggio del 2012, mentre la crisi economica faceva varcare la soglia della povertà a centinaia di migliaia di italiani, mentre veniva approvata la riforma Fornero, mentre decine di disoccupati disperati e di imprenditori falliti  (una cinquantina nei primi sei mesi del 2012) si toglievano la vita.
C’è quanto basta, e avanza, per suggerire all’allegra compagnia una nuova lunga crociera, questa volta con i soldi propri, in qualche parte del Pianeta. Molto lontano. In attesa di far sbollire l’ira degli iscritti al sindacato in questione, la Uil. Invece no. Interrogato lo scorso 22 ottobre dal pubblico ministero, uno dei compagnoni di crociera, Luigi Angeletti – segretario generale fino al 2014 – non fa una piega: “Le crociere indicate  - dice - avevano lo scopo di consentirci di discutere in maniera approfondita  e per più giorni di importanti tematiche relative principalmente al blocco dei contratti del pubblico impiego e delle politiche previdenziali dei governi in carica … l’esito è stato ovviamente utile per i successivi confronti in seno alla segreteria”.
Sembra di vederli. Siamo nel 2010 a bordo della Costa Favolosa, impegnata nella crociera “Terra dei vichinghi”, alla scoperta dei fiordi norvegesi. O a bordo della Costa Deliziosa, in giro per i mari d’Europa.  Con Angeletti c’è l’uomo che nel 2014 lo sostituirà alla guida della segretaria, Domenico Barbagallo. E altri tre sindacalisti. C’è anche la moglie di Angeletti. Eccoli che -  mentre gli altri passeggeri se la spassano tra la discoteca e la spa, lo shopping center e la piscina - i dirigenti del movimento operaio trascorrono ore in coperta a discutere del futuro dei lavoratori italiani. Altro che processo per appropriazione indebita. Il premio Stakanov avrebbero meritato!
Le due crociere sono costate complessivamente più di 32mila euro. L’equivalente del contributo annuale destinato al sindacato da 3/400 iscritti, dello stipendio mensile di una ventina di insegnanti, di sessanta di quelle pensioni minime attorno alle quali – a sentire Angeletti – l’infaticabile gruppo di lavoro dovrebbe aver lungamente ragionato, sprezzante del fastidioso ondeggiare dell’occasionale sede provvisoria, nelle durissime giornate del seminario galleggiante.
Ma il suo avvocato, quando si è presentato dal Pm, ha fatto sapere ad Angeletti che un giorno o l’altro quanto andava raccontando sarebbe stato reso pubblico? E che tutti avrebbero potuto leggerlo? C’è da augurarsi sinceramente di no. C’è da sperare – per l’onore del sindacalismo italiano – che l’ex segretario della Uil abbia raccontato quegli spropositi solo perché fare scena muta gli pareva poco educato.    Anche se bisogna dargli atto che almeno una cosa  indiscutibilmente vera l’ha detta. E cioè che l’esito di quelle iniziative “è stato utile per i successivi confronti in segreteria”.  Può anche essere un’idea per Matteo Renzi: per creare un clima  favorevole e collaborativo, convocare la prossima direzione del Pd a bordo della Costa Favolosa.

Bayer+Monsanto: prima ti avveleno, poi ti curo





È matematicamente assodata l'impossibilità della quadratura del cerchio, ma l'acquisto dell'americana Monsanto da parte della tedesca Bayer rischia di rimettere in discussione le teorie di Von Lindemann in merito.
Qualcuno obietterà che si tratta di una semplice operazione finanziaria: entrambe le imprese continueranno a fare le medesime cose di prima. Non è proprio così. Certo, la Monsanto continuerà a rivolgere l'attenzione al settore agricolo e zootecnico, mentre la Bayer proseguirà il proprio cammino nel mondo dei medicinali e affini, ma l'unione tra i due colossi produrrà sinergie di non poco conto. I campi nei quali le due aziende erano fino a ieri concorrenti diventano un unico podere (si pensi agli anticrittogamici e ai fertilizzanti). Ma non solo. Disporre nel medesimo crogiuolo dei brevetti OGM (organismi geneticamente modificati) rafforzerà ben oltre l'immaginabile le prospettive della Bayer. L'ovvio interrogativo da porsi è a beneficio e/o a danno di chi.
C'è da domandarsi come reagiranno le istituzioni europee a questo ennesimo episodio di gigantismo industriale. Faranno spallucce, giustificheranno l'accaduto stendendovi sopra la coperta della libertà di mercato, lo attribuiranno alla globalizzazione o a chissà cosa? La cartina di tornasole è pronta. La Germania si è astenuta nel voto relativo alla richiesta di proroga in ambito UE dell'uso del glifosato, il diserbante prodotto dalla Monsanto e sospetto di essere cancerogeno. Come si esprimerà ora che l'impresa è di proprietà tedesca? Peserà di più la salute della gente o prevarrà l'istinto della difesa a ogni costo delle proprie aziende? E sugli OGM imporrà alla UE la totale liberalizzazione?
Henry Kissinger sosteneva che chi controlla il cibo controlla i popoli. Se poi controlla anche la salute, il gioco è fatto. A parte tutte le altre considerazioni, non è confortante scoprire che chi è sospettato di farti ammalare di tumore sia lo stesso che poi ti farà pagare le cure antitumorali. Brutta faccenda.

Enzo Sanna -  venerdì 16 settembre 2016 
fonte: http://www.agoravox.it 

REFERENDUM COSTITUZIONALE "QUESTO NON È UN QUESITO, QUESTA È UNA TRUFFA!"


Sta cominciando a girare il facsimile della scheda che dovrà essere votata e che contiene il quesito referendario sulla riforma costituzionale.
Questa è la scheda:


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Questo quesito, così come è formulato è una truffa ai danni dei cittadini.
Vero che il quesito riproduce fedelmente il titolo della legge costituzionale approvata dalle Camere, ma correttezza avrebbe voluto che si usasse il metodo della specificazione dei contenuti, come previsto dall’art. 16 L 352/70. Così com’è il quesito da un informazione non corretta e manipolata.
A parte le disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, che ci può stare (anche se in effetti più che superarlo hanno creato un bicameralismo incasinato…) e la dichiarazione di ridurre il numero dei parlamentari, senza badare alla qualità di quelli che mettono in sostituzione, la parte vergognosamente falsa è quella che afferma che le disposizioni sono per “il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”: qui si parla in pratica di una riduzione del 8% delle spese del Senato, ovvero lo 0,06% delle spese totali dello Stato. Parliamo di un risparmio, al lordo delle minore entrate fiscali di 79 milioni di euro, al netto di 49 milioni di euro, su un bilancio dello Stato di sole spese correnti per il 2016 stimate in 579 miliardi di euro, come risulta dalla tabella del Ministero delle entrate:




Evidenziare nel quesito questo irrisorio risparmio è totalmente fuorviante per un cittadino che non conosce questi numeri, magari che ha sentito da televisioni compiacenti la Boschi parlare di 500 milioni di risparmio (totalmente falso e smentito dalla stessa Ragioneria dello Stato), nutrito a “Stato ladro” da trasmissioni propagandistiche e che legge solo la frase suggestiva “contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”. Come se io mi gloriassi di contenere le mie spese familiari perché rinuncio ad un pacchetto di gomme al mese…
Il quesito a parte ciò è comunque suggestivo, poiché prende alcuni aspetti di sicuro richiamo, ancorché sostanzialmente falsi e superficiali ed omette, con il generico richiamo al titolo V, di avvertire i cittadini che si sta ad esempio cercando di smantellare il sistema del decentramento, togliendo materie importanti alla legislazione locale, come la tutela paesaggistica, la salute, l’ordinamento scolastico e soprattutto la sicurezza alimentare, visto che spesso si cercava di preservare le eccellenze e la sicurezza dell’origine locale protetta contro l’attacco dell’Europa asservita alle multinazionali, quella della liceità del Parmesan, tanto per capirci…
Non solo. L’art 117 Cost. prevede anche il superamento da parte dello Stato centrale dell’autonomia legislativa locale, ed il suo scavalcamento, in nome dell'”interesse nazionale”, concetto vago quanto pericoloso, potendosi estendere all’infinito, come ben sanno gli Stati totalitari.
Nulla dice il quesito dell’asservimento all’Unione Europea, attraverso il controllo obbligatorio di conformità della legislazione nazionale a quella comunitaria dato come compito al nuovo Senato ed i vincoli di rispetto incondizionato a tale normativa dati agli Enti locali. Nulla ancora sull’aumento del quorum per il referendum e per la proposizione delle leggi di iniziativa popolare, addirittura quest’ultimo triplicato. Si parla di abolizione del CNEL, ma non si dice che i componenti e coloro che ci lavorano saranno riassorbiti, senza alcun risparmio per le casse dello Stato.
Un quesito vergognoso, dunque, che riproduce un titolo voluto dalla propaganda renziana e che fa strame dell’obiettività che un referendum deve avere per permettere una decisione serena ai cittadini chiamati ad esprimersi su una materia delicata e fondamentale come quella di una riforma costituzionale.
Fa specie che la Corte di Cassazione non abbia avuto nulla da rilevare: certo la nomina degli ultimi Giudici della Corte Costituzionale faceva intuire che c’è una manovra in atto per spostare gli equilibri (ricordo che gli ultimi due si erano espressi a favore del pareggio di bilancio, norma che di fatto impedisce allo Stato di perseguire i compiti a lui affidati dall’art. 3 comma II Cost.), ma permettere che sia dichiarato ammissibile dall’Ufficio Centrale per il referendum un quesito così palesemente di parte e fuorviante è sintomo di un grave vulnus democratico, che la riforma, unità all’effetto perverso dell’Italicum, non potrà che ampliare.
Oltretutto il quesito sembra non perfettamente in linea con quanto previsto dalla citata L. 352/70 che regola l’indizione del referendum costituzionale: l’art. 16 infatti dichiara che il quesito deve essere posto nei seguenti termini: «Approvate il testo della legge di revisione dell’articolo… (o degli articoli …) della Costituzione,
concernente … (o concernenti …), approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?»; ovvero (e questo è il metodo che è stato furbescamente scelto): «Approvate il testo della legge costituzionale … concernente … approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero … del … ?». Il quesito approvato dall’Ufficio Centrale sembra comunque tralasciare alcuni di questi elementi ed essere eccessivamente generico.
Adesso si capisce perché la stessa maggioranza ha chiesto il referendum, con procedura totalmente anomala: così ha potuto modellare il quesito sulla sua propaganda e ripetere il titolo chiaramente propagandistico voluto per la riforma costituzionale.
Speriamo comunque che gli italiani vadano oltre il testo del quesito e percepiscano i danni di questa pasticciata, sciatta e pericolosa riforma.

LUIGI PECCHIOLI - 16 SETTEMBRE 2016