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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

14/03/15

BASTIAN CONTRARIO Renzi mercante in Fiera parolaio del superlativo



Dubbio, che Renzi sia tanto fesso da credere che ogni iniziativa sia destinata al successo con applausi?

Renzi e la sua passione sfrenata per i superlativi. Verbosità incontinente da imbonitore di fiera, decide Bastian contrario che poi lo ammonisce: ‘Est modus in rebus, diceva qualcuno, e anche l’uso delle parole (senza tromba) è una qualità dei grandi politici (non trombettieri, appunto)’.
Il Bastian contrario si arrende: pensava/sperava che un outsider come Matteo Renzi riuscisse a controllare la sua verbosità, la sua passione sfrenata per i superlativi. Non c’è riuscito, e anzi tende ad alzare sempre il tiro: tutto quello che fa il governo è una rivoluzione, i risultati saranno eccezionali e via superlativeggiando. Al Bastian contrario dispiace che Renzi, dopo la novità che indiscutibilmente ha rappresentato (rispetto a un passato della politica italiana dominato per decenni da democristiani, comunisti e poi berlusconiani) adesso tenda ad esagerare come un qualsiasi imbonitore di fiera: ogni progetto, ogni intenzione, ogni atto è l’inizio di una nuova era.

Uno dei cantieri Expo
Uno dei cantieri Expo

Probabilmente lo frega l’entusiasmo mescolato a una ingenuità adolescenziale: pensare che i giovani e gli adulti italiani siano lì in attesa messianica del nuovo verbo, mentre –soprattutto gli adulti- hanno visto democristiani, poi berlusconiani e anche i comunisti a promettere grandi cambiamenti e il sol dell’avvenire. Possibile -si chiede il Bastian contrario- che Renzi sia così ingenuo e/o sprovveduto da non capire che gli italiani hanno sentito tante, fino a ieri, previsioni di cambiamenti epocali, e quindi sono diffidenti?

Anche chi simpatizza per Renzi vuole comunque vedere la congiunzione tra parole e fatti, cioè la verifica dei fatti. Quindi: se Renzi è convinto che la riforma della scuola (o un altro provvedimento) sia una novità positiva, non c’è bisogno che suoni sempre la fanfara. Est modus in rebus, diceva qualcuno, e anche l’uso delle parole (senza tromba) è una qualità dei grandi politici (non trombettieri, appunto).

Il Bastian contrario non crede che Renzi sia tanto fesso da credere davvero che ogni sua iniziativa sia per forza destinata al successo e che dunque gli italiani devono crederci e scattare sull’attenti. Epperò …epperò il condivisibile sforzo innovativo non ha bisogno di fanfare, che oltretutto alimentano il dubbio, caro Renzi, e non la convinzione che tutto quello che dici è giusto e soprattutto che si avvererà.

Expo di corsa all'ultimo minuto
Expo di corsa all’ultimo minuto

L’ultimo appunto del Bastian è per Maurizio Landini, che ha annunciato il suo movimento politico (certo, nel deserto italiano manca una forza nuova). Peccato che Landini, quello che aveva previsto sulla Fiat per fortuna non si è avverato, ma è successo il contrario, a Torino e in Italia. E proprio nello stesso giorno dell’annuncio della sua “discesa in campo” giunge la notizia che si faranno altri due sabati di straordinario a Pomigliano, e che la cassa integrazione cessa da fine marzo.

Daniele Protti - 13 marzo 2015
fonte: http://www.remocontro.it

IMMIGRAZIONE - '' Roma vuole sbarcare in Tunisia gli immigrati illegali ''




Analisi Difesa sottolinea da tempo la necessità di attuare “respingimenti assistiti” degli immigrati clandestini in arrivo dalla Libia per contrastare criminalità e terrorismo e scoraggiare flussi che altrimenti saranno senza fine. Qualcosa sembra finalmente muoversi in questo senso anche nel governo italiano dopo che l’agenzia Askanews ha rivelato che il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha presentato il 12 marzo a Bruxelles ai colleghi dell’Ue un “non paper”, che propone di “coinvolgere direttamente i paesi terzi affidabili nella sorveglianza marittima e nelle attività di ricerca e salvataggio”.
Una proposta basata sull’impiego di “meccanismi di cooperazione operativa ad hoc”, in particolare al largo della Libia, l’area più interessate dal fenomeno delle migrazioni clandestine dal Nordafrica.

 

Si tratta di una proposta confidenziale, due pagine in 14 punti in tutto, di cui Askanews ha preso visione. Questa cooperazione, che in primo tempo mira soprattutto alla Tunisia (ma potrebbe riguardare anche l’Egitto), “dovrebbe essere adeguatamente sostenuta dall’Ue, attraverso finanziamenti e fornitura di assistenza tecnica”, con l’obiettivo, evidentemente, di costituire a termine una efficiente guardia costiera.
L’aspetto più interessante della proposta, comunque, sta nel fatto che le eventuali navi tunisine che raccogliessero i migranti clandestini, li sbarcherebbero in Tunisia, nel rispetto del principio del luogo sicuro più vicino, previsto dalla Legge del Mare.
A terra, i rappresentanti degli Stati membri dell’Ue e delle due agenzie Onu dei rifugiati (Unhcr) e dei dei migranti (Iom) assisterebbero le autorità tunisine fornendo la loro “expertise” nel campo  della “gestione dei flussi migratori, delle procedure internazionali di protezione, dell’assistenza alle persone vulnerabili e del ritorno dei migranti irregolari ai loro paesi d’origine”.

 

Naturalmente, dovrebbero esserci anche garanzie che i migranti, di qualunque nazionalità, non subiscano maltrattamenti o persecuzioni in Tunisia, e che sia rispettato il principio di “non respingimento” previsto dalle norme Ue e internazionali, ossia il divieto di deportare i migranti nei paesi di transito o di origine che non rispettino i diritti umani e dove sarebbe a rischio la loro vita e la loro integrità fisica.
Tutta la questione è, in realtà, assai delicata, perché potrebbe essere vista, in particolare dalle Ong umanitarie e dal Parlamento europeo, come un tentativo di “aggirare” proprio il principio di non respingimento che non può però limitare la sovranità dei singoli Paesi che restano padroni di respingere l’immigrazione illegale come fanno del resto altri Paesi della Ue.

 

Secondo il “non paper” di Alfano, che è stato discusso in una riunione ristretta con i ministri dell’Interno di Francia,Germania, Spagna, e con il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, “questo nuovo possibile modello”  di cooperazione con i paesi terzi “produrrebbe anche un effetto deterrente, così che sempre meno migranti sarebbero pronti a mettere a rischio la loro vita per raggiungere le coste europee”, e potrebbe portare a “una riduzione della portata del fenomeno nel medio-lungo termine”.

di Redazione 14 marzo 2015
fonte: http://www.analisidifesa.it
Foto: Marina Militare

Da Kabobo all'assassino di Terni: quando l'immigrato è il carnefice



La storia criminale che lega gli omicidi riconducibili agli stranieri ai danni di cittadini italiani è lunga: spesso gli assassini restano impuniti


L'omicidio di Terni e quel maledetto collo di bottiglia è solo l'ultimo episodio di una lunga scia di sangue che vede gli italiani tra le vittime e gli immigrati tra i carnefici. 

 
Negli ultimi tempi clandestini e immigrati hanno alzato il tiro sugli italiani.

Pestaggi, stupri e rapine: un elenco di reati che con leggi severe sull'immigrazione magari si sarebbero potuti evitare. Qualche anno fa a Milano, un altro immigrato aveva sfogato le proprie frustrazioni su passanti inermi che si trovavano a passeggiare sotto casa. Adam Kabobo, cittadino ghanese da tempo residente in Italia, era impazzito e ha sfogato la sua rabbia sui passanti facendo tre vittime.
La lista dei reati commessi da cittadini immigrati è lunga e spesso si tratta di delitti efferati. Come accaduto il mese scorso quando un romeno di 27 anni, ubriaco e a bordo di una grande automobile, ha quasi ucciso due donne, a Ceprano, nel Lazio. L’uomo è poi fuggito a piedi ma i carabinieri non hanno avuto difficoltà a rintracciare il pirata della strada. Successivamente i giudici hanno deciso di concedergli la libertà vigilata con l’obbligo di firma.

Un altro delitto, più cruento, risale all’ottobre del 2014, quando, a Catania, Gora Mbengue, ventisettenne originario del Senegal ha assassinato a coltellate l’ex fidanzata.
A Capodanno del 2009, il tabaccaio 75enne Mario Girati viene ucciso con otto coltellate nel bar della figlia. Due tunisini sono stati condannati all’ergastolo e altri due a una pena di trent’anni. Il tabaccaio fu ucciso dopo una rapina finita male. Lo scorso gennaio, infine, un medico di 71 anni, Lucio Giacomoni, è stato ucciso a suon di calci e pugni nella sua abitazione di Mentana, in provincia di Roma. Per questo omicidio sono stati arrestati tre romeni. La banda ha confessato.

Infine il caso di Joseph White Clifford, 57 anni, di nazionalità indiana che, dopo avere confessato il suo omicidio, ha raccontato ai carabinieri di Roma la sua aggressione costata la vita ad un giovane romano la cui unica colpa era quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. "L’ho colpito con il ferro che uso per chiudere la porta, volevo solo stare in pace, mi aveva svegliato una musica infernale, ero fuori di me" ha raccontato l’immigrato ai carabinieri. Fin quando tutto ciò dovrà costare la vita agli italiani?

Ignazio Stagno - 14/03/2015 
fonte: http://www.ilgiornale.it


Gender a scuola e “buona scuola”: battaglia all’ultimo “voto”



Gender a scuola e “buona scuola”: battaglia all’ultimo “voto”
 
 
I temi della settimana politica incrociano la scuola. Caso Gender a Trieste e riforma di Renzi finiscono al centro di polemiche e degli equilibri (o equilibrismi) nella maggioranza e tra le file dell’opposizione.

GENDER A TRIESTE. Il caso del progetto educativo incentrato sul gioco del Rispetto, promosso dal Comune (centrosinistra) e proposto in 45 scuole dell’infanzia, scatena reazioni a catena. Tra pro e contro. Se per il triestino Francesco Russo, parlamentare dem, il progetto in questione è facoltativo, per il triestino Massimiliano Fedriga, parlamentare leghista, la cosa non sta né in cielo né in terra.

Botta e risposta anche tra la Manif Pour Tous con il portavoce Filippo Savarese e l’ex parlamentare Vladimir Luxuria. La Prof e deputata dem Michela Marzano parla di “mentalità arretrate” ma c’è chi come Adolfo Morganti, presidente dell’Associazione Identità Europea afferma che così “si propaganda una rappresentazione poliforma della sessualità”. 

Per la scrittrice Enrica Perucchietti “è il totalitarismo dei buoni sentimenti” e lo psichiatra e psicoterapeuta Alessandro Meluzzi calibra l’affondo quando definisce il progetto educativo “un’idea di ebeti”. 

Un caso che fa discutere e sul quale il direttore di Intelligonews Fabio Torriero propone una riflessione a tutto tondo dal titolo eloquente: “Il sesso non è ideologia. L’indistinto arriva a scuola”. La settimana si chiude con la notizia opposta a quella con cui si era aperta: a Trieste c’è il dietrofront.  

C'è poi il tema delle unioni civili a rinfocolare il dibattito. Il senatore di Ncd Carlo Giovanardi boccia il Rapporto Panzeri e le unioni civili di Renzi, mentre per il parlamentare dem Alessandro Zan le "unioni civili sono diritti umani". Il direttore del quotidiano La Croce Mario Adinolfi evidenzia il coraggio dell'eurodeputata dem Patrizia Toia che sul punto specifico del Rapporto Panzeri e avverte il premier. 


LA BUONA SCUOLA. La ridisegna Matteo Renzi con il disegno di legge varato dal Consiglio dei ministri. In pillole: assunzione dal prossimo settembre di oltre centomila precari (tecnicamente si chiama ‘stabilizzazione’); Card del Prof con 500 euro all’anno per formazione cultural-professionale, detrazioni fiscali per le scuole paritarie ma solo in quelle delle infanzia, super-preside che si sceglie gli insegnanti migliori, e per finire (ma c’è ancora dell’altro) 5 per mille all’istituto scolastico del “cuore”.

Patrizia Prestipino, esponente della Commissione nazionale del Pd sulla “buona scuola” il testo del provvedimento ha contribuito a scriverlo e a Intelligonews dà una lettura da insegnante e da politico. Ma a raffreddare l’entusiasmo della Prestipino ci pensa Nicola Morra, docente pure lui, e senatore a 5Stelle che non ha dubbi: “La rivoluzione meritocratica non c’è” e a Renzi dice: “Il preside non è un manager”. Quanto basta per far ritenere che la battaglia parlamentare sarà serrata. A suon di “voti”…
 
di Lucia Bigozzi - 14 marzo 2015
fonte: http://www.intelligonews.it

“Sinistra addio”, cantanti e attori all’attacco sui social e sul palco

“Sinistra addio”, cantanti e attori all’attacco sui social e sul palco


Sono finiti i tempi del dominio della sinistra su cantanti e attori italiani, “se non dici di essere dei nostri esci fuori circuito e non becchi nemmeno una presenza al Festival dell’Unità”. Non è stata la fine della prima Repubblica a “liberare” gli artisti e neppure l’avvento della stagione televisiva di Mediaset. La svolta è avvenuta con i social. Sì, con twitter e Facebook, perché lì, in quello spazio a metà tra il privato e il pubblico, le esternazioni spesso non sono controllate e controllabili. Quindi esce di tutto, la provocazione e la risposta. Un esempio eclatante è quello di Simone Cristicchi, un grande artista che la sinistra considerava “suo” e che invece, per aver messo in scena Magazzino 18, lo spettacolo su esodo e foibe, è stato bersagliato di insulti dai compagni, “colpevole” di aver detto una verità che doveva essere nascosta. “Siete relitti di una ideologia sepolta”, è arrivato a scrivere Cristicchi sulla sua pagina di Facebook, a commento di una foto che mostrava la gomma della sua auto tagliata, a mo’ di minaccia o sfregio. “A noialtri ci tocca sopportare i vostri ragli da asini”. Parole durissime, che provano un disagio, una rabbia e una reazione impensabili negli anni passati.

Cantanti e attori controcorrente

Putin è il nemico giurato del Pd? Ecco una sfilza di artisti italiani che invece lo stimano, vanno in Russia a cantare fregandosene del politicamente corretto imposto dalla sinistra contro il leader del Cremlino. Non si limitano a esibirsi sul palco ma scelgono di schierarsi dalla cosiddetta “parte sbagliata”. Persino un artista cauto come Riccardo Fogli si è spinto fino a partecipare alla festa per il ritorno della Crimea tra le braccia della Russia con tanto di dichiarazioni a favore dello stesso Putin. Per non parlare dei tradizionali “ospiti” di Mosca, da Al Bano a Toto Cutugno, che non nascondono le loro simpatie per lo “zar”.

Vatti a fidare dei “vecchi amici”

Persino dal palco di Piazza San Giovanni c’è chi ha “fatto la festa” al Pd ed è stata una sorpresa. Piero Pelù, ex Litfiba, non ha avuto peli sulla lingua: ”Non vogliamo elemosine da 80 euro, vogliamo lavoro, il non-eletto deve capire che in Italia c’è un grande nemico, la disoccupazione”. Deluso dalla sinistra ormai da tempo è Francesco De Gregori, che in più di un’occasione ha dato dispiaceri al Pd: “Pensare di eliminare Berlusconi per via giudiziaria credo sia stato il più grande errore di questa sinistra”, “sono stato berlusconiano solo per trenta secondi in vita mia, quando ho visto i sorrisi di scherno di Merkel e Sarkozy”. Parole di un uomo che sa essere e sentirsi italiano, a differenza del Pd che di quei sorrisi di scherno fece una bandiera.

Da Alba Parietti alla Strana Società

Fin troppo semplice ricordare Lino Banfi e Lando Buzzanca. Inaspettata, invece, la perfomance dell’ex coscialunga della sinistra. Delusa si è dichiarata più di una volta Alba Parietti (“sono snob e bigotti”) così come la pasionaria Fiorella Mannoia (“a 60 anni la vita ti cambia, non puoi più trattenere quello che hai da dire e per fortuna c’è qualcuno che ti ascolta. Quindi che mi importa se poi qualcuno nel mio entourage mi dice di fermarmi altrimenti non mi invitano a cantare. Vuol dire che canterò da un’altra parte”). Su Facebook è esplosa poi la “guerra” della Strana Società, il gruppo diventato famosissimo per la storica Pop Corn e di cui faceva parte anche Umberto Tozzi. Il leader Cesare Gianotti ha condotto innumerevoli battaglie politiche di destra attraverso il social ed è stato preso di mira, segnalato a tal punto che gli hanno cancellato il profilo di facebook dove aveva migliaia di iscritti ed è stato costretto a ricominciare da zero “amici”. E lui ha scritto: “Scusate amici se non mi avete visto in bacheca, ma sono stato bloccato dal regime. In Italia, fino a qualche tempo, fa potevi esprimere su Berlusconi peggiori giudizi, gli insulti più feroci, gli epiteti più umilianti, i post più volgari… io invece sono stato bloccato per aver dato dell’intelligentona a una del Pd e per aver criticato il dio Renzi. Siamo in un Paese ridicolo dove non puoi nemmeno esprimere il tuo dissenso”.

fonte: http://www.secoloditalia.it

13/03/15

IMIIGRAZIONE & BUSINESS - CENTRO ACCOGLIENZA DI MINEO ... IERI e OGGI.

 

IERI: 24 DICEMBRE 2012

Guadagnare con i centri d’accoglienza. Lampedusa e Mineo: stessi gestori

Guadagnare con i centri d’accoglienza. Lampedusa e Mineo: stessi gestori


Ad amministrare il Cara in provincia di Catania è un raggruppamento temporaneo di imprese vicine a Legacoop, Comunione e Liberazione, ed esponenti vicini al Nuovo centrodestra. Il consorzio Sisifo, oltre ad essere finito nella bufera dopo la diffusione del video shock della disinfestazione trasmesso dal Tg2, ha appena vinto anche l'appalto per Cara di Foggia e amministra anche il Cspa di Cagliari
Ha annunciato in pompa magna che a Lampedusa verrà mandata la Croce Rossa. Ma mentre Angelino Alfano era intento a spiegare che il consorzio Sisifo verrà esautorato dalla gestione del centro di accoglienza lampedusano (controllato tramite la cooperativa Lampedusa Accoglienza), pochi chilometri più a nord si consumava l’ennesimo delitto senza carnefici: Mulue aveva 21 anni, era eritreo e da maggio attendeva nel Cara di Mineo di ricevere lo status di rifugiato politico. Status che non arriverà mai perché pochi giorni fa Mulue ha deciso di togliersi la vita. Un suicidio anonimo, senza telecamere e titoli sui giornali. Perché se a Lampedusa il video dei migranti disinfettati con l’idrante ha gettato nella bufera i gestori del centro di accoglienza, a Mineo le cose procedono invece senza troppo clamore, malgrado i gestori siano gli stessi.
È un centro importante quello di Mineo, forse tra i più grandi d’Europa: è nato in poche ore il 18 marzo del 2011 quando durante le rivolte in nord Africa venne dichiarato lo stato d’emergenza dal governo Berlusconi. Ed è in questo lembo di terra in provincia di Catania, settantamila ettari tra alberi di arance e limoni, che il Ministero pensò bene di allestire il centro per richiedenti asilo. C’erano già 403 appartamenti costruiti quattordici anni prima dalla Pizzarotti e Co. di Parma per essere affittati alle famiglie dei militari statunitensi, di stanza nella vicina Sigonella. Solo che nel 2010 i militari americano decidono di lasciare le villette di Mineo. Poco male, perché poco dopo arriva il Ministero a salvare la Pizzarotti con un indennizzo da sei milioni di euro all’anno: in quel complesso nasce quindi il centro per richiedenti asilo più grande d’Europa.
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Ad amministrare il centro in provincia di Catania, c’è un raggruppamento temporaneo di imprese guidato dalla stessa Sisifo, che oltre ad essere finita nella bufera per la gestione del centro di Lampedusa, ha appena vinto anche l’appalto per Cara di Foggia e amministra il Cspa (Centro di soccorso e prima accoglienza) di Cagliari. È un raggruppamento bipartisan quello che ha in mano il Cara di Mineo: oltre a Sisifo, che aderisce alla Legacoop, c’è anche la Cascina Social Service, che si occupa di fornire i pasti ai migranti ed è legatissima a Comunione e Liberazione. Oltre a cattolici e Legacoop, però, hanno trovato rappresentanza nella gestione del Cara di Mineo anche ambienti di centrodestra: fino all’anno scorso il responsabile del centro era il presidente della provincia di Catania Giuseppe Castiglione, poi eletto deputato nelle fila del Pdl, e oggi luogotenente di Alfano e del Nuovo centrodestra in Sicilia.
L’ombra del ministro dell’Interno nella gestione del Cara Mineo si allunga però fino a oggi, dato che dopo il commissariamento delle province siciliane, l’ente attuatore del Cara è diventato il consorzio Calatino Terra di Accoglienza che raggruppa i comuni della zona. La poltrona di presidente del consorzio però non ha cambiato proprietario: in sella è rimasto fino a pochi mesi fa Castiglione, oggi sottosegretario all’Agricoltura del Nuovo Centrocestra. A sostituirlo un altro militante del nuovo partito di Alfano, Anna Aloisi, neo eletta sindaco di Mineo e segnalata più volte nei pressi del Centro d’accoglienza (con cui collaborava da avvocato) in campagna elettorale.
Al Cara di Mineo lavorano infatti più di 250 persone: numeri importanti in tempi di elezioni amministrative in un comune che conta cinquemila abitanti. Ma non solo: sono circa quattromila gli ospiti registrati mediamente ogni giorno nel Cara siciliano. Dovrebbero soggiornare poche settimane in attesa di ricevere asilo politico: così non è, dato che le lungaggini burocratiche protraggono la permanenza dei richiedenti nel centro. E di riflesso si allunga anche il contributo che lo Stato elargisce ai gestori di Mineo: 36 euro quotidiane per ogni migrante, per un totale di 144mila euro al giorno, e più di 40 milioni ogni anno. Un vero e proprio affare, con entrate fisse e sicure, che fa del Cara in provincia di Catania l’azienda principale della zona, tra le più ricche dell’intera Sicilia, dove un bilancio a sette zeri è una vera rarità.

di 24 dicembre 2013 
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
OGGI: 12 MARZO 2015

11 indagati per il centro di accoglienza di Mineo. Ci sono anche il sottosegretario Giuseppe Castiglione e Luca Odevaine


CASTIGLIONE


La scintilla è l'inchiesta di Mafia Capitale ma anche l'impegno del responsabile anti-corruzione nominato da Matteo Renzi, il magistrato Raffaele Cantone, che dalle indagini capitoline ha estrattoe un giro di appalti sospetti sul centro per richiedenti asilo di Mineo (Catania), il più grande di Europa.
Come anticipa il quotidiano La Sicilia, nelle carte inviate da Cantone alla procura di Caltagirone, competente per territorio, figura anche Giuseppe Castiglione (Ncd), sottosegretario all'Agricoltura, uomo di fiducia di Angelino Alfano, il quale potrebbe ricavare un serio imbarazzo dalla vicenda. Specialmente perché si tratta di immigrazione e il Cara di Mineo è uno dei punti nevralgici dell'accoglienza dei profughi, sempre al collasso.
Castiglione risulta indagato per abuso d'ufficio e turbativa d'asta, un atto dovuto dopo la consegna del fascicolo ai magistrati siciliani che dovranno ora stabilire se sono stati compiuti reati nella gestione del centro. Il fatto centrale è un appalto da 97 milioni di euro affidato nel 2014 con un ribasso dell'1%.


Il sottosegretario afferma di non sapere nulla dell'inchiesta: "Lo apprendo dalla stampa, non ne so nulla. Non posso commentare quello che non conosco, ma ho grande fiducia nella magistratura", ha detto alle agenzie di stampa
Castiglione nel 2014 non aveva alcun ruolo, per questo ribadisce di aver sempre agito nel rispetto delle leggi e di riporre fiducia nella magistratura, l’iscrizione al registro degli indagati sarebbe avvenuta per gli incarichi che l’attuale sottosegretario ha ricoperto in passato alla guida del centro rifugiati. Castiglione, da presidente della Provincia di Catania, è stato soggetto attuatore dell’emergenza migranti e nel 2012 ha affidato l’appalto al consorzio Sisifo, che a Catania ha sede in un ufficio preso in locazione dal deputato alfaniano Giovanni La Via. Una “casualità”, ha detto La Via a Reportime, ad effettuare il contratto sarebbe stata “un’agenzia immobiliare”.
Fu Castiglione, in qualità di presidente delle province italiane (Upi), a chiamare Luca Odevaine - un altro degli indagati nella vicenda di Mineo - al tavolo nazionale del Viminale sull'immigrazione, facendone poi un proprio consigliere sulla questione dell'accoglienza dei profughi in Sicilia. Ironia della sorte, è una intercettazione a Odevaine, in carcere per l'inchiesta di Mafia Capitale, a tirare in ballo il sottosegretario alfaniano.
I magistrati di Caltagirone per il momento mantengono il riserbo sull'indagine, ma è trapelato che tra gli altri indagati ci sarebbe la sindaca di Mineo, responsabili delle cooperative che hanno gestito il Cara e funzionari coinvolti nell'aggiudicazione degli appalti.
Compreso l'appalto del 2014 da quasi 100 milioni per la gestione triennale del Cara, affidato a una commissione aggiudicatrice della quale Odevaine entra a far parte cinque giorni dopo essere stato nominato "collaboratore dell'Ufficio Progettazione, gestione e rendicontazione dei fondi europei".
Ma ci sono anche appalti antecedenti all'attenzione delle inchieste delle Procure di Caltagirone e Catania, quelli quando al vertice del consorzio c'era il sottosegretario Castiglione, il cui attuale incarico governativo è estraneo alle indagini.
Prima in qualità di presidente della Provincia di Catania, soggetto attuatore; poi, quando la competenza nel 2013 passa al ministero dell'Interno, come presidente del "Calatino Terra d'Accoglienza"................................................................




12/03/15

Caso Marò - India-Italia … Inorridisco!


MARO



Leggiamo che il tribunale speciale di New Delhi che dovrebbe giudicare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha oggi preso atto che la Corte Suprema ha rinviato tutto al prossimo luglio, convocando le parti in data da determinare.
L’arroganza indiana sta superando ogni limite e la sudditanza italiana verso Delhi è ormai vergognosa. Il nostro Stato non esiste più al punto tale che in segno di lutto le Bandiera nazionale dovrebbe essere ammainata a “mezza asta” fino a quando i nostri Leoni del S.Marco non facciano rientro in Italia.
E’ nauseante, invece, che nessuno a livello politico ed Istituzionale assuma una posizione ferma ed è altrettanto vomitevole che ancora non si decida di attivare l’Arbitrato e portare la vicenda al giudizio di una Corte Internazionale che una volta per tutte si esprima sulla vicenda.
Personalmente ho il voltastomaco constatando che si preferisce, invece, continuare a percorrere una strada che dopo tre anni è diventata un pantano, mentre Salvatore Girone seguita ad essere ostaggio dell’India e Massimiliano Latorre in aprile dovrebbe rientrare a Delhi.
Non credo di peccare di arroganza affermando che nessuno Stato del mondo avrebbe accettato una situazione talmente assurda da sembrare un racconto fantasioso e di cui, invece, lo Stato è responsabile avendola di fatto avviata con la vergognosa decisione presa il 22 marzo 2013, quando i due Fucilieri di Marina furono rimandati in India.
Con quale coraggio, mi chiedo, il nostro Parlamento continua a votare missioni all’estero e forse si prepara ad autorizzare un intervento in Libia, pur essendo consapevole di non essere in grado di garantire ai propri soldati ciò che il Diritto internazionale e pattizio assicurano loro. Forse rispettando una tradizione tutta italiana, quella “dell’armiamoci e partite” come già avvenuto purtroppo molte volte, anche in un recente passato quando a suo tempo si affermò di non conoscere il pericolo dell’impiego dell’Uranio Impoverito nei Teatri Balcanici, affermando di non aver ricevuto in tal senso informazioni né dagli USA né dalla NATO.
I possibili motivi ce li spiega in un recente articolo l’Avvocato Mauro Mellini, intitolato “MARO’: STA PASSANDO LA LINEA PISTELLI?”. In vari passi dello scritto l’autore fa precisi riferimenti che dovrebbero aiutare a capire. Richiama alla memoria “La promessa del neopresidente Mattarella che tutto sarebbe stato fatto per “portare a casa i nostri Marò”, sottolineando “pare sia destinata a fare da copertura, come la fece la sciagurata cerimonia del ricevimento al Quirinale da parte di Napolitano risposta al tradimento del “ripiegamento” dalla linea del già adottato rifiuto di riconsegnarli agli Indiani” e ricordando “un secondo, vergognoso, definitivo epilogo della vicenda, corrispondente, in pratica, all’adozione della “linea” del viceministro degli Esteri del Governo Letta nonché “responsabile Esteri del P.D.” Lapo Pistelli: lasciarli condannare dagli Indiani “ad una pena inferiore ai setti anni” che, poi, cortesemente, gli Indiani ci incaricherebbero di far scontare a quei poveracci nelle nostre accoglienti galere.”
“Un silenzio gelido è caduto sulla vicenda”, scrive l’autore ed io aggiungerei solo l’India alza la voce, e dispone come meglio gli aggrada, additando al mondo l’inconsistenza dell’Italia.
E’ oramai evidente, continua l’autore, “che da parte del nostro Governo si fa di tutto e di più perché il processo Indiano sia consumato alla chetichella. Quattro strilli quando si saprà della condanna (con frasi consolatori perché è stato riconosciuto che si è trattato di omicidio colposo e non è stata applicata la pena di morte) e poi, magari, il trionfalistico starnazzare di Renzi e di Gentiloni perché si otterrà che i Marò vengano in Italia. In galera.”
“Ogni giorno che passa”, sottolinea l’Avvocato Mellini, “appare la volontà di abbandonare i Marò alla mercé di una bislacca giustizia Indiana, si fa avanti sempre più concreto e prepotente il sospetto che in realtà qualcuno in Italia abbia volentieri “prestato” la “E. Lexie”, l’aggressione da essa subita, e, quel che è peggio, la sorte e le persone dei nostri Militari, come alibi ai partner di lucrosi affari e di maneggi di tangenti miliardarie per coprire un atto di brutalità della guardia costiera Indiana. Un inverecondo “prestito”, magari sfuggito di mano fin dall’inizio a chi lo aveva concepito, richiesto e consentito, per l’esplodere della xenofobia nello Stato del Kerala della confederazione Indiana (comunista).”
“Un sospetto atroce del quale vorremmo poterci vergognare, ma che i nostri ineffabili governanti, quelli del Governo Monti, di quello Letta e di quello Renzi sembra facciano di tutto per impedircelo e convincerci che non si tratta di un nostro cedimento alle solite “dietrologie”.

Parole taglienti quelle di Mauro, ma vere e concrete alle quali mi unisco per ricordare al nuovo Presidente della Repubblica Mattarella le Sue parole sui Fucilieri di Marina pronunciate all’atto del Suo insediamento al Quirinale, pregandolo di far sentire la Sua voce di Capo delle Forze Armate pretendendo che sia difesa l’onorabilità di chi difende in uniforme l’Italia ed esigendo che sia sollevata la coltre di copertura che da tre anni nasconde di fatto un vero e proprio delitto, quello di aver riconsegnato al giudizio indebito di un Paese Terzo concittadini in uniforme, a cui lo Stato aveva assegnato il compito di difendere i propri interessi.
Nello stesso modo aggiungo, unendomi al pensiero dell’amico Mauro, che sarebbe ora che i nostri mezzi di comunicazione dimostrino di essere tali, rompendo il silenzio imposto e la smettano di coprire quella “Secret Diplomacy” invocata dal Governo, magari per spacciarla poi come un successo dell’Esecutivo.

Fernando Termentini 12 marzo 2015
fonte: http://www.liberoreporter.it


Chi è il Generale Termentini?

gen-termentiniHo frequentato l’Accademia Militare e lavorato come Ufficiale dell’Arma del Genio per 40 anni. Ho partecipato a missioni di Peace Keeping in Somalia, Bosnia, Mozanbico e quale esperto nel settore della bonifica dei campi minati e degli ordigni esplosivi in Kuwait, Bosnia, Pakistan per l’Afghanistan in occasione della Operation Salam. Una volta congedato ho fornito consulenza nel settore della bonifica ad ONG ed alle Nazioni Unite.

CASO MARO' - '' IL SEQUESTRO DEI FUCILIERI DI MARINA LATORRE E GIRONE - 1.116 GIORNI - PERCHE'? ''




10 Marzo 2015
Stefano Tronconi


Prendendo spunto dalla foto pubblicata da Maurizio Tentor ecco alcune mie riflessioni alla sua domanda: '1.116 Giorni ..... Perché?'

1.116 Giorni perché:

- dall'Italia la loro liberazione è stata sempre chiesta in quanto miltari in servizio, anziché per la loro innocenza ed estraneità ai fatti;
- la politica in India è corrotta ed i marò hanno rappresentato l'opportunità di mantenere il potere per Chandy ed Antony;
- la politica in Italia è semplicemente divenuta terra di pascolo per corrotti o incapaci;
- l'India è un Paese grande e con il complesso del periodo coloniale;
- l'Italia è un paese debole e senza alcuna credibilità internazionale;
- in India le menti e le coscienze dell' opinioni pubblica sono state manipolate da un giornalismo servile e di parte;
- in Italia le menti e le coscienze dell' opinioni pubblica sono state manipolate da un giornalismo servile e di parte;
- ai vertici delle forze armate italiane ha sempre fatto comodo una colpevolezza dei marò per coprire i numerosissimi errori commessi nella vicenda;
- in Italia mondo militare e società civile sono diventati due universi incomunicanti;
- la politica italiana ha sempre dato priorità ai rapporti economici con l'India;
- in Italia forze politiche di governo ed opposizione parlamentare hanno stretto un 'ignobile patto' e si sono mosse di concerto per non disturbare il manovratore (e non fare quindi uscire la verità);
- le sporadiche iniziative individuali di qualche politico italiano sono sempre state esclusivamente rivolte alla visibilità personale senza alcuna vera intenzione di infrangere l'ignobile patto;
- la vicenda dei marò, anziché essere presentata sotto la sua giusta luce, è stata da subito sposata da una parte politica in contrapposizione all'altra;
- è stata spesso presentata come una questione di orgoglio nazionale (concetto di non sempre facile spiegazione e condivisione) , anziché di giustizia;
- l'Italia è stata per anni narcotizzata dal prevalere dall'ideologia terzomondista fatta propria da un (ex) partito comunista ed una chiesa cattolica in crisi d'identità;
- la destra italiana, che a parole si è posta fin dall'inizio a fianco dei marò, è un campo di macerie da cui l'intelligenza ed il buon senso sono stati espulsi da anni;
- …...........
ovviamente potrei continuare a lungo, ma mi fermo in quanto finirei con l'addentrarmi nel ruolo svolto da singoli e ci sarebbe davvero da scrivere un libro per analizzare seriamente il ruolo giocato nella vicenda del sequestro di Latorre e Girone da parte dei personaggi che l'hanno prodotta e malgestita.
Personaggi quali Giorgio Napolitano, Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Giulio Terzi, Giampaolo Di Paola, Emma Bonino, Mario Mauro, Federica Mogherini, Roberta Pinotti, Paolo Gentiloni, Staffan De Mistura, Lapo Pistelli, Pier Ferdinando Casini, Fabrizio Cicchitto, Giacomo Sanfelice, Daniele Mancini ….. e molti altri tra militari, giornalisti, avvocati, burocrati e politici senza incarichi specifici che renderebbero lunghissimo questo elenco.

di Stefano Tronconi
fonte: https://www.facebook.com/stefano.tronconi.79/posts/509599595845052

11/03/15

Massimo Campanini «L’Isis? È una bufala Si vuole che esista perché fa comodo»


L’INTERVISTA 
 














Mentre in Libia si fa sempre più minacciosa l’avanzata dei fondamentalisti islamici e dal disastrato e tormentato scacchiere mediorientale i terroristi inveiscono anche contro l’Italia, il commento del prof. Massimo Campanini, orientalista e studioso delle culture islamiche, è lapidario: «L’Isis è una bufala». Il professore, che insegna Islamistica e Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento, ed è autore di numerose monografie e saggi che hanno fatto testo come “Oltre la democrazia-Temi e problemi del pensiero politico islamico» (Nemesi editore) e “Islam e politica” (Il Mulino, 320 pp. 25 €) che a metà marzo torna in libreria aggiornato in base alle nuove situazioni che si stanno verificando con il diffondersi del fondamentalismo, spiega: «Dico questo, perché non si sa da dove l’Isis salti fuori: appare improvvisamente come Minerva dalla testa di Giove in un territorio della Siria già immerso in un marasma di guerra civile e dell’Iraq a sua volta uno Stato in fase di disgregazione, e dilaga sempre più temibile e pericoloso».

Ma chi sostiene, arma e foraggia l’Isis?
«L’Isis nasce bene armato e ben foraggiato dal punto di vista dei finanziamenti, con alla testa Abu Bakr al-Baghdadi, un galeotto misteriosamente liberato dalle galere irachene dove era rinchiuso da diverso tempo. E in proposito mi chiedo: gli americani che ci hanno messo cinque giorni ad abbattere il regime di Saddam Hussein difeso da uno degli eserciti più potenti del Medio Oriente, perché non riescono ad abbattere l’Isis? Secondo me si vuole che l’Isis esista perché fa comodo».

A chi farebbe comodo, professore?
«Fa comodo nella misura in cui consente di creare l’Islam come nemico. Che poi sia stato l’Occidente a crearlo come alcuni hanno detto, senza dubbio l’Isis serve a una certa strategia. Non è verosimile, infatti, che il mondo intero - perché tutto il mondo è contro l’Isis - non sia in grado di annientarlo. Quindi fa comodo che esista, e per questo dico che l’Isis è una bufala».

Chi finanzia principalmente l’Isis?
«È stato detto che i denari arrivati all’Isis provenissero dall’Arabia Saudita. Il che è molto probabile, ma guarda caso l’Arabia Saudita è il principale alleato dell’Occidente in Medio Oriente. Questo è un altro elemento che mi lascia perplesso sulla storia dell’Isis. Che poi l’Isis riesca a presentare un messaggio mediaticamente interessante che colpisce la fantasia e l’immaginazione di quelli che poi partono dall’Europa per combattere in Siria, non c’è alcun dubbio, ma che l’Isis rappresenti una minaccia reale in grado di distruggere l’Occidente, mi fa un po’ ridere».

Come si è affermata ed è andata avanti la politicizzazione dell’Islam?
«Nell’età contemporanea, dopo la nascita dei Fratelli musulmani in Egitto nel 1928, c’è stata una vera e propria politicizzazione della religione nell’Islam che mancava ormai da molti secoli. Da questo punto di vista è significativo il discorso e la rivendicazione dello Stato islamico contemporaneo. Ma se guardiamo retrospettivamente l’evoluzione del pensiero politico islamico classico, un’idea di Stato islamico non c’è. La mia interpretazione storica è che il pensiero politico islamico si sia dato una formulazione non tanto di Stato islamico, quanto di modelli islamici di fatto».

Modelli di che tipo?
«Modelli di Stato ispirati all’Islam, nel momento in cui lo Stato islamico non esiste più o è irrealizzabile o improponibile. Se questa è stata l’evoluzione del pensiero politico islamico classico, si capisce come i Fratelli musulmani in ambito sunnita, e la tradizione sciita dopo l’arrivo di Khomeini, abbiano prodotto un ritorno alla politicizzazione dell’Islam e quindi alla riproposizione del concetto di Stato islamico».

In questo momento, a che punto è la situazione?
«La tendenza molto forte che si sta affermando attualmente nel pensiero politico islamico, da parte sunnita in questo caso - ma ci sono anche sciiti -, è quella di rivendicare lo Stato islamico come Stato civile non teocratico in cui vi sarebbe un imperio della legge del diritto. Questo lo dice Qaradawi, uno dei massimi esponenti del mondo sunnita. Sono correnti di rinnovamento, trasformazione e rilettura del pensiero politico islamico, rispetto a quelle che erano le teorizzazioni del pensiero politico classico, che in qualche modo rendono possibile anche il discorso della democrazia».

Una democrazia islamica avvicinabile a quella occidentale?
«I teorici che ne parlano da una parte fanno riferimento a concetti incardinati nel pensiero classico, come quelli di consultazione e di consenso che sarebbero i fondamenti di una democrazia islamica. Tendenzialmente, i concetti di consultazione e di consenso possono fare le veci dei principi di rappresentanza e di elezione che sono tipici della democrazia occidentale, ma ci sono delle differenze sostanziali. La prima è che in un’ottica islamica il detentore della sovranità - non del potere - rimane Dio, e qui bisognerebbe fare una differenziazione tra la sovranità gestita da Dio e il potere che è gestito dagli uomini, perché Dio non scende in prima persona a governare e a farsi eleggere presidente della repubblica».

E a questo principio che si rifà l’estremismo jihadista?
«Decisamente no. Quello di cui parlo è il pensiero dell’islamismo normale. Lo jihadismo è una esagerazione e una aberrazione che va al di là di quelli che sono i limiti dell’islamismo anche a livello di elaborazione politica. Studio il Medio Oriente ormai da decenni, soprattutto dopo che è finito il periodo del terzomondismo e della decolonizzazione tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, e ho maturato questa convinzione: quando nel Medio Oriente c’erano figure come Nasser, varie correnti hanno cercato di trovare una terza linea alternativa araba - non islamica a quell’epoca, ma araba -, al dominio delle grandi potenze, ma finita questa fase, ho sempre avuto l’impressione che abbia fatto comodo alla strategia dell’Occidente mantenere il Medio Oriente in tensione e il più possibilmente frantumato».

di Francesco Mannoni - Mar 08, 2015
fonte: http://www.lasicilia.it

10/03/15

Aborto senza limiti e matrimoni gay legali L'Europa vuole imporre la dittatura gender. E i cattolici del PD votano a favore



Aggiornamento ore 14.00: Il rapporto Tarabella è stato approvato questa mattina dal Parlamento Europeo con 441 voti a favore, 205 contrari e 52 astensioni.


- ECCO COME HANNO VOTATO GLI ITALIANI

I cicloni tropicali si formano sull’Atlantico, vicino all’Equatore. Quelli che riguardano la vita nascente e l’ideologia di genere si formano a Bruxelles e poi si spostano in tutta Europa seminando morte e distruzione. In questa settimana sono due gli appuntamenti chiave che vedranno impegnati gli eurodeputati al Parlamento europeo. Oggi [10 marzo] è previsto il voto sul “Rapporto sull’eguaglianza tra donne e uomini nell’Ue-2013» presentato dall’eurodeputato belga Marc Tarabella di area socialista. Un passaggio della sua relazione recita testualmente: «Il Parlamento europeo […] insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all'aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l'accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili. […] Si tratta di una questione di sanità pubblica», continua il testo, «e di rispetto del diritto fondamentale delle donne sul proprio corpo». 
I Popolari, fedeli alla loro tradizione delle convergenze parallele, hanno fatto sapere che voteranno contro il paragrafo incriminato, ma se questo comunque dovesse passare, lasceranno libertà di coscienza per il voto finale all’intero testo della relazione perché in questa – così fanno sapere - ci sono anche cose buone. Come a dire: non uccidere i bambini, ma se uccidi e intanto aiuti qualcun altro allora hai la mia benedizione.
Il 12 marzo invece dovrà essere votato il “Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo 2013 e la politica Ue in materia”, proposto dal nostro connazionale Pier Antonio Panzeri del Pd. Qui i passaggi da mal di pancia sono più di uno e riguardano ancora un presunto diritto di aborto e la tutela delle rivendicazioni del mondo omosessuale. In merito al primo punto il rapporto chiede «un accesso ai diritti sessuali e riproduttivi». Il significato di questa espressione viene esplicitato più avanti: «diritto all’accesso ad una pianificazione volontaria della famiglia e all’aborto legale e sicuro». L’aborto secondo Panzeri è «un aspetto fondamentale dell’uguaglianza tra uomo e donna, […] trova il suo fulcro nei diritti umani fondamentali ed è un aspetto della dignità umana». Inoltre l’europarlamentare tiene a precisare che «i servizi di pianificazione familiare, la salute materna e l’aborto sicuro sono fattori importanti per salvare la vita delle donne e che negare l’aborto salvavita comporta una grave violazione dei diritti umani». Attenzione bene. L’aborto non serve solo a salvare la vita della donna quando c’è una gravidanza non voluta. Ma la salva a prescindere. Infatti più avanti leggiamo che miracolosamente «l’accesso universale ai diritti per la salute sessuale e riproduttiva […] è una precondizione per combattere il femminicidio». L’aborto come panacea di tutti i mali, pure per il femminicidio. 
L’eurodeputato poi «sottolinea la necessità di porre queste politiche al centro della cooperazione allo sviluppo con i Paesi terzi». Cioè a dire: se voi Paesi in via di sviluppo non vi adeguate al credo abortista e contraccettivo, non riceverete aiuti dall’Europa. Panzeri non parla solo di aborto ma anche di teoria del gender. Il rapporto «incoraggia le istituzioni dell'Ue e gli Stati membri a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso o dell’unione civile tra persone dello stesso sesso come una questione di diritti politici, sociali, umani e civili». Poi l’eurodeputato trae le conseguenze da questo enunciato di principio e «considera deplorevole il risultato del referendum croato del dicembre 2013 che ha approvato un divieto costituzionale di parificazione dei matrimoni omosessuali con quelli eterosessuali». Stesso giudizio negativo per un referendum simile svoltosi in Slovacchia a febbraio. Il rapporto inoltre «ritiene deplorevole che nella ex Repubblica iugoslava di Macedonia un disegno di legge costituzionale che vieta il matrimonio tra persone dello stesso sesso è attualmente all'esame in Parlamento; sottolinea che tali iniziative contribuiscono a un clima di omofobia e di discriminazione; […] ritiene che i diritti fondamentali delle persone Lgbt hanno più probabilità di essere salvaguardati se questi ultimi hanno accesso a istituti giuridici quali la coabitazione, l’unione registrata o il matrimonio».
In merito al cosiddetto diritto d’aborto, il 10 dicembre 2013 il Parlamento europeo già si era espresso chiaramente bocciando la relazione Estrela su salute e i diritti sessuali e riproduttivi. Al suo posto gli europarlamentari avevano adottato una risoluzione la quale prevedeva che «la formulazione e l'applicazione delle politiche in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nonché in materia di educazione sessuale nelle scuole è di competenza degli Stati membri». Quindi ogni Stato è sovrano in questa materia, non l’Unione europea. E se ogni nazione deve decidere in piena autonomia sul tema aborto, lo stesso si può e lo si deve dire sul tema omosessualità e matrimonio. Affermare il contrario sarebbe una ferità al principio di sovranità nazionale e a quello di sussidiarietà. Appare quindi grave la presa di posizione dell’onorevole Panzeri su Croazia, Slovacchia e Macedonia, sia perché configura un’ingerenza indebita in affari interni di queste nazioni, sia perché, in modalità diverse, tali iniziative politiche hanno una matrice democratica, cioè volute dal popolo. 
La Federazione delle associazioni familiari europee (Fafce) in collaborazione con Citizen.GO lancia anche questa volta una petizione on line per bloccare questi due documenti (clicca qui).

di Tommaso Scandroglio 10-03-2015
fonte: http://www.lanuovabq.it

LIBIA - '' Sarko-Gheddafi, una storia forse inconfessabile ''



È il grande mistero di Nicolas Sarkozy e forse il grande segreto dietro la caccia spietata e la fine miserabile di Muammar Gheddafi, ucciso come un cane il 21 ottobre 2011 in uno scolatoio di cemento sulla strada della sua Sirte. Unico despota arabo ammazzato peggio di un qualunque Ceausescu quando le «primavere» non avevano ancora rivelato la loro natura equivoca né erano giunte ai loro esiti paradossali. 

Perché il 19 marzo 2011 Nicolas Sarkozy, il più «gheddafiano» tra i presidenti della République, ha lanciato i suoi bombardieri contro Tripoli, tre ore prima di avvertire gli alleati - come raccontato nel libro di Hillary Clinton «Hard choices» - e con al fianco il solo David Cameron? 
Un’azione che ha provocato una quasi rottura nella Nato e l’ira di Silvio Berlusconi. E condizionato tutta la campagna libica con gli esiti devastanti che ora conosciamo.  
 
Parigi aveva certamente buone ragioni geopolitiche persino culturali per entrare in quello che appariva un sommovimento epocale. Dietro questa guerra libica c’è però anche un altro scenario che emerge dalle inchieste della magistratura ed è quello di un interesse personale di Nicolas Sarkozy nel menare una campagna che doveva portare alla distruzione delle prove di un suo grande e inconfessabile segreto: aver ricevuto un ricchissimo finanziamento da Gheddafi. Si dice addirittura 50 milioni di euro. 

Ma il punto non è nemmeno la cifra – pur colossale – è che se tutto questo fosse vero significherebbe che un presidente della République sarebbe stato eletto grazie al contributo di un altro Capo di Stato (e che capo e di quale Stato...) essendone teoricamente ricattabile o semplicemente, come si dice in francese, «sous influence». Un marchio di vergogna e disonore storico per Nicolas Sarkozy. 
A questo punto va detto che Sarkozy non è indagato. Siamo dunque a uno scenario suggestivo tra l’indiziario e il giornalistico. Ultimo atto - sabato - il fermo giudiziario di Claude Guéant, ex capo di gabinetto di Sarko ministro dell’Interno, poi segretario generale dell’Eliseo, poi a sua volta ministro dell’Interno. «Il cardine della sarkozye», rimesso in libertà con l’accusa di frode fiscale e riciclaggio. Guéant ha ricevuto 500 mila euro nel 2008 che lui attribuisce alla vendita di due quadri del seicentesco fiammingo Van Eervelt, appartenenti alla famiglia della moglie (ora deceduta), a un avvocato malese. Dettagli che non hanno trovato riscontri così puntuali a cominciare dal fatto che autore e quadri non giustificano una somma così elevata. 

Guéant è stato l’uomo chiave della ragnatela di rapporti tra Sarkozy e Gheddafi che si infittisce a partire dal 2005, due anni prima della presidenziale vittoriosa, e che emerge cinque anni dopo, nel 2012 – a pochi giorni dal ballottaggio per l’Eliseo vinto da Hollande – dal sito «Mediapart» con le rivelazioni dell’uomo d’affari Ziad Takieddine un faccendiere libanese di fiducia del Sarko, arrestato a Bourget con un milione e 500 mila euro in contanti e subito molto loquace con i giudici. 

Gheddafi è stato nel bene e nel male un personaggio chiave per Sarkozy: prima alleato, anche di immagine all’inizio della sua presidenza. Fu infatti alla moglie (poi separata) Cécilia che il colonnello regalò il ruolo di liberatrice delle infermiere bulgare detenute a Tripoli in un caso di spionaggio che sembrava insolubile. Il colonnello fu poi accolto con tutti gli onori (e i conseguenti imbarazzi) all’Eliseo con il solito contorno folkloristico di amazzoni e della tenda beduina impiantata nei giardini dell’hotel di Marigny. Fino al repentino voltafaccia che Gheddafi timbrò in quei giorni con questa sinistra profezia: «Un grave segreto provocherà la caduta di Sarkozy». Più esplicito il figlio Saif al-Islam a raid iniziati: «Abbiamo finanziato noi la sua campagna elettorale e ne abbiamo le prove». 

Tutto questo precipita in un’attualità politica dove l’unica costante è ormai il consenso a Marine Le Pen e dove François Hollande – viste le divisioni della destra repubblicana guidata da Sarkozy – punta a diventare l’unico baluardo contro la vittoria possibile del Front National. La strada per il 2017 è ancora lunga e sicuramente avvelenata.



Cesare Martinetti - 9 marzo 2015
fonte: http://www.lastampa.it





09/03/15

FORZE DELL'ORDINE - ''Numeri identificativi per i poliziotti, ecco la legge''

Ma le Forze dell'Ordine non dovranno più essere  lo sfogo di qualche imbecille per guerre personali.
Se è sancito il diritto allo sciopero e il permesso a manifestare lo è anche quello sull'integrità dei lavoratori .... i poliziotti.
Se dovranno essere identificabili ... quelli che difendono, a maggior ragione dovranno esserlo gli altri ... quelli che offendono, ai quali dovrà essere assolutamente vietato l'uso di caschi integrali, passamontagna, bastoni, scudi e spranghe .... Siamo o no in uno Stato di diritto ? Possibile che il giorno prima di una manifestazione prefetto e questore debbano andare a controllare il percorso interessato e pianificare come se fosse un campo di battaglia ??


e.emme



In settimana inizia l'esame al Senato dei ddl. Strumento di garanzia o schedatura degli agenti?
Andreas Solaro/Afp/Getty Images

Andreas Solaro/Afp/Getty Images


«L’idea è nata nel 2001, subito dopo gli incidenti del G8 di Genova». Il senatore Peppe De Cristofaro all’epoca era uno dei portavoce del Genoa Social Forum. Oggi, eletto con Sinistra Ecologia e Libertà a Palazzo Madama, racconta quella che quindici anni dopo si è trasformata in una «battaglia storica dei movimenti pacifisti». L'introduzione di un codice identificativo per le forze dell'ordine. E in particolare l'obbligatoria applicazione di specifici contrassegni sui caschi degli agenti. «Nessuna criminalizzazione» ci tiene a precisare più volte. Piuttosto, così racconta, la necessità di introdurre anche in Italia uno strumento di garanzia, «a tutela anche della stragrande maggioranza delle forze dell’ordine, persone serie che svolgono il proprio lavoro con responsabilità e salari fin troppo bassi». 
Dopo anni di attesa, adesso il disegno di legge è a un passo dall'esame dell’Aula. Terminato l’iter in commissione, il ddl De Cristofaro è arrivato in assemblea. Secondo il calendario dei lavori, il Senato dovrà iniziare a votare giovedì prossimo, 12 marzo. Al massimo si posticiperà di qualche giorno, visto che l’arrivo da Montecitorio del provvedimento sul divorzio breve potrebbe creare più problemi del previsto. 
Sulla carta l'approvazione non sembra in discussione. Assieme al disegno di legge di De Cristofaro, in commissione Affari costituzionali ne sono stati depositati altri tre. C’è il documento dell'esponente del Pd Luigi Manconi, da tempo attivo sull’argomento. E quelli di matrice grillina, presentati da Marco Scibona e Lorenzo Battista (ex M5s). L’impegno dei pentastellati sul tema non è una novità: quasi un anno fa era apparso sul sito di Beppe Grillo un post che chiedeva di introdurre anche in Italia numeri identificativi per le forze dell’ordine. Resta la forte contrarietà di alcuni esponenti di centrodestra, che temono il rischio di ritorsioni o intimidazioni per gli agenti. O peggio ancora, come denuncia qualcuno, il tentativo di schedare i poliziotti. «Un'assurdità colossale da stroncare immediatamente», ha spiegato qualche settimana fa il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. Insomma, il dibattito resta aperto. Tanto più che all’interno del gruppo Pd ancora deve essere aperta un riflessione sul provvedimento in esame, come raccontano alcuni senatori dem.

Ma cosa prevede il provvedimento? «Lo scopo - si legge nel testo - è di introdurre delle modalità di individuazione che, ove fosse richiesto dalle circostanze, tutelino quanti tengono, e sono naturalmente la maggioranza, comportamenti conformi alle norme e alle circostanze». Un’accortezza necessaria per risalire ai colpevoli in caso di abusi.  La norma prevede quindi l’obbligatorietà di identificare gli agenti che indossano un casco di protezione «mediante l’applicazione di contrassegni univoci sullo stesso». Si tratta di una “sigla univoca” impressa sui due lati e la parte posteriore del casco, in grado di identificare l’operatore che lo indossa. Niente nomi, ovviamente. Come precisa l’articolo 4 del disegno di legge, sarà l'amministrazione di appartenenza a tenere «un registro aggiornato degli agenti, funzionari, sottufficiali e ufficiali ai quali è stato assegnato il casco». Nessuna caccia alle streghe, giura De Cristofaro. Anzi, nel suo ddl cita una nota del Silp, un sindacato di Polizia della Cgil, secondo cui «il casco identificativo alfanumerico ha un duplice effetto trasparenza: verso l’opinione pubblica, che sa chi ha di fronte, e a garanzia di tutti i poliziotti che svolgono correttamente il loro servizio». 
Non è tutto. il provvedimento impone poi agli operatori delle forze di polizia impiegati in servizi di ordine pubblico - qualora non indossino l’uniforme prescritta - di portare indumenti che li identifichino «univocamente e a distanza come appartenenti delle Forze dell’Ordine». Pettorine, ad esempio. Oppure la «sciarpa tricolore» per i funzionari responsabili. Il motivo è presto detto. Come si legge nel ddl presentato dal Partito democratico, la norma nasce per «evitare che si generino equivoci o confusioni che, nella tensione inevitabile di talune manifestazioni di piazza, potrebbero degenerare o acuire le tensioni».
Infine, il ddl prevede il divieto assoluto di indossare, da parte di agenti, «segni distintivi propri di alcune professioni per le quali le norme e l’uso hanno sempre garantito speciali salvaguardie per assicurare la libertà di informazione, per quanto riguarda i giornalisti, o la libertà di movimento per quanti, medici o vigili del fuoco, garantiscono i servizi di emergenza». Ma perché questa disposizione? Le note introduttive del disegno di legge del Pd a prima firma Manconi si soffermano ulteriormente su questo aspetto. E tornano ancora una volta al G8 di Genova. «In occasione dei fatti di Genova del luglio 2001 - si legge - lo stesso segretario della Federazione nazionale della stampa, Paolo Serventi Longhi, ha più volte denunciato l’uso di pettorine in dotazione ai giornalisti da parte di poliziotti non meglio identificati. E alcune foto degli scontri mostrano persone con tali pettorine che impugnavano pistole in prossimità di gruppi di poliziotti, il che fa escludere che si trattasse di dimostranti travisati e armati»
Marco Sarti - 9 marzo 2015
fonte: linkiesta.it

Agli immigrati triplichiamo le spese

Business dell'immigrazione incontrollata: La Prefettura di Roma per il 2015 prevede 27 milioni di euro. Gli extracomunitari arrivano in Centro, Parioli e Prati 

RIFUGIATI
Raddoppiano, anzi quasi triplicano i costi per l'accoglienza dei migranti nel circuito della Prefettura di Roma. E ora, come promesso dal sindaco Ignazio Marino, le strutture per ospitare i rifugiati politici arriveranno anche nelle zone della «Roma bene», ovvero nel Centro Storico, ai Parioli e nel quartiere Prati. È stato infatti appena pubblicato il bando 2015, che rivede molte delle condizioni economiche e geografiche per l'assegnazione dei posti alle cooperative che vorranno investire nel business dell'immigrazione incontrollata. Gli uffici di via IV Novembre hanno previsto, per un periodo di 8 mesi che va dal 1 maggio al 31 dicembre di quest'anno, una cifra che supera i 27 milioni di euro (per la precisione, 27.311.375 euro). Quasi il triplo, se consideriamo che nel 2015 la somma impiegata dalla Prefettura si era attestata sui 10 milioni di euro. A far lievitare i costi, sicuramente l'arco temporale del bando, che nel 2014 era di soli 5 mesi (da agosto a dicembre), ma anche il numero dei migranti ospitati, che sale dai 2.358 del 2014 ai 3.185 del 2015, ben 827 posti letto in più. Nel testo precedente, poi, era specificato quanti di questi posti riguardavano persone già presenti in città (nello specifico, nel 2014 erano 1.278, più della metà), mentre per il 2015 questo dato non viene fornito. Resta fissato in 35 euro il costo pro-capite giornaliero per ciascun ospite, cifra rimasta invariata rispetto al 2014, ma cresciuta di circa 5 euro nel confronto con il 2013. Ogni struttura non potrà ospitare più di 100 persone.
Costi a parte, la vera novità del bando è rappresentata dalla divisione in 7 lotti geografici. I primi 4 riguardano la città di Roma. Ed ecco che nel Lotto 1 fanno capolino per la prima volta i quartieri della città bene: 508 posti a disposizione (per 4.356.100 euro) per le strutture che volessero aprire dei centri d'accoglienza nei municipi 1 (Centro Storico), 2 (Parioli-Trieste-San Lorenzo), 3 (Nomentana) e nell'ex 17 (Prati). Una vera novità che ricalca le dichiarazioni del sindaco Ignazio Marino risalenti a settembre 2014, all'indomani degli scontri di Corcolle: «Abbiamo diversi quartieri che non ospitano nessuno, quindi credo si debba fare una distribuzione più equa». In particolare il riferimento era al Municipio 6 (Borghesiana, Tor Bella Monaca, Giardinetti) in cui si concentrano tuttora il 40% dei rifugiati politici.
In realtà, il grosso dei centri d'accoglienza, almeno per quanto riguarda il circuito della Prefettura, si sposterà a Roma Sud e sul litorale. Sono previsti 787 posti da distribuire fra i Municipi 10 (Ostia), 11 (Marconi-Magliana), 12 (Pisana) e il Comune di Fiumicino, per un totale di 6.748.525 euro da assegnare. Roma Ovest completa il grosso dell'infornata di posti letto con 242 persone da distribuire fra i Municipi 13 (Aurelia), 14 (Monte Mario), 15 (Cassia-Flaminia) e ancora ex 17 (Prati). Soltanto 89 i nuovi migranti che arriveranno nei Municipio dal 4 al 9, ovvero nei quartieri di Roma Est già densi e teatro di tensioni sociali (si pensi alla crisi di Tor Sapienza). Completano il bando gli altri tre lotti per il resto della Provincia di Roma: 390 posti nei comuni del litorale nord e del bracciante, altri 398 fra Valle dell'Aniene, area Tiburtina e Valle del Sacco e 771 per Castelli Romani e litorale sud. Oni municipio capitolino non potrà ospitare più di 200 persone (sono 100 per i comuni sotto ai 50mila abitanti).
Sembrano essere maggiormente stringenti, nel nuovo bando, i criteri per l'assegnazione dei cosiddetti «servizi per l'integrazione»: punti in più per chi propone altre ore di corsi di italiano e di «diritti e doveri e condizione dello straniero», e anche per chi organizza appuntamenti di formazione e orientamento per il proprio personale.

Vincenzo Bisbiglia- 03/03/2015
fonte: http://www.iltempo.it/roma

Di Matteo alla Dna: l’appello di Letizia Battaglia a Sergio Mattarella


mattarella-di-matteo-battagliaLo scorso 4 marzo il Csm avrebbe dovuto designare i 3 nuovi sostituti procuratori alla Direzione Nazionale Antimafia scelti tra 46 candidati. Nonostante il curriculum e – soprattutto – nonostante la condanna a morte decretata da Cosa Nostra nei confronti del pm Nino Di Matteo la sua domanda alla Dna è stata inizialmente bocciata. Poi, però, è accaduto qualcosa di inaspettato: ufficialmente per mere questioni organizzative il dibattito sulla decisione finale è stato spostato a mercoledì prossimo. Certo è che dal momento della prima bocciatura non sono mancate le polemiche attorno all’Organo di autogoverno delle toghe. La società civile ha esternato tutta la sua preoccupazione per l’isolamento venutosi a creare attorno al magistrato più esposto d’Italia. I parallelismi con il 1992 sono immediatamente riaffiorati dal passato. Ed è proprio per evitare che si possano ripetere nuove tragedie che, in una corsa contro il tempo, c’è chi si fa promotore di un appello al Presidente della Repubblica. A metterci corpo e anima è la fotografa palermitana Letizia Battaglia. Il 5 marzo Letizia ha compiuto 80 anni, tanti sono stati gli auguri pervenuti a questa donna da più parti. Particolare attenzione ha destato quello del Capo dello Stato Sergio Mattarella. “Cara Letizia – le ha scritto Mattarella –, in occasione del tuo ottantesimo compleanno ti invio fervidi auguri ricordando e apprezzando il tuo impegno come reporter e artista nella promozione dei valori di legalità, convivenza e democrazia. Con viva cordialità. Sergio Mattarella”.

mattarella-copyright-letizia-battaglia

Ed è proprio a lui che Letizia Battaglia si rivolge oggi. “Caro Presidente – scrive la fotografa palermitana in una lettera inviata al Quirinale –, i Suoi auguri sono stati il regalo più prezioso che ho ricevuto per i miei 80 anni e di questo La ringrazio infinitamente. Oggi, però, Le scrivo per una ragione importante che riguarda il pm di Palermo Nino Di Matteo. Mercoledì prossimo il Csm discuterà definitivamente sulle nomine dei 3 nuovi consiglieri da designare alla Dna dopo che in un primo passaggio la domanda di Di Matteo è stata bocciata. Mi rivolgo a Lei, Presidente, per la sofferenza che ha patito dopo aver perso tragicamente un fratello sotto il piombo mafioso. Quella scena in via Libertà è scritta in maniera indelebile nella mia memoria. Per una stranissima coincidenza del destino quel giorno sono stata testimone, insieme al mio compagno di allora, di quel dramma. So di rivolgermi a chi ha provato un dolore indicibile. Ed è per questo che mi appello a Lei affinché quella sofferenza non debba più ripetersi. Da Presidente del Csm Lei ha pieno titolo per vigilare sulle decisioni che verranno prese in materia di nuove designazioni alla Dna. Mi appello alla Sua persona affinché la bocciatura sulla candidatura di Nino Di Matteo possa essere rivista. Si tratta di dare un segnale forte da parte dello Stato per salvare la vita a questo magistrato condannato a morte da Totò Riina. Come Lei sa meglio di me la Sicilia è una terra che vive di segnali e mai come in questo momento è importante non isolare il pm Di Matteo. La prego, Presidente, ascolti questo appello che raccoglie i timori e le preoccupazioni di tanta gente onesta di questo Paese. Un Suo gesto, una Sua parola possono realmente contribuire a cambiare il corso della storia. I miei occhi hanno visto troppi morti ammazzati, troppe stragi, troppi funerali. Non voglio pensare che tutto questo possa ancora ripetersi perché significherebbe che abbiamo perduto, e che anche noi siamo stati complici. Non voglio altri eroi morti, voglio che Nino Di Matteo possa continuare il suo lavoro da vivo e che anche lui possa vedere rinascere questa terra martoriata.
Confido in Lei, Presidente, con profondo rispetto, tanta speranza e, se mi permette, con tutto il mio amore per quello che farà di rivoluzionario.

Letizia Battaglia


di AMDuemila - 9 marzo 2015
fonte: http://www.antimafiaduemila.com 

IMMIGRAZIONE - Nel silenzio generale il Friuli è diventato un'altra Lampedusa


Decine di profughi passano ogni giorno la frontiera a Tarvisio. E la regione è già al collasso


La chiamano, ormai, la piccola Lampedusa del nord. Porta d'ingresso in Italia dalla rotta Balcanica, il Friuli-Venezia Giulia è oggi una regione sotto assedio, in un pressoché totale silenzio mediatico e nonostante l'allerta di un governatore, Debora Serracchiani, che è anche numero due del Pd nazionale.




Lega e Forza Italia salgono sulle barricate, il segretario del Carroccio in Fvg e capogruppo alla Camera, Massimiliano Fedriga, grida all'invasione e annuncia per metà aprile una manifestazione di dissenso guidata dal leader nazionale Matteo Salvini. Sbarcano in Iran, raggiungono la Turchia, attraversano Ungheria e Serbia, fino all'Austria e alla Slovenia. Entrano facilmente a Tarvisio, un tempo perla turistica al confine con la Carinzia, oggi varco di passaggio di traffici umani dalla frontiera terrestre. Così arrivano qui decine e decine di profughi, ogni giorno, da Pakistan e Afganistan, e diretti a Gorizia, dove ha sede la commissione che esamina le richieste di asilo, mentre gli inquirenti indagano sull'esistenza di un centro di smistamento che opererebbe proprio a Udine.
Intanto, però, il sistema di accoglienza della minuta regione a Nordest è al collasso. E se pure l'Austria si è messa di traverso scongiurando l'ipotetica apertura di un Cara a Tarvisio, tra le comunità serpeggia la tensione, prefetti e sindaci chiamano in causa Serracchiani affinché interceda con il governo, ma una strategia unitaria per arginare l'emergenza sembra ancora lontana. Quella leghista sarà una protesta «diffusa su tutto il territorio regionale» spiega Fedriga, così come la politica di accoglienza decisa dalla giunta regionale, che mira a distribuire i profughi sul territorio per evitare che alcune zone si trasformino in bombe a orologeria. Il segretario tuona anche contro il meccanismo degli appalti e degli appartamenti per i clandestini, e ventila l'ombra che Mafia Capitale «si trasformi in Mafia friulana». E se, ricorda anche il pupillo di Salvini, la Lega ha chiesto l'apertura di una commissione d'inchiesta che faccia luce sui come vengono spesi i soldi, il problema è anche e soprattutto morale: «Mi chiedo come Renzi, Alfano e Serracchiani possano dormire sonni tranquilli mentre ci sono italiani che non hanno una casa e nemmeno i soldi per far mangiare i propri figli. Manifesteremo perché tutto questo è gravissimo e inaccettabile - precisa -, e crea una filiera opaca e non trasparente».
Parlano chiaro, invece, gli ultimi dati forniti dal ministero dell'Interno: i profughi ufficialmente registrati in Friuli-Venezia Giulia sono saliti a quota 1.870 e la regione risulta ai primi posti in Italia relativamente al rapporto tra richiedenti asilo e popolazione. Il vicino Veneto che ha quasi quattro volte la popolazione friulana, ha un numero di profughi di poco superiore. C'è anche Forza Italia a denunciare l'assenza delle istituzioni e a puntare il dito sui costi dell'accoglienza: «35 euro al giorno più Iva, di contro ai 29 dell'anno scorso». A conti fatti si tratta di «13 milioni di euro per il 2015» afferma Riccardo Riccardi, capogruppo azzurro in consiglio regionale. «Oneri - rincara il berlusconiano - che contrastano con il momento di crisi che ha messo in ginocchio tanti concittadini. Fa specie, poi, che negli appalti si faccia riferimento a cittadini stranieri giunti sul territorio nazionale a seguito degli sbarchi sulle coste italiane, quando invece la gran parte dei profughi presenti in Fvg sono arrivati dai Paesi dell'Est attraverso il confine orientale».

Ludovica Bulian - 09/03/2015
 
fonte: http://www.ilgiornale.it