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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

05/04/14

Vade retro gender




Il 24 marzo scorso il Card. Bagnasco nella sua prolusione tenuta davanti al Consiglio permanente dei vescovi ad un certo punto ha fatto una frusta di cordicelle ed è andato giù di brutto. Ecco una breve antologia delle sue scudisciate: «E' la lettura ideologica del gender una vera dittatura che vuole appiattire le diversità... Viene da chiederci se si vuol fare della scuola dei campi di rieducazione... I genitori non si facciano intimidire, non c'è autorità che tenga!». Ciò che ha fatto arrabbiare Bagnasco sono in particolare tre volumetti destinati agli operatori scolastici, che portano il titolo Educare alla diversità. Sono stati promossi dall'Unar sul solco tracciato da Elsa Fornero, la nota prèfica che con una mano strozzava gli esodati e con l'altra tratteneva le lacrime davanti a uno stupefatto Monti. Questi libriccini – per il momento congelati dal Miur – dietro la foglia di fico della lotta al bullismo sono un capolavoro delle lobby gay miranti a scardinare i sacri valori della famiglia cristiana. Più o meno vi si dice che non esistono i generi femminili e maschili, che la distinzione tra uomo e donna è solo un costrutto storico culturale, che non si subisce il proprio sesso ma lo si sceglie.
Ma se il lettore ha una coltre di pelo sullo stomaco sufficientemente spessa, procederò all'apertura del tombino per lasciar fuoriuscire almeno uno di questi miasmi: «Nell'elaborazione dei compiti i docenti inventino situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio : “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo..”»
Il linguaggio dei libercoli è antipoetico, cervellotico, pieno di citazioni di studiosi anglosassoni. Tale approccio scientista (mi viene in mente l'avversione di Leopardi per il progresso e per la psicologia) affonda il suo bisturi gelido nella poesia della calda vita familiare. Da secoli quest'ultima si genera eterna e incessante dall'incontro fra il maschio e la femmina e il mistero procreativo aleggia poi sulla dolcezza degli antichi dagherrotipi dove il nonno guarda teneramente la nonna mentre i nipoti ruzzano accanto al tavolo, dove viene fuori che la zia Lina ha sposato un militare di Alessandria e ha fatto quattro figli, dove nostro padre porta al Santuario di Loreto nostra madre con la Seicento. Ma quale poesia! Siamo arrivati a un punto di non ritorno dove sembra ormai certa la vittoria delle lobby omosessualiste.
Quasi ho voglia di ripetere con Bukoswki: «I gay non solo hanno tirato fuori gli scheletri dall'armadio ma sono riusciti in qualche modo a metterci anche noi». Penso che quando questi libretti saranno diffusi nelle scuole (e ciò accadrà non appena sarà approvata la legge contro l'omofobia), alcuni dei nostri bambini correranno il rischio di essere destabilizzati. Comunque vadano le cose, è fallace il punto di vista di chi dice “divieni ciò che sei”, dal momento che non esiste l'omosessualità come archetipo ma come nulla, come spazio vuoto e angoscioso della psiche.
Per ultimo vorrei invitare gli omosessuali a difendersi dalle lobby gay. Non nego che essi siano finiti nelle grinfie di queste ultime perché qualche rozzo buontempone ha inflitto loro ferite profonde a suon di sberleffi e nomignoli. Si ricordino allora di Gesù, della pace che solo Lui può dare. Gli dicano le sofferenze, i pianti segreti, perfino la rabbia.



4 aprile 2014
fonte: http://www.lsblog.it

BUGIE SUL CASO MARO': ARBITRATO INTERNAZIONALE... SI O NO? Di Giulio Terzi




Pare che in questi giorni un ex-diplomatico (peraltro molto legato all'India…) si stia prodigando sulla stampa e nei salotti romani per sostenere esattamente la linea portata avanti da un anno dal Commissario De Mistura, ovvero che l'Italia non deve avviare alcun Arbitrato per riportare a casa i nostri Maro'. Motivo? "Ma è chiarissimo", proclama questo signore persino attraverso i mass-media (che poi pubblicano senza controllare...): "l'Arbitrato presuppone la volontà di entrambe le parti - Italia e India - di nominare un collegio arbitrale, e l'India - ma guarda un po' - si rifiuta". Tra le molte letture che sicuramente arricchiscono la cultura del signore in questione pare mancare purtroppo quella più importante per il caso Latorre e Girone: l'allegato VII della Convenzione sul Diritto del Mare, ratificata anche dall'India. L'allegato VII prevede appunto la nomina "d'autorita'" del componente del Collegio di Arbitrato obbligatorio quando uno dei Paesi coinvolti si rifiuti di accettare la richiesta di Arbitrato…una procedura ampiamente illustrata - anche su questa pagina Facebook - dai più importanti internazionalisti ed esperti di Diritto del Mare. Se ho menzionato questo caso di curiosa e forse banale disinformazione sull'Arbitrato obbligatorio previsto dalla Convenzione UNCLOS, una disinformazione facilitata da certa stampa sensibile a tutti gli affarismi con l'India, proprio quando il Governo Renzi dopo dieci mesi di nulla di fatto del Governo Letta dice di voler perseguire l'Arbitrato obbligatorio e altre iniziative internazionali, è proprio perché preoccupa molto la rinnovata - e interessata - vitalità del "partito filoindiano" in questi giorni di ulteriori rinvii e rimescolamenti di carte, a New Delhi e non solo… E' come se ancora oggi, come nei dieci mesi del Governo precedente, dovesse valere assoluta e intatta la vergognosa decisione presa quel 22 marzo 2013 di affossare l'Arbitrato Obbligatorio proposto l'11 marzo 2013, rispedendo repentinamente in India i due Maro', senza garanzia o tutela alcuna, ignorando la Sovranità del nostro Paese su uomini in Divisa che lo rappresentano, per il timore che alcuni interessi economici - tutt'altro che limpidi - potessero prevalere su quelli della sicurezza e della dignità nazionale. I fautori del finto dialogo a tutti i costi, vorrebbero persino rinunciare all'affermazione dell'interesse nazionale attraverso le forme di tutela assicurateci dal diritto internazionale: secondo costoro, dovremmo zittirci perchè l'India è un paese di primo piano nella realtà globale e nel G20, e perché ci sarebbe "rischio di creare tensioni" derivanti dalla nostra decisione di "portare in giudizio" New Delhi dinanzi a una Corte dell'ONU. Argomenti *del tutto strumentali*, perché i Trattati in vigore sul Diritto del Mare *sono stati ratificati in piena libertà* dagli Stati che li hanno sottoscritti, dopo negoziati laboriosi che hanno portato a soluzioni accettate e condivise *da tutta la Comunità internazionale*. Ritenere inopportuno far valere un Trattato come la Convenzione UNCLOS perchè qualcuno rischierebbe "di offendersi" costituirebbe un clamoroso passo indietro dal punto di visto del diritto e della sovranità. Non è certo questo l'esempio che l'Italia ha dato anche solo pochi anni fa, quando abbiamo portato la questione degli internati militari italiani (IMI) nel Terzo Reich dinnanzi alla Corte Internazionale di Giustizia, ne e' questo l'esempio fornito dal caso Greenpeace (Olanda contro Russia) di cui ho già parlato sulla Pagina, ne quello degli ultimi giorni che riguarda sempre la Convenzione sul diritto del Mare, con le Filippine che hanno avviato la procedura di Arbitrato contro la Cina, aprendo così una controversia nel quadro Unclos che potrebbe essere seguita da Vietnam, Malaysia, Brunei e Taiwan, sul tema della giurisdizione sulla Zona Economica Esclusiva (ZEE) della "Second Thomas Shoal", la piattaforma continentale situata a 105 miglia nautiche dalla costa filippina e quindi all'interno delle 200 miglia fissate dall'Unclos per la ZEE di ogni stato costiero (la Cina rivendica anch'essa la giurisdizione economica in quella porzione di alto mare e sugli isolotti che vi si trovano): pur trattandosi di una questione estremamente complessa che coinvolge direttamente diversi altri Paesi della regione, con riflessi di grande portata sia economici che strategici, si prevede che il giudizio arbitrale sarà emesso nel giro di pochi mesi… Nel frattempo, per Latorre e Girone, alcuni autoproclamatisi "esperti di casa nostra" pontificano che l'Arbitrato Internazionale non è percorribile e che dovremmo lasciare illegittimamente processare in India Massimiliano e Salvatore, quando e come gli indiani dovessero decidersi a farlo, sicuramente non prima dell'autunno… NO COMMENT…oppure commentiamo….?
 
fonte Giulio Terzi  

L'Italia resta in Afghanistan: una guerra costata 5 miliardi




Letta aveva progettato l'addio. Renzi l'ha fermato. Restiamo nel Paese dove abbiamo già perso 53 soldati. E stanziato 750 milioni solo nel 2013. Il Paese al voto nell'incubo violenza.




   
L'Italia è pronta a restare in Afghanistan anche oltre il ritiro degli alleati occidentali «se ci sarà un’esplicita e chiara richiesta delle autorità afgane».
La nuova strategia del governo di Matteo Renzi, diversa rispetto al disimpegno già deciso da Enrico Letta, è stata così annunciata dal ministro degli Esteri Federica Mogherini alle commissioni di Camera e Senato.
MISSIONE COSTATA 5 MLD. La missione, pagata finora 5 miliardi di euro e, soprattutto, già costata la vita a 53 militari italiani, potrebbe avere quindi una durata indefinita.
Il ministro ha spiegato che in ogni caso «si tratterà di un impegno di natura del tutto diversa, con una dimensione civile, che accompagnerà la transizione e sarà incentrato sulla formazione delle forze di sicurezza».
PAESE ANCORA IN GUERRA. Ma le speranze di una presenza pacifica, espresse dalla titolare della Farnesina, sono smentite dai fatti.
Il Paese va sabato 5 aprile al voto e la vigilia delle elezioni è stata segnata da una nuova ondata di attacchi dei talebani contro obiettivi civili e militari: tra le vittime anche una fotografa tedesca, mentre gli osservatori di tre organizzazioni internazionali, tra cui l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), hanno lasciato l'Afghanistan, perché le forze armate occidentali non sono più in grado di garantire la loro sicurezza.
LA PACE RESTA LONTANA. Renzi dunque intende mantenere una forte presenza italiana (le nostre truppe sono là dal 2002) nel caso in cui essa venisse richiesta: la proroga delle attività anche dopo la fine della missione Isaf (condotta dalla Nato), ha spiegato Mogherini, «sarà decisa insieme con gli afghani».
L'auspicio di una cooperazione soltanto civile è destinato però a rimanere tale: non è possibile, al momento, svolgere le attività senza una forte copertura militare, perché cantieri, scuole e luoghi di lavoro continuano a essere gli obiettivi della resistenza talebana.

La virata di Renzi sull'Afghanistan dopo il ritiro voluto da Letta

 

Renzi ha operato dunque una virata rispetto alla linea del suo compagno di partito Letta, il cui ministro della Difesa Mario Mauro aveva spiegato (il 18 dicembre 2013) che alla fine del 2014 «credo che rientrerà il nostro intero contingente se guardiamo a quella che è l’esperienza Isaf»: «È evidente che laddove ci fossero decisioni delle istituzioni, segnatamente il parlamento che esercita la sovranità nel nostro Paese, relativamente a un impegno dell’Italia in favore dell’Afghanistan nella dimensione non combat per il futuro, provvederemo alla programmazione che ne consegue», aveva aggiunto Mauro, lasciando però la vicenda in mano alle Camere. «La missione dopo il 2014 non sarà più combat», aveva aggiunto lo stesso Letta.
Mogherini invece ha rilanciato spiegando che sarà Kabul, non Roma, a prendere la decisione cui il nostro governo si dice già pronto ad adeguarsi.
IL PIANO PER LA NATO. Il terreno resta comunque scivoloso, anche politicamente.
L'ex premier aveva parlato con i vertici della Nato (a Roma, nel luglio 2013) del graduale passaggio delle truppe italiane dalle 3-4 mila unità di questi anni alle future 800-1.800, garantendo così una presenza militare anche in futuro.
Ma la posizione italiana, nei mesi successivi, era cambiata: cinque mesi più tardi, nel dicembre 2013, Mauro aveva appunto parlato di «rientro dell'intero contingente».
COSTI SEMPRE CRESCENTI. Nel 2013 il parlamento italiano ha stanziato circa 750 milioni di euro per la missione Isaf, con un costo che dal 2002 è cresciuto a dismisura.
I primi due anni di guerra costarono circa 70 milioni l'uno, mentre già dal 2004 la spesa aveva sfiorato i 110 milioni di euro, quasi raddoppiati (204 milioni) l'anno successivo.
Con salti di centinaia di milioni l'anno, siamo giunti a 750 ed è difficile quantificare, al momento, quanto costerà il ritiro, non ancora pianificato né per i tempi né per le modalità.


COOPERAZIONE
di Marco Mostallino
Sabato, 05 Aprile 2014

fonte: http://www.lettera43.it/cronaca

Le riforme di Renzi? Ecco perché sono una schifezza



Tutti vogliono il “cambiamento”, ma non tutti i cambiamenti sono positivi. Gran parte delle riforme di Renzi sono false quando non disastrose. Se gli italiani le conoscessero nel dettaglio, non sarebbero certo così entusiasti come sembrano. La fredda cronaca.

1) Abolizione delle Province. Falso. Il ddl Delrio ingarbuglia ulteriormente le cose, crea 25mila nuovi consiglieri e 5mila assessori in più. Non abolisce le Province, ma crea casomai nuove Città Metropolitane. Delrio parla di 2 miliardi di risparmio. Falso: la Corte dei Conti ha stimato il risparmio al massimo in 35 milioni di euro.2) Lotta alla mafia. Renzi si è laureato in Giurisprudenza per tributo a Falcone e Borsellino, ma non sembra. Come ulteriore favore ad Alfano e dunque a Berlusconi, sta operando per annacquare il 416ter del codice penale, quello sul voto di scambio politico/mafia. Renzi intende eliminare la sanzione per il politico che si mette a disposizione delle cosche e lasciando unicamente la sanzione per lo scambio voto/denaro o voto/altra utilità. Renzi si sta così limitando a riproporre una norma che è risultata sinora del tutto inutile al contrasto degli accordi politica/mafia.  
3) 80 euro in busta paga a chi prende meno di 25mila euro annui. Falso. Renzi lo aveva promesso nel corso della conferenza stampa con le slide dell’Esselunga, ma quell’aumento mensile da maggio sembra già diventato un bonus una-tantum.
 
4) Abolizione del reato di clandestinità. Falso. La Svuota Carceri è una legge delega che depenalizza molti reati indistintamente, anche contro la pubblica amministrazione (peculato e abuso d’ufficio). Sel aveva proposto un emendamento singolo che aboliva (e non si limitava a depenalizzare) il reato di clandestinità. Chi lo ha votato? Solo Sel e M5S. Il Pd ha votato contro. La Svuota Carceri è stata votata da tutti tranne che Fratelli d’Italia, Lega e M5S (che l’aveva votata al Senato turandosi il naso o così dicono, sperando che alla Camera potesse migliorare: una tattica che non convince). M5S non ha votato “contro l’abolizione del reato di clandestinità”, come vi raccontano, anzi è stata l’unica con Sel a votarla. La Svuota Carceri si limita a depenalizzare il reato, tramutandolo in illecito amministrativo. Non solo: è una legge delega, l’ennesima. Tramite questo emendamento-macedonia, che contiene tutto e il suo contrario come quelli su femminicidio o Imu-Bankitalia, il Parlamento rinuncia al suo ruolo un’altra volta e delega il Governo. Quindi? Quindi il governo ha otto mesi di tempo per depenalizzare quei reati. Al momento non ha depenalizzato un bel nulla (qualcuno lo dica a Salvini). E’  solo una promessa. Un’altra delle tante.
 
5) Le auto blu su Ebay. Per 100 vendute, Renzi ne riacquista 1300 o giù di lì.
 
6) Questione morale: inesistente. Barracciu è ancora sottosegretaria, Del Basso De Caro è ancora sottosegretario, l’autorizzazione a procedere per la Brambilla è stata negata anche dal Pd. E per decenza non parlo di Genovese. I renzini fanno a gara per andare a vedere il film su Berlinguer di Veltroni, ma dimostrano di non averci capito nulla.
 
7) Legge elettorale: è una schifezza, persino peggiore del Porcellum. Infatti l’ha scritta Verdini. Ci sono tre soglie di sbarramento (4.5, 8, 12%). Ci sono ancora i listini bloccati. Non ci sono le preferenze. Ci sono ancora le multicandidature (in 8 collegi). C’è uno spaventoso premio di maggioranza, che regala una maggioranza bulgara alla Camera se al primo turno prendi il 37% ma che non garantisce la governabilità se vinci al ballottaggio col 50% più uno. E’ una legge elettorale folle e scriteriata, praticamente incostituzionale, e infatti Renzi ne sta rallentando l’approvazione per poter usarla subito dopo la promulgazione definitiva con un voto anticipato (a metà 2016) che non dia il tempo alla Consulta di reputarla incostituzionale.
 
8) Titolo V della Costituzione: è vero che va cambiato, ancor più dopo la Bassanini del 2001, ma la riforma renzina ne ripete drammaticamente le storture. Il malfunzionamento riguarda il riparto di competenze tra Stato e regioni, ma la riforma ne reitera le patologie. Così il costituzionalista Gianluigi Pellegrino: “E loro (i renzini, NdR) cosa fanno? Prendono questo sistema fallimentare (del Titolo V, Ndr) e lo usano per decidere quali di questi complicati iter legislativi vada eseguito e se scatta o no il vincolo determinato dall’intervento del Senato“.
 
9) Snellimento del sistema di approvazione leggi. Falso. La nuova riforma prevede addirittura 12 modi diversi per approvare una legge e non snellisce nulla. Casomai incasina. Peraltro, quando il Parlamento ha voluto, è stato velocissimo anche con il bicameralismo. Il Lodo Alfano, una schifezza inaudita, è stato approvato in venti giorni.
 
10) Dicono: “Non volete le riforme, siete immobilisti”. Falso: le riforme servono, ma vanno fatte bene. E dunque vanno fatte da gente competente, mica dalle Madia. Per esempio: conferma di due camere elettive ma con due ruoli diversi tipo Stati Uniti. Dimezzamento del numero di deputati e senatori. Dimezzamento degli stipendi. Dimezzamento delle indennità. Miglioramento del riparto di competenze tra Stato e regioni. Limitazione al ricorso smodato alla decretazione d’urgenza. Così vorrebbe Civati, così vorrebbe Grasso (orrendamente “minacciato” dalla Serracchiani). Così vorrebbe Chiti, così vorrebbero i 5 Stelle. Ma Renzi e i suoi vanno in direzione opposta. 
11) Renzi sta spingendo per un monocameralismo spinto che si confà come una sorta di dittatura del premier. Il monocameralismo in sé non è un male, ma lo diventa con una legge elettorale vergognosa, la mancanza di una legge sul conflitto di interessi e la mancanza di una seria legge anticorruzione. Renzi sta concretizzando il sogno piduista di Gelli e Berlusconi.
 
12) Rodotà, uno dei firmatari del sacrosanto appello di Libertà e Giustizia, nel 1985 era d’accordo con il monocameralismo. 1) E chissenefrega? 2) Era un’Italia diversa, c’era il proporzionale e quella proposta aveva comunque dei seri contrappesi. 3) Anche Nicodemo ha cambiato idea: due anni fa diceva che Renzi era finito. Anche la Picierno ha cambiato idea: neanche un anno fa diceva che Bersani era Dio e Renzi un semi-bischero. Anche la Moretti ha cambiato idea (idem come la Picierno). Anche la Serracchiani ha cambiato idea: nell’ottobre del 2011 organizzava eventi con Civati a Bologna e il grido di battaglia era “Rottamiamo anche Renzi”. Devo continuare?
 
13) Le riforme di Berlusconi erano uguali o addirittura migliori di quelle di Renzi. Al tempo, giustamente, la sinistra scese in piazza per difendere la Costituzione. Ora no perché a mettere la firma sul progetto è uno che dice di essere quasi di sinistra. E allora stampa e tivù ci stanno. E’ la disinformazione, monnezza.
 
14) In quasi tutti i paesi c’è il monocameralismo. Sì, ma i padri costituenti italiani sapevano che da noi la democrazia è nata fragile. Abbiamo una pericolosissima propensione alla dittatura, all’infatuazione per l’uomo (bischero) della Provvidenza, alla fascinazione per il citrullo unto dal Signore. E allora hanno creato il bicameralismo e l’articolo 138 che ne costituisce l’architrave (quell’architrave che tutti, tranne M5S e qualche cane sciolto di Sel, volevano cancellare d’estate). Si torna lì: il problema sono i contrappesi. Che la riforma renzina elimina, aprendo la strada a una svolta palesemente autoritaria.
 
15) Però almeno con Renzi si risparmia. Falso. Perché il Senato rimane. Non viene cancellato ma reso inutile. Una “Camera delle autonomie” che costerà comunque tanto. Renzi ha parlato di 1 miliardo di risparmi, ma quello effettivo sarà inferiore ai 100 milioni.
 
16) La “Camera delle autonomie” concepita da Renzi è un dopolavoro di inquisiti. 148 componenti. 42 membri di diritto (Presidenti di Regione e sindaci dei capoluoghi di regione). 80 cooptati (due sindaci per regione e due sindaci di capoluoghi). 21 nominati dal Quirinale (si presume gente alla Amato o Violante, se li sceglierà Re Giorgio). E 5 senatori a vita. Allo stato attuale, buona parte di questi potenziali non-senatori è inquisita. Gente tipo Cota, Formigoni, Scopelliti o Chiodi. Un bel gruppettino di anime candide, che andrebbero in Senato a svernare e bivaccare, potendo votare solo per materie quasi sempre marginali e dividendosi tra un impegno istituzionale e l’altro. Facendo male sia l’uno che l’altro.17) Renzi dice che “il paese vuole riforme”. Sì, ma quali? Chi ha eletto Renzi? Chi gli ha dato mandato di sventrare la Costituzione? Può un parlamento di nominati, eletto con legge incostituzionale, modificare la Costituzione? Come può una Boschi arginare un Calamandrei? Come può un premier eletto da nessuno cambiare radicalmente le regole con un condannato in via definitiva, interdetto da tutto, che non può neanche votare ma può decidere come voteranno tutti gli italiani? Stiamo scherzando?
Non fatevi fregare da questa Brigata Supercazzola, composta da serial bugiardi e dilettanti allo sbaraglio, tanto arroganti quanto vuoti. Non spegnete il cervello: è quello che vogliono.

di Andrea Scanzi - 3 aprile 2014

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it

Espulsione di immigrati senza lavoro anche se cittadini UE: d’accordo Germania e Gran Bretagna

 



In un’Europa sempre più simile a un lager i capitali sono liberi di spostarsi come preferiscono, ma le persone no. Sul Daily Mail un articolo che commenta le recenti inquietanti dichiarazioni del governo tedesco, prontamente accolte dal Primo Ministro inglese Cameron: gli immigrati potrebbero essere espulsi se non trovano lavoro entro un certo periodo, anche se sono cittadini dell’area UE.

La Germania ha garantito che la Gran Bretagna sarà protetta da un’eurozona più forte, mentre i due paesi stanno studiando piani per l’espulsione in tre mesi degli immigrati senza lavoro.
Ieri David Cameron ha manifestato il suo sostegno all’idea di rispedire gli immigrati a casa se non riescono a trovare un lavoro. Ora Berlino ha offerto nuovo sostegno ai piani del Primo Ministro inglese per mettere un freno all’influenza di Bruxelles, dopo che la Germania ha sostenuto che il Regno Unito non debba essere posto in condizioni svantaggiose dalle decisioni dei paesi dell’eurozona di integrarsi più strettamente.Cameron ha promesso che, se sarà Primo Ministro, dopo le prossime elezioni si riprenderà i poteri ceduti all’Unione Europea, anche prima che si tenga il referendum sulla permanenza nell’UE.
La cancelliera tedesca Angela Merkel è un alleato chiave in ogni tentativo di ridisegnare l’UE, e il Primo Ministro inglese è pienamente soddisfatto di quanto lei è disposta a fare per assicurare che la Gran Bretagna rimanga nel blocco dei 28 paesi.Il governo di Berlino ha pubblicato un report che suggerisce che i nuovi arrivi tra i migranti dovrebbero essere rispediti ai loro paesi d’origine nel giro di pochi mesi.
I politici tedeschi hanno suggerito che il limite dovrebbe essere fissato a 3 mesi – sebbene il documento non specifichi una scadenza precisa.Il Regno Unito ha già ristretto l’accesso ai servizi sociali da parte dei migranti a meno che non si trovino nel paese da almeno tre mesi.
Ma i piani della Germania andrebbero anche oltre, dando il diritto ai paesi membri di buttar fuori quelli che non hanno un lavoro.Cameron ha affermato che tali proposte sono la dimostrazione che i leader chiave dell’UE si stanno avvicinando al suo punto di vista, secondo il quale dovrebbero esserci maggiori restrizioni alla libertà di movimento nell’UE.


Per la Gran Bretagna il grosso rischio è di essere esclusa o dominata dai paesi che utilizzando l’euro creano tra loro rapporti più stretti nel tentativo di sostenere la moneta unica.Ma, in un articolo a quattro mani per il Financial Times, il cancelliere George Osborn e il suo omologo tedesco, Wolfgang Schauble, hanno detto che qualsiasi cambiamento ai trattati UE deve “garantire equità” nei confronti dei paesi membri che stanno al di fuori del blocco della moneta unica.La dichiarazione viene incontro ad una delle richieste chiave nei negoziati di Cameron – cioè che i diritti dei paesi non-eurozona siano protetti – in vista del referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’UE, previsto per il 2017.
Nel loro articolo, Osborne e Schauble hanno detto che sia la Gran Bretagna che la Germania hanno accettato l’idea che la crisi dell’eurozona significhi che i paesi membri che hanno la moneta unica devono stabilire una politica fiscale ed economica comune.
“Il Regno Unito riconosce pienamente i progressi fatti finora nel reagire alla crisi, e sostiene l’opportunità di ulteriori passi avanti.
“Ma mentre l’eurozona continua ad integrarsi, è importante che i paesi fuori dall’area euro non si trovino sistematicamente in svantaggio all’interno dell’UE,” hanno scritto.
“Pertanto, future riforme dell’UE e cambiamenti dei trattati devono includere riforme nel quadro della governance che mettano l’integrazione dell’eurozona su una solida base giuridica, e garantiscano equità per quei paesi dell’UE che sono nel mercato unico ma non nella moneta unica.”
La dichiarazione verrà vista come una dimostrazione che gli assidui sforzi fatti da Cameron per corteggiare la cancelliera tedesca Angela Merkel – incluso stendere il tappeto rosso per una visita di alto profilo a Londra – stanno portando dei frutti.
Contrastare l’immigrazione è una seria preoccupazione per entrambi i paesi, mentre la coalizione di governo in Germania sta considerando delle proposte per limitare il tempo in cui i migranti disoccupati provenienti da altri paesi dell’UE possono restare per cercare un lavoro.
Cameron ha detto che cercherà adesso di lavorare con i tedeschi ed altri alleati che la pensano come lui, per vedere se è possibile rendere le regole UE ancora più restrittive.

Cameron ha detto alla BBC Radio Derby: “Stiamo facendo quello che stanno facendo i tedeschi, cioè introdurre nuove regole sul fatto che non puoi venire qui e chiedere immediatamente dei benefici, e se sei un cittadino dell’UE, ma non stai cercando un lavoro e chiedi benefici, puoi essere rimandato al tuo paese di origine.”
“Controlleremo da vicino se i tedeschi vogliono veramente intraprendere questa strada. Ho parlato personalmente con Angela Merkel la settimana scorsa, e lavoreremo con lei, con il Primo Ministro svedese e con il Primo Ministro olandese, per vedere come poter dare un giro di vite su questo, perché è un lavoro che dev’essere fatto.”
La Merkel ha commissionato il rapporto ad una commissione del governo tedesco in gennaio, in seguito alle preoccupazioni sulla rimozione delle restrizioni agli immigrati bulgari e romeni.
Una versione provvisoria del report pubblicata all’inizio della settimana raccomandava anche che ai governi fosse permesso di prendere precauzioni per impedire agli immigrati espulsi per dei reati di ritornare indietro – una restrizione che attualmente non esiste.
Un portavoce dell’ambasciata tedesca a Londra ha detto: “La commissione raccomanda l’introduzione di un limite di tempo alla permanenza dei cittadini dell’UE che stanno cercando lavoro. I cittadini dell’UE devono dare prova che i loro tentativi di cercare un lavoro hanno effettivamente una prospettiva di successo.
“Il diritto dei cittadini UE di risiedere in Germania può già essere interrotto in caso di frode o abuso dei diritti, per esempio falsificare un documento o fornire deliberatamente false dichiarazioni.
“Tuttavia, al momento non esiste un modo per impedire l’immediato reingresso dei cittadini UE che abusano della loro libertà di movimento.
“Pertanto, la commissione propone l’introduzione di restrizioni temporanee al reingresso nei casi di ‘abuso di diritti’ e ‘frode’.” La versione finale del report verrà pubblicata in giugno.
Fonti di Downing Street affermano di essere stati incoraggiati, anche da suggerimenti della Germania, a stabilire che ai migranti non sia più permesso di spedire gli assegni familiari ai loro figli nei paesi di origine – una mossa che sia Cameron che Nick Clegg hanno sostenuto.

di Matt Chorley

Fonte: .ilnodogordiano.it/?p=6770

"Traffico controllato da 500 bande: ecco il dossier segreto dei Servizi"



L'ultima radiografia dei nostri servizi segreti su quello che accadrà nelle prossime settimane, nei prossimi mesi nel Canale di Sicilia, dà risultati impressionanti. Oltre mezzo milione di persone - siriani, eritrei, etiopi, nigeriani, sudanesi e cittadini di altri paesi centroafricani - ammassati nelle "prigioni" dei trafficanti libici in attesa di essere trasferiti su "navi madre" e barconi diretti verso le coste siciliane. Anzi, verso le nostre navi della Marina Militare dell'operazione Mare Nostrum, che da mesi battono in lungo e in largo il mare tra le coste nord africane e quelle italiane. Un sos che gli 007 italiani hanno girato alla Presidenza del Consiglio, con un'analisi drammatica di quello che in queste ore sta accadendo nei paesi centroafricani e, soprattutto, in Libia l'ultimo terminale delle migliaia di disperati che fuggono dai loro paesi d'origine per guerre e fame. Attualmente, secondo le informazioni raccolte sul posto dall'Aisi e dall'Aise (i nostri servizi interni ed esteri) oltre cinquecento "Katibe", bande paramilitari armate fino ai denti, con la complicità di poliziotti e della guardia costiera libica corrotti, gestiscono il grande business dell'immigrazione clandestina verso l'Italia. Le aree maggiormente interessate all'organizzazione delle "partenze" sono quelle intorno a Tripoli, Misurata e Bengasi dove arrivano le centinaia di migliaia di disperati provenienti da Sudan, dalla Nigeria e da altri paesi del Centro Africa e che fanno capo a due grandi punti di "raccolta" e "snodo", l'oasi di Kufra (nel Sud-Est della Libia) e l'area di Sebah (nel Sud-Ovest). Dopo il conflitto nel Mali il Niger è diventato il principale collettore pre-libico degli africani che si muovono dai Paesi del Centro Africa e che "sbarcano" a Sebha. Sul versante orientale del continente il punto di raccolta per coloro che provengono dal Corno d'Africa, prima dell'ingresso in Libia, è la città sudanese di Khartoum.

"Il primo trimestre 2014 (finora sono arrivati oltre 10mila extracomunitari ndr) vede confermata la centralità del territorio libico. Qui - annotano i nostri 007 - il territorio è tutt'ora controllato dalle "Katibe" coinvolte nella tratta finale del viaggio migratorio. Tali organizzazioni para-militari, ascrivibili alla struttura tribale libica prima, proliferate dopo la rivolta anti-Gheddafi poi, approfittano della propria capacità, anche militare, del controllo del territorio". I trafficanti sono in prevalenza somali, eritrei, sudanesi, nigeriani, maliani che una volta portato il "carico" di essere umani in Libia devono fare ricorso alla intermediazione delle "Katibe" per avere il "via libera" all'accesso alle imbarcazioni e il "nulla osta" delle forze dell'ordine corrotte. L'operazione "Mare Nostrum" che finora ha salvato dalla morte migliaia di disperati ha paradossalmente "sconvolto" il mercato dei trafficanti di esseri umani, i prezzi per pagare il viaggio - che costava fino a duemila dollari - si sono abbassati. Ciò per i minori costi sostenuti dai gestori delle reti dei trafficanti, e per le ridotte porzioni di viaggio perché "intercettati" dalle navi della Marina Militare italiana.


 

lo scenario egiziano non è meno preoccupante. I trafficanti forniscono più "servizi" rispetto a quelli libici: imbarcazioni in partenza, scafisti (soprattutto egiziani ndr) e consentono che il pagamento della traversata sia saldato dopo l'arrivo in Italia, anche attraverso "prestazioni lavorative". Ed è dalle coste egiziane che arriva la maggioranza dei siriani. "Quelli giunti in Italia via mare, nel 2013, sono stati oltre 11 mila, al primo posto fra i migranti in Italia".

Ma l'emigrazione dalle coste nord africane verso il nostro Paese è quella più evidente. Ci sono altre centinaia e centinaia di migliaia di disperati che arrivano dall'area anatolico-balcanica da sempre collettore dei flussi migratori di Palestina, Iran, Iraq, Turchia, Siria, Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, India, Sri Lanka. E poi quella più "silenziosa", la migrazione asiatica, che si avvale di canali diversificati, in tratte aeree, terresti e via mare. Le organizzazioni che le gestiscono sono abilissime nel procacciamento di documenti falsi, di viaggio e di lavoro. Secondo il dossier dei nostri 007 l'organizzazione delle reti afghano-pakistane "ha mostrato di sapere adulterare anche i più moderni tipi di passaporti di Paesi europei". Flussi migratori che presentano rischi sanitari: i migranti africani hanno un alto tasso di malattie, polmonari ed epatiti, che sfuggono a ogni forma di prevenzione e cura mantenendo elevato il rischio della diffusione delle patologie. 

DI FRANCO VIVIANO - 04/04/2014

FONTE: http://www.repubblica.it

04/04/14

TAGLIO PROVINCE/ 2

 


 

 

Un presidente: perché Renzi ha fatto finta di eliminarci?


Matteo Renzi (Infophoto)

“Renzi sbaglia a prevedere un percorso di due anni per arrivare a una legge di riforma costituzionale. Le Province vanno abolite da domani mattina”. Parola del presidente della Provincia di Cremona, Massimiliano Salini, secondo cui il ddl Delrio “non fa altro che rimandare la soluzione del problema come hanno già fatto prima di lui Tremonti, Monti e Letta”. Insomma una riforma troppo timida, quella approvata ieri in via definitiva dalla Camera dei Deputati con 260 sì, 158 no e 7 astenuti. Salutata come la norma che dice addio alle Province, nella realtà ne svuota soltanto le funzioni pur senza eliminarle. Insieme a Comuni e Regioni, le Province sono infatti uno degli enti dell’ordinamento della Repubblica previste dalla Costituzione, e non possono essere abolite con legge ordinaria.

Come presidente di un ente Provincia, come giudica il ddl Delrio?
Condivido l’idea di rivedere radicalmente la struttura dell’amministrazione dello Stato, ponendosi nella prospettiva di superare le Province. Il presupposto deve essere però un’aggregazione dei Comuni, che oggi sono una miriade. Nella sola provincia di Cremona se ne contano 115 dei quali la stragrande maggioranza ha meno di 5mila abitanti. L’articolazione amministrativa è talmente atomizzata da rendere impossibile il dialogo tra Comuni così piccoli e i livelli amministrativi superiori. Occorre quindi che l’abolizione delle Province vada di pari passo con la fusione tra Comuni in modo che questi ultimi abbiano almeno 100mila abitanti e siano in grado di interloquire direttamente con le Regioni e lo Stato.

Condivide il metodo graduale seguito dal governo Renzi?
No, il mio giudizio sul ddl Delrio è che è una riforma fin troppo timida, in quanto prevede un triplo passaggio per arrivare all’abolizione delle Province che finirà per creare soltanto confusione.

Ritiene che si debba fare subito le legge costituzionale?
Su questo non ci sono dubbi. La Provincia è un ente per molti versi anacronistico, e per eliminarla occorre intervenire con un disegno di legge costituzionale. Prima Monti, poi Letta e ora Renzi hanno continuato a rimandare il problema, lasciandosi intimorire dalla lobby dei difensori dello status quo a tutti i costi. Non condivido quindi il tentennamento implicito nella riforma Delrio, con un’articolazione graduale che non lascia intendere quando si metterà la parola fine alle Province. Al contrario, nella prospettiva di un’aggregazione per legge dei Comuni fino a raggiungere i 100mila abitanti, ritengo che le Province possano essere abolite anche domani mattina.

E’ vero che le Province sono un pozzo senza fondo di sprechi o si tratta di un falso mito?
Come tutte le altre articolazioni dello Stato, a seconda di come sono amministrate le Province possono generare valore aggiunto oppure sprechi. Per ciascun cittadino italiano, il costo politico degli amministratori provinciali è pari a un euro all’anno. Il vero spreco c’è quando questi ultimi lavorano male. Il costo della politica si misura sulla capacità degli amministratori di sfidare il contesto pubblico con soluzioni innovative. Quando non si innova si costa, mentre quando si individuano risposte adeguate si crea valore e si aumenta il beneficio per i cittadini.

Può fare un esempio?
Quando sono stato eletto presidente della Provincia di Cremona, quest’ultima aveva 120 milioni di euro che in cinque anni sono scesi a 80 milioni. Abbiamo costituito un fondo immobiliare dove abbiamo collocato l’intero patrimonio della Provincia. I proventi derivati da questo conferimento hanno consentito di abbattere drasticamente il debito, dismettendo una serie di palazzi che nelle mani dell’ente pubblico si stavano disfacendo, mentre affidati a un ente privato hanno ripreso a ricevere un’adeguata manutenzione.

(Pietro Vernizzi)
Pubblicazione:


TAGLIO PROVINCE - IL GRANDE BLUFF



 

TAGLIO PROVINCE/ 1. Il giurista: il grande bluff di una legge che aumenta enti e spese


Renzi e Delrio ai tempi della Leopolda (Infophoto)

Quale "pseudo-titolo" potrebbe essere attribuito – secondo la moda del momento - al cosiddetto disegno di legge Delrio appena approvato dalle due Camere? Non si aboliscono le Province, e dunque non si può chiamarla legge "elimina-Province". Non si tolgono del tutto le attuali competenze delle Province, e perciò non si può chiamarla legge "svuota-Province". Non si riducono in modo apprezzabile – come attestato dalla stessa Corte dei conti – le spese pubbliche connesse all'amministrazione provinciale, né si diminuisce il personale amministrativo delle Province, e dunque non si può neppure chiamarla legge "taglia-spese" o "anti-sprechi". Non si riduce il numero degli enti intermedi, dato che le uniche Province soppresse sono quelle che saranno sostituite dalle ben più consistenti Città metropolitane (che ne erediteranno il patrimonio e ne vedranno accresciute le competenze), e pertanto non si può chiamarla legge "taglia-Province". Infine, non si eliminano, né si riducono gli enti di area vasta di dimensione subregionale, e dunque non si può chiamarla legge "semplifica-enti". 
In breve, allora, cosa si fa? Si eliminano le elezioni popolari degli organi di governo delle Province, e dunque si può parlare di legge "taglia-democrazia". Si crea un nuovo livello ordinamentale intermedio, mediante un numero non disprezzabile di Città metropolitane distribuite per di più in modo irrazionale sul territorio nazionale, e dunque si può parlare di legge "accresci-enti". Si prevede la frantumazione del livello territoriale dell'amministrazione decentrata dello Stato, che non sarà più obbligatoriamente collocata a livello provinciale, e dunque si può parlare di legge "aumenta-uffici". 
Si ridefiniscono le competenze funzioni delle Province, e contemporaneamente si innesta un nuovo processo di attribuzione delle preesistenti funzioni provinciali secondo esiti allo stato imprevedibili, e dunque si può parlare di legge "accresci-confusione". Il cittadino avrà di fronte la stessa Provincia, talora sostituita dalla Città metropolitana, ma non saprà più a chi rivolgersi per le preesistenti funzioni provinciali: dovrà aspettare l'avvento di future leggi statali e regionali. Sono passati anni di studio, di dibattiti, di riflessioni, di commissioni di indagini, ma il legislatore ancora non sa a chi assegnare che cosa. 
Le tasse locali di livello provinciale, però, si dovranno pagare lo stesso, ma saranno decise da organi non eletti direttamente dai cittadini, e diretti probabilmente dal sindaco più forte all'interno dell'ambito provinciale. Egli governerà l'intero ambito provinciale in permanente conflitto di interessi con il proprio Comune, e dirigerà tutte le attività di programmazione e gestirà le attività di servizio di competenza provinciale, anche quelle che riguarderanno la sua comunità locale (forse privilegiandola?) e quelle dei Comuni limitrofi (forse danneggiandole?).
I Commissari, che sino all'elezione dei nuovi organi di secondo grado governeranno le Province, saranno trattati ben diversamente: i Commissari di provenienza governativa saranno pagati per quello che faranno, mentre i titolari degli organi elettivi prorogati, se vorranno proseguire in questo ruolo attribuitogli con il consenso popolare, dovranno farlo gratuitamente. E ciò in spregio al principio costituzionale proprio di ogni democrazia non censitaria, secondo cui chi è chiamato all'esercizio di cariche pubbliche ha diritto all'indennità che consenta l'adempimento di tali funzioni in ragione del fatto che gli è precluso, almeno in parte, lo svolgimento di altra attività professionale o lavorativa. I cittadini delle Città metropolitane, infine, potranno continuare ad eleggere i propri governanti di area vasta, mentre i cittadini delle Province non potranno farlo.
Chi guadagnerà da questa cosiddetta riforma? Non l'ordinamento costituzionale, leso in alcuni fondamentali principi di democrazia rappresentativa; non le casse dell'erario, che saranno certo alleggeriti dai soli costi degli organi di direzione politica, ma che subiranno tutti gli oneri di una riforma affrettata, monca, e dallo sviluppo incerto; non i cittadini, che vedranno da subito limitati i loro diritti politici, e che si troveranno a vagare tra gli uffici pubblici alla ricerca di quello competente a risolvere i loro problemi. In questa sede, si può solo ricordare che una legge dello Stato non può sopprimere la forma rappresentativa degli enti territoriali che sono garantiti dalla Costituzione nella loro autonomia. 
Si potrebbe dire in sintesi: giuste le premesse, buone le intenzioni, ma confusa la strategia, limitati o irrisori gli effetti finanziari, e pericolosi gli esiti. Gli appelli di chi invocava l'applicazione di principi di ragione sono stati scambiati per difesa strumentale di una delle tante "caste" da abbattere in fretta e senza scrupoli. Si elimina un'intera classe politica,  abbandonandola a rancori che non aiutano certo quel poco che resta della stabilità del quadro partitico. 
Non possiamo, però, assistere in silenzio e compiaciuti, come le tricoteuses davanti alla ghigliottina della Bastiglia. Occorre sollecitare gli organi costituzionali di garanzia a intervenire prima che sia troppo tardi, a partire dal Capo dello Stato cui spetta valutare il testo legislativo ai fini della promulgazione, sino alla Corte costituzionale che potrà essere chiamata a pronunciarsi sui vizi di legittimità costituzionale. Sino a quando la Costituzione non sarà cambiata, essa deve essere rispettata nella sua interezza. 
Le riforme servono, ma devono essere ponderate. I risparmi di spesa vanno conseguiti, ma considerando gli effetti complessivi degli interventi. E quando un ramo della democrazia viene tagliato, l'intero albero ne soffre. 


GIULIO M. SALERNO :

BAGNAI: USCIRE DALL’EURO SIGNIFICA DIFENDERE L’EUROPA. DIFFIDATE DAI MEDIA, NASCONDONO I VERI DRAMMATICI NUMERI DI QUESTA CRISI


 





DIBATTITI / IL NOTO ECONOMISTA ALBERTO BAGNAI A TUTTO CAMPO: SECESSIONISTI VENETI, RENZI, EURO, MENZOGNE DEL CORRIERE…

venerdì 4 aprile 2014
Oggi criticare l’euro e proporre vie d’uscita, è l’unico modo per difendere l’Europa». Di questo è sicuro l’economista anti-euro, Alberto Bagnai.

In questa intervista, il professore di politica economica all’Università d’Annunzio di Pescara, si è detto convinto che l’unico modo per uscire dalla crisi è analizzare le vere ragioni che l’hanno causata. Obiettivo questo, anche alla base del convegno che l’economista, con la sua associazione “Asimmetrie”, ha organizzato per sabato 12 aprile all’Auditorium Antonianum di Roma, dove parteciperanno importanti economisti da tutta Europa, come Frits Bolkestein (ex Commissario Europeo per il mercato interno, la tassazione e l’unione doganale) e Hans-Olaf Henkel, (già a capo della Confindustria tedesca e ora capolista di Alternativa per la Germania alle europee), ma anche tanti politici.
  Marie Le-Pen, Tsipras, Grillo. A pochi mesi dalle elezioni europee, sembra che i movimenti anti-Europa stiano prendendo piede, con forti ripercussioni sui territori. Il caso dei secessionisti veneti lo dimostra. Come legge questa escalation?
«Il veneto come regione del nordest è sicuramente una delle regioni che è stata più colpita dalla crisi economica e in particolare dalle dinamiche della moneta unica. Quindi dal fatto di avere un euro che per l’Italia è, in realtà, un “Marco” travestito. E che deve competere con le altre economie, come quella tedesca, per le quali, invece, l’euro è una “Lira” travestita. Naturalmente di fronte a questa realtà economica, i mezzi d’informazione politici diffondono messaggi demagogici e populisti, dando la colpa, a cose come la corruzione o la spesa pubblica, spesso falsando i dati».
Come quelli che lei ha “corretto” del Corriere della Sera, che facevano percepire come i numeri della disoccupazione attuale ( 12,1%) fossero tornati ai livelli del 1977. Lei ha prontamente ricordato che a quei tempi era del 7%…
«È stata una correzione non particolarmente fraterna, forse dai toni un po’ accesi ma va anche chiarito il concetto che purtroppo noi siamo in presenza di qualcosa che somiglia molto a un progetto deliberato di falsificazione della storia economica recente. In questo momento, quello che un certo sistema dei media vuole fare è convincerci che non siamo capaci di governarci da soli, che non ci possiamo permettere la democrazia e che quando avevamo degli strumenti di politica economica a disposizione, cioè negli anni ’70 e ’80, le cose andavano più o meno come adesso. È vero che c’erano più tensioni, ricordiamo il terrorismo, ma è anche vero che in quegli anni non abbiamo mai assistito a una disoccupazione come quella attuale e a una recessione, che oggi è senza precedenti dall’Unità d’Italia».
Parlando di mezzi di comunicazione: come giudica lo spot della Rai “pro-Europa”?
«Va capita una cosa: chi critica l’euro è attualmente l’unico vero europeista perché si batte contro quello che tanti economisti, anche di orientamento ideologico diverso, avevano auspicato. Posso citare, forse poco noti al grande pubblico, personaggi come il baronetto Nicholas Kaldor o Martin Feldstein, che, su posizioni diverse, sapevano che fare la moneta prima dell’unione politica avrebbe creato un’enorme disastro economico e sociale e avrebbe compromesso, forse definitivamente, il progetto di integrazione europea. Chi ha realizzato questo disastro, ora ci fa delle belle pubblicità molto allettanti e incoraggianti, mentre che l’euro sta distruggendo l’Europa».
Pensa che il governo Renzi possa avere in mano le soluzioni per uscire dea questo tunnel? Che idea si è fatto delle iniziative sul lavoro presenti nel “Jobs Act”?
«Quello che si ignora generalmente nel dibattito italiano è che il nostro mercato del lavoro, secondo gli indicatori dell’Ocse è già uno dei più flessibili in Europa, in particolare più flessibile di quello della Germania. Si può discutere se sia o no una buona flessibilità ma in questo momento il problema del lavoro è che non c’è. E non c’è non perché gli imprenditori non assumono per paura di non poter gestire in modo flessibile la risorsa , cioè in buona sostanza dare un calcio nel sedere se le cose vanno male; gli imprenditori non assumono perché sanno che se i beni verranno prodotti non potranno essere venduti perché non c’è domanda. È abbastanza evidente alla maggior parte degli economisti che Renzi sta su una strada sbagliata».
Sembra però che Renzi nel suo tour europeo abbia riscosso numerosi consensi…
«Dobbiamo renderci conto che in questo momento una fonte di lacerazione economica dell’Europa risiede nel fatto che alcuni Paesi hanno prestato molti soldi ad altri. Alcuni sono molto creditori e altri sono debitori. Noi siamo più dal lato dei debitori. Il fatto che un nostro governante riscuota abbastanza consensi in giro per l’Europa, in realtà ci dovrebbe preoccupare. Tutti sanno, infatti, che gli interessi di un debitore non sono quelli del creditore. Faccio un esempio: se c’è inflazione il creditore è svantaggiato perché riceve indietro della moneta che vale di meno, tutto a vantaggio del debitore. Questo è esattamente il motivo per il quale non si riesce a trovare una quadra a livello europeo sul ruolo della Bce».
Si spieghi meglio.
«La Banca centrale europea, dovrebbe tenere l’inflazione vicina al 2%, ma come tutti sanno in Europa l’inflazione oggi si aggira intorno allo 0,7% e alcuni Paesi sono letteralmente in deflazione. Questo perché c’è un dibattito politico che noi non vediamo, attraverso il quale la Germania impone le sue volontà. Io non ho voglia di fare bella figura con un tedesco, ma voglio discutere gli interessi dell’Europa su un piano di parità. Non è molto rassicurante che il capo del Governo italiano si “spalma” per convergere sulle posizioni dei governanti di altri Paesi e della Germania. Questa politica rischia di farci entrare in contrasto con gli Stati Uniti, i quali non sono contenti che l’Europa non contribuisca alla ripresa mondiale e che solo Washington e il Giappone debbano sostenere il peso delle politiche espansive».

venerdì 4 aprile 2014

fonte: http://bastacasta.altervista.org 

«Volete essere come gli ebrei e i cristiani?». Ecco cosa si insegna oggi nelle scuole coraniche della Libia



Il paese è spaccato, lo Stato non controlla e a Bengasi nelle scuole si insegnano «idee estremiste». «La democrazia è roba da apostati»

«Insegnano che la democrazia è roba da apostati. Parlo sulla base della mia esperienza personale, visto che ho dovuto ritirare mio fratello piccolo da una di queste scuole dove lo sheikh gli inculcava idee estremiste». Fathi Abdelmounaim, presentatrice del canale televisivo Al Manara, descrive perfettamente quello che sta succedendo a Bengasi, nell’est della Libia, dove per l’assenza dello Stato nessuno controlla le scuole coraniche permettendo agli imam di «diffondere idee estremiste».
«NESSUNO CONTROLLA LE SCUOLE». Nella città principale della Cirenaica, da dove è partita la protesta contro Muammar Gheddafi, aumentano i predicatori radicali provenienti soprattutto da paesi stranieri. Come dichiarato da Abdul Nasser Ahmed, presidente dell’Osservatorio libico dei diritti dell’uomo, «nessuno oggi controlla le scuole coraniche perché lo Stato non ha i mezzi». Il risultato è che «ogni gruppo islamico, estremista o moderato che sia, utilizza le scuole per promuovere la sua ideologia, che spesso è estremista come quella di Ansar Al Sharia».
Il gruppo terrorista appena citato è responsabile, tra le altre cose, dell’omicidio dell’ambasciatore americano in Libia Chris Stevens e di tre suoi collaboratori.
«INDOTTRINANO I GIOVANI». Quello che sta succedendo a Bengasi è confermato da Samia Mahmoud, che deve condurre le ispezioni nelle scuole coraniche: «Alcune indottrinano i giovani con idee che non hanno niente a che fare con l’islam». Per la presentatrice Fathi «gli imam diffondono una cultura dell’odio», dicono che «il Parlamento è composto da infedeli, che non bisogna partecipare alle elezioni perché è da apostati. “Volete essere come gli ebrei e i cristiani?”, gli chiedono».
IDEE ESTREMISTE. La Libia oggi è un paese diviso dove lo Stato è troppo debole per comandare ed è stato sostituito in diverse regioni da milizie violente e islamiste. La notizia che queste hanno iniziato ad educare i giovani in base alle loro «idee estremiste» è la nota «più allarmante» per il paese in questo momento: «Lo Stato e le famiglie devono sorvegliare queste scuole – afferma un genitore a Magharebia- perché ci sono anche terroristi che usano l’islam come copertura».


aprile 4, 2014 Leone Grotti

fonte: http://www.tempi.it

CARABINIERI: COCER CC E COIR, GALLITELLI CONOSCE BENE SOFFERENZA DEI CARABINIERI





(AGENPARL) - Roma, 03 apr - Il Comandante Generale Leonardo Gallitelli conosce bene “l’atroce sofferenza” dei Carabinieri durante l’incontro avvenuto a Roma, nella Sede del Comando Generale, nei giorni 01,02,03 aprile 2014 fra i delegati del COCER CC e dei COIR e è emersa la consapevolezza che il quadro di situazione richiede interventi correttivi forti ed urgenti, per salvaguardare la dignità, la serenità e la motivazione dei Carabinieri di ogni grado. L’incontro è caduto in un momento particolarmente delicato per l’insoddisfatto personale dell’Arma dei Carabinieri che rimane fortemente preoccupato per il tipo di interventi di razionalizzazione che colpiscono l’Istituzione nella sua espressione fondamentale. Più volte, da parte dei delegati intervenuti, è stato posto l’accento sull’urgenza di intervenire per emancipare finalmente la “Rappresentanza Militare” al fine di ottenere quel “ruolo negoziale” già previsto nella Legge sulla Specificità. In merito al trattamento economico, abbiamo tutti auspicato un rilancio delle decisioni riprendendo con vigore OGNI INIZIATIVA utile al reperimento delle necessarie risorse finanziarie per garantire almeno il trattamento previsto ed ora soggetto ad “una tantum”, eliminando o attenuando gli effetti negativi che si ripercuoteranno anche in pensione. La presenza del Comandante Generale è stata molto apprezzata dei delegati presenti. Ha partecipato agli incontri intrattenendosi a lungo per rispondere ai numerosi delegati intervenuti. Ha riconosciuto, fra l’altro, l’esigenza di dare concretezza al “ruolo negoziale” per il COCER. Ciò permetterebbe alla rappresentanza Militare di partecipare ai tavoli della contrattazione in modo autonomo con richieste che, il Generale Gallitelli, auspica possano sempre “collimare” con le aspettative dell’istituzione. Ha riconosciuto inoltre, il Generale Gallitelli, “l’atroce sofferenza” che i Carabinieri stanno sopportando , mettendosi personalmente a disposizione di una delegazione del COCER e dei COIR, che hanno incontrato il Sig. Ministro della Difesa Roberta Pinotti al fine di consegnare un documento. L’incontro è stato organizzato per questo pomeriggio ed il fermento è già forte fra i delegati in attesa di conoscerne l’esito.
I delegati del CoIR Pastrengo, Giovanni BONO, Walter TANDA, Michele FORNICOLA


Scritto da  com/red - Giovedì 03 Aprile 2014 20:45 
 
fonte: http://www.agenparl.it

Abolite le Province. Ma Forza Italia non ci sta: "Questa è una truffa"


Varato il ddl Delrio, alla Camera le opposizioni protestano: con le 15 Città metropolitane enti e costi si moltiplicano



Roma - Province addio. Con il voto favorevole di 260 deputati la Camera ha approvato il disegno di legge vergato dal sottosegretario Graziano Delrio che prevede l'abolizione di questi enti territoriali.


L'ultima parola ora spetta a Napolitano che dovrebbe con la sua firma promulgare la legge. Ed è proprio al presidente della Repubblica che si appella, dopo aver urlato in aula «è un golpe», Renato Brunetta di Forza Italia. «Il Quirinale non si renda complice di questa porcata - avverte - È una vera truffa ed è manifesta la sua incostituzionalità». «Noi sosteniamo da sempre le riforme - gli fa eco Elena Centemero (Forza Italia) - purché siano riforme intelligenti, semplifichino il panorama istituzionale e forniscano servizi efficienti. Il ddl Delrio non risponde a nessuno di questi criteri. Anzi favorisce la creazione di altre poltrone. Siamo di fronte a una confusione molto simile a quella che avevamo denunciato nel 2001 con la riforma del Titolo V e a esserne penalizzati saranno, ancora una volta, i cittadini». Sulla stessa linea i parlamentari grillini che al momento del voto hanno esposto in aula cartelli con su scritte due cifre: «+26.096 e + 5.600». Rappresenterebbero, secondo quanto riferito da Giuseppe D'Ambrosio nel suo intervento, il numero di consiglieri comunali in più e di assessori che saranno nominati in seguito all'entrata in vigore del ddl Delrio. Almeno questa è la stima del Movimento 5 Stelle.
La nuova legge poi consente anche l'uso dell'ironia. E sui social network impazzano battute al riguardo. E sono in molti a notare maliziosamente che le nuove Città metropolitane sono quasi tutte in mano al centro-sinistra e che proprio da queste verranno fuori i «nuovi» senatori previsti dalla riforma Renzi. Insomma una legge cucita addosso a una maggioranza per proprio tornaconto in attesa della modifica radicale del Titolo V della Carta costituzionale. Tra le novità contenute nel testo della legge, oltre l'abolizione degli enti provinciali, c'è la contestuale nascita delle Città metropolitane. Dieci in tutto (altre 5 si aggiungeranno in futuro). L'abolizione delle Province porta in dote in parte ai capoluoghi e in parte alle Regioni, eredità e competenze amministrative. Le Province già commissariate quindi continueranno a esserlo e quelle in scadenza saranno prorogate fino al 31 dicembre 2014, spostando al primo gennaio 2015 il momento in cui le nuove Città metropolitane entreranno a pieno regime. Il presidente della Provincia verrà eletto dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Provincia e durerà in carica quattro anni. Il relativo consiglio, eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei Comuni della Provincia, sarà composto dal presidente della Provincia e da un numero di consiglieri variabile tra le sedici e le dieci unità sulla base della popolazione. Tra gli organi della Provincia è prevista anche l'assemblea dei sindaci. Presidenti e consiglieri provinciali non riceveranno alcun compenso extra rispetto a quello percepito in quanto primi cittadini dei rispettivi Comuni.
Su questo punto è particolarmente critica la Lega che ha ricordato come anche la Corte dei conti abbia considerato il progetto inefficace per il taglio dei costi della politica. «Il messaggio che viene dato a fini propagandistici dal governo - aggiunge la deputata di Forza Italia Sandra Savino - è che con questo voto l'ente sparisca e con esso tutto il carrozzone composto da uffici e strutture. E invece niente di tutto ciò: le Province continueranno a esistere sotto mentite spoglie e continueranno a essere guidate dalla politica, solo senza l'elezione diretta degli organismi di vertice». Profilo questo che renderebbe appunto, per Forza Italia, i nuovi soggetti incostituzionali.

Pier Francesco Borgia   - Ven, 04/04/2014 - 08:18
fonte: http://www.ilgiornale.it

Una Camera in fondo a sinistra - Silenzio di tromba

 


Nel tira-e-molla fra tromboni imbalsamatori e trombettieri del renzismo, avete provato a fare una proiezione politica sul nuovo Senato disegnato da Renzi?



Nel tira-e-molla fra tromboni imbalsamatori e trombettieri del renzismo, avete provato a fare una proiezione politica sul nuovo Senato disegnato da Renzi? Considerando che gli enti locali sono vistosamente sbilanciati a sinistra, dalle Regioni alle città metropolitane, e così i nominati dal Quirinale, vi rendete conto che avremo un Senato delle autonomie con una maggioranza schiacciante di sinistra, quasi il 90%? Siete consapevoli che quel Senato dovrà poi decidere, tra l'altro, sul Consiglio superiore della magistratura e sulla Corte costituzionale?
Ve ne siete accorti, voi di sinistra che strepitate contro Renzi mentre vi sta regalando una Camera? Ma ve ne rendete conto soprattutto voi del centrodestra, che state votando per una Camera bulgara e a voi ostile? Siete consapevoli che verrete duramente penalizzati, con i grillini, da un Senato non elettivo, voi che siete tradizionalmente più forti al Senato? E per completare il quadro, siete consapevoli che il doppio turno previsto dall'Italicum ha sempre favorito il centrosinistra rispetto al centrodestra?
Con tutte le riserve nel merito, alla fine preferisco la riforma alla stasi, perché sblocca un sistema ingessato, apre a una svolta decisionista, snellisce l'iter parlamentare sopprimendo il doppione e tagliando la casta. Però vogliamo riflettere sugli effetti che produrranno quelle riforme sul quadro politico? Anziché star lì a insultarsi a vicenda e ad accusarsi a vanvera di dittature, volete una volta tanto pensarci? Silenzio di tromba.

 fonte: http://www.ilgiornale.it

03/04/14

Clandestinità: in Europa è reato





....ma cosa sta accadendo  in Italia ?  
 abolito il reato di clandestinità in concomitanza con lo svuotacarceri mentre sono previsti tagli alle forze dell'ordine......e poi....e poi.....e poi.....



È possibile che non venga valutata questa situazione in termini di ricadute e costi economici?


Se i senatori della commissione Giustizia del Senato avessero letto i dossier preparati negli ultimi anni dall’efficientissimo Ufficio studi di palazzo Madama, avrebbero facilmente verificato che il reato penale di immigrazione clandestina esiste in quasi tutta l’Unione europea, a cominciare dai tre maggiori paesi: Germania, Gran Bretagna e Francia. Ai quali si è recentemente aggiunta l’Olanda, nonostante le sue decennali tradizioni di tolleranza. Per la Spagna il reato è invece amministrativo, ma con la sanzione del rimpatrio immediato: e tuttavia Madrid ha realizzato una barriera anti-immigrati nel Marocco spagnolo e pattuglia efficacemente le sue coste, via mare e via cielo.
Non si capisce dunque l’iniziativa per abrogare il reato di clandestinità nata dai grillini (sconfessati al solito da Beppe Grillo), fatta propria dall’intera sinistra e avallata dal governo. O meglio: la si capisce solo in un’ottica di retorica imperversante, buonismo e prove tecniche di nuove maggioranze, spostate a sinistra. Di queste potremo presto avere una controprova se nella Legge di stabilità entrerà, come pare, il reddito minimo garantito: che andrebbe benissimo se nel frattempo venisse abolita la cassa integrazione, dando modo alle aziende di ristrutturarsi e alleggerendo i conti pubblici.
In questo spreco di parole sui morti di Lampedusa nessuno, tanto più a sinistra ma neppure a destra, pare accorgersi che l’immigrazione non è solo un problema di anime belle, di asilo e solidarietà (questo aspetto esiste, ma è una parte minore), quanto invece economico, e legato a sua volta alle geopolitica, cioè al rapporto tra politica estera e interessi strategici sui vari scacchieri mondiali. Per questo motivo gli Usa, pur tra i loro alti e bassi, hanno sempre tenuto l’immigrazione sotto stretto controllo, chiunque ci sia alla Casa Bianca e qualsiasi maggioranza si formi al Congresso. Dall’altra parte del mondo, l’Australia ha tirato i freni sugli sbarchi, adottando la linea dei respingimenti in mare, quando si è intensificata la pressione migratoria dall’Indonesia, dall’Indocina, ed in prospettiva dai “nuovi poveri” della Cina e della Corea.
Quanto al Mediterraneo e alla sponda Nord dell’Africa, la situazione è sotto gli occhi di tutti. Le primavere arabe si sono rivelate un flop, creando governi instabili e sotto ricatto dei fondamentalisti. Le aziende italiane, in particolare l’Eni, hanno già pagato dazio in Libia, in Tunisia, in Algeria. E adesso si è aggiunta la Siria con tutto ciò che le sta dietro. È possibile che non venga valutata questa situazione in termini di ricadute e costi economici, oltre all’aspetto - ripetiamo doveroso, ma minoritario - del diritto d’asilo? Un paese come la Germania, che anche soppesando questi aspetti non volle partecipare alla guerra di due anni fa contro i dittatori nordafricani, ha rivisto, irrigidendola, l’intera sua politica dell’immigrazione. Altrettanto fa la Francia, che invece in quella guerra fu parte attiva: ne abbiamo avuto un esempio tangibile a Ventimiglia. L’Italia? Trascinata suo malgrado nell’appoggio militare alle primavere arabe, contraria all’ipotesi di intervento in Siria, rischia di pagare il contro più pesante proprio sull’immigrazione clandestina. Il tutto in nome della retorica, della piccola bottega politica, e di una sostanziale ignoranza di ciò che sta accadendo a pochi chilometri da noi in termini di politica estera e di interessi collegati.
Nessuna stima del rapporto a medio e lungo termine tra costi e benefici è stata neppure tentata. Tanto meno si è pensato a una consultazione, magari non vincolante, dell’opinione pubblica, come si è fatto in Olanda e Svizzera. Ma è normale? 

- 11 ottobre 2013

fonte ilVelino/AGV NEWS Roma