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Nel
corso dell’Incontro mondiale dei Movimenti popolari, ospitato da Papa
Francesco nel Vaticano dal 27 al 29 ottobre, e che ha radunato
rappresentanti di movimenti spesso legati all’estrema sinistra, tra cui
il Centro sociale Leoncavallo, è riemersa la tesi secondo cui il
comunismo conterrebbe un nucleo positivo che dovremmo recuperare:
sarebbe amico dei poveri. Oltre a essere dottrinalmente discutibile, la
tesi è storicamente falsa.
Non è
raro sentir dire, qua e là, che il comunismo sia stato un’idea bella
applicata male. A prescindere dalle sue attuazioni concrete, finite
puntualmente in catastrofe, il comunismo avrebbe avuto un nucleo
positivo che si tratterebbe di recuperare: sarebbe stato un “amico dei
poveri”.
Era la tesi di Jacques Maritain, l’ideologo della svolta a sinistra nell’Azione Cattolica: “Il
socialismo è stato nel XIX secolo una protesta della coscienza umana e
dei suoi istinti più generosi contro mali che gridavano verso il cielo.
(…) Il socialismo ha amato i poveri” (1). Il lirismo socialista di Maritain si estendeva al comunismo sovietico: “Per
la prima volta nella storia, scriveva recentemente Massimo Gorki a
proposito del comunismo sovietico, il vero amore dell’uomo è organizzato
come una forza creatrice e si pone come uno scopo l’emancipazione di
migliaia di lavoratori. Noi crediamo alla profonda sincerità delle
parole di Gorki” (2).
Era anche
la tesi dell’uruguaiano Alberto Methol Ferré, mentore filosofico di
un’intera generazione di ecclesiastici latinoamericani di linea
“populista”. Secondo Methol, il male del marxismo risiede nel suo
ateismo: “La Chiesa respingeva il marxismo essenzialmente per quel che conteneva di ateismo”. Il sistema di Karl Marx avrebbe, però, un elemento valido: “Quello che c’è di più valido nel marxismo era nella critica al capitalismo” (3).
Questo
elemento valido induce il filosofo uruguaiano a difendere aspetti della
cosiddetta Teologia della liberazione, di origine marxista: “La
teologia della liberazione può essere anche letta come un tentativo di
assumere il meglio del marxismo. (…) Questa teologia ha prestato un
inestimabile servizio ripensando la politica in funzione del bene
comune, e quindi in relazione stretta con l’opzione preferenziale per i
poveri e la giustizia” (4).
Stupisce
vedere personaggi del mondo cattolico che esaltano un sistema definito
dal Magistero della Chiesa “detestabile setta” (5), “setta abominevole”
(6), “intrinsecamente perverso” (7), “vergogna del nostro tempo” (8),
frutto di un “errore fondamentale” (9). Un sistema col quale, nelle
parole di Pio XI, “non si può ammettere in nessun campo la collaborazione”. Anzi, per decreto del Sant’Uffizio del 1949 qualsiasi collaborazione col comunismo portava alla scomunica latae sententiae.
Oltre a
essere dottrinalmente discutibile, la tesi del comunismo amico dei
poveri è storicamente falsa. Lungi dall’essere “amico dei poveri”, il
comunismo è il loro peggiore nemico. Laddove è stato applicato – in
tutte le sue salse, varianti e declinazioni – la conseguenza è stata
sempre un aumento vertiginoso della povertà e dei disaggi sociali. La
sinistra non fa tanto un’opzione preferenziale per i poveri quanto per
la povertà stessa. Aveva ragione Indro Montanelli quando diceva: “La sinistra ama tanto i poveri che ogni volta va al potere ne aumenta il numero”.
Il
comunismo truculento e tagliagole resiste solo in alcune isole sparse,
come Corea del Nord e Cuba. La sinistra oggi, specie in America Latina,
si proclama piuttosto “populista”. Tale populismo, però, conserva il
nucleo rivoluzionario del vecchio comunismo: una visione ugualitaria e
socialista, ostile alla proprietà privata e alla libera iniziativa.
Poiché, nonostante il nome, il populismo non viene mai dal popolo bensì
dalle elite rivoluzionarie, esso è spesso imposto con i modi forti,
smentendo il suo carattere democratico. D’altronde, proprio il
“populismo” si è dimostrato il peggiore nemico del popolo.
Il
fallimento del socialismo nella Cuba castrista, per restare nel
continente di Papa Francesco, è tale che il salario medio ancor oggi è
di soli US$ 21,00 al mese, il più basso dell’America Latina, “insufficiente per soddisfare i bisogni più elementari della popolazione”,
come ha dovuto concedere il presidente Raúl Castro. Dati recentemente
pubblicati dall’economista Raúl Sandoval González, dell’Università di
Havana, mostrano che il 70% delle case in Cuba è in stato fatiscente
(10).
Ne è
esempio il Venezuela. Paese ricco di risorse petrolifere, fiorente fino a
essere paragonato negli anni Settanta a una “Florida sudamericana”,
oggi ridotto dal socialismo chavista alla “situazione economica di un paese in guerra”
(11). La situazione volge al ridicolo. Recentemente, vista la cronica
mancanza di shampoo nei negozi, il Ministro per l’Ecosocialismo (sic)
Ricardo Molina ha suggerito ai suoi concittadini di non lavarsi i
cappelli, a mo’ di “sacrificio rivoluzionario” (12).
Ne è
esempio l’Ecuador, pure esso ricco di risorse petrolifere, e tuttavia
costretto nel 2008 a dichiarare default sul debito estero, non riuscendo
più a trovare linee di credito internazionali. Nel 2013, la Cina ha
dovuto volare nel suo sostegno, acquistando l’intera produzione di
petrolio (13).
Ne è
esempio anche l’Argentina della peronista Cristina Kirchner, costretta a
dichiarare per la seconda volta in pochi anni default sul debito.
Secondo studi indipendenti, la povertà ha ormai raggiunto il 36,5% della
popolazione, obbligando l’Indec (Instituto Nacional de Estatística y Censos) a taroccare i numeri per non crollare a livelli da quarto mondo (14).
Eppure — o
mistero! — proprio questi sistemi fallimentari sono stati difesi dai
militanti dei Movimenti popolari riunitisi sotto l’egida di Papa
Francesco in Vaticano dal 27 al 29 ottobre. Dal leader “cocalero” (cioè
produttore di coca) boliviano Evo Morales ai militanti del Centro
sociale Leoncavallo di Milano, la sinistra antagonista si è data
appuntamento a S. Pietro. Predominavano i movimenti latinoamericani. La
maggior parte dei lavori, compreso l’intervento del Pontefice, è stata
in spagnolo, come anche la Dichiarazione finale.
Un
protagonista dell’incontro è stato il brasiliano João Pedro Stédile,
leader del Movimento dos sem terra (MST), di orientamento marxista ed
eversivo. Proprio il motto del MST “Nessun contadino senza terra” è
stato trascritto in calce alla Dichiarazione finale. Attraverso azioni
spesso violente, il MST difende una “riforma agraria” socialista, cioè
l’esproprio delle proprietà rurali per distribuire la terra ai
contadini, riuniti in “assentamentos” ispirati ai kolchoz sovietici.
Orbene,
lo stesso presidente dell’INCRA (Instituto nacional de colonização e
Reforma agrária), Francisco Graziano Neto, ha dichiarato: “La riforma agraria si configura come il peggiore fallimento della politica pubblica del nostro Paese”
(15). La maggior parte degli “assentamentos” si è trasformata in vere
“favelas rurali” improduttive, come ha recentemente ammesso il ministro
Gilberto Carvalho (16). Eppure – sempre mistero! – proprio queste
favelas sono proposte dal MST come soluzione “populista”.
Per chi
accompagna da vicino la realtà latinoamericana, l’Incontro mondiale dei
Movimenti popolari ospitato nel Vaticano suscita perplessità e
apprensioni. Molti dei movimenti che vi hanno partecipato sono ancorati
nell’estrema sinistra. Un eventuale avallo ecclesiastico correrebbe seri
rischi di essere interpretato come un sostegno politico a questa
sinistra, con risultati catastrofici per quello stesso popolo che si
vorrebbe difendere. È questa l’intenzione?
Si sente
anche dire che, nel contesto della grave crisi economica che stiamo
attraversando, dopo anni di neoliberismo, un populismo rinnovato sarebbe
in grado di ispirare una nuova coscienza sociale che metta i poveri al
centro delle attenzioni. Una tale coscienza sarebbe legittima, anzi
auspicabile. Il problema è se questo populismo ne sia in grado.
Un’analisi attenta dimostra, nella fattispecie, come questa sinistra non
sia tanto a favore dei poveri quanto della povertà stessa, ostinandosi
nel proporre sistemi socio-economici rivelatisi, storicamente,
fallimentari e gravemente nocivi nei confronti delle classi più
disagiate, proprio quelle che si pretende di aiutare.
Prendendo
in prestito l’espressione ironica del teologo gesuita Horacio Bojorge
possiamo dire che questo populismo non è altro che un “salvagente di
piombo” per i poveri. Cioè, una frode in più nella lunga catena di frodi
che segna il nefasto itinerario della sinistra mondiale.
1. Jacques MARITAIN, Umanesimo integrale, Borla, Roma 2009, p. 132.
2. Ibid., pp. 132-133.
3. Alberto METHOL FERRE, Alver METALLI, Il Papa e il Filosofo, Cantagalli, Siena 2014, pp. 49-50.
4. Ibid., pp. 112, 114.
5. Leone XIII, Enciclica Quod apostolici muneris, 28 dicembre 1878.
6. Ibid.
7. Pio XI, Enciclica Divini Redemptoris, 19 marzo 1937.
8. Joseph RATZINGER, Istruzione Libertatis Nuntius, 6 agosto 1984.
9. Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus, 1 maggio 1991.
10. Cfr. Raúl A. SANDOVAL GONZÁLEZ, La pobreza en Cuba, Site progreso-semanal.com, 28 marzo 2012.
11. “Infobae América”, 02-03-2013.
12. Un ministro venezolano recomienda no lavarse el pelo si escasea el champu, in “ABC”, 31 ottobre 2014.
13. La bandiera cinese piantata sull’Ecuador. Il gigante asiatico compra tutto il greggio, in “Corriere della Sera”, 30 settembre 2013.
14. Francisco JUEGUEN, Segun ex-técnicos del INDEC, la pobreza es del 36,5%, in “La Nacion”, 12 aprile 2014.
15. Francisco GRAZIANO NETO, Reforma Agraria de qualidade, in “O Estado de S. Paulo”, 17 aprile 2012.
16. Fernando ODILA, Política agrária federal criou ‘favelas rurais’, diz ministro, in “Folha de S. Paulo”, 9 febbraio 2013.