Come era inevitabile che accadesse, un governicchio tenuto insieme dalla necessità di evitare il voto anticipato non poteva che impantanarsi tra gli impervi ostacoli della Legge di Bilancio. Ciò è quanto sostiene l’autorevole Stefano Folli
il quale, pur non trovando in questo particolari novità rispetto al
passato, sottolinea: “Non è la prima volta che un governo di coalizione
boccheggia davanti agli scogli della legge di bilancio, come insegna la
storia della Prima e un po' anche della cosiddetta Seconda Repubblica… Tuttavia è la prima volta che un Esecutivo appena nato – meno di due mesi fa – risulta essere così sfilacciato,
privo di qualsiasi collante politico, non diciamo di un'idea condivisa
del futuro. È il suo vizio d'origine, essendo nato unicamente per
evitare le elezioni guadagnando tempo”.
Ecco, la stringata enunciazione di Folli fotografa in modo piuttosto esauriente la precaria condizione che sta vivendo l’attuale maggioranza, nella quale tende a predominare una crescente confusione, se non un vero e proprio caos, che prima o poi sfocerà in una inevitabile crisi politica.
In particolare, nel caso di un andamento ancor più sfavorevole della nostra già disastrata economia, con gli inevitabile contraccolpi sullo spread, il formidabile collante dell’autoconservazione parlamentare non potrà più bastare per tenere insieme forze politiche così distanti. D’altro canto, nel mondo globalizzato già in parecchi intravedono l’arrivo di una crisi economica, favorita dalla guerra doganale in atto, la quale avrebbe per l’Italia dei debiti e delle tasse ripercussioni catastrofiche. In tal senso se l’Esecutivo giallo-rosso avesse realmente inteso proteggere, almeno nei limiti del possibile, il Paese nell’eventualità di uno scenario di grave congiuntura internazionale, avrebbe dovuto prioritariamente intervenire con l’accetta sui due insensati provvedimenti adottati dal primo Governo Conte, ovvero Quota 100 e Reddito di cittadinanza.
Avrebbe dovuto, inoltre, rimettere in discussione l’altrettanto
insensata, dal momento che anche in questo frangente si è fatto ampio
ricorso al deficit, politica dei bonus, con quello degli 80 euro in testa, fortemente voluta da Matteo Renzi.
Invece si è seguita la vecchia linea che ha fin qui caratterizzato
praticamente tutti i Governi degli ultimi cinquant’anni: tenere in piedi
le precedenti leggi di spesa, raschiando il fondo del barile dei conti pubblici nel disperato tentativo di aggiungerne altre. E tutto questo da sacrificare sull’altare supremo del consenso, mascherato con il solito e oramai logoro campionario di buone intenzioni con cui lastricare l’inevitabile inferno che ci attende. Da qui discende il sempre più indigesto fritto misto di una manovra caratterizzata da misure altrettanto insensate rispetto a quelle che non si è avuto il coraggio di modificare. Misure che impongono nuove tasse e nuove coercizioni, come l’assurda battaglia contro l’uso del contante, e che contengono ulteriori elementi di terrorismo fiscale, in ossequio alla vocazione forcaiola dei grillini, soprattutto ai danni dei nuovi kulaki, cioè la grande platea dei lavoratori indipendenti di questo disgraziatissimo Paese.