La
riduzione degli stipendi entrerà a regime solo nel 2018. E anche in
futuro si guadagnerà di più a Palazzo Madama o a Montecitorio che al
Bundestag o alla Camera dei Comuni
La
riduzione degli stipendi entrerà a regime solo nel 2018. E anche in
futuro si guadagnerà di più a Palazzo Madama o a Montecitorio che al
Bundestag o alla Camera dei Comuni
Tanto rumore per poco. Sugli stipendi dei funzionari di Camera e Senato le polemiche sono state nei mesi scorsi infuocate.
In nome del principio della cosiddetta autodichia (autonomia
giuridica) non sono stati toccati dal provvedimento sul tetto ai
dipendenti pubblici. Ma le retribuzioni di Palazzo Madama e Montecitorio
sono da record mondiale: il segretario generale del Senato Elisabetta
Serafin è a 427mila euro, l'omologo della Camera Ugo Zampetti è a quota
406mila euro, i suoi due vice Guido Letta e Aurelio Speziale a 304mila, i
consiglieri parlamentari di Montecitorio (in organico ce ne sono 167)
con 30 anni di carriera possono toccare i 300mila. E anche a livelli più
bassi i numeri sono diventati quasi proverbiali delle distorsioni del
sistema di remunerazione in campo pubblico: alla Camera un centralinista
entrava in servizio con un assegno di oltre 30mila euro l'anno ma con
30 anni di anzianità poteva guadagnarne più di 120mila. Cifre
politicamente insostenibili in tempi di crisi. Così i vertici hanno
provato a darci un taglio. Il braccio di ferro, accompagnato dalle
sdegnate proteste delle numerose sigle sindacali, ha portato a un
compromesso che in realtà annacqua abbondantemente le richieste iniziali
di moderazione salariale. I tagli saranno il più possibili indolori ed
entreranno a regime solo nel 2018. Ma soprattutto: anche con il nuovo
corso ai piani alti di Montecitorio si guadagnerà molto ma molto di più
di quanto si incassa negli altri Parlamenti dei Paesi più avanzati.
Il principio di base della riduzione concordata è semplice: anche per
i dipendenti del Parlamento viene fissato un tetto a quota 240mila
euro. Da qui in poi però il percorso si fa complicato. Prendiamo
l'esempio della Camera: dal conteggio sono esclusi gli oneri
previdenziali (fino a 50mila euro). Non contano nemmeno le indennità di
funzione (fino a 15mila lorde). Non vale nemmeno un premio di
produttività fissato al 10% dello stipendio che verrà erogato a partire
dal 2016. Per averne diritto bisogna essere stati presenti l'80% dei
giorni di lavoro e avere fatto almeno 100 ore di straordinario l'anno.
Di qui al 2018 è prevista un'entrata in vigore graduale con un sistema
di scaglioni e aliquote crescenti. «Il risultato - sostiene il deputato
grillino Riccardo Fraccaro, componente dell'ufficio di presidenza della
Camera - è quello di dare il tempo ai funzionari con gli stipendi più
alti di raggiungere l'età della pensione mantenendo un assegno ai
massimi livelli».
Alla fine, prudentemente, si può valutare che i burocrati top vicino
alla presidente Laura Boldrini porteranno a casa 300mila euro e più. Un
sacrificio? Tutto dipende dai punti di vista. In Gran Bretagna, patria
del parlamentarismo, il numero uno della Camera dei Comuni, costretto a
vivere in una Londra il cui costo della vita è ben più alto di quello
italiano, guadagna 274mila euro l'anno. Il suo collega berlinese, numero
uno del Bundestag, equiparato a un Segretario di Stato, si accontenta
di 220mila euro circa. In fondo alla classifica il più alto funzionario
del Senato americano: 140mila euro. Lui sì farebbe carte false per avere
diritto a uno stipendio italiano.
Angelo Allegri 01 dicembre 2014
fonte: http://www.ilgiornale.it
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