Riportiamo il discorso integrale del pm Nino Di Matteo intervenuto a “Una notte per la Costituzione”, evento organizzato dal Comitato “Liberi cittadini per la Costituzione” a
Palermo. Il magistrato dopo aver sottolineato l’importanza di difendere
la Costituzione e richiedere la sua reale attuazione invece che
modifica è entrato nel vivo della riforma sulla quale ogni cittadino è
chiamato a votare nel Referendum del 4 dicembre. Una riforma che, ha chiaramente sottolineato il pm, ha come reale obiettivo, quello voluto dallo stesso Licio Gelli nel Piano di rinascita democratica della P2 e da successivi governi: “favorire il potere esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario” trasformando così la Democrazia in una “sorta
di dittatura dolce fondata non sulla sovranità popolare ma sul potere
oligarchico che obbedisce solo alle leggi della finanza e della economia
internazionale”.
Ecco l' intervento del pm Nino Di Matteo
Devo
dire che sono Stato subito contento di accettare l’invito a partecipare
a questa serata, un invito che mi è stato formulato da uno studente di
giurisprudenza ad alcune associazioni universitarie. Ho subito
considerato bello e importante poter partecipare ad un dibattito sulla
Costituzione e quindi anche sul referendum costituzionale del quattro
dicembre. Io credo che stasera dovevamo essere di più, non per i
relatori ma per l’importanza dell’argomento. Comunque è importante che
ne parliamo. Quella che ci attende non è una consultazione elettorale
come le altre, questa più che mai non ci si può permettere che prevalga
l’astensionismo o le decisioni improntate all’appartenenza politica o
alla simpatia per un partito o per una fazione politica.
Qui è in ballo qualcosa di molto più importante: si decide sulla nostra
Carta fondamentale! Si decide su una riforma che ne modifica
quarantasette articoli e che incide profondamente sugli assetti
fondamentali della nostra Democrazia. Questa è la mia opinione, la mia
sensazione e il mio sentimento: se ancora conserviamo l’aspirazione,
nonostante tutto, ad essere cittadini e non sudditi, se ancora
conserviamo la dignità di essere cittadini e non servi inconsapevoli di
un potere che non ci appartiene e non ci rappresenta, non possiamo
restare indifferenti. Abbiamo verso noi stessi e verso i nostri giovani,
per la nostra dignità personale l’obbligo di reagire alla indifferenza
all’apatia alla rassegnazione all’opportunismo, al sistematico
nascondiménto dei fatti, alla superficialità che stanno dilagando fino a
trasformare il nostro in un Paese senza memoria senza speranza e quindi
senza futuro. Per questo sono d’accordo con l’onorevole Sarti con tutti
quelli che mi hanno preceduto: dobbiamo informarci ! Dobbiamo
riflettere, guardarci indietro nella storia di questo Paese. Dobbiamo
abbandonare i facili slogan e saper volare alto e capire che al di là
delle singole norme di modifica della Costituzione, il significato
complessivo della riforma è importantissimo. Dobbiamo capire le gravi
conseguenze che deriverebbero dalla sua approvazione, sul delicato
equilibrio di ogni vera democrazia, quell’equilibrio che è fondato sulla
separazione e sull’effettivo bilanciamento dei tre fondamentali poteri
dello Stato: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere
giudiziario. Voliamo alto per capire è orientarci in questa scelta in
vista della consultazione del quattro dicembre. Io ho sempre pensato e
in questi venticinque anni di mia carriera in magistratura ho vissuto
sempre più intensamente che l’esigenza fondamentale del Paese è quella
di arrivare ad una applicazione effettiva dei principi costituzionali.
Sono sempre più convinto che il vero grande necessario cambiamento, la
vera grande rivoluzione sarebbe quella di lottare tutti uniti coesi non
per cambiare ma per applicare effettivamente la Costituzione.
Ricordiamoci e riflettiamo su quanto nei fatti vengano costantemente
violati i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale.
Anziché moltiplicare proclami, annunci e slogan leggiamola la
Costituzione. Ricordiamoci per esempio del diritto al lavoro che è anche
‘diritto ad una retribuzione che consente ai lavoratori e alle loro
famiglie un’esistenza libera e dignitosa’ leggo dall’articolo della
Costituzione.
Ricordiamoci prima che scompaia la residua sanità pubblica che la
Repubblica, articolo trentadue, ‘tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività’. Riflettiamo
prima di smontare la scuola pubblica che, articolo trentaquattro la
Costituzione, ‘le scuole statali per tutti gli ordini e gradi vengono
prima delle scuole private che possono operare liberamente ma senza
oneri per lo Stato’. Prima di cambiarla la Costituzione vediamo se è
applicata. Ricordiamoci, prima di intraprendere azioni belliche anche se
travestiti da operazioni di pace, che l’Italia ripudia la guerra,
articolo undici, e che lo stato di guerra può essere deliberato non dal
Governo ma dalle Camere. Ricordiamoci che, di fronte al più sfrenato
egoismo proprietario, la proprietà privata trova il suo limite nella
funzione sociale, articolo quarantadue, che l’iniziativa economica
privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale.Ricordiamoci, lo hanno ricordato chi è intervenuti prima di me,
che la sovranità appartiene al popolo, articolo uno, cioè a tutti noi.
Dobbiamo applicarla la Costituzione dobbiamo lottare ciascuno nel
proprio ambito.
Per un’attuazione vera concreta sostanziale del principio di eguaglianza
sancito dall’articolo tre della Costituzione non possiamo più
accettare, per esempio, che la giustizia funzioni a due velocità: sia
rigorosa e certe volte spietata con i deboli e sia invece ancora troppo
timida e con le armi spuntate nei confronti della criminalità dei
potenti. Dobbiamo lottare per l’applicazione dei princìpi della Carta
costituzionale! Per l’indipendenza della magistratura, patrimonio e
garanzia dei cittadini, soprattutto dei più deboli, non privilegio della
casta. Dobbiamo lottare tutti quanti per preservare l’indipendenza
della magistratura dai pericoli esterni. Dagli attacchi esterni di
quella gran parte della politica che vorrebbe che il potere giudiziario
divenisse sostanzialmente servente rispetto al potere politico e al
potere esecutivo.
Dobbiamo lottare per preservare indipendenza della magistratura dei
pericoli interni. Dobbiamo lottare perché si abbandoni ogni forma di
collateralismo da parte della magistratura alla politica e ai potenti.
Dobbiamo lottare perché una volta per tutte si abbandoni, nelle scelte
giudiziarie, il criterio della opportunità, che valuta le conseguenze
dell’atto giudiziario e ci si abbandoni invece soltanto all’unico
criterio che deve ispirare l’azione del magistrato che è quello della
doverosità dell’agire. Dobbiamo impegnarci perché un altro principio
della nostra Carta costituzionale, l’obbligatorietà dell’azione penale,
venga effettivamente rispettato nei confronti di tutti perché la legge
sia uguale per tutti e perché i magistrati possano lavorare per
applicare il diritto anche quando l’applicazione del diritto comporti
delle conseguenze negative per il potere.
Dobbiamo lottare perché, sto parlando accanto a Salvatore Borsellino
fratello di uno dei tanti eroi della nostra storia costituzionale, la
Carta costituzionale venga applicata nella ricerca continua della verità
sulle stragi. Ricerca che non si limiti e non si accontenti dei
risultati, pur importanti, che sono arrivati ma che vada oltre e abbia
il coraggio di andare oltre, quello che adesso non vuole più nessuno.
Vada oltre nella ricerca anche di eventuali responsabilità esterne
rispetto alle organizzazioni criminali i cui componenti sono già stati
giustamente condannati. Il vero grande problema italiano, a mio parere, è
la forbice tra la Costituzione formale, quella scritta dopo la
Resistenza al nazifascismo e approvata nel 1948 e la Costituzione
materiale, cioé la trasformazione, il travisamento, l’elusione della
prima nella pratica politica.
Quella pratica politica che ha spaccato il Paese e che ha avuto la
gravissima colpa di contrapporre ad un’Italia che ancora crede nel
progetto di attuare gli altissimi principi di uguaglianza solidarietà e
libertà contenuti nella Costituzione, un’altra Italia fondata sulla
speculazione, sulla ricerca esasperata del potere e della sua
conservazione, sul compromesso e sull’accettazione di metodi mafiosi
clientelari e poteri criminali.
Altro che cambiare la Costituzione! Oggi chi ancora ha a cuore le sorti
del Paese dovrebbe privilegiare ad ogni interesse di parte l’interesse
superiore del partito della Costituzione di tutti coloro che a
prescindere dal loro specifico orientamento culturale e politico si
riconoscono nell’idea e nel progetto di applicare, nelle scelte
concrete, la Costituzione senza indugi e a qualunque costo.
Le falsità e le mistificazioni su questa Riforma
Reputo quasi doveroso, anche nella mia veste di magistrato, un giudizio
sulla riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare con il
referendum del quattro dicembre.
Voglio fare due premesse, che sono mie convinzioni che credo orientino tutto il giudizio successivo sul contenuto nella riforma.
La prima premessa è che questa riforma costituzionale è stata adottata
da un Parlamento eletto, o meglio di nominati piuttosto che eletti,
sulla base di una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale
illegittima. La sentenza è del quattro dicembre 2013, nove mesi dopo
l’elezione del Parlamento oggi in carica, eppure a nessuno, né al
Quirinale né ai Governi che si sono succeduti Letta e Renzi se non a
pochi nello stesso Parlamento, è venuto in mente che un Parlamento
eletto con una legge incostituzionale, a mio parere, non può avere la
legittimazione morale necessaria a modificare profondamente la
Costituzione.
Seconda
premessa: la riforma è stata ideata e ostinatamente voluta dal Governo
della Repubblica con la pressione e l’etero direzione dell’ex Presidente
della Repubblica Napolitano. Gli ultimi Governi sono stati presieduti
da chi non era stato nemmeno eletto. Allora non dimentichiamo come è
nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e come è stata approvata.
E’ stata scritta dal Governo e questo già a prescindere dal merito
costituisce un vizio molto grave perché i Governi sono espressione della
maggioranza dunque sono di parte, mentre la scrittura della legge
fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva competenza del
Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di assemblee costituenti
elette con sistema proporzionale in modo da essere il più possibile
rappresentativa delle varie componenti politiche sociali e culturali
presenti nel Paese.
C’è uno scritto di Piero Calamandrei “Come nasce la nuova Costituzione”
che è stato pubblicato nel gennaio del 1947, leggo testualmente: “Nella
preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel
campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche
preparatoria. Quando l’assemblea discuterà pubblicamente la nuova
Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del
pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole
che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione
dell’Assemblea sovrana”. 1947, poco prima dell’approvazione della nostra Carta costituzionale.
Altra
premessa: non si può scindere in nessun momento valutativo il giudizio
sulle modifiche alla Costituzione da quello sulla legge elettorale. Le
modifiche alla Costituzione riguardano principalmente le funzioni dei
due rami del Parlamento. La legge elettorale riguarda ovviamente la
procedura di nomina e quindi la composizione nel Parlamento. La nuova
legge elettorale, lo ricordava l’onorevole Sarti, ripropone le stesse
caratteristiche, gli stessi vizi di quella dichiarata incostituzionale
con la sentenza del dicembre 2013 che lede gravemente il principio di
rappresentatività sacrificato sull’altare della stabilità dei Governi.
La sentenza della Corte sul cosiddetto “Porcellum” censurava
pesantemente, leggo testualmente, “un
meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza manifestamente
irragionevole” e “una disciplina che priva l’elettore di ogni margine di
scelta dei propri rappresentanti”. I due vizi che sono indicati perfettamente in questa sentenza della Corte costituzionale ricompaiono nell’“Italicum”.
Basta ricordare che in esito al ballottaggio previsto dall’Italicum è
ben possibile che una lista che abbia ottenuto anche semplicemente il
21% dei voti conquisti il 54% dei seggi.
E basta sottolineare il dato che più del 60% dei deputati sarebbero
nominati dai partiti e non scelti dagli elettori. Se si tiene conto del
forte astensionismo delle ultime tornate elettorali ci si rende conto
che un gruppo politico, che rappresenta una minoranza anche piuttosto
esigua di cittadini, con questo sistema elettorale può mettersi in mano
il Paese, eleggere il Presidente della Repubblica e i componenti laici
del Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte
costituzionale senz’altro sempre attraverso questo meccanismo.
Io credo che ognuno possa avere qualsiasi idea, che è cosa legittima ma
non possiamo sopportare le bugie e le mistificazioni continuamente
abilmente amanite a sostegno della riforma. Sono costretto a ripetere
alcune considerazioni già svolte. La riforma non abolisce il Senato e
non abolisce il bicameralismo lo rende solo tremendamente più confuso.
Il Senato continua ad esistere sarà composto da novantacinque senatori
rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che
possono essere nominati dal presidente la Repubblica. Il meccanismo che
si viene a creare è di confusione istituzionale totale!
Sulla designazione dei senatori, sull’impiego part-time di sindaci e
consiglieri regionali che, non si capisce quando fino a quando
potrebbero fare i Sindaci o i consiglieri regionali e quando i senatori,
sul continuo avvicendamento, nel nostro sistema non tutti i Sindaci con
tutti i Consiglieri regionali vengono eletti nello stesso momento o
nello stesso anno, avremmo in Senato un continuo avvicendamento di
senatori che magari sono stati sindaci fino a quel momento e poi devono
cedere lo scranno da senatore all’altro sindaco che nel frattempo viene
eletto. Una confusione totale. L’unica certezza è l’acquisizione per
molti sindaci e consiglieri regionali di spazi di immunità penale. Senza
ovviamente generalizzare e demonizzare le categorie dobbiamo però
vederlo in una situazione come quella italiana, dove c’è una percentuale
alta di politici e amministratori, nei Consigli regionali e nelle
Amministrazioni comunali, che hanno problemi con la giustizia.
Quando
leggiamo che la riforma finalmente abbatte i costi della politica io
penso e mi chiedo da semplice cittadino ma perché piuttosto che
smantellare un assetto costituzionale assolutamente rodato e consolidato
non si riduceva semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati e
dei senatori senza stravolgere l’assetto costituzionale? Altra
mistificazione: nella riforma si parla tanto di semplificazione, mi
consentirete di perdere cinque minuti di tempo per dimostrarvi
attraverso una semplice lettura quanto la semplificazione sia uno slogan
assolutamente falso. L’iter di formazione delle leggi non è per niente
semplificato semmai la riforma lo complica e crea le condizioni per un
clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.
Articolo 70 nella formulazione attuale della Costituzione vigente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Nella Costituzione vigente nove parola. Nell’articolo 70 del progetto di riforma Renzi-Boschi quelle nuove parole diventano 434. Scusate ma io penso che lo dobbiamo leggere: “La
funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per
le leggi di revisione della Costituzione alle altre leggi costituzionali
e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali
concernenti la tutela delle minoranze linguistiche referendum popolari
le altre forme di consultazione di cui all’articolo settantuno per le
leggi che determinano l’ordinamento la legislazione elettorale gli
organi di governo le funzioni fondamentali dei Comuni delle Città
metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei
Comuni per la legge che stabilisce le norme generali e le forme i
termini della partecipazione dell’Italia e la formazione all’attuazione
della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che
determini casi di ineleggibilità ed incompatibilità con l’ufficio di
senatori di cui all’articolo sessantacinque primo comma e per leggi di
cui articolo cinquantasette sesto comma ottanta secondo periodo
centoquattordici terzo comma centosedici terzo comma centodiciassette
quinto il nono comma, centodiciannove sesto comma centoventi secondo
comma centoventidue primo comma centotrentadue secondo comma.
Le stesse leggi ciascuna come
oggetto proprio possono essere abrogate o modificate o derogate solo in
forma espresse e da leggi approvati a norma del presente comma…”. Scusate
ancora non sono nemmeno a metà e comunque la lettura per chi ci
riuscirà vi prego di completarla voi perché altrimenti tutto il tempo a
mia disposizione va avanti sulla lettura di questo articolo 70. Io credo
che da semplice laureato in giurisprudenza si debba dire che non c’è
nessuna semplificazione anzi c’è una moltiplicazione dei processi
legislativi c’è un clamoroso intricarsi delle procedure e dietro
l’angolo c’è la paralisi del Parlamento per favorire la supremazia del
Governo e il suo potere.
La nuova normativa che poi riguarda il tema fondamentale della
formazione delle leggi dello Stato è prolissa e tortuosa sembra fatta
apposta per confondere le idee per tenere i cittadini lontani dalla
Costituzione.
Per consegnare la Democrazia, per legarla mani e piedi, in mano agli
uscieri del palazzo, ai professionisti del cavillo e ai professionisti
della politica nel senso deteriore del termine.
Un attacco iniziato molto prima del Governo Renzi, da Gelli in poi
Ma il giudizio su questa riforma deve anche prescindere dalle singole
norme, si deve formulare con una visione di insieme di contesto più alta
rispetto alla mera e parcellizzata analisi delle singole modifiche
costituzionali. Questo giudizio deve anche tenere conto di una seria
analisi storica di quanto accaduto in Italia negli ultimi quarant’anni.
Questa riforma crea uno spostamento grave dell’equilibrio tra i poteri
in funzione del rafforzamento dell’esecutivo e dello svilimento del
potere legislativo. Ma d’altra parte basta leggere la relazione che
accompagna il disegno di legge di riforma costituzionale per capire
quali sono gli scopi della riforma costituzionale. Vi si legge, nella relazione
che accompagna il disegno di legge, che “la revisione della parte
seconda della Costituzione non può più attendere per il necessario
processo di adattamento dell’ordinamento interno alle nuove sfide – Segue una lista dei problemi a cui secondo il Governo la riforma rimedierà –
1- L’esigenza di adeguare
l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica
europea e alle relative stringenti regole di bilancio. governance europea ed esigenze di bilancio
2- Le sfide derivanti dalla internazionalizzazione dell’economia dal mutato contesto della competizione globale
3- L’elevata conflittualità tra i
diversi livelli di governo dovuta alle spinte verso una compiuta
attuazione della riforma del Titolo quinto della Costituzione
4- La cronica debolezza degli
esecutivi nell’attuazione del programma di governo la lentezza e la
farraginosità dei procedimenti legislativi ricorso eccessivo alla
decretazione d’urgenza eccetera..”
Cosa di evince dalla relazione che accompagna il disegno di legge?
Che è urgente e rendere più forte il Governo per adeguarsi alla
austerità imposta dall’Unione europea e alle regole di mercato
dell’economia globale e per imbrigliare regioni comuni con le rinnovate
esigenze di un governo unitario.
Io credo che, se questi sono gli scopi e questa è la direttrice di fondo
di tutta la riforma, non possiamo dimenticare che nell’iter di
formazione di questa riforma, accanto parallelamente al percorso
istituzionale se ne svolgeva un altro a mio parere molto più incisivo e
decisivo che si è mosso fuori dalle istituzioni della Repubblica ed è
iniziato prima della proposta Boschi e probabilmente l’ha ispirata se
non determinata.
A cosa mi riferisco? “Dopo le due
lettere dall’Europa dalla BCE e dal commissario per l’economia
dell’Unione europea del 2011 dopo le dimissioni di Berlusconi e la
nascita del Governo Monti, la tappa più significativa è il documento
dedicato, (si intitola così) “Alla narrazione su come gestire la crisi”
da una grande compagnia di gestione degli investimenti che amministra
1800 miliardi di dollari” JP Morgan.
Per capire da che pulpito viene questa predica dobbiamo ricordarci che
nel novembre 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una
gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di
avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati.
Cosa si legge in quelle documento? Venne pubblicato il 28 maggio 2013,
l’ho trovato facilmente in rete, quel documento accusa le costituzioni
dei paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del
fascismo di essere “un ostacolo al
processo di integrazione economica e anzi causa della crisi in quanto
risentono di una forte influenza socialista”. Al tempo stesso però il documento dichiara che “in
uno dei Paesi della periferia meridionale, cioé saremmo noi l’Italia,
il nuovo Governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme
politiche”. Sarà poi il Governo Renzi a condurre disciplinatamente
in porto le riforme mettendo mano alla Costituzione su due dei punti
essenziali suggeriti da JP Morgan. “Governi deboli rispetto i Parlamenti – di questo si lamentava il grande colosso bancario e finanziario – e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni”.
Mi pare che la riforma costituzionale, sarà forse un caso, risponda a
queste due indicazioni date nel documento che vi ho letto. Non vorrei
che si realizzasse quello che Leonardo Sciascia diceva nel 1978 quando
parlava del Parlamento in quel momento in carica. “Il potere è altrove” scriveva
Leonardo Sciascia – deplorando un Parlamento di anime morte che non
hanno mai avuto un pensiero proprio. Io credo che la linea fondante
della riforma affonda le radici in un’idea di Stato che si avvicina
molto ad una sorta di dittatura dolce fondata non su una Democrazia,
sulla partecipazione del popolo e sulla sovranità del popolo ma su un
potere oligarchico che obbedisce esclusivamente alle leggi e gli
interessi dell’economia e della finanza internazionale.
E questa idea di Stato, cerchiamo di volare alto e di guardarci attorno e
indietro, per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano
di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli.
Ricordava Aaron Pettinari la celebre intervista di Gelli da Maurizio
Costanzo il 5 ottobre 1980 pubblicato sul Corriere della Sera “Quando
fossi eletto il mio primo atto sarebbe una completa revisione della
Costituzione era un ambito perfetto quando fu indossato per la prima
volta par la nostra Repubblica ma oggi è un ambito lusso e sfibrato e la
Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non
rischiare di romperlo definitivamente. E’ il parto dell’Assemblea
Costituente avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita
della nostra nazione ma che oggi a cose assestate risulta inefficiente e
inadeguato”.
Sono passati quasi quarant’anni, questo per dirvi che l’attacco alla
Costituzione comincia molto prima del Governo Renzi. Dopo Licio Gelli
analoghi progetti sostanzialmente volti a favorire sempre l’esecutivo a
scapito del legislativo e del giudiziario via via sono stati portati
avanti con fortune alterne mai portati a termine, da Cossiga, dal
Governo Craxi e ultimamente da un Governo Berlusconi con una reazione
che in quel caso fece gridare a tutti che dovevamo difendere la
Costituzione più bella del mondo, riguardò anche coloro i quali oggi
invece sono schierati per stravolgere la nostra Costituzione.
Da Gelli ad oggi ci sono quarant’anni di tentativi per ribaltare gli assetti fondamentali della nostra Carta costituzionale.
La posta in gioco è la realizzazione definitiva di un progetto che viene
da molto lontano e che lega quarant’anni di costante assedio alla
Costituzione. L’obiettivo di questo referendum non può essere la
permanenza o meno di Renzi al Governo ma l’obiettivo è ben altro, è la
definitiva decostituzionalizzazione a scapito della partecipazione dello
Stato dei cittadini che servono come sudditi impotenti e perciò apatici
da governare.
Non possiamo permetterci il nome della parola d’ordine governabilità che
il bastone del comando venga attribuito ad un solo uomo al potere più
facilmente manovrabile in dispregio del fondamentale principio della
separazione dei poteri.
Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi
Mi avvio alla conclusione, non ho avuto nessun dubbio ad accettare la
proposta che mi è stata fatta da Simone Cappellani, sono un magistrato
ma ci sono dei momenti e degli argomenti in cui è per i quali il
magistrato non ha soltanto il diritto ma io ritengo perfino il dovere di
intervenire e di esporsi personalmente. Io come magistrato ho giurato
fedeltà alla Costituzione non ai Governi! Ho giurato fedeltà alla
Costituzione non ad altre Istituzioni politiche né tanto meno alle
persone che rivestono incarichi istituzionali. Ho giurato fedeltà alla
Costituzione e non riesco a dimenticare che per quella Costituzione, per
quei principi che afferma, tante persone, tanti miei colleghi, tanti
servitori dello Stato, tanti semplici cittadini hanno offerto la loro
vita!
Se dovessi oggi rivolgermi ai miei figli per spiegare lo spirito più
autentico della Costituzione non troverei di meglio che citare le parole
di Piero Calamandrei, nel famoso discorso ai giovani sulla Costituzione
del 26 gennaio 1955: “Se voi volete
andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione
andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove
furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto
un italiano per rispettare la libertà e la dignità andate lì o giovani
col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione e anche per questo
che la dobbiamo difendere”.
TP24.it Antimafia - 25 ottobre 2016
fonte: http://www.tp24.it