L’elezione di Donald Trump è certamente peculiare; deve molto alla cultura politica statunitense, ma contiene elementi che possono essere generalizzati nei Paesi sviluppati europei, perché si trovano ad affrontare i mali della “globalizzazione”. Dopo discussioni con politologi e sociologi statunitensi, il cui lavoro sarà pubblicato nelle prossime settimane, possiamo riassumere questi elementi generalizzati.
I. Rilevanza delle “aree periferiche”.
Il problema è noto e descritto nel lavoro di Christophe Guilly [1]. Ma si trova anche nelle mappe sui risultati del voto. In effetti, la carta più diffusa è quella sul voto nei singoli Stati.
Il problema è noto e descritto nel lavoro di Christophe Guilly [1]. Ma si trova anche nelle mappe sui risultati del voto. In effetti, la carta più diffusa è quella sul voto nei singoli Stati.
Ma se guardiamo la mappa dei risultati
nelle “contee” (equivalenti alle provincie), si osserva un netto
contrasto tra grandi città “globalizzate” e resto del Paese.
E’
questa opposizione che appare rilevante nel voto per Trump.
E’
questa opposizione che appare rilevante nel voto per Trump.
II. L’importanza del “voto” a Sanders sul risultato finale.
Un altro problema è il voto degli elettori democratici che hanno sostenuto Bernie Sanders fino alla primarie democratiche, e che furono esclusi dai brogli, va detto il nome, di Hillary Clinton. Sono in corso studi sulle “contee” in cui il voto alle primarie democratiche era prevalentemente pro-Sanders. Essi mostrano che alcuni potenziali elettori di Bernie Sanders non hanno votato l’8 novembre (dal 25% al 40% a seconda della località) e un’altra parte ha preferito votare Trump (12-18% nelle contee in cui la popolarità di Sanders era più forte). Questi casi sono in linea coi risultati nazionali che dimostrano che il 9% degli elettori ‘democratici’ (che votarono alle primarie per un democratico o nel 2012 per Barack Obama, o erano registrati come “democratici”) ha votato per Trump mentre solo il 7% dei “repubblicani” ha votato per Clinton. Questi elementi consentono di confermare l’elevato astensionismo nelle elezioni del 2016, e vi danno anche un senso. Questa astensione era in parte politica, una scelta deliberata degli elettori che hanno corso il rischio di vedere eleggere Trump poiché non potevano sostenere la candidata dell’oligarchia.
Un altro problema è il voto degli elettori democratici che hanno sostenuto Bernie Sanders fino alla primarie democratiche, e che furono esclusi dai brogli, va detto il nome, di Hillary Clinton. Sono in corso studi sulle “contee” in cui il voto alle primarie democratiche era prevalentemente pro-Sanders. Essi mostrano che alcuni potenziali elettori di Bernie Sanders non hanno votato l’8 novembre (dal 25% al 40% a seconda della località) e un’altra parte ha preferito votare Trump (12-18% nelle contee in cui la popolarità di Sanders era più forte). Questi casi sono in linea coi risultati nazionali che dimostrano che il 9% degli elettori ‘democratici’ (che votarono alle primarie per un democratico o nel 2012 per Barack Obama, o erano registrati come “democratici”) ha votato per Trump mentre solo il 7% dei “repubblicani” ha votato per Clinton. Questi elementi consentono di confermare l’elevato astensionismo nelle elezioni del 2016, e vi danno anche un senso. Questa astensione era in parte politica, una scelta deliberata degli elettori che hanno corso il rischio di vedere eleggere Trump poiché non potevano sostenere la candidata dell’oligarchia.
III. Una ridistribuzione delle carte politiche.
Si vede anche che il voto a Trump quale voto “bianco” razzista, non ha molto a che fare con la realtà. Ma vi è un risultato importante che può essere generalizzato. I disastri della “globalizzazione” hanno indotto una parte dell’elettorato a rispondere al ricatto dell’élite, “o noi o il caos”, scegliendo il candidato “antiélite” o “antisistema” sia passivamente (astenendosi) che attivamente (votandolo). Questo fenomeno è ancora più forte dato che il candidato “antisistema” s’è astenuto da dichiarazioni che potevano alienargli questi elettori. Nei discorsi locali, laddove Trump ha emesso i commenti più scandalosi, il fenomeno è ridotto. Laddove si concentra sugli attacchi a istituzioni e banche, il fenomeno è più importante. La coerenza del discorso del candidato “antisistema” è quindi importante per spezzare il meccanismo del rigetto, ma richiede anche un discorso non provocatorio. La reazione di Bernie Sanders all’elezione di Trump a questo punto è molto interessante. In un post sul sito del Senato degli Stati Uniti [2], si afferma:
Mercoledì 9 novembre 2016
Burlington, VT, 9 novembre. il senatore degli Stati Uniti Bernie Sanders (I-Vt) ha rilasciato la seguente dichiarazione, dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti: “Donald Trump ha sfruttato la rabbia di una classe media in declino, stanca della dirigenza economica, politica e mediatica. La gente è stanca di lavorare più ore per salari più bassi, di vedere i lavori meglio retribuiti andare in Cina e altri Paesi dal basso salario, i miliardari non pagare le tasse federali sul reddito, stanca di non permettersi il college per i figli, mentre i ricchi diventano ancor più ricchi. Laddove Trump persegua seriamente politiche che migliorino la vita delle famiglie lavoratrici di questo Paese, io e altri progressisti siamo disposti a collaborare. Se perseguisse politiche razziste, sessiste, xenofobe e anti-ambientali, ci opporremo con forza”. Questo messaggio non nega solo le importanti differenze di posizione, ma spiega anche che “laddove Trump sia serio sulle politiche per le famiglie dei lavoratori“, i progressisti statunitensi sono disposti a collaborare.
[1]
Guilly C., La Francia periferica: come le classi sono state sacrificate, Parigi, Flammarion 2014
[2] Sanders
Traduzione di Alessandro LattanzioSi vede anche che il voto a Trump quale voto “bianco” razzista, non ha molto a che fare con la realtà. Ma vi è un risultato importante che può essere generalizzato. I disastri della “globalizzazione” hanno indotto una parte dell’elettorato a rispondere al ricatto dell’élite, “o noi o il caos”, scegliendo il candidato “antiélite” o “antisistema” sia passivamente (astenendosi) che attivamente (votandolo). Questo fenomeno è ancora più forte dato che il candidato “antisistema” s’è astenuto da dichiarazioni che potevano alienargli questi elettori. Nei discorsi locali, laddove Trump ha emesso i commenti più scandalosi, il fenomeno è ridotto. Laddove si concentra sugli attacchi a istituzioni e banche, il fenomeno è più importante. La coerenza del discorso del candidato “antisistema” è quindi importante per spezzare il meccanismo del rigetto, ma richiede anche un discorso non provocatorio. La reazione di Bernie Sanders all’elezione di Trump a questo punto è molto interessante. In un post sul sito del Senato degli Stati Uniti [2], si afferma:
Mercoledì 9 novembre 2016
Burlington, VT, 9 novembre. il senatore degli Stati Uniti Bernie Sanders (I-Vt) ha rilasciato la seguente dichiarazione, dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti: “Donald Trump ha sfruttato la rabbia di una classe media in declino, stanca della dirigenza economica, politica e mediatica. La gente è stanca di lavorare più ore per salari più bassi, di vedere i lavori meglio retribuiti andare in Cina e altri Paesi dal basso salario, i miliardari non pagare le tasse federali sul reddito, stanca di non permettersi il college per i figli, mentre i ricchi diventano ancor più ricchi. Laddove Trump persegua seriamente politiche che migliorino la vita delle famiglie lavoratrici di questo Paese, io e altri progressisti siamo disposti a collaborare. Se perseguisse politiche razziste, sessiste, xenofobe e anti-ambientali, ci opporremo con forza”. Questo messaggio non nega solo le importanti differenze di posizione, ma spiega anche che “laddove Trump sia serio sulle politiche per le famiglie dei lavoratori“, i progressisti statunitensi sono disposti a collaborare.
[1]
Guilly C., La Francia periferica: come le classi sono state sacrificate, Parigi, Flammarion 2014
[2] Sanders
di Jacques Sapir - 10 novembre 2016
fonte: https://aurorasito.wordpress.com/