L’India ha gettato la maschera, a ulteriore dimostrazione di quanto
rispetto nutra per l’Italia: Salvatore Girone non è potuto tornare in
Italia per trascorrere le vacanze di Natale in famiglia perché
costituisce la garanzia per il ritorno in India di Massimiliano Latorre.
A una settimana dalla scadenza del permesso concesso al fuciliere di
Marina per riprendersi dall’ischemia che lo ha colpito l’estate scorsa e
pochi giorni prima dall’operazione cardiaca effettuata il 5 gennaio in
un ospedale milanese, è arrivato un “avvertimento” dal Ministero degli
Interni indiano che di fatto trasforma Salvatore Girone in un
“ostaggio”.
Un
monito che non sorprende, considerato l’atteggiamento di chiusura
assunto dal Ministero indiano sin dalle prime richieste dei due marò, ma
che contrasta con la supposta apertura da parte del governo di Narendra
Modi di quel “canale di confronto” con l’esecutivo Renzi di cui parla
soprattutto il nostro premier sottolineando che “l’India è un paese
amico dell’Italia”.
“Il ministero dell’Interno aveva messo nero su bianco che l’istanza
dello scorso dicembre presentata da Girone per una licenza natalizia in
Italia dovesse essere fortemente criticata nell’udienza della Corte
Suprema argomentando che la presenza di Girone in India era l’unica
garanzia per il ritorno di Latorre” ha rivelato una fonte del governo al
quotidiano The Economic Times.
Le
affermazioni del funzionario indiano sgombrano definitivamente il campo
dagli equivoci nati dal tentativo di Renzi di risolvere
“amichevolmente” la vicenda dei due fucilieri di Marina con un accordo
tra i due governi.
Considerato che il ministero e il ministro degli interni indiano
sono parte rilevante del governo come si può continuare a parlare di
amicizia con chi considera il nostro militare rimasto in India un
“ostaggio”?
Il servilismo del governo italiano nei confronti di Delhi si rivela
quindi del tutto inutile mentre appare chiaro ancora una volta quanto la
magistratura indiana sia succube del governo.
Una sudditanza già più volte emersa nei quasi tre anni di vicenda dei
marò ma che alcuni osservatori si ostinano a non voler vedere (forse
per tenere a galla la credibilità dell’esecutivo Renzi) riferendo di
una immaginaria “indipendenza” della Corte Suprema dal governo indiano.
Infatti
il 16 dicembre la Corte Suprema (quella “indipendente” dal potere
politico) ha respinto seccamente le richieste dei legali dei fucilieri
italiani.
Secondo la stessa fonte, il Ministero degli Interni aveva espresso
forti perplessità all’autorizzazione di un permesso a Massimiliano
Latorre per curarsi in Italia in base al fatto che in India erano
disponibili i migliori trattamenti per l’ischemia e che se le condizioni
di Latorre erano così gravi non sarebbe stato possibile farlo viaggiare
in aereo.
Obiezioni però respinte dalla corte Suprema che concesse la
convalescenza in Italia a Latorre illudendo Roma che ci fosse una prima
apertura di Delhi a una soluzione politica della vicenda.
Come è stato reso noto dai media indiani l’Italia, come sempre in
ginocchio, ha proposto scuse ufficiali, risarcimento (ulteriore) alle
famiglie dei pescatori uccisi e processo in Italia per i due marò ma
dieci giorni or sono il governo indiano ha precisato che il caso “non è
solo una discussione fra due governi ma un tema all’esame della
magistratura indiana che è libera, trasparente e imparziale”.
Affermazione
comica che si traduce in un ennesimo schiaffo all’Italia, ma non
l’ultimo. Ora che il Ministero degli Interni di Delhi ha ufficializzato
lo status di “ostaggio” di Girone il governo italiano potrà continuare a
supplicare Nuova Delhi? Pare proprio di si. Infatti a due settimane
dal richiamo per consultazioni l’ambasciatore italiano Daniele Mancini è
stato rimandato a Nuova Delhi forse per dimostrare la nostra amicizia.
Del resto se il governo indiano ci prende a pesci in faccia
l’opposizione del Partito del Congresso (che ha governato l’India fino a
sei mesi or sono) non è certo da meno. Rashid Alvi, portavoce del
partito sostiene che India e Italia potrebbero arrivare allo scontro
diplomatico qualora Massimiliano Latorre non tornasse in India. Leader e
parlamentari del Partito del Congresso pretendono dal governo la “linea
dura” con l’Italia in modo che il processo ai due militari cominci
immediatamente e senza ulteriori rinvii.
“Il
governo deve agire contro l’Italia: dovrebbe mettergli pressione per il
ritorno in India di Latorre in modo che i due possano presto andare a
processo” ha detto Alvi dimenticando che il suo partito ha gestito per
due anni la crisi con roma senza combinare nulla sul piano politico e
giudiziario.
D’altra parte prendere a calci la prona Italia pare ormai una moda
generalizzata: ieri a New York il portavoce del Segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-moon, ha ripetuto che il Palazzo di Vetro non vuole
entrare nella diatriba tra Italia e India sui due marò.
Lo ha ripetuto Stephane Dujarric nel corso di un briefing sollecitato
da un giornalista che gli chiedeva se Ban avesse preso qualche
iniziativa recente sulla questione o se la considerasse ancora un tema
bilaterale tra i due Paesi.
“Non ho nulla da aggiungere a quello che (Ban) ha già detto sulla
questione”. Nonostante le pressanti richieste da parte dell’Italia, Ban
ha sempre sostenuto che la querelle va risolta bilateralmente, piuttosto
che con un coinvolgimento dell’Onu.
Del resto se il governo italiano avesse voluto davvero coinvolgere la
comunità internazionale avrebbe presentato una richiesta ufficiale di
arbitrato al tribunale del Mare di Amburgo come raccomandano da tempo i
nostri migliori giuristi. Ma così facendo avrebbe rischiato di irritare
gli “amici” indiani.
Foro: Difesa.it, ANSA, Lapresse
Vignetta: Alberto Scafella
di Gianandrea Gaiani7 gennaio 2015
FONTE: http://www.analisidifesa.it