Ci siamo: la Sicilia fra poche ore andrà alle urne per eleggere il
 governatore e il Consiglio regionale. Un dato, sin d’ora, è certo: il 
Pd non vincerà. Si tratta solo di sapere se perderà male, finendo terzo,
 o malissimo, addirittura quarto. Saranno gli esperti di politica 
siciliana a interpretare, ad urne chiuse, le dinamiche più profonde di 
questo insuccesso, che però ha anche, e forse soprattutto, una valenza 
nazionale. La maggior parte degli elettori non crede più nel Pd di Renzi
 e in una regione come la Sicilia il problema dei migranti ha contato, 
eccome se ha contato.
 Certo,
 gli elettori hanno la memoria corta – è noto – ma non cortissima. Sanno
 come il governo Gentiloni ha affrontato la questione del “servizio 
taxi” operato dalle navi delle Ong, dapprima negandolo, poi 
dissimulandolo, infine criminalizzando chi denunciava abusi e complicità
 con Organizzazioni non governative alcune delle quali chiaramente in 
combutta con gli scafisti e animate non solo da propositi umanitari 
quanto, soprattutto, da intenti politici per favorire un’irresponsabile e
 socialmente destabilizzante immigrazione di massa. Ora la verità sta 
venendo fuori, ora sappiamo chi aveva ragione.
Certo,
 gli elettori hanno la memoria corta – è noto – ma non cortissima. Sanno
 come il governo Gentiloni ha affrontato la questione del “servizio 
taxi” operato dalle navi delle Ong, dapprima negandolo, poi 
dissimulandolo, infine criminalizzando chi denunciava abusi e complicità
 con Organizzazioni non governative alcune delle quali chiaramente in 
combutta con gli scafisti e animate non solo da propositi umanitari 
quanto, soprattutto, da intenti politici per favorire un’irresponsabile e
 socialmente destabilizzante immigrazione di massa. Ora la verità sta 
venendo fuori, ora sappiamo chi aveva ragione. 
Sì, il Pd paga, elettoralmente, anche per questo. Ma anche per l’ostinazione con cui continua a proporre lo ius soli
 ovvero la concessione della cittadinanza agli stranieri che nascono in 
Italia. E come lo f: toni drammatici, scioperi della fame, più mediatici
 che di sostanza, certo ma inequivocabili nel loro significato: il Pd 
quel provvedimento lo vuole approvare e prima della fine della 
legislatura.
Diciamolo pure: complimenti per la coerenza. Salvini e il 
centrodestra apprezzano e sentitamente ringraziano. Però qualcosa non 
torna. Perché i sondaggi sono inequivocabili: un numero crescente di 
elettori, ormai maggioritario, inclusi molti di sinistra, è contrario 
allo ius soli. E al Pd e a Renzi non mancano di certo gli esperti 
elettorali in grado di spiegare che intestardirsi su un tema impopolare 
significa urtare gli elettori moderati e dunque perdere le elezioni, 
domenica in Sicilia in marzo in Italia.
Eppure Renzi, per una volta d’accordo con Gentiloni, va avanti. 
Persino un ministro competente e che quest’estate ha saputo prendere 
posizioni ferme in tema di immigrazione, come quello degli Interni 
Minniti, improvvisamente ha innescato la retromarcia.
Titoli come questi sono inequivocabili:
 E allora bisogna chiedersi cosa spinga il Pd al suicidio politico. Ci
 deve essere una ragione suprema, per cui l’approvazione di un 
provvedimento straordinariamente impopolare diventa più urgente delle 
più ovvie considerazioni di strategia elettorale. Perché anche se il 
Parlamento non lo approverà entro Natale, il Pd verrà attaccato su 
questo tema. E Salvini e la Meloni non molleranno la presa.
E allora bisogna chiedersi cosa spinga il Pd al suicidio politico. Ci
 deve essere una ragione suprema, per cui l’approvazione di un 
provvedimento straordinariamente impopolare diventa più urgente delle 
più ovvie considerazioni di strategia elettorale. Perché anche se il 
Parlamento non lo approverà entro Natale, il Pd verrà attaccato su 
questo tema. E Salvini e la Meloni non molleranno la presa.
Dunque, perché? Non ho risposte certe, solo ragionevoli dubbi, ad esempio apprendendo
 che Open Society di Soros può contare su 226 europarlamentari 
“affidabili” per promuovere i propri progetti di diffusione dei migranti
 in tutta Europa. Di questi, 14 sono italiani, quasi tutti del Pd 
(trattasi di Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, 
Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, 
Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella,
 Elena Schlein, Daniele Viotti). Più Barbara Spinelli, della lista 
Tsipras, ex indignata speciale di Repubblica. 
Attenzione: non si tratta di complottismo ma di un dettagliato documento interno della Open Society, pescato e divulgato da DcLeaks. 
Quel Soros che lo scorso maggio fu ricevuto a Palazzo Chigi da un gaudente Paolo Gentiloni. Quel Soros che da anni tesse una meticolosa ed efficace rete di contatti negli ambienti progressisti italiani. Quel Soros che ha appena deciso di donare 18 miliardi   del suo patrimonio a Open Society.
E’ un uomo potente, influente, determinato, certo coerente con le sue
 convinzioni. E non è isolato. Fa parte di un mondo che persegue 
interessi che sono umanitari nelle motivazioni ufficiali ma 
dall’innegabile valenza politica pro immigrazione, contro la sovranità 
degli Stati, di aperta ostilità alle identità nazionali, ai valori e 
alle culture tradizionali.
E allora viene da chiedersi: è a quel mondo che il Pd non può dire di no?
da: il Cuore del Mondo .. il blog di Marcello Foa - 4 novembre 2017
fonte: http://blog.ilgiornale.it 

 






