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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

04/11/17

Perché il Pd vuole suicidarsi con lo Ius Soli? Forse una ragione c’è, inconfessabile


Ci siamo: la Sicilia fra poche ore andrà alle urne per eleggere il governatore e il Consiglio regionale. Un dato, sin d’ora, è certo: il Pd non vincerà. Si tratta solo di sapere se perderà male, finendo terzo, o malissimo, addirittura quarto. Saranno gli esperti di politica siciliana a interpretare, ad urne chiuse, le dinamiche più profonde di questo insuccesso, che però ha anche, e forse soprattutto, una valenza nazionale. La maggior parte degli elettori non crede più nel Pd di Renzi e in una regione come la Sicilia il problema dei migranti ha contato, eccome se ha contato.

migrantiCerto, gli elettori hanno la memoria corta – è noto – ma non cortissima. Sanno come il governo Gentiloni ha affrontato la questione del “servizio taxi” operato dalle navi delle Ong, dapprima negandolo, poi dissimulandolo, infine criminalizzando chi denunciava abusi e complicità con Organizzazioni non governative alcune delle quali chiaramente in combutta con gli scafisti e animate non solo da propositi umanitari quanto, soprattutto, da intenti politici per favorire un’irresponsabile e socialmente destabilizzante immigrazione di massa. Ora la verità sta venendo fuori, ora sappiamo chi aveva ragione.
Sì, il Pd paga, elettoralmente, anche per questo. Ma anche per l’ostinazione con cui continua a proporre lo ius soli ovvero la concessione della cittadinanza agli stranieri che nascono in Italia. E come lo f: toni drammatici, scioperi della fame, più mediatici che di sostanza, certo ma inequivocabili nel loro significato: il Pd quel provvedimento lo vuole approvare e prima della fine della legislatura.
Diciamolo pure: complimenti per la coerenza. Salvini e il centrodestra apprezzano e sentitamente ringraziano. Però qualcosa non torna. Perché i sondaggi sono inequivocabili: un numero crescente di elettori, ormai maggioritario, inclusi molti di sinistra, è contrario allo ius soli. E al Pd e a Renzi non mancano di certo gli esperti elettorali in grado di spiegare che intestardirsi su un tema impopolare significa urtare gli elettori moderati e dunque perdere le elezioni, domenica in Sicilia in marzo in Italia.
Eppure Renzi, per una volta d’accordo con Gentiloni, va avanti. Persino un ministro competente e che quest’estate ha saputo prendere posizioni ferme in tema di immigrazione, come quello degli Interni Minniti, improvvisamente ha innescato la retromarcia.
Titoli come questi sono inequivocabili:

Schermata 2017-11-03 alle 17.23.07E allora bisogna chiedersi cosa spinga il Pd al suicidio politico. Ci deve essere una ragione suprema, per cui l’approvazione di un provvedimento straordinariamente impopolare diventa più urgente delle più ovvie considerazioni di strategia elettorale. Perché anche se il Parlamento non lo approverà entro Natale, il Pd verrà attaccato su questo tema. E Salvini e la Meloni non molleranno la presa.
Dunque, perché? Non ho risposte certe, solo ragionevoli dubbi, ad esempio apprendendo che Open Society di Soros può contare su 226 europarlamentari “affidabili” per promuovere i propri progetti di diffusione dei migranti in tutta Europa. Di questi, 14 sono italiani, quasi tutti del Pd (trattasi di Brando Maria Benifei, Sergio Cofferati, Cecilia Kyenge, Alessia Mosca, Andrea Cozzolino, Elena Gentile, Roberto Gualtieri, Isabella De Monte, Luigi Morgano, Pier Antonio Panzeri, Gianni Pittella, Elena Schlein, Daniele Viotti). Più Barbara Spinelli, della lista Tsipras, ex indignata speciale di Repubblica.
Attenzione: non si tratta di complottismo ma di un dettagliato documento interno della Open Society, pescato e divulgato da DcLeaks. 

soros gentiloni
Quel Soros che lo scorso maggio fu ricevuto a Palazzo Chigi da un gaudente Paolo Gentiloni. Quel Soros che da anni tesse una meticolosa ed efficace rete di contatti negli ambienti progressisti italiani. Quel Soros che ha appena deciso di donare 18 miliardi del suo patrimonio a Open Society.
E’ un uomo potente, influente, determinato, certo coerente con le sue convinzioni. E non è isolato. Fa parte di un mondo che persegue interessi che sono umanitari nelle motivazioni ufficiali ma dall’innegabile valenza politica pro immigrazione, contro la sovranità degli Stati, di aperta ostilità alle identità nazionali, ai valori e alle culture tradizionali.
E allora viene da chiedersi: è a quel mondo che il Pd non può dire di no?

da: il Cuore del Mondo .. il blog di Marcello Foa - 4 novembre 2017

03/11/17

Verso l'autodistruzione "La nuova storia ufficiale dell'Europa cancella il Cristianesimo e promuove l'Islam"


  • I padrini dell'Europa falsa sono stregati dalle superstizioni del progresso inevitabile. Credono che la Storia stia dalla loro parte, e questa fede li rende altezzosi e sprezzanti, incapaci di riconoscere i difetti del mondo post-nazionale e post-culturale che stanno costruendo." – La Dichiarazione di Parigi, firmata da dieci rispettabili studiosi europei.
  • La proposta del ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maizière di introdurre festività islamiche dimostra che quando si tratta di Islam, il laicismo europeo ufficiale "post-cristiano" è semplicemente latitante.
Qualche giorno fa, alcuni dei più importanti intellettuali europei – tra i quali il filosofo britannico Roger Scruton, l'ex ministro polacco dell'Istruzione Ryszard Legutko, lo studioso tedesco Robert Spaemann e il francese Rémi Brague, docente alla Sorbona – hanno firmato la "Dichiarazione di Parigi". Nel loro ambizioso manifesto, hanno respinto "la fasulla Cristianità di diritti umani universali" e "l'utopistica crociata pseudo-religiosa votata a costruire un mondo senza confini". Piuttosto, hanno invocato un'Europa basata sulle "radici cristiane", che s'ispiri alla "tradizione classica" e bocci il multiculturalismo:
"I padrini dell'Europa falsa sono stregati dalle superstizioni del progresso inevitabile. Credono che la Storia stia dalla loro parte, e questa fede li rende altezzosi e sprezzanti, incapaci di riconoscere i difetti del mondo post-nazionale e post-culturale che stanno costruendo. Per di più, ignorano quali siano le fonti vere del decoro autenticamente umano cui peraltro tengono caramente essi stessi, proprio come vi teniamo noi. Ignorano, anzi ripudiano le radici cristiane dell'Europa. Allo stesso tempo, fanno molta attenzione a non offendere i musulmani, immaginando che questi ne abbracceranno con gioia la mentalità laicista e multiculturalista".
Nel 2007, riflettendo sulla crisi culturale del continente, Papa Benedetto XVI disse che l'Europa sta "dubitando della sua stessa identità". Nel 2017, l'Europa ha fatto qualcosa in più: creare un'identità post-cristiana pro Islam. Le sedi istituzionali e i musei ufficiali dell'Unione europea in realtà stanno cancellando il Cristianesimo e accogliendo l'Islam.
Uno di questi musei ufficiali che di recente è stato aperto dal Parlamento europeo, la "Casa della storia europea", è costato 56 milioni di euro. L'idea era quella di creare una narrativa storica del Dopoguerra costruita attorno al messaggio pro-Ue di unificazione. L'edificio è un bellissimo, esempio di Art Deco a Bruxelles. Ma come ha scritto lo studioso olandese Arnold Huijgen, la casa comune europea è culturalmente "vuota":
"Sembra che la Rivoluzione francese abbia dato vita all'Europa, sembra che non ci sia nulla prima della Rivoluzione. Viene data grande importanza al Codice Napoleonico e alla filosofia di Karl Marx, mentre la schiavitù e il colonialismo sono considerati i lati più oscuri della cultura europea. (...) Ma la cosa più incredibile della Casa è che, per quanto riguarda la narrativa, è come se la religione non esistesse. Di fatto è come se non fosse mai esistita e non avesse mai influenzato la storia del continente. (...) Non si tratta più di laicismo europeo che combatte la religione cristiana, viene semplicemente ignorato ogni aspetto religioso della vita".
La burocrazia di Bruxelles ha anche cancellato le radici cattoliche della sua stessa bandiera, dodici stelle che simboleggiano gli ideali dell'unità, della solidarietà e dell'armonia tra i popoli dell'Europa. È stata disegnata dall'artista cattolico francese Arséne Heitz, che pare si sia ispirato all'iconografia della Vergine Maria. Ma nella versione ufficiale dell'Unione europea sulla bandiera non c'è traccia delle radici cristiane.
Il dipartimento monetario ed economico della Commissione europea ha persino ordinato alla Slovacchia di ridisegnare le sue monete commemorative eliminando i santi cristiani Cirillo e Metonio. Non si fa una sola menzione al Cristianesimo nella bozza abortita di 75 mila parole della Costituzione europea.


La Commissione europea ha ordinato alla Slovacchia di ridisegnare le sue monete commemorative eliminando i santi cristiani Cirillo e Metonio. (Fonti dell'immagine: Moneta – Commissione europea; Bratislavia, Slovacchia - Frettie/Wikimedia Commons)


Il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maizière, membro dell'Unione cristiano-democratica, il partito della cancelliera Angela Merkel, ha proposto di recente di introdurre le festività islamiche. "Perché non si dovrebbe pensare di introdurre una festività islamica in parti del paese dove vivono molti musulmani?", egli ha detto.
"La sottomissione sta avanzando", ha replicato Erika Steinbach, già autorevole presidente della federazione che rappresenta i tedeschi espulsi da vari paesi dell'Europa orientale durante e dopo la Seconda guerra mondiale.
Beatrix von Storch, una dei leader di Alternativa per la Germania, (AfD), ha laconicamente twittato: "No no no!"
La proposta di De Maizière dimostra che quando si tratta di Islam, il laicismo europeo ufficiale "post-cristiano" è semplicemente latitante.
Poche settimane fa, a Bruxelles è stata ospitata una mostra finanziata dall'Unione europea e intitolata "L'Islam è anche la nostra storia!". L'esposizione traccia l'impatto dell'Islam in Europa. Un comunicato ufficiale afferma quanto segue:
"La prova storica mostrata in questa esposizione – la realtà di un'antica presenza musulmana in Europa e l'interazione complessa fra due civiltà che hanno lottato l'una contro l'altra ma che si sono compenetrate a vicenda – sottende un impegno educativo e politico: aiutare gli europei musulmani e non musulmani a comprendere meglio le loro radici culturali comuni e a coltivare la loro cittadinanza condivisa".
Isabelle Benoit, una storica che ha contribuito a ideare la mostra, ha dichiarato ad AP: "Vogliamo rendere chiaro agli europei che l'Islam è parte della civiltà europea e che non è un'importazione recente, ma ha radici che risalgono a tredici secoli".
L'istituzione ufficiale europea ha voltato le spalle al Cristianesimo. L'establishment sembra essere ignaro di quanto il continente e la sua popolazione continuino a dipendere dall'orientamento morale dei suoi valori umanitari, specialmente in un momento in cui l'Islam radicale ha lanciato una sfida di civiltà all'Occidente. "È semplicemente un problema di 'pieno' e di 'vuoto'", scrive Ernesto Galli della Loggia nel quotidiano italiano Il Corriere della Sera.
"È impossibile non considerare che mentre dietro il 'pieno' si stagliano i profili di due grandi tradizioni teologico-politiche — quella dell'ortodossia russa della Terza Roma da un lato, e quella dell'Islam dall'altro — dietro il 'vuoto', invece, c'è solo la progressiva evanescenza della coscienza cristiana dell'Occidente europeo".
Ecco perché è difficile capire la "logica" alla base dell'animosità ufficiale europea nei confronti del Cristianesimo e la sua attrazione per un Islam essenzialmente totalitario. L'Europa potrebbe essere tranquillamente laicista senza essere ferocemente anti-cristiana. È più facile capire perché migliaia di polacchi hanno partecipato a una manifestazione di massa lungo i confini del loro paese per protestare contro "la laicizzazione e l'influenza dell'Islam", che è esattamente la linea dell'assurdo credo ufficiale dell'Ue.
Durante la Seconda guerra mondiale gli Alleati evitarono di bombardare Bruxelles, perché doveva essere il luogo della rinascita europea. Se l'élite europea continuerà con questo rifiuto culturale della propria cultura giudaico-cristiana e umanistica, la città potrebbe essere la sua tomba.
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.

Pur di raccattare voti ci inguaiano sempre di più




Pur di raccattare voti ci inguaiano sempre di piùCome sempre o quasi l’Unione europea ha scovato un po’ di magheggi sui conti della manovra, chiedendoci  chiarimenti su due miliardi di sforamento. La risposta del Governo è stata che, vista la crescita presunta nei prossimi anni, il problema non si pone e i due miliardi saranno coperti.
Insomma, per farla breve è come se un padre di famiglia sommerso dai debiti ne facesse ulteriori fidando negli aumenti di stipendio futuri. Una gran bella saggezza cari amici, anziché risparmiare anche in questa manovra si spende di più del consentito, tanto a sistemare le cose ci penserà il domani. Del resto siamo già in campagna elettorale, la maggioranza pur di raccattare voti è disposta a tutto, alla faccia delle prossime generazioni e dei conti del Paese.
Ma a volerla dire tutta quello che veramente sconcerta è che anziché sforare per aiutare semmai chi sta più indietro, si privilegiano gli statali. Infatti, è noto quanto nel nostro Paese questo segmento sia in generale sfruttato da turni di lavoro ossessionanti e da pesanti carichi quotidiani... È veramente incredibile, abbiamo l’apparato pubblico più colabrodo, inefficiente, inefficace, sovradimensionato e spesso nullafacente al mondo, eppure lo premiamo.
Assunzioni, aumenti, bonus, insomma una manovra di regali e premi per la macchina pubblica a riconoscimento della grande produttività e funzionalità. Tutto in barba alle classifiche, alle notizie quotidiane, all’opinione pubblica che è letteralmente esasperata dalla qualità pessima dei servizi collettivi. Del resto che volete, in campagna elettorale conta il consenso e pur di raccattarne un po’ di più, poco conta se il debito continua a salire. Al massimo inguaierà il prossimo Governo, che dovrà combattere sulla pelle della gente.
È così che in questi cinque anni ha funzionato il centrosinistra di Matteo Renzi: debito in cambio di consenso. Ecco perché al di là delle chiacchiere stiamo peggio di prima. Viviamo in un Paese dove non funziona niente, ma per mantenere un apparato statale da comunismo vero ci tolgono la pelle con tasse e cartelle. Questo è il centrosinistra, questo è il cattocomunismo che tartassa i privati per pagare i pubblici, l’assistenzialismo, il clientelismo. Tra qualche mese si vota e sarà possibile cambiare, non farlo per restare così sarà colpevolmente sbagliato.


01/11/17

La battaglia per i Marò non è finita. Prossima fermata Strasburgo




Marò luigi di stefano



Roma, 31 ott – Ieri si è tenuta la visita ufficiale in India del premier italiano Paolo Gentiloni, dopo dieci anni di assenza di Presidenti del Consiglio italiani a Nuova Delhi. Ufficialmente per riaprire la crescita dei rapporti commerciali Italia-India ma che non potrà esimersi dal cercare una soluzione alla spinosa vicenda dei due Marò italiani su cui pende una decisione della Corte Arbitrale de L’Aia. Appare quindi giustificato ritornare sull’argomento perché sulla vicenda stessa è intervenuta pesantemente l’opinione pubblica italiana, attraverso i tanti gruppi di sostegno alla causa dei due militari italiani ingiustamente accusati della morte di due pescatori indiani.
Sabato 7 ottobre si è svolta a Roma sotto la maestosa mole di Castel Sant’Angelo una riunione in rappresentanza degli attivisti sul caso Marò provenienti da tutta Italia. Il luogo è evocativo sia perché Castel Sant’Angelo fu luogo “di Giustizia” (vi si facevano le esecuzioni capitali) sia luogo di “malagiustizia” (vi fu imprigionato Galileo Galilei in attesa del famoso processo da cui fu definitivamente scagionato solo quattro secoli dopo).
La riunione è stata occasione, al di la dell’aspetto piacevole e conviviale, di fare il punto della situazione e di come agire in vista del processo che si terrà nel 2018 presso il Tribunale Arbitrale de L’Aia, che su incarico del Tribunale Internazionale su Diritto del Mare di Amburgo deve dirimere la controversia fra Italia e India su quale dei due paesi abbia il diritto a processare i due militari italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati in India di aver causato la morte di due pescatori durante un servizio di protezione sulla petroliera Enrica Lexie, servizio svolto nell’ambito di una missione europea antipirateria denominata Atalanta. Potrebbe sembrare stravagante che di fronte all’operare di prestigiose istituzioni internazionali un gruppo di privati si interroghi su “cosa fare”, ma ce ne sono tutte le ragioni e il gruppo di “privati” interpreta i sentimenti di almeno 150.000 cittadini italiani che a vario titolo e impegno sono entrati a far parte dei gruppi “prò-Marò” che sono nati in tutta Italia.
Il “cosa fare” è richiamato dalla eventualità che il Tribunale Arbitrale de L’Aia potrebbe sentenziare a fine 2018, sulla base di considerazioni giuridiche di Diritto del Mare, di assegnare all’India la celebrazione del processo contro i due (che attualmente sono in Italia proprio su disposizione de L’Aia), e questo andrà contrastato “prima” di questa eventuale sentenza in base a considerazioni oggettive che andrò ad esporre.
La vicenda nasce male a febbraio 2012 con l’incidente fra la Enrica Lexie e una imbarcazione mai identificata in acque internazionali, con la nave italiana richiamata nel porto dalle autorità del Kerala con una sorta di “inganno” avallato dalle autorità italiane, l’arresto dei due accusati, e così via. Si va avanti anni mentre le autorità e i media indiani continuano a indicare sulla “colpevolezza”, ripresa acriticamente da gran parte dei media italiani, non depositano nessuna accusa formale e lasciano secretati gli atti giudiziari anche agli avvocati difensori. Ed è quindi fin dal 2012 che si cominciano a formare i gruppi “pro-Marò” fra chi si rende conto della situazione in polemica coi “colpevolisti a prescindere” che sorvolano allegramente sulla secretazione degli atti giudiziari, l’assenza dei capi di imputazione, e le evidenze tecniche che si vanno svelando sul fatto che i due militari italiani con la morte dei due pescatori a bordo del peschereccio St. Antony proprio non c’entrano niente.
La situazione si sblocca nel 2015 quando il governo italiano a guida di Matteo Renzi (e probabilmente del suo Ministro degli Esteri e attuale PdC Paolo Gentiloni, diamo a Cesare quel che è di Cesare) rompe gli indugi e porta la controversia al Tribunale Internazionale su Diritto del Mare di Amburgo. In questa sede la parte indiana presenta uno sproloquio colpevolista e offensivo per l’Italia, scrive il suo rappresentante ufficiale Dr. Neerhu Chadha: “In many passages, Italy endeavours to elicit compassion” (in molti passaggi, l’Italia si adopera per suscitare compassione). E poi ci aggiunge che “le restrizioni alla libertà di Girone sono molto indulgenti per un individuo che, non può essere contestato, ha sparato e ucciso due pescatori disarmati”. Ma la Republic of India a supporto ci allega proprio i documenti giudiziari “secretati” per cui il sottoscritto ad agosto 2015, in omaggio al principio che tutto quello che entra in un Tribunale deve essere pubblico, chiede questi documenti ad Amburgo che giustamente li concede, e vien fuori la “Verità”. Sono gli stessi documenti giudiziari indiani a scagionare i due accusati, le autorità indiane del Kerala lo sapevano fin dal giorno successivo ai fatti dalle autopsie, ma hanno montato un caso mediatico sulla colpevolezza con falsi pescherecci portati sotto la murata della Enrica Lexie, stravaganti “perizie balistiche” che invece che dimostrare la colpevolezza dimostrano l’innocenza, le autopsie che certificano i proiettili non essere del calibro in dotazione ai due accusati, lo “ignore” sulle dichiarazioni del capopesca dove testimonia di fronte a telecamere e concittadini che la sparatoria è avvenuta alle 9:30 di sera e non alle 16:30, e così via.
E i documenti giudiziari depositati a Amburgo di lì non li toglie più nessuno. I fatti sono talmente evidenti che il 16 aprile 2016 di fronte a una commissione Ue sono bastati cinque minuti di esposizione per determinare una azione “della Ue” nei confronti dell’India. Ora siamo daccapo: il Tribunale dell’Aia tiene secretati i documenti depositati dalle due parti e non possiamo sapere se l’India ha depositato “un’altra” perizia ballistica, “un’altra” autopsia, e così via. E’ nostro diritto di opinione pubblica avere accesso a tutto. Ma la questione ormai è un’altra: in caso di sentenza a favore dell’India questa non potrà garantire sulla vicenda un “giusto processo”, troppe sono le magagne ormai dimostrate sulla montatura che le autorità del Kerala hanno messo in atto, e riprese dal governo centrale al Tribunale di Amburgo. E le leggi europee obbligano che chiunque abbia diritto a un “giusto processo (art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), che si esplica attraverso la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) con sede a Strasburgo, dove risiedono i giudici di ognuno dei 47 paesi aderenti al Consiglio d’Europa.
Quindi nella “Riunione di Castel Sant’Angelo” si è presa una doppia decisione.
– Nominare due rappresentanti, italiano e indiano, che rappresentino ai rispettivi governi di chiudere definitivamente la vicenda in nome della “Ragion di Stato”, per il superiore interesse di entrambi al mantenimento dei buoni rapporti internazionali. Non c’è ragione di alimentare una controversia con l’India con la quale l’Italia è sempre stata in pace, per giunta su una vicenda in cui le due parti sono ormai consapevoli che i due accusati sono innocenti per le accuse mosse.
Si deve chiudere totalmente e definitivamente la vicenda, senza strascichi di nessun tipo: è diritto di ogni magistratura prosciogliere in istruttoria un accusato per manifesta inconsistenza delle accuse.
– Parallelamente iniziare le procedure per presentare un ricorso al CEDU per impedire che i due accusati siano comunque riconsegnati all’India, dimostrando che questa non è in grado di garantire il giusto processo, come richiesto dalle 47 nazioni aderenti al Consiglio d’Europa.
E questo lo faremo “prima” che la Corte Arbitrale dell’Aia inizi le udienze, se nel frattempo non si abbia una soluzione in base alla Ragion di Stato. Gli esperti sono già al lavoro.
Altrimenti non potremo far altro che riprendere l’operazione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana e internazionale già fatta efficacemente a gennaio/marzo 2017 sulle Ragioni dell’Innocenza, chiedendo udienza in tutte le sedi possibili e premendo affinché i rapporti commerciali con l’India siano fermati. (http://www.italianmarines.net/)


Luigi Di Stefano - 31 ottobre 2017


31/10/17

Il libro che fa vergognare la Corte costituzionale


La storia di Antonio Morrone, ex carabiniere distaccato alla Consulta e deceduto di tumore al fegato e ai polmoni senza neanche aver ottenuto la causa della morte in servizio, nonostante le battaglie quasi epiche della propria famiglia (che costarono a suo figlio anni di discriminazione sul posto del lavoro, che era sempre la Corte costituzionale) adesso è diventata un libro. Scritto dalla nuora, Rosa Morrone. Con questo titolo:  “Sotto la linea di tiro”. Ovvero: “Quando una istituzione prende di mira il cittadino”.
Un libro che farà discutere. Anche perché la gente mai penserebbe che si può morire di cancro a 61 anni per aver lavorato dal 1976 al 1989 nella stamperia della Corte costituzionale tra inchiostri, solventi, vernici e materiali che oggi non si usano più. E il libro, oltre a narrare l’odissea ospedaliera e giudiziaria del de cuius e dei suoi familiari, ripropone la vexata quaestio dell’autodichia. Alias l’autonomia interna di alcuni organi costituzionali quali la Camera dei deputati, il Senato e la stessa Corte costituzionale, che negli anni si è trasformata in una sorta di privilegio dietro cui può ripararsi qualunque arbitrio amministrativo o peggio ancora. Dai palazzi di costruttori amici della sinistra affittati alla Camera a peso d’oro, tanto che sarebbe stato meglio comprarli direttamente, fino proprio alla storia di questo ex carabiniere deceduto perché nella stamperia della Consulta per anni si sono stampate le sentenze con inchiostri e solventi a base di benzolo, metilcloroformio, ciclopropano e fenolo. Il famigerato “Centro di fotoriproduzione” di cui tutti conoscevano la potenziale nocività ma nessuno osava parlarne fuori dalle sacre mura della Consulta. I cui segreti non dovevano varcarle. Pena ammonimenti e discriminazioni sul posto del lavoro.
Come, dopo la morte di suo padre, ne avrebbe subite a bizzeffe il figlio Walter Morrone. Un impianto di areazione si degnarono di metterlo solo nel 1995, quando Antonio Morrone era morto da ormai sei anni. Ai dipendenti, tra cui due testi dell’accusa, e colleghi del Morrone dentro quei locali, contro l’ex segretario generale della Consulta, Cesare Bronzini (colleghi che in seguito morirono anche loro per cancro e leucemia), veniva data ogni sera una bottiglia di latte per disintossicarsi dai vapori respirati durante l’orario di lavoro. Ci fu ovviamente anche un’inchiesta penale che i Pm romani condussero con molta prudenza, benché il gip Otello Lupacchini per ben due volte respinse l’istanza di archiviazione. Bronzini, che da segretario generale aveva anche la responsabilità logistica della sicurezza di tutti i locali della Consulta, compresa la stamperia, se la cavò così, con un proscioglimento disposto dal gup Roberto Mancinetti nel febbraio 2002. Motivazione assolutoria che assicurava che “nelle organizzazioni complesse non è sempre agevole individuare i destinatari degli obblighi antinfortunistici, laddove il reato addebitato avrebbe natura di reato proprio”.
Gli imputati secondo il gup, l’altro era il direttore generale pro tempore del provveditorato, Alberto Giraldi, “non ebbero la percezione del rischio cui erano esposti gli operatori del Centro stampa”.
Mancava la consapevolezza, quindi, anche se il fatto che agli impiegati di quel settore e solo a loro venisse data la famosa bottiglia di latte serale sembrava smentire questa motivazione. Morale? La storia finisce in cavalleria, gli eredi di Antonio Morrone non ottengono il riconoscimento della morte come causa di servizio e la pensione relativa, e il figlio Walter per di più subisce per anni le ritorsioni interne alla Consulta per aver osato alzare la testa. Il tutto all’ombra della famigerata autodichia. Adesso però esce questo libro edito da “Titani editori” che sicuramente non mancherà di rinnovare le polemiche che all’epoca vennero tenute molto sotto traccia. Va detto infatti che per quasi tre decenni  i presidenti della Corte costituzionale che si sono succeduti nell’incarico hanno cercato di evitare che questa storia avesse troppo risalto sui giornali. E infatti a occuparsene negli anni Novanta furono solo “La Padania” e “L’Opinione” e, molto più recentemente, “Il Fatto quotidiano”. Ora, forse, dopo l’uscita del libro della signora Rosa Morrone qualche altro giornalista prenderà il coraggio a due mani.

29/10/17

PUO' ESISTERE PROSPERITA' PER TUTTI NOI...SENZA RISPETTO DEI DIRITTI?






 Ecco alcuni termini apparentemente "astratti", fintantoché non toccano da vicino noi o qualche persona che amiamo: guerra e povertà, fame e sete, giustizia e carceri, libertà e diritti umani universali, libertà di religione e di credo... Tutti valori - questi che ho elencato - tanto più radicati tanto più è affermato lo Stato di Diritto, e ridotti al rango di "diritti solo sulla carta" tanto meno è affermato lo Stato di Diritto. E non solo in "paesi lontani", ma anche a casa nostra, nella civilissima Europa e nella civilissima Italia. Vengo subito al dunque: c'è un pessimismo diffuso, che pervade la situazione internazionale. Conflitti congelati figli dell'interesse di specifiche nazioni e ben lontani dall'interesse generale delle popolazioni che abitano il pianeta; minacce alla legalità internazionale; crisi nell’Unione Europea con #Brexit e spinte disgregative come la #Catalogna; un Medioriente insanguinato e sconvolto dalla catastrofe siriana e da uno Stato Islamico sconfitto ma purtroppo non distrutto, e tutt'oggi pericoloso per l'Occidente; una Corea del Nord e un Iran con capacità nucleari e cyber sempre più sorprendenti; sfide di portata globale come i problemi legati al clima, negati ottusamente da molti. Allora mi chiedo: c'è forse da stare sereni...? Lo stesso concetto di "democrazia liberale" pare sfaldarsi, mentre si assiste in molti paesi a un risorgente autoritarismo. "Freedom House" ha documentato nel suo ultimo Rapporto, riferito al 2016, che è stato quello l’undicesimo anno consecutivo di *declino a livello globale delle libertà*. Cito un fatto accaduto nella vicina #Russia, grande paese amico ma con evidenti spazi di miglioramento sul fronte dei diritti: appena uscito il 22 ottobre scorso di prigione, dove era stato rinchiuso per la terza volta in un anno, Alexei #Navalny si è precipitato a guidare una manifestazione di protesta, sprezzante dei rischi per la sua libertà ed evidentemente anche per la sua vita. Ha spiegato il perché con queste parole: “Potrei aspettare, potrei fare il coniglio", e ha mostrato dei grafici molto eloquenti che paragonano la crescita della Russia a quella di altri Paesi come #India, #Cina e #Uzbekistan, dicendo: “In dieci anni la nostra Russia ha fatto meno bene del resto del mondo, meno bene persino di quelli che non hanno né petrolio né gas. Se voi restate silenziosi, otterrete lo stesso risultato del Presidente dello #Zimbabwe: 37 anni al potere con una popolarità ben al 93%...ma un Paese devastato e in ritardo". Sarebbe forse irriguardoso fare paragoni fra chi pratica la dissidenza "a costo della libertà personale e a volte a costo della vita" e la lotta portata avanti in realtà almeno parzialmente libere come quelle nelle quali abbiamo la fortuna di vivere noi. Tuttavia, ho notato come si possa ravvisare un comune DNA tra quanti in zone del mondo pur diverse lottano per i medesimi valori che sosteniamo noi, del mondo #Radicale, ben espressi nei 3 intensi giorni di convention tenuta a Roma questo weekend: un evento semplicemente straordinario, forse la più bella e importante iniziativa radicale da quando Marco #Pannella se ne è andato... Ho svolto l'intervento di apertura della manifestazione, e sono intervenuto in diversi panel, nei quali abbiamo discusso con autorevoli rappresentanti delle massime istituzioni e della società civile dell'Italia, della Gran Bretagna, della Francia, del Belgio, di San Marino, della Cambogia, dell'Egitto, del Marocco, della Tunisia, dell'Algeria, degli USA, dell'Iran, dell'Etiopia, della Somalia, del Mozambico, della Repubblica Democratica del Congo, della Cina e del Tibet. Per chi fosse interessato, qui trovate un riassunto per programma http://globalcommitteefortheruleoflaw.org/…/convention-del…/ , qui https://www.youtube.com/watch?v=fcaHFl0aev8&t=4s un brevissimo video-spot in inglese del GCRL, con dichiarazioni inquietanti dei massimi leader mondiali, e qui https://www.radioradicale.it/…/convention-del-partito-radic… la registrazione audio-video di Radio Radicale di parte degli interventi. Da sempre, e negli ultimi anni più che mai, siamo stati costantemente vicini a Sam Rainsy nella lotta politica per riportare il suo paese, la Cambogia, nell’alveo dello Stato di Diritto; abbiamo svolto un’azione quotidiana per mobilitare le forze politiche e la società civile in Italia e in Europa affinché i Governi agiscano nei confronti dei responsabili dei crimini contro l’umanità perpetrati in Siria, e delle violazioni e repressioni drammatiche dei Diritti Umani in Iran; ci siamo schierati con quanti combattono contro il sovvertimento delle istituzioni democratiche in Venezuela; ci siamo battuti e continueremo a farlo per tanti casi individuali di dissidenti, perseguitati e condannati in disprezzo della Dichiarazione universale dei diritti umani; ci siamo mossi con tanti amici e organizzazioni a livello globale in sostegno di minoranze etniche, religiose, politiche, perseguitate per il solo fatto che rivendicano una loro identità; abbiamo combattuto per migliorare la situazione nelle carceri, specie per i nostri quasi 5.000 connazionali detenuti all'estero, e tra questi ho voluto ricordare con affetto e amicizia speciale #ChicoForti, che da ben 17 anni attende, da condannato all’ergastolo in Florida, una revisione equa di un frettolosissimo processo indiziario, le cui prove sono state ampiamente mostrate infondate da elementi raccolti in questi ultimi anni... OGGI E' DOMENICA, giornata per molti di giusto riposo: perché impegnarsi...? Perché combattere...? Mi torna in mente a tal proposito la frase di Jean Paul #Sartre: "Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche". Ripropongo allora, in conclusione, la domanda del titolo: *Può esistere prosperità per tutti noi senza rispetto dei diritti?* Quante volte abbiamo chiuso gli occhi e girato la testa dall'altra parte a fronte di vantaggi di breve termine, senza porci il problema del *tipo di mondo* che con le nostre azioni - o le nostre omissioni... - stiamo contribuendo a costruire, e che lasceremo ai nostri figli...? A VOI LA RISPOSTA...

Giulio Terzi - 29 ottobre 2017

fonte: https://www.facebook.com/ambasciatoregiulioterzi/

Al diavolo (è il caso di dirlo) la festa pagana di Halloween – di Giovanni Lugaresi

Con l’approssimarsi della festa pagana di Halloween, riproponiamo ai nostri lettori questo articolo di Giovanni Lugaresi, già pubblicato il 31 ottobre 2014 su Riscossa Cristiana. L’Autore ricorda le nostre tradizioni cattoliche della festività di Ognissanti e del ricordo dei defunti, concludendo con una frase che facciamo nostra: “al diavolo (è il caso di dire), la festa pagana di Halloween, con annessi e connessi!”.
PD

Abbiamo importato una festa pagana e ci scordiamo la festa dei Santi e il ricordo dei defunti, come la tradizione cattolica ce li ha sempre insegnati. Giovanni Pascoli, pur avendo preso altre strade, non dimenticò mai gli insegnamenti della madre, la cui eco si sente in diverse liriche, una delle quali si intitola, appunto, “La notte dei morti”…
di Giovanni Lugaresi
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E continuiamo pure a farci del male, prendendo dall’estero quel che non è certamente il meglio. Ci riferiamo ovviamente ad Halloween che il 31 ottobre celebra i suoi riti di origine celtica, cioè pagana, ma che noi cattolici e italiani abbiamo ripreso pari pari, da una ventina d’anni, con tanto di commerci (ovviamente), perché tutto fa brodo per smerciare questo o quel prodotto, anche da parte di cattolicissimi commercianti. E con tanto di festosità pure nelle scuole materne cattoliche (in certe scuole materne cattoliche), nelle quali evidentemente non si pensa a parlare diffusamente, e nei termini propri adatti ai bimbi, dei Santi e dei nostri cari defunti, bensì, appunto, a fabbricare con stoffe varie fantocci-fantasmi e a preparare zucche intagliate…
Sciocchezze – diranno i soliti soloni aperti a tutto. E’ da queste “sciocchezze” peraltro che si incomincia. Si incomincia a perdere la propria identità (non è una tradizione italiana) e a bruciare incensi ad uno dei nuovi idoli del mondo.
 In questa “materia” anche i protestanti sono contrari alla celebrazione-festeggiamenti. Non sappiamo se con una certa forza, o in maniera blanda.
A livello cattolico, per così dire, voci autorevoli si sono levate, e non da oggi, dichiarando festa diabolica questa che abbiamo importato. Padre Amorth, esorcista di grande notorietà, lo ebbe a sottolineare con motivazioni profonde, ma… in ambienti nei quali si è arrivati a mettere in dubbio l’esistenza dell’inferno, e quindi pure di Satana, Halloween riceve addirittura la benedizione del clero. Che tra dolcetto e scherzetto trova il modo di sorridere di queste nostre preoccupazioni… “cattoliche e italiane”.
Come rispondere? La festa di Ognissanti, che ci coinvolge nella stupenda, profonda, comunione coi trapassati, con le loro anime in un grande mistero cristiano, è stata sentita nel suo intimo da un poeta-fanciullino che, pur avendo preso altre strade, non dimenticò mai gli insegnamenti della madre, la cui eco si sente in diverse liriche, una delle quali si intitola, appunto, “La notte dei morti”. Versi che Giovanni Pascoli scrisse ispirato non certamente da leggende pagane, bensì dalla nostra religione e dal culto cristiano dei defunti.
L’ambientazione è nella vecchia casa chiusa, “ma desta”, dove il fuoco è acceso e sul desco c’è il vino “cui spilla il capoccia da solo”. Mentre gli altri “pregano al lume/ del fuoco: via via la corteccia/ schizza arida… Mormora il fiume/ con rotto fragore di breccia…// E’ forse (io non odo: non sento/ che il fiume passare, portare/ quel murmure al mare) d’un lento/ vegliardo la tremula voce/ che intuona il rosario, e che pare/ che venga da sotto una croce,/ da sotto un gran peso; da lunge/ Quei poveri vecchi bisbigli/ sonora una romba raggiunge/ col trillo dei figli de’ figli.// Oh! I morti! Pregano anch’essi,/ la notte dei morti, per quelli/ che tacciono sotto i cipressi…”, con quel che segue.
Ecco, se dobbiamo parlare della festa dei Santi (1 novembre) e del ricordo dei defunti (2 novembre), noi preferiamo farlo col poeta-fanciullino, e al diavolo (è il caso di dire), la festa pagana di Halloween, con annessi e connessi!

di Giovanni Lugaresi

fonte: https://www.riscossacristiana.it  - 28 ottobre 2017

Siria: ma quale guerra civile. Ecco le prove.




Schermata 2017-10-29 alle 09.29.34IL DOCUMENTO NSA
La chiamano “Guerra civile”, secondo quella tecnica di manipolazione del linguaggio con cui i media mainstream danno forma ad una realtà trasfigurata.
Eppure, che quella siriana non sia una guerra civile ma una guerra di aggressione contro uno Stato sovrano da parte di nazioni straniere e poteri internazionali, è cosa che abbiamo cercato di dimostrare ampiamente in questi anni con verità censurate dai media occidentali, testimonianze dirette e smascheramenti delle manipolazioni costruite dai media.
Ora, a conferma di questo, emerge un documento della NSA americana, classificato come “top secret” e reso pubblico da Edward Snowden. È una nota breve ma importantissima che dimostra come le operazioni di guerra contro il regime siriano siano state pianificate e organizzate direttamente in Arabia Saudita.
Il contesto storico nel quale va inserito è Marzo 2013 quando la guerra siriana si espande in maniera cruenta. L’aviazione di Assad inizia le sue incursioni anche al confine con il Libano per fermare le infiltrazioni di ribelli e mercenari sunniti.
Ed è in quel periodo che l’allargamento internazionale del conflitto diventa esplicito con la richiesta da parte di Salim Idris, il capo di Stato Maggiore del Free Syrian Army, di aiuti militari alle nazioni dietro la promessa che quelle armi non cadranno nelle mani di gruppi jihadisti (promessa che sappiamo non essere mai stata mantenuta).
Insomma, il mondo crede ancora alla favola dei “ribelli moderati” opposti al bieco dittatore.
Il 18 Marzo l’agenzia siriana Sana segnala un attacco missilistico da parte dei gruppi ribelli su Damasco, contro il palazzo presidenziale di Assad, l’aeroporto internazionale e alcuni quartieri civili. La macchina della propaganda anti-Assad mostra anche i video dell’operazione.
Quell’attacco doveva essere una prova di forza per dimostrare la crisi del regime: colpire direttamente la capitale e la residenza di Assad.

“ILLUMINARE DAMASCO”
Ora sappiamo che quell’attacco fu ordinato e organizzato direttamente dall’Arabia Saudita e coordinato da Salman bin Sudan, principe della famiglia reale, futuro Ministro della Difesa ed allora responsabile dell’attività di intelligence saudita in Siria.
Secondo la NSA (che ha avuto informazioni dalla stessa opposizione siriana), fu proprio il principe reale a fornire 120 tonnellate di esplosivi e armamenti ai ribelli per quell’operazione chiamata “Illuminare Damasco”. L’attacco contro il palazzo presidenziale e l’aeroporto internazionale fu voluto dai sauditi proprio in occasione del secondo anniversario dello scoppio della guerra, come dimostrazione della crisi del Regime e della sua prossima capitolazione.
Come scrive The Intercept: “Il documento evidenzia quanto alcune potenze straniere fossero profondamente coinvolte nella rivolta armata, anche scegliendo operazioni specifiche per i loro alleati”.

“LA GRANDE MENZOGNA”
La rivoluzione siriana, scoppiata due anni prima, s’inserisce in quel processo di destabilizzazione, chiamato Primavera Araba, attivato dall’amministrazione Obama, dai circoli neo-con, dal potente apparato tecno-militare occidentale e dagli alleati sunniti,  e spacciato per spontanee rivolte popolari contro le oligarchie.
E all’interno di questo quadro, la guerra in Siria, al pari di quella alla Libia, ha rappresentato la più incredibile operazione di aggressione ad uno Stato sovrano, spacciato per guerra di liberazione. Un’aggressione che non ha esitato a creare in laboratorio mostruosità come Daesh funzionali alla distruzione dell’assetto geopolitico, a finanziare truppe mercenarie e organizzazioni jihadiste, a investire milioni di dollari in armamenti, a usare il sistema globale dei media per costruire un circuito seriale di fake news in grado di condizionare l’opinione pubblica.
Ma il tempo sta aiutando a svelare la verità su quella che un grande testimone ha definito “la più grande menzogna del nostro tempo”.

di Giampaolo Rossi - 29 ottobre 2017