Indipendentemente dal giudizio sullo “Ius soli” in discussione alle Camere, nel nostro Paese si conferma la preoccupante arroganza e prepotenza del cosiddetto pensiero radical chic e cattocomunista.
In questi giorni, ha preso piede, diventando virale, una sorta di spot sulla cittadinanza, partito dal quotidiano “la Repubblica”. Nell’immagine divulgata si vedono adolescenti di colore ai quali è posta la domanda: “Lo sai che non sei italiano?”, con chiaro riferimento alla legge in discussione sulla cittadinanza. A parte il gravissimo e subdolo fatto di mostrare per i primi giorni solo immagini di bambini neri, perché il problema semmai riguarda tutti i bambini a prescindere dal colore della pelle, c’è ben altro da segnalare.
La domanda, infatti, per come è presentata, può sottintendere un’altra e  più grave discriminazione e cioè che se non si è italiani si è persona di serie B. Come a dire, se sei di un qualsiasi altro Paese non sei uguale agli italiani, un modo implicito insomma, per sottintendere la esclusività della superiorità nostrana.
A questo punto la domanda sorge spontanea, cosa succederebbe se domani, su un qualunque importante giornale tedesco, francese, inglese, spagnolo e così via, apparisse la stessa domanda, magari rivolta a tre bambini uno nero, uno bianco e uno asiatico? “Lo sai che non sei tedesco?”, “lo sai che non sei francese?”, “lo sai che non sei spagnolo, o svizzero, che sia?”.
Bene, apriti cielo, in quel caso tutti i radical-chic del mondo tuonerebbero senza pietà contro quelle testate con l’accusa di razzismo e discriminazione xenofoba. Perché con certezza, i guru del buonismo fasullo e del possesso della verità assoluta, darebbero allo spot un’interpretazione vergognosamente identitaria.
Insomma, per farla breve interpreterebbero il messaggio nel senso cioè che solo i cittadini tedeschi, o francesi, o svizzeri sono cittadini di serie A. A questo punto delle due l’una, o indipendentemente dal colore della pelle, dalla provenienza, dalla fede, si è davvero tutti uguali, oppure la forzatura sullo “Ius soli” in Italia è subdola e capziosa. Oltretutto da noi una legge per la concessione della cittadinanza c’è già ed è piuttosto chiara ed equilibrata, dunque non siamo nella terra di nessuno.
Sia chiaro, tutto si può migliorare e aggiornare, ma su questi temi tanto particolari e delicati bisognerebbe procedere con oculatezza e con le maggioranze politiche più ampie possibili.
Ecco perché la fretta, la muscolarità parlamentare, l’arroganza politica con la quale si cerca  a sinistra di fare approvare subito lo “Ius soli”, puzza di bruciato.
La verità è tutt’altra, è che in Italia da anni per via di una politica dell’accoglienza scriteriata e sregolata, stiamo riempiendo il Paese di immigrati, per lo più sconosciuti, che non si fanno identificare e che non siamo in grado di identificare. Non siamo in grado di certificare chi siano e da dove provengano, tanto è vero che le espulsioni non funzionano proprio per questo, perché non conosciamo con certezza i Paesi d’origine e dunque non sappiamo dove rimandarli. Né d’altra parte la quasi totalità di queste persone fa nulla per essere identificata con chiarezza, visto che di documenti personali quando arrivano guarda caso nemmeno se ne parla.
Insomma, da anni accogliamo senza regole e senza limiti una marea di gente che si imbarca da sconosciuta e una volta  entrata in Italia resta tale. Oggi, con la scusa dell’accoglienza e dell’integrazione, questo è il vero problema, a colpi di maggiorana si pensa di risolvere tutto con la concessione facile della cittadinanza. In realtà è noto che non c’è e non può esserci alcun automatismo fra cittadinanza e integrazione, mentre l’unico automatismo vero è quello del voto, perché i cittadini votano, ecco il perché dell’insidia cattocomunista.
Tanto è vero che solo dai vertici della chiesa e dalle tribune della sinistra radical-chic, con l’ipocrisia di sempre, ci si straccia i capelli per sottolineare l’indispensabilità dello “Ius soli” e per accusare chi non è favorevole di populismo elettorale, roba da matti. Noi continuiamo ad accogliere senza limiti sapendo bene di non essere attrezzati sia per farlo come servirebbe e sia per offrire un percorso di integrazione adeguata e civile.
Infatti, non siamo in grado di far altro che sparpagliare per l’Italia un’enormità di disperati, sconosciuti, profughi che siano, abbandonandoli  poi al loro destino con i risultati che vediamo e conosciamo in termini di sicurezza, malaffare, convivenza e disagio sociale. Ecco perché pensare di risolvere un problema così grave in ogni senso con la semplice concessione automatica della cittadinanza attraverso lo “Ius soli”, è grave, rischioso, inutile. Serve attrezzarsi a integrare con mezzi, strutture, luoghi di formazione adeguati, serve di farlo per numeri possibili e non impossibili, serve infine, di farlo bene per preparare gli immigrati a una convivenza degna, decorosa, civile. Solo così potrà esserci futuro e cittadinanza, altrimenti l’ipocrisia e la simulazione cattocomunista ci spingeranno non solo verso lo sgretolamento dell’Italia, ma su un percorso rischioso per la democratica e civile convivenza.