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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

09/05/14

IL CASO AUGUSTA COME I DUE MARO'. L'INDIA AL VOTO TRITURA L'ITALIA







Manifesto del partito del Congresso
con 
Sonia Gandhi e il figlio Rahul

I nove milioni di seggi indiani aperti per le elezioni parlamentari della più grande democrazia del mondo stanno per chiudersi (il 12 maggio) e decreteranno con molta probabilità la fine dell'era del dominio della famiglia più potente dell'India moderna, la dinastia Nehru-Gandhi che sin dall'Indipendenza del 1947 ha gestito il partito del Congresso, da dieci anni al governo. Una gestione finita sul banco degli imputati per aver infranto le promesse di crescita da Bric (5% circa nel 2013, una percentuale ben lontana dal 9% di inizio 2011, ora insufficiente ad assorbire l'aumento di una popolazione che conta oltre 1,1 miliardi di persone di cui 841 milioni continuano a vivere con meno di 2 dollari al giorno) e per aver lasciato il Paese in un bisogno urgente di infrastrutture, in balia della corruzione rampante e bloccato da una burocrazia che si rafforza invece di lasciare spazio all'iniziativa privata.
In una campagna elettorale cominciata anzitempo e che ha visto l'ascesa del principale partito (di destra) di opposizione, il Bharatiya Janata Party (Bjp) e del suo candidato premier Narendra Modi (nella foto sotto), controverso leader induista artefice del boom economico del Gujarat (uno degli Stati più business friendly e meglio amministrati di tutto il Subcontinente), l'azione di governo del partito di Sonia e del figlio Rahul Gandhi si è fatta condizionare da un dibattito politico interno intriso di nazionalismo e di populismo. Strumentalizzazioni senza freni in cui sono finiti triturati anche due casi che riguardano da vicino l'Italia: la vicenda dei due marò e la rescissione unilaterale del contatto di fornitura dei 12 elicotteri AgustaWestland per il ministero della Difesa a causa di una presunta maxi-tangente da 51 milioni di euro. Stecca che è costata la poltrona all'ex amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, per 20 anni alla guida di Agusta. Orsi, finito in carcere nel febbraio dello scorso anno, è accusato di corruzione internazionale dalla Procura di Busto Arsizio. Vicenda per cui ora, a più di due anni dall’inizio delle indagini (in Italia è in corso il processo di primo grado, mentre in India è stato aperto un arbitrato), nessuna accusa di corruzione nei confronti di AgustaWestland ha ancora trovato definitivo fondamento nei due Paesi. E il danno reputazionale, al netto delle responsabilità oggettive del gruppo italiano tutte da dimostrare, rischia di compromettere le sue gare future per le redditizie commesse dei Paesi emergenti, soprattutto asiatici.soprattutto asiatici.


Se il primo caso, e cioè il processo che vede i due fucilieri della Marina tricolore accusati di aver ucciso due pescatori al largo delle coste di Kerala, come anche quello delle ripicche diplomatiche con gli Stati Uniti, è stato letto come l'ambizione frustrata di una ex tigre della crescita di voler contare ancora sullo scacchiere internazionale ristabilendo le gerarchie e  rilanciando nell'immaginario collettivo nazionale la figura della vecchia potenza Bric, la vicenda di Agusta è finita invece nel frullatore di un regolamento di conti tutto interno al partito di maggioranza e della retorica anti-corruzione di Modi. Per il Congress Party, già zavorrato dalle ricadute d'immagine per una serie di scandali nei settori delle telecomunicazioni e del carbone, e per i Gandhi l'argomento corruzione è sempre stato come la criptonite per Superman. Tema su cui i discendenti del Mahatma sono ipersensibili.
Oltre a quello del momento, che ha coinvolto il gruppo  controllato da Finmeccanica con sede nel Varesotto, un altro scandalo ha pesato infatti per anni sulla reputazione dei Gandhi, fin da quando nella seconda metà degli anni '80 un uomo d'affari italiano amico della famiglia più potente d'India e in stretti rapporti con Sonia e il marito Rajiv (poi assassinato), Ottavio Quattrocchi, fu accusato di aver intermediato una tangente (sempre per contratti militari). Le accuse poi non sono mai state provate fino in fondo: ciò nonostante, da allora le relazioni di Sonia Gandhi (Maino da nubile) con la terra natia sono sotto lo scrutinio occhiuto della stampa e degli avversari politici. Tanto da spingere la donna alla guida della gloriosa dinastia indiana addirittura a non parlare italiano in pubblico e a limitare al massimo il numero di rapporti con il Paese d'origine. Insomma, materia da maneggiare con estrema cautela.

IL CASO AGUSTAWESTLAND
L’ARRESTO DI ORSI. La vicenda degli elicotteri VVIP, commessa da 560 milioni di euro per cui il gruppo italiano ha incassato solo 250 milioni, consegnando 3 veivoli (altri 3 sono in attesa di consegna) comincia il 12 febbraio 2013, quando a seguito di indagini condotte dalla magistratura italiana, Giuseppe Orsi, amministratore delegato di Finmeccanica, viene messo in custodia cautelare e Bruno Spagnolini, a.d. di AgustaWestland, agli arresti domiciliari. Entrambi sono accusati di corruzione internazionale nell’ambito del contratto con l’India. Orsi trascorre 80 giorni in carcere prima di tornare in libertà, ma subito alle prese nel processo con rito immediato che lo vede imputato per corruzione internazionale, concussione e peculato. A guidare le indagini su uno dei manager più potenti del Paese niente di meno che Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, il famoso ufficiale noto per aver arrestato il capo dei capi di Cosa Nostra, Totò Riina.

LE ACCUSE. Su Orsi si alza subito un’aria pesante. Viene accusato di aver ottenuto l’appalto per la vendita di 12 elicotteri AgustaWestland tramite il pagamento di una maxi tangente da 51 milioni di euro. Secondo i magistrati di Busto Arsizio nella vendita degli elicotteri all'India "vi fu corruzione di pubblici ufficiali indiani posta in essere dagli intermediari italo svizzeri" Haschke e Gerosa "con l'assenso della dirigenza dell'Agusta Westland, in particolare di Orsi” e di Bruno Spagnolini, ad di AgustaWestland. Le "somme" sarebbero state conferite "mediante un iniziale fittizio contratto di scouting per elicotteristica civile" e poi con "altrettanti fittizi contratti di ingegneria stipulati con le società Ids India e Ids Tunisia, che facevano sempre capo a detti intermediari". In particolare Orsi e Spagnolini "quali corruttori" e Haschke, Gerosa e Cristian Mitchell (titolare della 'Global Service Fze con sede a Dubai e consulente di AgustaWestland) "quali intermediari", avrebbero corrisposto “per il tramite dei fratelli Tyagi somme di denaro, non esattamente quantificate nella complessiva entità, al maresciallo Sashi Tyagi, capo di Stato maggiore dell'Indian Force dal 2004 al 2007 per compiere e per aver compiuto un atto contrario ai doveri d'ufficio". Il potente Orsi diventa subito un diseredato. Gli altri potenti gli voltano subito la schiena. Secondo quanto riportato nell'ordinanza d'arresto, le indagini su Finmeccanica avrebbero determinato "un palese imbarazzo da parte dei più importanti esponenti governativi per la condotta di Orsi". Il Gip nell'ordinanza cita un colloquio intercettato in cui un manager "sembra riporti le parole di Monti" che direbbe: "Non gli stringo la mano, capirà che si deve dimettere". Dimissioni che in effetti arrivano il 16 febbraio 2013, tre giorni dopo che il Cda di Finmeccanica affida le sue deleghe ad Alessandro Pansa. 

BEGHE POLITICHE INDIANE. Con l’avvicinarsi delle elezioni nel Subcontinente, il caso degli elicotteri VVIP finisce nell'arena politica. Da una parte, il Bjp party usa il caso Agusta per criticare il Governo su come questa vicenda, come altre, sia stata mal gestita dal Congress party. Dall’altra parte, vi è il ministro della Difesa indiano AK Anthony, uno dei più importanti rappresentanti del Congress party, alla guida del dicastero da 8 anni e con l’ambizione di occupare posizioni di rilievo con le elezioni politiche. Parte della sua reputazione si basa sulla sua risolutezza nei confronti di casi di corruzione e violazioni. Di conseguenza, ha sempre mostrato la massima intransigenza nella vicenda degli elicotteri VVIP, arrivando ad annunciare, dopo averlo congelato, la terminazione del contratto nonostante l’assenza di alcuna prova di illecito. Anthony aspira a una forte indigenizzazione del mercato della difesa indiano e questo è uno degli argomenti su cui fa leva in campagna elettorale. Al momento le società straniere possono partecipare con non più del 26% in società indiane, con possibili deroghe fino al 49% in casi eccezionali. Ma i prodotti indiani per la difesa mancano di qualità e affidabilità, e in tempi recenti ci sono stati diversi incidenti. Le forze di difesa indiane hanno un’urgente necessità di ammodernamento, ma molte gare restano bloccate per questioni amministrative. La condotta del Ministero della Difesa in questo come in altri casi è stata considerata dai commentatori ingiusta, per lo meno da un punto di vista legale, compromettendo l’affidabilità dell’India come partner commerciale a livello internazionale. Nonostante ciò, AgustaWestland continua a vincere gare e a ottenere ordini in tutto il mondo, in particolare con l’AW101, l’elicottero che era stato selezionato per la fornitura all’India di elicotteri VVIP e che è stato recentemente scelto dalla Norvegia per svolgere attività di ricerca e soccorso. Una commessa che ha fruttato ad Agusta oltre 1,1 miliardi di euro.


LA REAZIONE DEL GOVERNO DI NEW DEHLI. Alla notizia dell'arresto dell'a.d. di Finmeccanica, il Ministero della Difesa indiano fa subito aprire diverse indagini interne. Allo stesso tempo però sospende tutti i pagamenti destinati ad AgustaWestland, procedimento non previsto da alcuna clausola contrattuale, congelando di fatto il contratto in vigore in attesa di far luce sul caso. Due giorni dopo, lo stesso Ministero, in un lungo e dettagliato comunicato stampa asserisce che la gara si è svolta correttamente durante tutto il processo di assegnazione. AgustaWestland, da parte sua, dichiara fin da subito di non avere alcuna evidenza di qualunque forma di illecito né tantomeno di corruzione nell’ambito del contratto.

IL PROCESSO. A giugno 2013 è cominciato il processo con rito immediato ai due dirigenti Finmeccanica. Un processo nel quale per ora, secondo alcuni, l’accusa si è un po’ cristallizzata alla fase iniziale. Non ha affondato il colpo uno dei principali testimoni, vale a dire Haschke. In udienza l’intermediario ha parlato di una cena a Lugano nel quale Orsi non avrebbe pagato il conto con la carta di credito per non lasciare tracce del suo passaggio in Svizzera, ma allo stesso tempo ha parlato di un contratto di ingegneria e non di interventi sulla gara per alterarne il risultato. Agli atti c'è anche una intercettazione di Orsi che, secondo il procuratore Fusco, dimostrerebbe la sua consapevolezza del pagamento di mazzette a pubblici funzionari indiani. Il 13 ottobre il presidente e ad di Finmeccanica è al telefono con un collaboratore. Si parla di quello che i giornali hanno pubblicato sull'inchiesta che lo riguarda. A un certo punto i due fanno riferimento a un articolo del Sole 24 Ore che elenca i nomi degli indagati. "Non mette i nomi degli indiani?" chiede preoccupato Orsi. "No", gli risponde il collaboratore. "E il Fatto Quotidiano non mette i nomi?", chiede ancora Orsi. "Ho paura che Il Fatto Quotidiano mi mette in linea quel documento". E il collaboratore risponde: "No, però parla di...". Orsi: "Dell'Indiano!?". Il collaboratore: "No, di un generale dello 0,5". Orsi: "Ah cazzo! Ah... lo dice?". In attesa di capire se i giudici crederanno all'interpretazione dell'accusa, nelle ultime settimane la difesa ha registrato un punto a favore con la testimonianza del professor Stefano Sandri, ex direttore della ricerca del centro militare studi strategici del ministero della Difesa, che ha spiegato che l’allora capo di Stato maggiore indiano Sashi Tagy non avrebbe potuto avere in alcun modo un ruolo decisivo nell’assegnazione dell’appalto. Proprio quel Tagy che secondo l’accusa sarebbe il terminale delle tangenti per l’appalto da 560 milioni. Peccato che secondo Sandri “Tiagy non poteva decidere niente”, spiegando che la nuova normativa indiana sulla trasparenza delle gare d’appalto prevede una serie di “organi collegiali misti militari-civili che presiedono con competenze diverse alle decisioni sulle gare d’appalto”. Sandri ha anche aggiunto che Tiagy è entrato in carica nel gennaio 2005, mentre il report sull’appalto era stato elaborato dalla commissione parlamentare già un anno prima. Invece secondo il principale accusatore di Orsi, Lorenzo Borgogni (ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica), dal contratto per la vendita di elicotteri all’India sarebbe stata ricavata proprio una tangente da 10 milioni che sarebbe stata girata alla Lega e a Comunione e Liberazione, ma soprattutto al Carroccio, per favorire la nomina di Orsi ad amministratore delegato di Finmeccanica. Borgogni è stato querelato da Roberto Maroni per le sue affermazioni considerate diffamatorie e i riferimenti alla Lega sono stati considerati dal gip penalmente irrilevanti tanto che l'ipotesi iniziale di finanziamento illecito non ha trovato nessuno spazio nell'ordinanza di custodia cautelare del febbraio 2013.

LA DIFESA. In attesa delle sentenza su Orsi e Spagnolini, attesa per il prossimo luglio, la difesa continua a battere il tasto della calunnia. Orsi ha denunciato Lorenzo Borgogni, l’ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica. Secondo Orsi Borgogni, il suo principale accusatore, avrebbe mentito per vendetta dopo che lui aveva scalzato Pier Francesco Guarguaglini, di cui Borgogni era stato a lungo tempo il braccio destro. L’intero processo si basa principalmente sulle accuse di Borgogni. Accuse che la difesa di Orsi, rappresentata dal legale Ennio Amodio, si basano, appunto, su una calunnia. “Non si capisce perché i magistrati di Napoli e Busto Arsizio non hanno ancora voluto chiudere con un tratto di penna, nonostante due anni di indagini in cui non è emerso il benché minimo riscontro”, afferma Amodio. Secondo la difesa i magistrati si sono fermati alle prime accuse di Borgogni, senza però aver mai trovato rilievi davvero compromettenti sulla presunta tangente. “Sembra quasi che la corruzione internazionale abbia subìto una mutazione genetica per rimanere racchiusa nel recinto delle mura italiane”. AgustaWestland ha perso svariate centinaia di milioni di euro. Orsi ha trascorso 80 giorni in carcere e ha perso il suo ruolo e il suo potere. Tutto, secondo la difesa dell’ex ad di Finmeccanica, per una guerra intestina alla seconda industria italiana.

DUE ANNI DOPO. A 15 mesi di distanza dall’arresto di Orsi, però, parte della faccenda sembra non quadrare. Fino adesso, infatti, le accuse di corruzione nei confronti di AgustaWestland non sono ancora state provate né in Italia né in India. Nonostante tutto ciò, viene comunque stracciato il contratto di fornitura e sospeso il pagamento delle rate destinate ad AgustaWestland, un procedimento non previsto da alcuna clausola. Una vertenza in attesa di una soluzione che però sembra lontana dall’arrivare. Per il momento, l'India ha accettato solo di confrontarsi con la compagnia italiana in un arbitrato con sede a New Delhi e per il quale le parti hanno già scelto i loro rappresentanti legali fra gli ex giudici della Corte Suprema: B.N. Srikhrishna per AgustaWestland e Jeevan Reddy per il ministero della Difesa indiano. Esiste invece ancora un forte dissenso sul terzo giudice che integrerà il tribunale dell'arbitrato. E per questo, il gruppo guidato ora da Mauro Moretti si è rivolto alla International Chamber of Commerce di Parigi
fonte:http://www.affaritaliani.it
Giovedì, 8 maggio 2014 - 15:58:00

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