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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

08/05/15

IMMIGRAZIONE - ''Una flotta Ue per portare più clandestini in Italia''


 



I ministri dell’Unione Europea starebbero studiando un’operazione parallela a Triton, gestita da un coordinamento di Marine militari di diversi stati membri, con missione complementare a quella dell’operazione Frontex, che prevedrebbe un più costante pattugliamento in alto mare con presenza di navi piu’ atte al soccorso e salvataggio.
Lo ha rivelato oggi pomeriggio, di fronte alla Commissione Libertà Civili del Parlamento UE, l’ammiraglio Filippo Maria Foffi (nella foto sotto), comandante in capo della Squadra navale della Marina italiana, che valuta un’eventuale operazione di questo tipo come “un segnale positivo se entrambe le missioni (quella a guida Frontex e quella delle marine militari) contribuiranno a salvare sempre più vite di donne e uomini in mare, oltre a controllare le frontiere esterne dell’Unione e a combattere le organizzazioni criminali che si alimentano sul traffico di esseri umani”.

 

L’ammiraglio Foffi ha inoltre auspicato che l’Onu aggiorni il diritto internazionale considerando la tratta dei migranti addirittura più grave della tratta degli schiavi, perché almeno gli schiavi arrivano alle loro destinazioni in migliori condizioni rispetto ai disperati che sono costretti alle traversate sui barconi.
L’alto ufficiale ha poi smentito categoricamente che l’operazione Mare Nostrum abbia avuto una funzione di fattore chiamata per gli immigrati e che abbia contribuito ad aumentare il numero di arrivi: “La realtà è che il numero di migranti che vengono in Europa dipende da altri fattori, in particolare dalle crisi che ci circondano”, ha spiegato l’ammiraglio. Anzi, secondo Foffi, “una scoperta più anticipata possibile delle imbarcazioni non solo permette di evitare tragedie, ma da’ alla magistratura anche più elementi per lottare efficacemente contro le organizzazioni criminali che trafficano i migranti”.
L’ammiraglio ha ribadito che sia l’Italia che Frontex continuano a salvare vite in mare, qualsiasi siano il nome dell’operazione o le navi coinvolte e i numeri sono lì a dimostrarlo. Triton, in sei mesi, ha salvato 5.857 persone, 17.452 sono stati i migranti soccorsi dalla Marina Militare Italiana, 14.709 dalla Guardia Costiera e 15.895 dai mercantili. In totale, da novembre e fino a oggi, i salvataggi sono stati 51.760.
E sulla possibile missione militare per distruggere le imbarcazioni in Libia, Foffi ha spiegato: “Se i pescatori da un giorno all’altro cambiano l’utilizzo della loro imbarcazione e la mettono al servizio dei trafficanti è difficile andare lì e distruggerle, ma quando le flotte europee vengono aggredite dalle organizzazioni criminali per riavere indietro i loro vascelli della morte, reagire non solo è opportuno ma anche necessario”.

 

Infine Foffi ha tenuto a sottolineare che Mare Nostrum, con cinque navi che permettevano il pattugliamento in alto mare e diversi aerei ed elicotteri, consentiva di sorvegliare un’area di acque grande circa tre volte la Sicilia. E l’ammiraglio ha elogiato il contributo essenziale e imprescindibile delle ong e dei volontari.
“Senza di loro, molte delle cose che facciamo sarebbero impossibili. Ci aiutano nell’identificare le persone
più vulnerabili, ci aiutano a evitare risse fra diverse etnie, forniscono assistenza medica e psicologica… Anche le ong con tendenze più antimilitariste si sono dimostrate alleati validi e affidabili”. (mmo)

Foto Marina Militare
Vignetta di Alberto Scafella


di Redazione 8 maggio 2015

http://www.analisidifesa.it

CASO MARO' - ''Fucilieri di Marina, si riparla di Arbitrato ''



In questi mesi siamo stati abituati ad un silenzio assordante sulla vicenda dei due Fucilieri di Marina rotto solo dagli annunci dei rinvii di udienza della Corte Suprema indiana.

 Improvvisamente ed oserei dire inopinatamente, il silenzio istituzionale viene rotto dal dott. Danilo Taino che ci informa attraverso le pagine del Corriere della Sera sulla decisione italiana di ricorrere all’arbitrato internazionale. Un articolo del 5 maggio us nel quale è possibile leggere, tra l’altro,  che “Il governo italiano ha deciso di procedere con arbitrato internazionale sul caso dei due marò. Da quanto  risulta al Corriere, entro metà del mese prossimo, probabilmente prima, ritirerà la proposta che aveva fatto all’India per una soluzione diplomatica negoziata e comunicherà al governo di Delhi l’intenzione di procedere con un contenzioso ……”.

La notizia non può che rallegrarci essendo una soluzione caldeggiata da più di tre anni da chi scrive e da tantissimi altri cittadini italiani. Si rimane, però,  perplessi di fronte al silenzio del Presidente del Consiglio che nulla conferma o smentisce circa le informazioni del quotidiano di Via Solferino,  evidentemente ben informato da corsie preferenziali. Solo un immediato “No Comment” del Ministro Gentiloni che con un’Agenzia stampa dello stesso 5 maggio si preoccupa di ufficializzare il suo pensiero :"Non commento, sono indiscrezioni".

Dubbi spontanei che riemergono dopo che mesi orsono avevamo sperato in  un’azione del genere, dopo le ripetute dichiarazioni dei due Ministri Pinotti e Mogherini sulla volontà del Governo di ricorrere ad un arbitrato per ottenere un giudizio da una Corte di Giustizia internazionale. Atto che peraltro avrebbe consentito con immediatezza - circa 60 giorni secondo valutazioni di eminenti giuristi italiani - di vedere assegnata la custodia cautelare dei due Fucilieri ad uno Stato Terzo diverso dall’India, sottraendo i due e l’Italia al ricatto di Delhi.

Non trova, infatti, una comprensibile motivazione l’altalena delle dichiarazioni sull’Arbitrato ed il continuo rimandare quando già era tutto pronto il 18 marzo 2013 ed annunciato ufficialmente dal Governo del momento per poi essere immediatamente sconfessato dalle decisioni del Premier che riconsegnò all’India i due Marò (vedasi  sito della Farnesina sotto il titolo comunicato del Governo),

http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2013/03/20130318_maro_comunicato_governo.html,, e come ufficialmente spiegato in una audizione alla Camera dei Deputati da uno dei massimi esperti italiani di diritto internazionale e del mare, la Professoressa Del Vecchio. (http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/0204/indag/c0204_stabilizzazione/2015/03/10/indice_stenografico.0004.html.

Perchè si sia atteso tanto, quindi, non si comprende, come non si riescono a capire i tentennamenti ed i silenzi di questi mesi nonostante il negativo approccio dell’India alla vicenda, con i continui rinvii delle udienze della Corte Suprema chiamata a pronunciarsi su un aspetto di primaria importanza : escludere la NIA dalle indagini o confermarne la competenza. Decisione che una volta per tutte potrebbe cancellare o confermare l’applicazione della legge indiana sull’anti terrorismo (SUA ACT) e, quindi, del rischio che sussista ancora la minaccia della pena di morte nei confronti dei due  nostri militari.

Incertezze continue, quindi, che inducono a pensare tutto ed il contrario di tutto. Non in ultimo l’interrogativo che ci si possa trovare di fronte ad uno spot elettorale in occasione delle prossime regionali per poi venire immediatamente dopo smentito,  non essendo stato, peraltro,  fin ad oggi confermato dalle Istituzioni.

Un’ipotesi che non dovrebbe meravigliare in quanto suggerita da una prassi ormai consolidata dall’attuale gestione politica;  benefit economico annunciato a ridosso delle elezioni europee, possibile “tesoretto” da destinare ai meno ambienti all’apertura della campagna elettorale per le elezioni regionali italiane ed in ultimo uno scomodo decreto sull’adeguamento delle pensioni nel rispetto di una sentenza della Corte Costituzionale rimandato, almeno per quanto noto ed a differenza delle precedenti decisioni, ai primi del prossimo mese.

Nella nebulosità della vicenda, forse,  un unico aspetto è reale e concreto, quello sintetizzato con il titolo dell’articolo di Taino “Caso Marò, è fallita la via diplomatica. L’Italia decide di ricorrere all’arbitrato”. Il Ministro Gentiloni non ha confermato l’Arbitrato ma nemmeno smentito il “fallimento diplomatico” dell’Italia così come riportato nell’articolo del 5 maggio e, quindi, ogni ipotesi rimane aperta.

Un unico auspicio. Speriamo che in questo caso non si tratti di ennesimo proclama fra i tanti che in questi anni hanno caratterizzato la vicenda dei due Fucilieri di Marina e soprattutto non  venga spiegato che se si è atteso tanto nell’avviare l’arbitrato per le vicende di Finmeccanica.

In sintesi, non un ritardo ma una vittoria che porterà l’Industria nazionale  a tornare a vendere elicotteri all’India, come annunciato recentemente.

Se così fosse verrebbe, infatti,  confermato quello che ci diciamo da tre anni : l’Italia ha sacrificato due suoi cittadini in uniforme per spianare la strada ad interessi meramente economici. Una vergogna nazionale unica nella storia del Paese !

Fernando Termentini, 8 maggio 2015

fonte: http://fernandotermentini.blogspot.it


 

Farage, Clegg, Miliband: in Inghilterra quelli che perdono si dimettono. Subito


Guarda la versione ingrandita di Nigel Farage
  

di Redazione Blitz - 8 maggio 2015

fonte: http://www.blitzquotidiano.it

#iostoconimarò - '' VERITA', GIUSTIZIA E LIBERTA' PER LATORRE E GIRONE. ''





Noi non potevamo mancare all'EXPO 2015 di Milano. Siamo quelli che da più di tre anni chiedono VERITA', GIUSTIZIA E LIBERTA' per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

Tre Governi italiani che, uno dopo l'altro, non hanno alzato un dito se non quello dell'omertà, del silenzio e del low profile. Non è mai stato chiesto un Arbitrato Internazionale e non si è mai portata alla luce la Verità di come sono andate le cose quel fatidico 15 Febbraio 2012, al largo delle coste del Kerala.

Ci siamo ispirati al Logo dell'Expo per mostrare a tutto il mondo, l'estraneità ai fatti imputati ai due Fucilieri di Marina della Brigata San Marco.

 
Le Ragioni dell'Innocenza:

Italiano
www.youtube.com/watch?v=F76MJcV4_U4
www.seeninside.net/piracy/

English
www.youtube.com/watch?v=HpopTBBV2q0
www.seeninside.net/piracy/website2.pdf




07/05/15

Immigrati, le Regioni contro Alfano: “Basta più arrivi incontrollati”



Immigrati, le Regioni contro Alfano: “Basta più arrivi incontrollati”


Non solo Veneto e Lombardia: dopo la Val d’Aosta l’elenco di chi rifiuta di ospitare i profughi si allunga sempre più Giovanni Masini, “Il Giornale”, 07/05/2015 La Val d’Aosta fa scuola. Dopo la decisione del governatore valdostano Augusto Rollandin di rifiutare i 79 profughi assegnati da Angelino Alfano alla Regione alpina, sempre più presidenti di Regione si allineano a questa politica.
Oggi gli amministratori sono convocati al Viminale per le 17.30, ma il ministro degli Interni pare aver già preso le proprie decisioni da tempo, senza dare troppa importanza alle esigenze di chi governa il territorio: la circolare con cui Alfano imponeva ai prefetti di trovare posto ad altri 9mila disperati ha mandato su tutte le furie i presidenti delle venti Regioni italiane. Al di là delle Regioni del Sud, che molto spesso si trovano gli immigrati direttamente sulle spiagge, e ben poco possono insistere che non ne vogliono più accogliere, le risposte ad Alfano suonano come un vero e proprio fuoco di fila di “no”.
A partire dai governatori leghisti delle grandi regioni del Nord, Lombardia e Veneto. Mentre Maroni accusa il Viminale di “prendere in giro” i governatori, il presidente del Veneto Luca Zaia conferma al Giornale.it che nella sua Regione di nuovi ingressi non ce ne saranno, “per nessun motivo”. È un no ad oltranza, che però non accomuna solo gli amministratori del Carroccio, spesso accusati di xenofobia e intolleranza. Chi sostiene questa tesi, difatti, dovrà fare i conti anche con il rifiuto, ad esempio, del Friuli Venezia-Giulia: pur non rinunciando alla polemica (“in Friuli ci stiamo organizzando a differenza di altre Regioni che parlano e basta…”), la presidente Debora Serracchiani ha già ricordato in più occasione che il suo Friuli, “Regione piccola”, non può più accogliere profughi perché “saturo”. La marea del diniego, però, rischia naturalmente di innescare una reazione a catena, perché se alcune Regioni “chiudono” ai nuovi arrivi, le altre saranno costrette a dover gestire sempre più arrivi.

E il problema non riguarda solo il Nord: per il Molise parla, tra gli altri, il vicepresidente Michele Petraroia, del Pd: “La nostra è la Regione con il maggior numero di profughi in rapporto alla popolazione, un immigrato ogni 261 abitanti – spiega telefonicamente al Giornale.it – Siamo disposti a lavorare sull’accoglienza diffusa, ma non abbiamo assolutamente intenzione di prendere ordini dal Viminale che agisce attraverso i prefetti senza tener conto delle esigenze del territorio.” Dalla Toscana il presidente uscente Enrico Rossi ricorda che “bisogna porre dei limiti quantitativi all’accoglienza”, sottolineando l’esigenza di un maggior rispetto delle esigenze del territorio e dei residenti. Soprattutto a sinistra l’imbarazzo è palpabile: da un lato non si vuole scontentare il governo Renzi, dall’altro si teme di perdere consenso elettorale.
Il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino prova timidamente a puntare il dito contro Roma, parlando in modo piuttosto vago di “branche dello Stato che non collaborano, quando l’emergenza immigrazione già c’è.” Altri, come i suoi colleghi Zingaretti (Lazio) e Vendola (Puglia) preferiscono glissare e non si fanno trovare al telefono. Stessa solfa con Stefano Bonaccini, governatore dem dell’Emilia-Romagna. Mentre la rabbia delle Regioni ribolle, Alfano non rinuncia a parlare, anche a pochi minuti dal vertice con gli amministratori locali: “Credo che un criterio di giustizia debba valere per tutti: sia per i Paesi d’Europa, sia per le Regioni d’Italia. Equa distribuzione in Europa ed equa distribuzione in Italia – ha spiegato – mi sembrano due principi su cui nessuno può essere contro. I Comuni – ha intimato poi il titolare dell’Interno – attuino subito la circolare diramata per far lavorare gratis i profughi”.
Molti sindaci, però, sembrano schierati fianco a fianco con i presidenti delle Regioni. Quella della Val d’Aosta rischia di rivelarsi solo la prima pietra di una frana dalle dimensioni imprevedibili. E dalle conseguenze imponderabili.

di Giovanni Masini *
 
*da Il Giornale, 7/5/2015

tramite: http://www.lanuovaitalia.eu

IMMIGRATI - ''Centinaia di immigrati in arrivo a Roma, quartieri pronti alla rivolta''


 
Cittadinanza furiosa, pronta a azioni forti

 

Il consigliere regionale Santori: ‘Roma rischia di essere oggi veramente una grande pentola a pressione'
Continuano ad arrivare sulle coste italiane centinaia di immigrati clandestini, ogni giorno. L’invasione non si ferma, anzi, aumenta. Clandestini che da qualche parte dovranno pur essere ospitati. E così giunge la notizia che molti di loro saranno dirottati su Roma. Previsto nella capitale, infatti, l’arrivo ci centinaia di immigrati.  
Al momento ancora non esiste alcuna comunicazione né informazione da parte del Ministero dell’Interno sul numero degli arrivi, sulle strutture destinate ad ospitarli, sui costi e sulle realtà cui è stata assegnata la gestione della recezione, nonostante sia stata attivata una Procedura aperta volta alla conclusione di un accordo tra la Prefettura di Roma e più soggetti economici per assicurare l’accoglienza ai cittadini stranieri.
Fabrizio Santori, consigliere della Regione Lazio, commenta così: “La cittadinanza è furiosa ed è pronta ad azioni forti. Ma, in carenza di informazioni ufficiali, Roma rischia di essere oggi veramente una grande pentola a pressione, si continua ad approfittare della pazienza dei romani e in ultima analisi si sta soffiando sull’intolleranza. Attendiamo dal prefetto Gabrielli e dal sindaco Marino dichiarazioni pubbliche – aggiunge Santori - che spieghino ai romani cosa sta accadendo e cosa ci dobbiamo attendere nelle prossime ore. La preoccupazione tra i romani è molta – conclude il consigliere regionale -, ma a quanto pare non tocca le Istituzioni”.

DISTRIBUZIONE PER REGIONE Un terzo dei migranti accolti in Italia, minori esclusi, e' distribuito in due regioni: Sicilia e Lazio, che ospitano rispettivamente il 22% e il 12% dei 73.883 totali. Il Veneto, invece, e' tra le grandi regioni del Nord quella che ospita meno persone, con il 4%, mentre chi ha meno migranti e' la Valle d'Aosta, che ne ospita solo 62, lo 0%. La percentuale si calcola in base al rapporto tra migranti e numero di abitanti. Il dato e' aggiornato al 6 maggio ed e' contenuto in una tabella del Viminale dove c'e' la ripartizione regione per regione dei migranti nei Cara, i centri per richiedenti asilo, nello Sprar, il sistema di accoglienza per i rifugiati, e nelle strutture temporanee. Ecco la tabella: Regione Numero migranti Percentuale Sicilia 16.010 22% Lazio 8.611 12% Lombardia 6.599 9% Campania 5.585 8% Puglia 5.521 7% Calabria 4.770 6% Piemonte 4.207 6% Emilia Romagna 4.003 5% Toscana 3.170 4% Veneto 2.977 4% Marche 2.179 3% Friuli Venezia Giulia 2.054 3% Sardegna 1.510 2% Liguria 1.433 2% Molise 1.249 2% Umbria 1.103 1% Abruzzo 1.003 1% Basilicata 990 1% Trentino Alto Adige 847 1% Valle d'Aosta 62 0%.

fonte: http://www.italiachiamaitalia.it - 7 maggio 2015

CASO MARO' - 19 settembre 2014 ... ''Per capire la giustizia negata ai nostri Marò bisogna ripercorrere i fatti''




 I marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone (foto LaPresse)

Roma. 19 settembre 2014

Qualunque sarà l’esito della loro vicenda, nel cuore dei nostri due Marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, resterà per sempre l’incubo della verità negata. La verità è lì, nei fatti, eppure è come non esistesse. Così bisogna ripercorrere, fotogramma dopo fotogramma, quanto accaduto veramente nel pomeriggio del 15 febbraio 2012.

Primo: l’attacco alla Enrica Lexie avviene alle 16,25 locali e in acque internazionali (oltre 20 miglia dalle coste indiane) da parte di un barchino pirata, con uomini armati a bordo, tant’è che nessuno parla, nel messaggio originale che segnalava un “Approach pirate attack”, della presenza di un peschereccio e men che meno del St. Anthony.

Secondo: le dichiarazioni rese durante un’intervista televisiva e alla presenza di agenti della polizia di Kochi dal comandante del St. Anthony, Freddy Bosco, secondo cui l’incidente e la morte dei due pescatori sarebbero avvenuti verso le 21,20 ora locale. Cioè cinque ore dopo l’allarme lanciato dalla Lexie.

Terzo: la denuncia inoltrata alla guardia costiera indiana da un peschereccio poco dopo le 21,30,  che parlava di un incidente con un mercantile e della morte di due pescatori. Una circostanza riferita agli inquirenti anche dal comandante in seconda della nave italiana, Carlo Noviello, secondo cui la guardia costiera di Kochi aveva avuto, nello stesso giorno dell’incidente della Enrica Lexie, un conflitto a fuoco con due barchini pirata che avevano cercato di assaltare una nave greca. Sarà la stessa guardia costiera indiana a invitare, alle 21 e 36, il cargo italiano a invertire la rotta e rientrare nel porto di Kochi dicendo, ricorda Noviello, “che avevano catturato due barchette sospette pirata e volevano l’eventuale riconoscimento da parte nostra”.

Quarto: l’esistenza di una perizia balistica farlocca, fatta in assenza dei periti di difesa, che non riesce a spiegare come sia possibile che colpi sparati a 150 metri di distanza e da un’altezza di oltre 21 metri fuori dell’acqua (la petroliera era vuota), avessero raggiunto il peschereccio con una traiettoria orizzontale.

Quinto: l’esistenza mai rivelata di foto, e forse anche di un breve filmato, realizzate nel giorno dell’incidente da bordo della Enrica Lexie, che ritrarrebbero il barchino pirata durante il suo tentativo di abbordaggio e le manovre di allontanamento. Sennonchè le dimensioni e i colori dell’imbarcazione risulterebbero diversi da quelli del peschereccio St. Antony su cui erano imbarcati i due pescatori uccisi.


Questa è la verità dei fatti. Eppure nessuno ne ha tenuto conto consentendo che fosse propalata dalle autorità indiane una storia falsa. Intanto resti segregato e privato della tua libertà. Lo stress ti divora e il fisico ne risente come se stessi di colpo invecchiando. Poi succede che un giorno ti senti male. Dicono che puoi tornare quattro mesi a casa ma non sei felice. Sai che un ostaggio resta in India, sai di essere anche tu un ostaggio al quale hanno concesso quattro mesi d’aria. “Portate rispetto” ha chiesto Latorre sapendo che la dignità è l’unica cosa che è rimasta a lui e Girone. Né li consola che i loro colleghi sulla Enrica Lexie, quelli del Centro operativo interforze (Coi) e del Comando operativo della Marina (Cincnav) di Santa Rosa (nord di Roma), conoscano bene la verità. Essa non è stata mai fatta valere per affermare, sin dall’inizio, l’innocenza dei nostri Marò.
di Pio Pompa - 19 settembre 2014

CASO MARO' - IL SEQUESTRO DEI FUCILIERI DI MARINA LATORRE E GIRONE - CON SPREZZO DEL RIDICOLO IL CORRIERE DELLA SERA CI TORNA A DIRE CHE L'ARBITRATO SI AVVICINA .....








Ma si può commentare seriamente l'articolo apparso ieri sul Corriere della Sera a firma Danilo Taino in cui fonti vicine alla 'trattativa' (sic!) che riguarda il caso dei due marò farebbero sapere che l'Italia dopo tre anni e tre mesi si appresterebbe ad intraprendere la via dell'arbitrato internazionale?
Riporto cosa avevo scritto a riguardo su questa mia pagina fb lo scorso 21 Marzo 2014. Era il perido in cui il duo Mogherini/Pinotti annunciava ovunque (ed i giornalisti come fedeli cagnolini si lanciavano, non per la prima volta, ad inseguire l'osso dell'arbitrato loro lanciato) che l'Italia si stava avviando a percorrere la strada dell'arbitrato internazionale:
"La politica italiana in tutte le sue articolazioni nelle ultime settimane, dopo il vergognoso ed imbarazzante letargo durato due anni, si è lanciata in varie iniziative e dichiarazioni di nessun significato ed impatto concreto, tese solo a poter provare a rivendicare di aver avuto un ruolo nel rientro in Italia di Latorre e Girone che, verosimilmente, potrà avvenire comunque nelle prossime settimane per decisione indiana.
In realtà, continuando a rinunciare a porre sul tavolo la questione dell'innocenza, l'Italia ha scelto ancora una volta di fidarsi delle (ed affidarsi alle) rassicurazioni indiane che questa potrà essere davvero la volta buona per una svolta.
Anche quelle che vengono vendute all'opinione pubblica italiana come le mosse preparatorie alla richiesta di un arbitrato internazionale, appaiono in realtà come atti più che altro utili ad uso politico interno, in realtà ben 'sincronizzati' con i tempi necessari alle istituzioni indiane per decidere il rientro dei marò senza che si arrivi ad alcun arbitrato, ma in modo tale che il governo italiano possa rivendicare un ruolo nel risultato."
Naturalmente quanto sostenevo allora continuo a crederlo oggi.
Se tornano a raccontarci oggi che si accingono ad attivare l'arbitrato internazionale dopo non averlo fatto per tre anni e tre mesi, è solo perché al governo sperano di essere vicini ad uno sblocco della situazione (cosa che, ovviamente, ci auguriamo tutti!).
In questo modo potranno poi dire che la loro linea ferma ha prodotto i risultati attesi.
I nostri politici intanto sanno bene che agli italiani si può dare da bere di tutto.
E la funzione dei media (in questo caso specifico de il Corriere della Sera) è ormai solo quella di fare da cassa di risonanza ai propri politici di riferimento!

5 Maggio 2015
Stefano Tronconi

fonte: https://www.facebook.com/stefano.tronconi.79?fref=nf

CASO MARO' - ''La politica non speculi anche sui due marò.''






L’estenuante confronto tra Italia e India sulla sorte dei due fucilieri della Marina Militare, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, chiede e anzi pretende ormai una soluzione rapida, incisiva ed efficace. La vicenda si protrae da più di tre anni, la lunghezza dei tempi è ormai inaccettabile. L’importanza delle relazioni tra Roma e New Delhi è fuori discussione, ma lo anche è il principio di sovranità di ciascun Stato e, nel caso, il diritto dell’Italia a processare i due militari visto che il presunto delitto di cui sono accusati è stato commesso in acque internazionali. Come al solito, però, la politica ha trovato un’altra ghiotta occasione per speculare sulla questione quando, al contrario, proprio un sostegno univoco all’azione di governo avrebbe rafforzato i tentativi di trovare una soluzione. Le trattative in corso, del resto, sono in una fase delicata e il presunto ricorso all’arbitrato internazionale – soluzione inevitabile se fallissero i colloqui tra indiani e italiani rischia di implicare altri tempi molto lunghi. È proprio questo lo scenario da evitare: che per altri lunghi mesi, se non anni, la sorte di Latorre e Girone resti appesa a un intreccio di scontri politici, burocratici e diplomatici.

http://www.sicurezzacgs.it - 6 maggio 2015

06/05/15

Le ombre su Qatar 2022. Distrutto il materiale di una troupe tv tedesca

Giornalisti tedeschi arrestati mentre indagavano sui Mondiali. Danneggiata l'attrezzatura ed eliminato il materiale


Sebbene manchino diversi anni all'inizio dei Mondiali in Qatar, che si disputeranno soltanto nel 2022, le ragioni per accendere i riflettori sullo Stato del Golfo ci sono.


E non da oggi. Non sono i meriti sportivi a mettere il Paese al centro dell'attenzione, ma piuttosto le inchieste che gettano ombre sull'assegnazione e sulle condizioni di lavoro degli operai che stanno preparando le strutture necessarie alla competizione.
Numeri diffusi ormai un mese fa dai sindacati parlano di almeno 1200 operai morti dall'inizio dei lavori. Sono soprattutto nepalesi, indiani, ma anche cittadini di altri Paesi asiatici poveri. Sottoposti a un contratto di lavoro capestro, che non pare molto dissimile dalla schiavitù, stanno preparando il Qatar ai mondiali. E se ciò non fosse sufficiente, i dubbi su un'assegnazione che sarebbe stata influenzata da corruzione ad alti livelli sono stati sollevati da tempo.
Tra le organizzazioni mediatiche che hanno denunciato irregolarità c'è l'emittente tedesca Ard. Il documentario The selling of football - Sepp Blatter e il potere della Fifa racconta proprio questo. Ma realizzarlo non è stato affatto semplice. La troupe della televisione era in Qatar, insieme a giornalisti della Westdeutscher Rundfunk (Wdr), emittente locale pubblica della Renania Settentrionale-Vestfalia, quando è stata fermata dalle autorità del Paese.
Al momento dell'arresto la troupe stava girando con i lavoratori a Doha, la capitale del Qatar. Portati davanti alla Sicurezza di Stato, i giornalisti sono stati sentiti a lungo e poi rilasciati soltanto nel cuore della notte. Per settimane, senza successo, avevano cercato di ottenere il permesso di realizzare le loro riprese.
Ci sono voluti cinque giorni prima che ai giornalisti fosse permesso di lasciare il Paese. Non prima che gli fossero confiscate macchine fotografiche, pc e cellulari, restituiti poi in parte danneggiate e con tutti i dati cancellati. Un'ulteriore ombra sulla preparazione dei Mondiali del 2022.

- Mer, 06/05/2015
fonte:   http://www.ilgiornale.it

Marò, è giallo sull’arbitrato internazionale. La Farnesina come Pilato


Marò, è giallo sull’arbitrato internazionale. La Farnesina come Pilato

Marò, un nuovo giallo. Questa volta riguarda il ricorso dell’Italia all’arbitrato internazionale, più volte individuato come la strada giusta per scuotere una vicenda assurda che si trascina da tre anni. Nel silenzio generale tra continui stop and go del Tribunale di Nuova Delhi il Corriere della Sera ha riportato la notizia che il governo si accingerebbe finalmente a ricorrere all’istituto internazionale per i nostri marò. Fallita la via diplomatica, dunque, entro la metà di giugno il governo dovrebbe ritirare finalmente la proposta “amichevole” per procedere all’arbitrato per stabilire dove risiede la giurisdizione nella vicenda che coinvolge Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Il governo indiano finora non avrebbe preso neppure in considerazione la soluzione concordata messa nero su bianco dall’Italia per mettere la parola fine al calvario dei due marò. L’arbitrato comporta invece un coinvolgimento pubblico internazionale.

Marò, arbitrato internazionale?

Finora la notizia per la soluzione del caso marò non ha riscontri ufficiali. L’articolo sul Corriere, a firma di Danilo Taino, ha suscitato la reazione dell’opposizione non informata dal governo Renzi. Il primo a sollevare perplessità è stato Maurizio Gasparri: «Apprendo dai giornali che il governo si accingerebbe finalmente a ricorrere all’arbitrato internazionale per la vicenda dei nostri marò ingiustamente trattenuti dall’India da oltre tre anni. Si tratta indubbiamente della strada giusta da percorrere – ha dichiarato il senatore azzurro in una nota congiunta con Elio Vito – anche se non priva di rischi e difficoltà, indicata più volte all’unanimità dal Parlamento, ma spiace dover constatare che anche questa decisione la si debba apprendere dai giornali e non venga comunicata nelle sedi istituzionali proprie. Come è avvenuto d’altra parte, per la stessa “trattativa” con l’India sulla vicenda dei marò, i cui contenuti non sono mai stati chiari né tantomeno comunicati alle Camere, ma per condurre inutilmente la quale si è comunque perso un altro anno di tempo!».

Il silenzio del governo

Come da copione il governo non brilla per iniziativa. «Non commento, sono indiscrezioni», non una parola di più dalla Farnesina sul braccio di ferro che coinvolge i nostri marò. Bocche cucite da parte del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che ha preferito dribblare sulla notizia riportata dal quotidiano di via Solferino. Anche Matteo Renzi, troppo impegnato nella sua crociata riformista, sembra aver dimenticato la sorte dei marò, finiti nel dimenticatoio dopo la telefonata spot fatta a poche ore dall’insediamento a Palazzo Chigi.


Clandestini - Alfano vuole imporre ai sindaci di accogliere i clandestini. È caos

Alfano vuole imporre ai sindaci di accogliere i clandestini. È caos

Non si arresta l’ondata di sbarchi sulle coste italiane.  Nel fine settimana sono arrivati in settemila. Altri 873 sono approdati lunedì  a Pozzallo, in Sicilia, mentre un centinaio di clandestini a bordo di un gommone sono stati soccorsi nel canale di Sicilia. Parlare di emergenza è un eufemismo. Ormai l’Italia è esposta ad una invasione senza precedenti. In Sicilia i centri di accoglienza sono stracolmi, al collasso. Numeri alla mano, nei primi mesi del 2015 il ritmo degli sbarchi è cresciuto del 43% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’arrivo del bel tempo rischia nei prossimi giorni di favorire ancor di più questo  autentico esodo di massa dalle coste della Libia, la cui situazione interna è incandescente e fuori controllo.

Alfano vuole piazzare quote di clandestini nelle province

Il guaio è che anche il governo italiano mostra segni evidenti di difficoltà nell’arginare e governare il fenomeno. Con una circolare inviata ai prefetti, il Viminale ha cercato nei giorni scorsi di reperire locali disponibili ad accogliere profughi e clandestini in varie regioni, in prevalenza al centro e al sud. L’obiettivo era di trovare posti letto per circa 6.500 persone. La direttiva, però, non è andata a buon fine. D’altronde molte regioni già in passato si sono fatte carico dell’accoglienza. Nel frattempo i numeri continuano a salire. Ora si cercano locali per alloggiare circa 9 mila clandestini. Così il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha deciso di adottare il braccio di ferro. Una nuova circolare del dipartimento per l’immigrazione, diretto dal prefetto Mario Morcone,  intima ai rappresentati del governo di piazzare i profughi dividendoli in quote per provincia.

Sindaci stressati per trovare posti letti per i clandestini

All’inizio si era parlato di 100 per provincia. Cifre approssimative, in verità. Numeri che ballano. Basti penare che in una infuocata riunione tenutasi nella prefettura di Roma con i Sindaci dei comuni della provincia, la ripartizione ipotizzata dagli uffici del governo prevede una prima dislocazione di circa 350 clandestini. Un problema nel problema. Dal momento che ci sono comuni, come  Cave, Colleferro, Guidonia, Pisoniano, San Vito Romano che già ospitano molte comunità straniere. Nè è facile per i sindaci reperire locali idonei ad alloggiarli. Opporre alle oggettive difficoltà che stanno incontrando gli amministratori locali la minaccia di passare alla requisizione degli stabili, come è nelle intenzioni del Viminale, con tutta franchezza non ci sembra una buona idea.

martedì 5 maggio 2015
fonte: http://www.secoloditalia.it

ROMA - La “cura” Marino stronca il ceto medio. Nella Capitale le tariffe più alte


La “cura” Marino stronca il ceto medio. Nella Capitale le tariffe più alte
Se c’è una città impietosa con il ceto medio, capace di tartassarlo, annichilirlo, sommergerlo di tasse e balzelli fino ad impoverirlo, questa è Roma. La Capitale d’Italia balza al primo posto  quanto a spesa media annuale per tributi e servizi pubblici locali calcolata su una famiglia del ceto medio con due figli a carico. A dirlo è l‘Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali nel Rapporto annuale che fotografa la situazione delle famiglie capitoline. Dati alla mano, una coppia del ceto medio con un figlio che studia paga per i servizi pubblici locali 5.932 euro all’anno. E’ la punta più alta in assoluto. A Torino la stessa coppia paga 5.784 euro, a Napoli 5.768, a Milano, 5.683.
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Roma è la città con la tassazione più alta d’Italia

Insomma, la “cura” Marino ha letteralmente stroncato il ceto medio. Le cose, secondo il rapporto, vanno un po’ meglio per le coppie a basso reddito. Qui la Capitale occupa  una posizione di metà classifica. L’impatto è più tenue per le famiglie che versano in condizioni economiche maggiori e  più precarie. Questo, però, non attenua il fatto che, in questi ultimi anni, il complesso delle tassazioni e delle tariffe imposte dalla giunta Marino per garantire i servizi essenziali abbia raggiunto livelli insopportabili. Le voci sono ormai conosciute dai romani. Si va dai tributi locali ai rifiuti, dalle tariffe per l’acqua al trasporto pubblico, dal ticket per i parcheggi all’asilo nido, dalla mensa scolastica ai servizi culturali in genere come musei e mostre.

 

Roma ai primi posti per le tasse sulla casa

Non solo. Anche per quanto riguarda l’Irpef il ceto medio romano se la vede brutta. La solita coppia con un reddito di 50 mila euro paga 955 euro di quota Irpef al Comune, seconda soltanto a Napoli (1.015 euro). Per non parlare della Tarsi/Imu, ossia della iniqua tassa sulla casa, che incide, per chi percepisce quel reddito, di 2.369 euro l’anno. Insomma, con Ignazio Marino in Campidoglio, la Capitale è riuscita a conquistare il primato della città con la più alta tassazione. Il guaio è che, nonostante i romani siano i più torchiati in assoluto, i servizi per quali pagano fior di tasse, spesso funzionano male o non funzionano affatto.

05/05/15

Inps, come farsi restituire i soldi dalle pensioni

L'Inps non pagherà in automatico


La palla è in mano al governo di Matteo Renzi. Che deve decidere se e (soprattutto) come intervenire per risolvere il pasticcio sulle pensioni dopo la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fornero. Ma la partita sull’illegittimo blocco della rivalutazione degli assegni previdenziali oltre quota 1.406 euro mensili molto probabilmente finirà di nuovo in mano agli avvocati.  Palazzo Chigi valuta le carte sul tavolo. Una delle quali è un decreto d’urgenza, necessario a contenere gli effetti finanziari della sentenza della Corte costituzionale e a disegnare l’architettura dei rimborsi. In linea teorica, l’esecutivo potrebbe anche non muoversi, ma finirebbe col consegnare la patata bollente nelle mani del presidente Inps, Tito Boeri: ma per l’Istituto di previdenza sarebbe un massacro e il bilancio correrebbe il rischio di saltare per aria. Girano vari calcoli: la mazzata sull’Inps potrebbe addirittura superare quota 16,6 miliardi. La platea dei pensionati presi di mira dalla sforbiciata dalle riforma Fornero è vastissima: oltre 5 milioni di soggetti.

NIENTE AUTOMATISMI
Cifre a parte, l’Inps non manderà a casa un assegno con gli arretrati e con le scuse (firmate da Renzi) di sua iniziativa. Se a palazzo Chigi decidessero di non intervenire, la restituzione dei soldi non sarebbe automatica. Si dovrebbe passare in prima battuta per una istanza da presentare allo stesso ente previdenziale. Una domandina che, secondo l’esperto di welfare e previdenza Giuliano Cazzola, potrebbe essere respinta o ignorata per mancanza di fondi. Di qui l’inevitabile ricorso: perché «nessuno si illuda di avere già in tasca quelle risorse o di potersene avvalere come misura di rilancio del mercato interno».

LEGALI E PATRONATI
Fatto sta che una causa da affidare a legali specializzati durerebbe gioco forza qualche anno, non troppi: l’Inps potrebbe arrendersi al primo grado di giudizio. Cazzola, invece, frena sulla pista class action: la causa collettiva è «problematica e inconsueta». A fornire assistenza per battere cassa a Boeri potrebbero essere snche i patronati, magari a costi più contenuti.
La sensazione diffusa, fra addetti ai lavori e pure negli ambienti politici, è che un decreto arriverà, peraltro in tempi brevi. Tra le ipotesi, si potrebbe procedere alla restituzione di quanto dovuto (sarà l’Inps a ricalcolare gli assegni) a rate in un certo numero di anni, in modo da diluire l’impatto sulle finanze pubbliche. Non solo. Si potrebbe anche rimodulare l’intervento spostando l’asticella del blocco della rivalutazione dall’importo oltre tre volte il minimo (circa 1.500 euro lordi al mese, bocciato dai giudici di palazzo della Consulta) a un livello più alto (a esempio oltre cinque-sei volte), in modo da ridurre le somme da ridare. Con il blocco della rivalutazione, negli anni 2012-2013 i risparmi sono ammontati a 8,2 miliardi (circa 3,8 miliardi nel 2012 e 4,4 miliardi nel 2013) che, «spalmati su 5,2 milioni di trattamenti interessati, ha determinato una riduzione media pro-capite di 1.584 euro», ha spiegato Cazzola. Ma a pesare non sarebbero solo i rimborsi per gli anni in cui il blocco è stato dichiarato incostituzionale (2012 e 2013 appunto), pure quelli per i mancati esborsi degli anni successivi, in una sorta di effetto trascinamento. Di qui il conto che potrebbe salire ulteriormente. Ecco perché appare difficile immaginare che Renzi resti fermo.

Si tratta di blindare sia i conti futuri sia di tenere a bada il deficit degli anni precedenti, in modo da evitare pesanti ricadute a Bruxelles con tanto di cartellini gialli sui parametri di bilancio Ue. Qualsiasi intervento volto a introdurre nuovi paletti, tuttavia, potrebbe essere di nuovo censurato dal Giudice delle leggi, spiega Riccardo Troiano, l’avvocato dello studio Orrick che ha condotto (e stravinto) la battaglia legale, per conto di Federmanager e Manageritalia, dinanzi la Corte costituzionale contro la riforma Fornero. Troiano sostiene che governo e Parlamento «mostrerebbero approssimazione» se si decidesse di aumentare i soli assegni pensionistici più bassi. L’avvocato spiega, poi, che nella stessa sentenza dello scorso 30 aprile viene richiamata una precedente pronuncia del 2008, relativa a al blocco degli assegni elevati. In quella circostanza la «Corte rigettò il ricorso», ma lanciò un «monito»: disse «al legislatore di non adottare più provvedimenti analoghi anche» per le pensioni alte «perché si sarebbero minati i principi del sistema previdenziale». Quel suggerimento non è stato ascoltato nel 2011 e la riforma Fornero è stata bocciata. E per le stesse ragioni una «nuova, eventuale operazione di congelamento di assegni di importo elevato violerebbe il principio introdotto nel 2010».

NUOVO RICORSO
Ragion per cui, come accennato, scatterebbe immediatamente un’altra vertenza e, successivamente, una nuova denuncia alla Corte costituzionale che, secondo Troiano, potrebbe bocciare ancora le sforbiciate agli assegni previdenziali. La Corte ha chiarito che «non è possibile colpire con prelievi forzosi i trattamenti previdenziali per meri scopi di risanamento della finanza pubblica». Non è tutto. A palazzo Chigi si parla pure di un eventuale ricorso in sede europea perché, secondo una tesi che circola, i trattati Ue e il six pack blinderebbero in qualche modo i decreti del 2011 che misero in sicurezza i conti pubblici. La riforma Fornero, insomma, sarebbe elevata a norma di rango costituzionale. Troiano parla di «tesi bizzarra che non ha alcun fondamento nell’impianto normativo italiano: vorrebbe dire che la Corte costituzionale ha operato inutilmente o in modo sportivo». Di sicuro a palazzo Chigi manca il fair play.

Francesco De Dominicis - 5 maggio 2015
fonte: http://www.liberoquotidiano.it

Marò, fallisce la via diplomatica e il governo procede con l'arbitrato


Dopo il fallimento della via diplomatica, il governo tenta con l'arbitrato: "Si sono create le condizioni migliori che ci siano mai state per procedere per questa via"


La via diplomatica è fallita e il governo italiano procederà con l'arbitrato internazionale sul caso dei due marò


Questa la ricostruzione del Corriere della Sera, che anticipa che entro la metà del mese prossimo, probabilmente prima, il governo ritirerà la proposta che aveva fatto all'India per una soluzione diplomatica negoziata e comunicherà al governo di Delhi l'intenzione di procedere con un contenzioso per stabilire dove risieda la giurisdizione nella vicenda dei fucilieri di marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e se andranno processati in India, in Italia come sostiene il governo o in un Paese terzo.
Se nel giro di pochi giorni Delhi non darà una risposta chiara all'offerta italiana, spiega il Corriere, il caso prenderà la forma di un confronto pubblico e internazionale. "Si sono create le condizioni migliori che ci siano mai state per procedere all'arbitrato", riferiscce al Corriere una fonte vicina alla trattativa.
La proposta di mediazione diplomatica italiana è dalla fine dell'estate scorsa sul tavolo di Ajit Doval, consigliere per la sicurezza nazionale di Modi, ma non sarebbe mai decollata. Il gruppo di avvocati internazionali — guidati da Sir Daniel Bethlehem — che lavora sul caso per l'Italia, spiega il Corriere, ha nei mesi scorsi costruito la situazione legale per evitare di essere in fallo: ha cessato di riconoscere processualmente la giurisdizione indiana e ha ottenuto a metà aprile il prolungamento della licenza per malattia in Italia di Latorre, che scade il prossimo 15 luglio, così da non trattenerlo in un modo considerabile illegale.
La Corte Suprema indiana inizierà il 7 luglio a discutere il caso della giurisdizione sollevato dall'Italia, di revisione di una sentenza della Corte che affermava la giurisdizione indiana. Il ricorso unilaterale all'arbitrato dovrà dunque essere presentato (se ne occuperà probabilmente la Corte permanente di arbitrato dell'Aja) prima del 7 luglio per evitare la sovrapposizione, ma anche prima che scada la licenza di Latorre. La seconda metà di giugno sarebbe dunque la finestra ultima per muovere il passo. Ci sarà da valutare la posizione di Girone, attualmente in libertà provvisoria a Delhi: la Corte Suprema indiana potrebbe mantenerla, ma se la reazione sarà dura Girone dovrà probabilmente rimanere chiuso nell'ambasciata italiana.

L’ira dei Carabinieri: “Chi risarcisce i feriti e i danneggiamenti?”


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I delegati del Co.Ce.R. carabinieri in una nota odierna affermano che nessuno risarcirà i cittadini e i feriti delle forze dell’ordine che oramai attendono inerti mentre i teppisti, come di consuetudine, vigliaccamente travisati devastano le città mentre un tutore dell’ordine e’ sempre identificabile: le frange violente si possono togliere gli abiti e rendersi irriconoscibili, potremmo pensare anche per loro ad un numero identificativo.
Gli avvenimenti odierni – prosegue la nota del Co.Ce.R. – potrebbero benissimo essere titolati “cronaca di una devastazione annunciata”, se non addirittura “storia di ordinaria follia” visto che quanto e’ accaduto era stato chiaramente anticipato da giorni proprio da coloro che poi si sarebbero resi responsabili dello scempio del centro di Milano.
Addirittura, in questi giorni, tramite i telegiornali, si apprendeva che frange di black block provenienti anche dall’estero, avrebbero manifestato col volto celato. Sarebbe interessante sapere quanti degli appartenenti all’area antagonista che qualche giorno fa sono stati “soltanto” denunciati per possesso di armi e ordigni, hanno preso parte agli scontri, il bilancio dei quali vede ben undici feriti tra le forze dell’ordine. In questi tempi – conclude la nota del Co.Ce.R. – in cui viene praticamente consentito a teppaglia del genere di partecipare a manifestazioni con intenzioni dichiaratamente ostili e in assetto di guerra, contemporaneamente si vorrebbe fare in modo di rendere individuabili carabinieri e poliziotti ritenuti responsabili di azioni di forza i carabinieri comunque continueranno a difendere la legalità e le istituzioni auspicando che il parlamento si confronti rispetto a delle norme che possano in futuro evitare questi deplorevoli episodi. 

Di Guido Lanzo, il
fonte: http://www.qelsi.it

04/05/15

La guerra ‘svogliata’ contro Isis e Califfo

‘Guerra al rallentatore’, ‘guerra svogliata’, quasi non riuscisse a distinguere bene nel torbido intreccio tra amici e nemici. In nove mesi di bombardamenti della Coalizione pare siano stati effettuati gli stessi raid di una settimana di incursioni sulla Jugoslavia nella ‘guerra umanitaria’ per il Kosovo. Milosevic più ‘cattivo’ e pericoloso del Califfato? Per chi? Molte menzogne allora, legittimi sospetti oggi.

Qualcuno l’ha chiamata una ‘guerra cinematografica’ perché ci viene proposta al rallentatore. Stiamo parlando della guerra all’Isis e al Califfato dello Stato Islamico. Minaccia globale contro cui il mondo occidentale e i suoi valori di democrazia si giocavano la loro stessa esistenza, ci dicemmo. Una sorta di ‘guerra assoluta’. Poi, tra un orrore di gole tagliate e l’altro, tra una strage di innocenti e una di reperti storici, paura e indignazione sono calate nella nostra attenzione in parallelo con notizie sempre più a ‘fondo pagina’. E la guerra lanciata dall’Occidente tutto alla barbarie, si impantana nel tran tran. Un po’ di bombe oggi, qualcuna domani, e la guerra sporca, quella sul campo, delegata in casa islamica: gli amici curdi e quelli iracheni, i meno amici sciiti iraniani e persino i ‘governativi’ del siriano Assad ancora nemico. Ma c’è un dato in particolare che mi ha colpito: in nove mesi di bombardamenti della ‘Coalizione’ a guida Usa, pare siano stati effettuati gli stessi raid di un settimana di incursioni sulla Jugoslavia di Milosevic per il Kosovo, nel 1999. Le ricordo bene quelle bombe in arrivo sulla testa, e per quasi tre mesi. Tante, troppe quelle bombe per la sfida militare di allora. Quindi erano soprattutto ‘bombe politiche’ che sono servite poi a produrre il Kosovo albanese. Riflessione elementare: perché oggi invece tanta ‘prudenza’ militare e politica della Coalizione anti califfato? Per fare la guerra al Califfo, chiunque esso sia adesso al comando, l’Occidente non riesce a mettere insieme più di qualche migliaio di istruttori e consiglieri militari da tenere ben lontani dalla prima linea e poche decine di aerei da combattimento ?

Dopo aver visto impegnati centinaia di migliaia di militari in Iraq, Afghanistan e in varie missioni di ‘stabilizzazione’, tanta neghittosità statunitense e dei Paesi Nato oggi lascia perplessi. Sul terreno del confronto con i miliziani Isis i risultati sono ridicoli se si considera la potenza militare degli Stati della Coalizione, Italia compresa che partecipa alla coalizione con quattro Tornado adibiti a sola ricognizione. Ritrosia occidentale ad impegnarsi sul campo solo per non farsi intrappolare in nuove avventure tipo Afghanistan o paura del terrorismo da esportazione? In attesa di una risposta coerente al quesito, resta da rilevare come gli iracheni abbiano ripreso Tikrit impegnando soprattutto milizie sciite e consiglieri iraniani. Già sappiamo da Kobane, della resistenza curda. Imbarazzante per gli Usa la contraddizione siriana dove la sola forza in grado di contrastare i miliziani è l’esercito lealista di Damasco. Storia potenzialmente clamorosa ma priva di riscontri, le tensioni tra Baghdad e Washington, con l’attacco iracheno su Tikrit non preavvertito per sospetti sulla doppiezza della intelligence Usa. Fantapolitica, forse. Tutto ciò in una situazione torbida di compromissioni sospette tra gli alleati della stessa Coalizione anti Isis. Le petromonarchie arabe, ad esempio, compromesse da sempre con l’estremismo sunnita e jihadista. O all’interno dello stesso blocco occidentale rispetto a incidenti di percorso nello scegliersi gli alleati prima in Iraq poi nella Siria anti Assad. ‘Guerra al rallentatore’, ‘guerra svogliata’, guerra di fatto incerta, quasi non riuscisse a distinguere bene nel torbido intreccio tra amici e nemici.

4 maggio 2015
fonte:  http://www.remocontro.it

Pensioni, lo Stato non vuole restituire i soldi. Ecco come








Pensioni, lo Stato non vuole restituire i soldi. Ecco come
Il governo Renzi deve trovare fra gli 11 e i 13 miliardi per riparare alla bocciatura della Corte costituzionale del decreto sulle pensioni di dicembre 2011 che congelò gli scatti su tutte le pensioni dai 1450 euro in su in modo da ridurre il deficit, rendere il debito più sostenibile, garantire la continuità degli impegni dello Stato con l'Europa. E proprio dall'Europa, secondo quanto si legge su Repubblica, potrebbe venire la soluzione che Matteo Renzi sta cercando per non restituire quei soldi ai pensionati: chiedere un rinvio del caso alla Corte di giustizia europea, per chiarire se la sentenza della Consulta italiana sia coerente con gli impegni di bilancio firmati a Bruxelles. Il nuovo Patto di stabilità, il "Six Pack" e il "Two Pack", spiega Federico Fubini, sono inclusi nel Trattato, dunque hanno rango costituzionale e il diritto europeo fa premio su quello nazionale. Il governo italiano potrebbe chiedere alla Corte di Lussemburgo se la sentenza dei giudici di Roma sia compatibile con essi.
Se Renzi decidesse di prendere questa strada sarebbe la prima volta: non è mai successo infatti, spiega Repubblica, che un premier si rivolga alla giustizia europea contro la sua stessa Corte costituzionale. Altra strada sarebbe quella di attenuare e circoscrivere, per ora, l'impatto dei rimborsi richiesti. In passato la Corte aveva indicato che un blocco temporaneo degli adeguamenti all'inflazione delle pensioni almeno otto volte sopra il minimo (da circa 4.000 euro in avanti) non viola Costituzione. Per gli assegni più alti è verosimile che per ora non scatti alcun pagamento, ma i risparmi sarebbero poca cosa rispetto all'ammanco di bilancio aperto dalla sentenza.

4 maggio 2015
fonte:http://www.liberoquotidiano.it/news/economia