“Ogni mattina un cannone inglese da 88
ci martellava le posizioni e a noi la ‘cosa’ non ci piaceva, così
andammo dal Tenente dicendo che dovevamo fare qualcosa per eliminarlo e
così io dissi che potevamo seguire le orme del traino all’alba quando
ancora la sabbia era umida e minarle prima che il sole e vento facessero
sparire il tutto. Bene così ci preparammo e di notte uscì in
pattuglia e mettemmo delle mine sotto quelle impronte e poi andammo via
ritornando nelle nostre linee senza che gli inglesi si accorgessero di
niente. La mattina dopo, il cannone tirò un colpo e poi saltò in aria
con tutto il traino e munizioni”.
Era un ragazzaccio Attilio, c’è poco da
fare. E quel suo carattere sanguigno e goliardico, tipico delle genti
dell’angolo di Marche dal quale proviene, lo ha sfoderato anche in
guerra, quando stufo delle salve dell’artiglieria britannica ha fatto
tacere la batteria con uno ‘scherzetto’ niente male.
Erano altri anni, ma lo spirito alto Attilio Rognoli lo ha mantenuto fino a pochi giorni fa, quando la luce verde dell’aereo della Vita si è accesa per l’ultimo lancio.
A novantatré anni suonati se ne va il
basco amaranto di Senigallia protagonista della gloriosa e tragica
pagina di El Alamein, una striscia di sabbia egiziana nel deserto
libico, luogo che neanche c’è sulla cartina ma che è universalmente
sinonimo di coraggio e di sacrificio.
A raccontare l’episodio del cannone è il
sito Congedati Folgore che, alla testimonianza scritta, allega la foto
della visita dell’anziano parà al 186^ Reggimento “Folgore”, nell’
agosto 2011. Un’istantanea che vale più di cento parole: l’anziano
paracadutista, abbracciato al colonnello Ettore Pollini, si rivolge ai
commilitoni ricordando loro:
“Non vergognatevi mai di quello che siete, siate sempre fieri di essere paracadutisti!”
15 novembre 2014 Marco Petrelli
fonte: http://www.barbadillo.it
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