IL TARLO

e.emme


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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

28/11/15

SIRIA - Giorgio Napolitano in Siria nel 2010: quando Assad non era un dittatore sanguinario

Giorgio Napolitano in Siria nel 2010: quando Assad non era un dittatore sanguinario

Discorso dell'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ospite in Siria del Presidente Bashar Al Assad


dal portale pandoratv.it

Prima che gli USA imponessero all'Italia di considerare Assad un dittatore e la Siria uno stato canaglia, il presidente della repubblica italiana Giorgio Napolitano elogiava Assad e sua moglie per aver reso la Siria un paese civile, laico, tollerante, rispettoso delle minoranze e difensore della comunità cristiana in medio oriente. Era il 18 marzo 2010


 


Fonte: Pandora Tv
Notizia del: 28/11/2015
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Caro preside grillino ‘Tu scendi dalle stelle’? I Genitori ritirino i figli dalla scuola!


 
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I genitori di buon senso, non preparino solo una lettera di protesta contro il dirigente scolastico reggente che, arbitrariamente e incostituzionalmente, ha rimosso il crocifisso dalle aule e poi ha anche cancellato il Concerto di Natale. I genitori di buon senso dovrebbero protestare efficacemente - finché il preside non si dimette o non venga allontanato -  ritirando i loro figli dall’Istituto comprensivo Garofani di Rozzano (Milano) dove è preside l’inadeguato Marco Parma, un dirigente scolastico politicizzato, già candidato sindaco per la lista civica ‘Aria pulita’ e per il M5S a Rozzano, che ha vietato agli alunni (scuole dell’infanzia, primaria e secondaria) il Crocifisso e cancellato la ‘Festa musicale di Natale‘.
Per capire, per assumere consapevolezza e considerare a chi consegnate i vostri figli la mattina e per sapere che cosa possano apprendere con un dirigente scolastico tale, basta leggere come la pensa questo dhimmi sulla via della conversione all’islam, un grillino ‘laicista’ che dovrebbe tornare a scuola proprio per capire cosa vuol dire laicità, che ha avuto l’indecenza di dire: “Rispettare la sensibilità delle persone che appartengono ad altre religioni non è un passo indietro” (giusto? Con la differenza che sono proprio le altre religioni o sedicenti tali, che devono rispettare quella maggioritaria del Paese che li ha ospitati).

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“Anzi – ha detto il pavido aggravando la sua posizione – se noi avessimo organizzato un concerto a base di canti religiosi dopo quello che è accaduto (si riferisce a Parigi) certo qualcuno avrebbe poturo interpretarlo come una provocazione, forse anche pericolosa“ .
Ma questo diversamente tollerante, non considera provocazione proprio quello che egli stesso ha fatto? (Evidentemente è un vizio di movimento, non ci arrivano).
Per questo sedicente preside sono pericolose le canzoni di Natale come Adeste fideles, un canto natalizio trascritto da un tema popolare irlandese nel 1743-1744 per un coro cattolico di Douai, una cittadina nel nord della Francia, a quel tempo importante centro cattolico di riferimento e rifugio per i cattolici perseguitati dai protestanti nelle Isole britanniche. Questo è il testo. Giudicate voi:

« Venite Fedeli, lieti trionfanti, venite, venite a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo,
venite adoriamo, il Signore Gesù.
La luce del mondo brilla in una grotta:
la fede ci guida a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo,
venite adoriamo, il Signore Gesù.
La notte risplende,
tutto il mondo attende:
seguiamo i pastori a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo,
venite adoriamo, il Signore Gesù.
Il Figlio di Dio, Re dell’universo,
si è fatto bambino a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo,
venite adoriamo, il Signore Gesù.
Sia gloria nei cieli, pace sulla terra
un angelo annuncia a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo,
venite adoriamo, il Signore Gesù. »

presepe

E che dire di “Tu scendi dalle stelle”? Questo si che è pericoloso! Un canto natalizio composto nel dicembre 1754 a Nola (NA), dal napoletano sant’Alfonso Maria de’ Liguori, derivato come versione in italiano dall’originale ‘Quanno nascette Ninno’. Il motivo, scritto in 6/8, è uno tra i più famosi canti natalizi italiani.

Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo,
e vieni in una grotta, al freddo al gelo.
O bambino, mio divino io ti vedo qui a tremar,
o Dio beato
Ahi, quanto ti costò l’avermi amato!
A te, che sei del mondo il Creatore,
mancano panni e fuoco, o mio Signore!
Caro eletto pargoletto,
quanto questa povertà più m’innamora!
Giacché ti fece amor, povero ancora!

Cari grullini, come ha ben detto Giuseppe Palma in questo articolo>>>>  GESU’ NON HA MAI UCCISO NESSUNO. ED E’ IN CROCE! LASCIATECI IN PACE! E smettetela con questa storia che lo Stato è laico! Se resuscitasse Cavour vi prenderebbe a calci! La laicità nulla ha a che vedere con le tradizioni di un Paese, che hanno la stessa importanza della laicità! Entrambe sono un valore. E l’una non esclude l’altra!
L’Italia ha una tradizione cristiana. In Italia è nata la Chiesa e in Italia c’è la sede del papato. In Italia c’è il maggior numero di opere d’arte che raffigurano o simboleggiano la cristianità. In Italia c’è la Sindone, in Italia ci sono i chiodi della Croce, in Italia c’è il Papa… in Italia siamo cristiani.
Ciò detto, se nelle scuole o nei Tribunali v’è posto il Crocifisso e nelle scuole elementari si prepara il presepe o si canta Adeste fideles, ciò non può – e non deve – urtare nessuno di religione diversa dalla nostra. E se anche così fosse, cioè se anche qualcuno si sentisse “offeso”, deve sapere che in Italia è così da millenni… per cui è bene che accetti le nostre tradizioni e la nostra cultura. Diversamente, valuti la possibilità di andare altrove… l’accoglienza è un conto, farci “imporre” le “sensibilità” altrui è un altro!

ARMANDO MANOCCHIA - 27 novembre 2915
fonte: http://www.imolaoggi.it

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27/11/15

Sicurezza, Tonelli (Sap) dopo trasmissione Ballarò: Lettera aperta al prefetto Morcone




prefetto Mario Morcone

(AGENPARL) – Roma, 26 nov 2015 – Lettera aperta al prefetto  Morcone  dopo la trasmissione Ballarò di Gianni Tonelli, Segretario Generale Sap, Sindacato Autonomo di Polizia.

Prefetto Morcone,
voglio dirglielo senza troppi giri di parole: lei dovrebbe vergonarsi, chiedere scusa e soprattutto dimettersi dopo le assurde accuse che ha rivolto ai poliziotti e a me l’altra sera, in diretta tv a Ballarò, dopo che il programma condotto da Massimo Giannini aveva mandato in onda un servizio relativo alle condizioni della Polizia di Stato con le denunce in prima persona degli agenti e una mia considerazione finale
Lei deve vergognarsi perchè ha pensato che i poliziotti avessero recitato in malafede una parte, offrendo una descrizione artefatta della verità. Lei che neppure conosce la Polizia, visto il suo percorso professionale, deve chiedere scusa alle donne e agli uomini in divisa perché col suo fare capzioso e strumentale cerca di nascondere quella verità che il Sap sta veicolando da mesi e che ormai tutti i principali media e trasmissioni delle reti tv pubbliche e private, di qualsiasi orientamento, stanno proiettando e diffondendo.
Lo sa che abbiamo giubbotti antiproiettile scaduti e comunque inidonei per affrontare un terrorista? Lo sa che non abbiamo munizionamenti adeguati, che non abbiamo mezzi, che dobbiamo comprarci le divise e lavorare in ambienti luridi? Lo sa che non veniamo formati adeguatamente e che non siamo addestrati a sparare a bersagli in movimento? La realtà che denunciamo e che viene rappresentata  è incontrovertibile.
Per questo, non eccellentissimo prefetto Morcone, lei dovrebbe chiedere scusa anche a chi ha realizzato il servizio trasmesso da Ballarò, un giornalista professionista che al massimo è stato animato da un eccesso di dovizia e scrupolo, mentre lei lo ha offeso ipotizzando che potesse essere l’autore di un ‘tarocco’. Dovrebbe chiedere scusa alla trasmissione tutta e al suo conduttore, quasi che il programma si fosse addirittura prestato per un’operazione con chissà quali finalità politiche, quasi avessero tenuto “intelligenze” con il Sap per far passare un falso messaggio. Si vergogni!
Quel servizio, purtroppo, è un distillato oggettivo della precaria condizione in cui operano i poliziotti su strada, professionisti della sicurezza spesso impreparati per carenza di formazione e soprattutto non sostenuti da chi, come lei, assume atteggiamenti “negazionisti”, gettandoci allo sbaraglio. Esca ogni tanto dal suo dorato ufficio e venga a vedere le condizioni in cui lavoriamo!
Lei, Morcone, pretende di darmi una patente politica? Proprio lei che nel marzo 2011 ha tentato l’avventura politica a Napoli con una lista ben caratterizzata ed è stato, per altro, sonoramente bocciato!!! Lei mi ha accusato di essere vicino ad un partito politico perché sono andato a visitare il Cara di Mineo per far vedere le condizioni vergognose in cui operano i miei colleghi. Tutti i rappresentanti delle forze politiche  erano stati invitati, ma solo Matteo Salvini aveva deciso di venire. E’ una colpa? Lei dov’era???
A mio sommesso avviso il suo comportamento è indegno della funzione che riveste. Aggiungo che lei, addirittura. rappresenta un vero e proprio “pericolo” per i poliziotti perchè con coscienza e volontà nasconde le nostre problematiche e la verità oggettiva sui problemi di chi veste una divisa.
Che cosa dovremmo fare? Smettere di denunciare le situazioni? La denuncia pubblica e anche eclatante, di fronte al muro di gomma ministeriale che lei ben rappresenta, è uno dei pochi modi efficaci per ottenere risultati e soluzioni. La storia, anche e soprattutto quella del Sap, sta lì a dimostrarlo.
Stia sereno, Morcone. Lei è in buona compagnia. Numerosi sono i servi di palazzo, che si annidano anche in talune rappresentanze del personale, i quali cercano di nascondere dietro una trapunta dorata la vergognosa condizione della Polizia di Stato (e delle Forze dell’Ordine tutte).
L’italia e gli italiani hanno diritto ad un apparato della sicurezza efficiente, motivato e gratificato. Cosa che oggi, grazie a persone come lei, appare davvero – mi scuso per l’espressione quasi tautologica – un miraggio utopistico. L’Italia e gli italiani non possono permetterselo.

fonte: http://www.agenparl.com
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Ankara, processo al giornalista che svelò i camion di armi turche diretti ai jihadisti in Siria


Il direttore di Cumhuriyet, denunciato dal presidente Erdogan in persona, rischia l’ergastolo per «terrorismo e spionaggio». La procura ha chiesto il suo arresto



Can Dündar, direttore di Cumhuriyet, il giornale che a maggio ha pubblicato con uno scoop internazionale le foto e il video esclusivo delle armi inviate dalla Turchia alle milizie islamiste in guerra contro Assad in Siria, ha cominciato oggi il suo processo ad Ankara. Accusato di spionaggio e terrorismo, rischia una pena che va dai 10 anni all’ergastolo.

«PAGHERÀ A CARO PREZZO». Il procuratore Irfan Fidan ha chiesto che Dündar, insieme a un collega, venga arrestato durante il processo e ora la corte dovrà decidere. Il processo è particolare anche perché non è lo Stato ad aver denunciato il giornalista, ma il presidente Recep Tayyip Erdogan in persona, chiedendo per lui l’ergastolo più 42 anni di carcere. A giugno il presidente turco disse: «Chi ha pubblicato il video pagherà a caro prezzo questa decisione».

ARMI AI TERRORISTI. Le foto e i video mostrano membri dell’intelligence turca (Mit) caricare di armi un camion da inviare in Siria. Come riportato in esclusiva a Reuters da due pubblici ministeri turchi, attualmente sotto processo per le loro rivelazioni, quattro camion pieni di parti di missili, munizioni e mortai semi-assemblati sono partiti tra il 2013 e il 2014 dalla Turchia e sono stati scortati da membri dell’intelligence di Stato in territorio siriano controllato anche da milizie di Al-Qaeda. Uno dei quattro camion, come affermato da testimoni, è stato intercettato dalla polizia ma gli altri tre no, visto che quando gli ufficiali li hanno raggiunti sono stati minacciati da membri del Mit che hanno intimato loro di andarsene.

SOTTO LE MEDICINE. I camion, per la precisione, trasportavano sei container di acciaio con all’interno un totale di 1.000 parti di missili, 50 mila munizioni per mitragliatrici, 1.000 mortai e 30 mila munizioni per mitragliatrici pesanti. Il tutto era nascosto sotto strati di medicine. A riguardo del processo, il presidente della Suprema corte di appello, İsmail Rüştü Cirit, ha dichiarato: «I tempi che stiamo attraversando sono eccezionali. Noi facciamo del nostro meglio per tirare fuori il paese dai guai in cui si è cacciato».

turchia-cumhuriyet-video 

«DIFENDIAMO IL GIORNALISMO». Dopo aver ottenuto il permesso di parlare, il direttore Dündar ha dichiarato davanti alla Corte: «Siamo qui per difendere il giornalismo, per difendere il diritto dell’opinione pubblica di conoscere le notizie e sapere se il governo le propina menzogne. All’inizio il governo ha risposto dicendo: “Non esiste niente di tutto ciò. Erano solo aiuti [umanitari]”. Poi si è scoperto che erano armi. Allora hanno detto che erano dirette ai Turcomanni. Poi il vice primo ministro, Tuğrul Türkeş, ha detto: “Giuro su Dio che i camion non erano diretti ai Turcomanni”. Poi i Turcomanni hanno detto di non aver mai ricevuto armi. (…) Io non so perché il presidente è l’unico ad essere ricorso [contro di noi]. Questo segreto è un segreto che appartiene allo Stato, non a Erdogan personalmente».

FAVORIRE IL TERRORISMO. Il processo è sensibilissimo in un momento in cui la Russia, e non solo, sta accusando esplicitamente la Turchia di aiutare i terroristi islamici in Siria. Ankara, del resto, ha sempre fatto di tutto per favorire le milizie jihadiste che combattono contro Assad, consentendo a centinaia di combattenti stranieri di unirsi alle fila dei ribelli e dello Stato islamico passando attraverso i suoi porosi confini. La Turchia a giugno ha anche cominciato ad appoggiare attivamente un gruppo di terroristi in Siria, insieme a Qatar e Arabia Saudita. La milizia Jaish Al-Fatah, Esercito di conquista, comprende anche gruppi di Al-Nusra ed è operativa nel nord della Siria.
novembre 27, 2015 Leone Grotti
fonte:http://www.tempi.it/ 
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26/11/15

Lettera aperta di un poliziotto: "Amiamo il nostro lavoro, ma siamo stati uccisi dall'indifferenza del nostro Paese"


Una lettera scritta durante un pomeriggio qualsiasi: Rocco è il segretario provinciale UGL della polizia di Stato di Torino. Si sfoga delle condizioni in cui si trovano oggi le forze dell'ordine

Rocco Campochiaro
            Rocco Capodichiaro


"Io non credo che fare il poliziotto oggi sia come averlo fatto ieri". Inizia così la lettera aperta di Rocco Campochiaro, segretario provinciale UGL della polizia di Stato di Torino. Una lettera indirizzata al presidente della Governo Matteo Renzi, scritta - ci racconta - col cuore, senza pensare al peso che a volte hanno le parole, specie se pubblicate su un profilo Facebook che - ammette - non sa neppure usare troppo bene. Una lettera non per i poliziotti "oramai povere pedine arrugginite di una scacchiera logorata dai 'tagli' del tempo", ma per i cittadini, perchè sappiano le reali condizioni in cui si trovano a operare oggi le forze dell'ordine.
"Lavoriamo in abiti civili perché le vestizioni ordinarie relative alle divise sono insufficienti, appiedati perché senza parco auto evidentemente al collasso e con fotocopiatrici e computer 'personali' troppo spesso acquistati coi nostri soldi", scrive Rocco sul suo profilo.
"I cittadini non sempre ci vedono di buon occhio - ci racconta Rocco - . Si lamentano della nostra assenza, che quando chiamano non arriviamo mai. Ma questo è perchè le auto di servizio non ci sono e non è colpa nostra. E' colpa dell'indifferenza in cui le forze dell'ordine sono state lasciate, abbandonate a se stesse". Non vuole un aumento di salario Rocco e tutti i poliziotti come lui, ma rispetto. Rispetto che chiede al presidente del Governo Matteo Renzi "almeno per gli italiani a cui stai raccontando tante bugie".
Ascoltando Rocco trapela senza esitazioni l'amore estremo per il proprio lavoro, nonostante tutto, nonostante a volte, i giubotti antiproiettile scaduti dopo il periodo di quattro anni, "i poliziotti se li debbano comprare da soli".

"Fiero dei gradi da Assistente Capo che luccicano d'onore sulle spalline della mia divisa, ma deluso dall'indifferenza ordinaria di chi mi governa: state assecondando e impoverendo di motivazioni i preposti alla tutela della sicurezza, state chiedendo agli italiani di non credere più nei principi della legalità perché oggi non sono più una priorità - conclude Rocco -. Ci avete ridotto come una gloriosa ma vecchia Alfa Giulia d'epoca da rottamare, con i lampeggianti fulminati e le sirene malandate, ma col giusto restauro possiamo ripartire, ancora e più veloci di prima, per raccontare al paese che amiamo il nostro lavoro e sappiamo ancora farlo bene, molto bene".

Valentina Ferrero - 24 nov 2015
fonte: http://www.torinotoday.it
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Crisi Mosca-Ankara: i turchi, inconsapevolmente, hanno regalato a Putin il controllo dello spazio aereo siriano



Putin è il padrone del cielo siriano con un complessivo raggio di azione di 500 km. Non si potrebbe definire altrimenti quello che sta avvenendo in queste ore con l’entrata in servizio presso la base di Hmeymim nei pressi del Bassel al-Assad International Airport della linea antiaerea S300/S400. Oltre, ovviamente allo schermo difensivo rappresentato dal Moskva, a ridosso del porto di Tartus.
Partiamo proprio dallo schermo difensivo rappresentato dal Moskva che si estende fino alla zona meridionale della Turchia, sede delle basi utilizzate dagli USA per i raid in Siria. Lo Stato Maggiore russo ieri è stato chiaro: ogni minaccia nemica sarà disintegrata. C’è da capire quando una minaccia, una volta rilevata sui radar, sarà rilevata come tale.
Il Moskva dicevamo, imponente carrier-killer con i suoi SS-N-12 Sandbox lanciati a sciami e con 64 missili terra aria S-300 PMU-1/2. Quei 64 missili di ultima generazione, in grado di abbattere sia caccia che missili balistici fanno del vettore classe Slava sono un incubo per la coalizione. La più potente nave mai realizzata dalla Marina sovietica impone alla coalizione di rivedere l’intera strategia.
Mosca, almeno in queste ore, sembra essersi chiusa a riccio. La sensazione è che dal Cremlino non si fidino più di nessuno. Ma la trappola turca (la violazione dello spazio aereo avviene con regolarità da entrambi gli schieramenti ed erano all’ordine del giorno durante la guerra fredda), ha dato a Putin il pretesto per controllare lo spazio aereo siriano.
Il Moskva conferisce una copertura di 150 km a 360 gradi dal porto di Latakia. A 77 km di distanza si trova la base di Hmeymim. Mosca ha confermato una doppia linea di difesa. L’S-300 è ritenuto letale contro tutti i caccia di quarta generazione e, comunque, contro tutti i vettori non dotati di tecnologia stealth. La versione S-400, invece, è stata progettata proprio per intercettare le minacce stealth occidentali.
Il missile 9M82M conosciuto come “Antey-2500”, (nome in codice NATO SA-23 Gladiator \ Giant) è specificatamente progettato per la difesa tattica contro missili balistici a medio raggio o velivoli nemici. Può seguire fino a 100 bersagli, potendo ingaggiarne 12/24 ad una distanza di 200 chilometri (124 miglia) e ad altezza di 27 chilometri (circa 17 miglia). Il SA-23 è ritenuto immune alla maggior parte delle contromisure ECM occidentali con una tangenza operativa di trentamila metri. L’Antey, una volta messo in linea, non richiede manutenzione per almeno dieci anni, mentre le sue testate sono ritenute in grado di sconfiggere anche i più moderni missili balistici occidentali. E’ guidato da un sistema inerziale con aggiornamento radio a metà percorso, mentre nella fase terminale si affida ad un radar semi attivo.
Il problema è che i russi hanno schierato nella base di Hmeymim la versione V4 con una gittata di 400 km. Per i russi, non esiste velivolo (compresi il B-2, l’F-22 e l’F-35) in grado di affrontare impunemente un sistema S-400. I sistemi S-300 (e S-400) rappresentano la punta più alta dei sistemi di difesa terra-aria russi. Sono progettati per proteggere le aree di importanza strategica. Ogni batteria può attaccare più di una mezza dozzina di obiettivi simultaneamente.
La differenza principale rispetto alla precedente generazione SAM strategica, è che l’S-300 è un sistema mobile. Non solo: gli S-300 sono collegati in rete. Ciò significa che in un sistema integrato di difesa aerea, gli S-300 rappresentano una sfida impossibile da vincere per tutti i velivoli di quarta generazione esistenti. F-15, F-16 e F/A-18: avrebbero ben poche speranze di uscire indenni da un’area protetta dagli S-300.
L'S-400 Triumph (denominazione NATO SA-21 Growler) è un sistema missilistico antiaereo russo progettato per distruggere tutti gli obiettivi aerospaziali moderni ed avanzati ad una distanza massima di 400 chilometri (248,5 miglia), una gittata praticamente doppia al MIM-104 Patriot americano. L’S-400 Triumph, aggiornamento della serie S-300, è in servizio con le Forze Armate russe dall’aprile del 2007, con impiego operativo nell’agosto dello stesso anno. Ad oggi, i russi hanno in linea quattro reggimenti armati con gli S-400 a protezione dello spazio aereo nazionale nella regione di Mosca, nell'enclave baltica di Kaliningrad ed il Distretto Militare orientale. Per i russi, non esiste velivolo (compresi il B-2, l’F-22 e l’F-35) in grado di affrontare impunemente un sistema S-400.


(foto: MoD Fed. russa)

di Franco Iacch - 25/11/15 
fonte: http://www.difesaonline.it

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25/11/15

Sicurezza - "Soldati armati in strada: "Sono solo un bersaglio" "

Parla il presidente del Tribunale militare di Roma "Hanno le mani legate. Impiego solo di facciata"


SICUREZZA: LA RUSSA, 2500 MILITARI PER PATTUGLIAMENTO 
 
I militari spediti a presidiare le fermate della metro e i monumenti di Roma «hanno un valore simbolico, di facciata. Sono di fatto dei bersagli». Lo dice il nuovo presidente del tribunale militare di Roma, Filippo Verrone, una carriera nella procura di Napoli, in un territorio dove le forze armate sono state impiegate contro il cancro mafioso ben prima che quello terrorista sequestrasse la nostra quotidianità, è arrivato da pochissimi mesi in una Capitale sconvolta e "militarizzata".
 
 
Presidente, cosa pensa dei soldati dispiegati nelle strade contro la minaccia del terrorismo?
«Può essere un deterrente, ma è soprattutto un fatto simbolico. Non vedo una grossa una capacità di intervento almeno per come sono impiegati. Sono gente dello Stato tra la gente».
 
 
Rischiano di fare bersagli?
«Sono di fatto dei bersagli. Sono i rischi che si corrono ovviamente, ma io propenderei per un impiego più professionale, visto che abbiamo un esercito di professionisti. L'idea di utilizzare le forze armate in momenti di particolare difficoltà come l'attuale o in realtà sociali difficili è ottima. Però così come avviene mi sembra un impiego di facciata. Vedo ragazzi in divisa che presenziano in zone sensibili ma con possibilità di intervento ridotte allo zero, perché legittimati a intervenire solo in caso di avvenuta aggressione».
 
 
Da anni si discute dell’abolizione dei tribunali militari, considerati anacronistici e costosi. La guerra portata dall'Isis può rivalutarli?
«Se si entrasse in guerra con il califfato islamico come il presidente francese ha sostenuto, con l’applicazione del codice di guerra potremmo entrare in gioco noi, con degli aggiustamenti normativi. Rimarremmo inseriti nell’ordinamento democratico con la garanzia dell’indipendenza assicurata dal nostro organo di autogoverno. I tribunali militari sono una risorsa da non disperdere».
 
 
Nel 2007 furono ridotti da 9 a 3. Lo scorso anno il governo Renzi voleva lasciare solo Roma...
«Già nel 2007 la politica avrebbe dovuto compiere una scelta: abolire la giurisdizione militare, oppure incrementarla e razionalizzarla. Forse siamo uno strumento che si vuole mantenere solo in maniera potenziale. Eppure avremmo una maggiore capacità dei nostri colleghi della giustizia ordinaria di mettere le mani anche nelle spese della Difesa».
 
 
Cosa pensa della proposta di trasformare i tribunali militari in sezioni speciali?
«Ha un solo merito: tenta di superare le resistenze ideologiche che frenano la razionalizzazione della giurisdizione di una struttura legata al ministero della Difesa. In questo modo si creerebbe un legame con il ministero della Giustizia».
 
 
Cosa pensa della vicenda dei Marò?
«Se fossero stati giudicati da un tribunale militare credo che l’Italia non avrebbe avuto problemi con l'India. Infatti c'è stato un momento in cui il ministro Pinotti ha ricordato che anche noi abbiamo i tribunali militari. Forse dimenticando che sono ridotti a contenitori semivuoti».

Martino Villosio- 25 novembre 2015
fonte: http://www.iltempo.it
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L'abbattimento della'aereo russo " Erdogan über Alles "


La Turchia ha cercato lo scontro perché vuole causare una rottura tra Russia e Occidente.




Questa è la sintesi di alcuni commentatori. 

Viste le dichiarazioni a caldo di Obama e Hollande - “la Turchia ha il diritto di difendersi” - sembra che la sua versione dei fatti sia stata sposata (il che non vuol dire che sia quella da bere a occhi chiusi) dai due leader a capo della coalizione anti-Isis. Il primo forse felice di liberarsi dall'abbraccio (interessato) di Mosca, il secondo probabilmente a denti stretti visto che con la mossa turca vede andare in fumo il suo progetto di Grosse Coalition antiterrorismo.
I due si trovano così a difendere di fronte all’opinione pubblica occidentale, assetata di sdegno, impotenza e sete di giustizia (o vendetta, va bene lo stesso), il leader islamico che ha imbastito nel suo paese un’ampia caccia alle streghe contro le voci libere del giornalismo, provocato una rottura cruenta con la minoranza curda, lasciato transitare sul suo territorio gente alquanto sospetta di terrorismo, contrabbandato armi verso i ribelli siriani in odor di islamismo e approfittato della situazione caotica nata dopo i tragici attentati contro i giovani del partito di opposizione curdo, di cui ha accusato il terrorismo islamico, per... bombardare i curdi. Manca qualcosa?
Mancava, fino ad oggi - ma ora c’è anche quello - l’atto più spregiudicato e pericoloso che segna un punto di non ritorno della crisi che era siriana fino a ieri, ma che oggi va, indiscutibilmente, definita mondiale.
Abbattere un aereo militare in volo e uccidere dei soldati è un atto di guerra, non l’errore di un debuttante allo sbaraglio. Un atto di guerra contro una delle massime potenze militari al mondo. Fatto sapendo bene di avere le spalle coperte dal patto atlantico.
Il che significa che se la Russia decide di rispondere da par suo - e sarebbe tutt'altro che incomprensibile - potremmo trovarci tutti quanti, noi popoli dei paesi NATO, trascinati in un conflitto mondiale di cui nessuno (a parte le dietrologie complottiste di sempre che lasciano il tempo che trovano) ha ancora capito motivazioni e cause reali.
È palese che non si abbatte un cacciabombardiere solo perché, senza alcuna evidente ostilità, ha sforato lo spazio aereo di qualche chilometro, ammesso e non concesso che sia vero (chi ce lo garantisce? Notate le minime differenze fra le due versioni nella grafica tratta da Repubblica).

 


La domanda non può vertere sulla verità del fatto in sé. La domanda vera è: perché i turchi non si sono limitati a scortare l’aereo russo con un paio di jet “accompagnandolo” gentilmente fuori dai confini in quella manciata di secondi necessari per uscirne? Evidentemente la volontà era un’altra.
Erdogan ha già dimostrato ampiamente la sua spregiudicatezza. Ora dimostra una sua pericolosa predisposizione per l'azzardo al limite della follia. Non solo per i curdi, che ha ripreso a massacrare come la Turchia fa ormai da mezzo secolo, ma per tutti noi.
Avere un alleato così è quanto di peggio ci possa toccare. Peggio tanto quanto dovergli dare ragione (come fanno Hollande e Obama) perché si è sotto il ricatto politico di un sostanziale alleato dei terroristi islamisti di ogni sfumatura di colore oltre che del manovratore dei flussi di rifugiati siriani in fuga dalla guerra.
L’intervento della Russia in difesa di Assad e delle sue basi militari sulla costa mediterranea non aveva causato scandalo nemmeno in Israele, né gli americani si sono mostrati contrari ad avere qualcuno che infilava le mani in quel nido di vipere che è la Siria attuale. 
Sta di fatto che mentre i russi bombardano i turkmeni (alleati della Turchia) e i turchi bombardano i curdi (alleati dell'Occidente) il Califfato se la ride. Nonostante la palese incongruenza di una guerra all'Isis, dichiarata ma non molto praticata, una Siria ridotta in brandelli, in un patchwork di fragili equilibri fra enclave ostili l'una all'altra, potrebbe andare bene a tutti.
Ma la Turchia ha ambizioni ben più raffinate: sul Medio Oriente, sul Mediterraneo, sull’Islam. Vuole essere eletta a gran voce dalle masse sunnite - e dai recalcitranti alleati occidentali - a capo di una versione moderna della potenza ottomana, spodestando per sempre l'influenza degli zar russi sul mondo islamico ed erigendo un baluardo - non belligerante, ma fermo - contro il progressivo dilagare sciita dalle montagne afgane fino alle sponde del Mare Nostrum, reso possibile dall'abbattimento di Saddam Hussein.
Questa potrebbe essere, alla fine, una mano di poker migliore di quella un po’ strampalata dei fanatici e rumorosi straccioni del Califfato.
Migliore e potenzialmente catastrofica, è ovvio.

(Foto: Kremlin.ru/wikimedia.commons)

di Fabio Della Pergola - mercoledì 25 novembre 2015 
fonte: http://tv.agoravox.it/ 

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I media non siano portavoce dell’ISIS



pila-quotidiani 

Non è la prima volta che testate giornalistiche vanno oltre l’informazione, già sufficientemente drammatica, con titoli da brivido. Non è la prima volta che vengono diffuse informazioni che devono restare in mani ad inquirenti. Basta prendere l’esempio della lista di forze dell’ordine italiane piratata dall’IS di cui la stampa ha pubblicato nomi mettendo ancor più in pericolo chi era nell’elenco. E’ riuscito a fare questa idiozia anche un noto quotidiano statunitense pubblicando un elenco di militari americani target del gruppo terroristico.
Da tempo si sa che l’Isis  è meglio organizzata di quanto alcuni vogliano credere. Dagli iniziali video di esecuzioni che già mostravano la padronanza della tecnica cinematografica e strategica,  ai video in cui parla il reporter britannico John Cantlie, da quelli in cui lo stesso assume la posizione di reporter ai più recenti, la produzione è andata migliorando. Non è un segreto che fra i loro ranghi ci sia gente tecnicamente molto preparata ed anche esperta in manipolazione.
In tutto sono 6 video i recenti video di minacce da parte dei terroristi dell’Isis negli ultimi tempi.
Come stampa abbiamo il dovere di comunicare minacce incombenti se ne siamo a conoscenza. Divulgarle è un conto, spiegandole quando e se è possibile, ma fare da eco ai jihadisti è pura incoscienza, probabilmente dettata dal mero principio che oscilla tra l’ego editoriale e l’incoscienza totale.
Da diverso tempo ci sono appelli ai lupi solitari affinché colpiscano nelle proprie nazioni, ovunque. Appelli ascoltati dagli interessati, ricevuti via twitter, che ha sostituito il desueto c, troppo tracciabile,  e via altri canali ancora. Pubblicare un fermo immagine è lecito purché non si abbia sete di sangue sparso per cadere nel sensazionale. Pubblicare stralci importanti per far capire alle popolazioni che il momento è grave e che siamo a rischio di altre tragedie come in ultimo quella di Parigi del 13 novembre scorso è un conto. Come è un conto pubblicare il fermo immagine di una compagnia aerea nazionale può far capire che “quel” paese è nel mirino.
Ma aprire le News al computer e scoprire che tra gli annunci degli ultimi video contro la Francia, e non solo, c’è anche la pubblicazione di un video per esteso, con sottotitoli in arabo, l’inno jihadista ormai tradotto in tutte le lingue e l’appello a seguire l’esempio degli otto terroristi morti “martiri” o meglio “assassini”, mostrare il jihadista di turno che li ringrazia gioioso è di pessimo gusto. Ma, ancor peggio, è criminale poiché il pericolo viene sì dai terroristi ma anche da chi si sta facendo irretire cedendo a falsi Imam, da predicatori che stanno cercando di radicalizzare il più gran numero di giovani.
Un po’ di buon senso per favore. Ci battiamo per il diritto di espressione che è anche, lasciatemi dire, un dovere. Voler mostrare un video integrale significa farsi portavoce dell’Isis e allargare ancor di più il pubblico che potrebbe esserne influenzato.
I media non devono essere portavoce di carneficine annunciate!

Luisa Pace - 22 novembre 2015
fonte: http://www.lavalledeitempli.net
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24/11/15

Luttwak: europei vi state suicidando con il vostro buonismo


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Questa volta non c’entrano i «lupi solitari», schegge impazzite. La carneficina di Parigi è il risultato di attacchi simultanei coordinati da un commando di almeno otto terroristi islamici, aiutati da una ventina di basisti, probabilmente armati. «Sono i soggetti da scovare» commenta Edward Luttwak, esperto statunitense di strategia militare. «Il centro nevralgico dell’attacco è probabilmente a Bruxelles. Ma sono migliaia i maschi musulmani, radicalizzati attraverso conoscenze personali, Internet o un soggiorno in un campo d’addestramento siriano, che vivono indisturbati in Europa»
.Luttwak, siamo davvero alla Terza guerra mondiale? Il linguaggio del Papa non mi appartiene. Con la retorica dell’accoglienza e dell’umanitarismo ha causato danni enormi. È passata l’idea, amplificata da mass media stranieri e arabi, che l’Europa possa accogliere tutti grazie al lassismo buonista dei vostri governi.

 

Il presidente francese, Francois Hollande, parlando di un «atto di guerra» apre alla possibilità di attivare il patto Nato di difesa comune? Io sono contrario all’ipotesi di bombardare lo Stato islamico. È retto da sunniti, che vedono nell’Iran sciita un nemico acerrimo. E mi domando: ha senso attaccare il nemico del tuo nemico? Uno dei kamikaze del teatro Bataclan era un 29enne francese, di origini algerine, con otto condanne per reati minori, mai incarcerato e schedato dai servizi di sicurezza con la lettera «S». Eppure non era monitorato.
Possibile? Sono almeno 5 mila in Francia le persone schedate con la «S», tutte libere di condurre una vita normale e di ordire la trama del prossimo attentato. L’attività di prevenzione non può annullare il rischio di un attacco, ma deve puntare a minimizzare le vittime. I servizi americani e italiani, attraverso intercettazioni e infiltrati, ricostruiscono la rete dei sospettati da fermare prima di un’eventuale azione.
I 17 musulmani arrestati a metà novembre dalle autorità italiane tra Merano e Bolzano non avevano ancora sparso terrore, ma «parlavano» di Jihad. I servizi francesi invece adorano compilare dettagliate biografie dei sospettati di integralismo, ma poi li lasciano liberi di girovagare per il Paese, di andare e tornare dalla Siria. Si accontentano di rimuovere il sangue dal pavimento quando ormai è troppo tardi. Il Bataclan, che ha proprietari ebrei e ospita eventi di organizzazioni ebraiche, era nel mirino dei terroristi dal 2008. La polizia lo sapeva.

 

Che cosa doveva fare? Desta allarme che potenziali jihadisti possano muoversi indisturbati sul territorio francese e da lì entrare in Belgio o in Italia senza essere arrestati e messi sotto torchio. A volte i metodi possono non essere i più garbati, ma è l’unico modo per difendersi, a volte anche a costo di «sgarrare».
Ma così non si abbassa la guardia sul rispetto dei diritti umani e sullo Stato di diritto? Pochi giorni fa la polizia francese ha arrestato un gruppo di manifestanti, tutti incensurati, che chiedevano la chiusura di una moschea a Brest, in Bretagna. L’organizzazione si chiama Adsav, cioè «Rinascita»: è repubblicana e nazionalista, e manifestava pacificamente cantando la marsigliese per contestare un imam locale che lancia furiose invettive contro la musica occidentale. I francesi hanno alzato la testa e la polizia ha arrestato loro, quelli accusati di «anti-islamisation».

 

Lei descrive uno scenario che ricorda il libro Sottomissione di Michel Houellebecq. Siamo al suicidio della civiltà europea. Ci scontriamo con il sistematico rifiuto di accettare una verità lampante: in questa fase storica l’Islam conduce una «guerra santa» contro l’Occidente. È la seconda invasione dei barbari, dopo quella avvenuta tra il III e il VI secolo. L’Europa riuscì allora a rimettersi in piedi. Può reagire anche oggi. Eppure c’è chi dice che l’Islam è una religione di pace. Il Corano contiene pagine infuocate che inneggiano alla Jihad globale. È chiaro che non tutti i musulmani si arruolano, non tutti aderiscono al culto in modo integrale: c’è chi manda la figlia a studiare nelle università occidentali senza velo e con lo smalto alle unghie. Ma è un fatto che tutti i terroristi sono di religione musulmana. Un’interpretazione letterale del Corano fomenta una vasta comunità musulmana che ha una straordinaria capacità di penetrazione nel vostro Continente.

 

Persino la Germania di Angela Merkel ha aperto all’immigrazione: fa male? La Cancelliera è in difficoltà perché le sue aperture sono parse improvvide ai suoi stessi colleghi di partito. Su Youtube c’è una videointervista a un gruppo di giovani profughi afgani arrivati in Germania: affermano di essere contenti della nuova sistemazione, desiderano sposarsi e prolificare, dicono che le loro mogli indosseranno il burqa e la Germania diventerà un Paese musulmano.
Sono queste le loro previsioni. Eppure quando i primi profughi sono giunti alla stazione di Monaco di Baviera abbiamo visto cittadini tedeschi cantare l’inno d’Europa e applaudire in lacrime. Una scena molto commovente, se non fosse che solo il 20 per cento degli immigrati in Europa è costituito da famiglie siriane, il resto da giovani maschi musulmani animati dall’ideologia della conquista.

 

Come possono reagire i governi europei? Devono anzitutto rispettare le leggi in vigore. Né la Germania né l’Italia possono violare deliberatamente il trattato di Schengen, sottoscritto da entrambe. Checché ne dica il Vaticano, l’Italia può accogliere esclusivamente rifugiati che scappano da guerre in corso, non migranti economici. L’identificazione deve avvenire nei Paesi d’origine. Facciamo i conti con flussi di dimensioni colossali. Secondo l’Onu, nella sola Grecia sarebbero sbarcati 800 mila immigrati. Ed è una stima al ribasso.

Foto: Ansa, Reuters, AFP, AP

Redazione 22 novembre 2015
di Annalisa Chirico da Panorama  

fonte: http://www.analisidifesa.it
 
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MA DI QUALE DIFESA DELLA NAZIONE, DELLE SUE RADICI E TRADIZIONI, E DI ANTITERRORISMO VOGLIAMO PARLARE, ABBIAMO GIA' PERSO !!!!!!!! - La scuola vieta la festa di Natale: "Per rispetto delle altre religioni" - L’altra istruzione. Se il Corano non vuole Peppa Pig, Natale e il Crocifisso.

A Caorso per non offendere i bambini stranieri, la direttrice elimina il presepe e altri riferimenti religiosi. In rivolta i genitori di 120 alunni


Togliere il presepe a 120 bim­bi p­er far vincere il multicultura­lismo? In provincia di Piacenza

Bimbi fanno il preesepe vivente


si può. Nella citta­dina di Caor­so, finora cele­bre solo per il tira e molla sulla centrale nucleare, il diktat di una preside sta scatenando un polverone che, addirittu­ra, finisce sul­la scrivania del ministro dell’Istruzio­ne Francesco Profumo. La protago­nista di que­sta storia si chiama Ma­nuela Bruschi­ni e dirige l’istituto scola­stico com­prensivo di Monticelli d’Ongina e San Nazzaro (materne e medie). Alcu­ne settimane fa, Bruschini ha deciso di vietare ogni riferimen­to ai temi religiosi tra le iniziati­ve scolastiche per il prossimo Natale. E, così, anche un classi­co come il presepe è finito nel gi­rone dei simboli proibiti.
Ha tentato di metterci una pezza il sindaco (Pdl) di Caor­so, Fabio Callori, promettendo che stamattina porterà alla scuola materna del suo paese quattro presepi alle quattro se­zioni dell’asilo. Ma la frittata è
fatta:il ministro Profumo e l’as­se­ssore regionale Patrizio Bian­chi, infatti, sono già stati infor­mati della vicenda.
Bruschini giura di non aver fatto tutto da sola: «Anzi- sostie­ne la preside- è stato proprio il collegio a suggerire iniziative sulla multiculturalità. Ho dato indicazione di evitare riferi­menti religiosi per concentrar­si su temi universali come l’ami­cizia e la fratellanza».
Tutti amici e tutti fratelli, in­somma, ma allora perché aboli­re i re magi, le stelle comete o la stalla di Betlemme? Per ora non lo capiscono nemmeno le fami­glie degli oltre 100 bimbi coin­volti o, tanto per buttarla in poli­tica, il capogruppo bersaniano in Provincia, Marco Bergonzi, ha già chiarito che «toccare il Natale ai più piccoli è una vergo­gna », ma sono soprattutto le mamme dei bambini a mostrar­si
allibite. Tra le signore inter­pellate in questi giorni, spicca­no quelle che ammettono che «mi spiace, ma non capisco», oppure chi ricorda che «già i bambini il Natale non lo sento­no più, ora se eliminiamo an­che il presepe… » o ancora colo­ro che si permettono di dire che «le tradizioni non fanno male a nessuno ed è meglio tenerse­le ». Macché.
La preside multiculturale non ha ceduto di un centimetro e, dopo essersi preoccupata di
chiarire che il suo niet al prese­pe è «pedagogico e non politi­co », punta a minimizzare: «Al­cuni genitori si sono detti per­plessi ma non tutti, sono sem­pre pronta al dialogo e alla spie­gazione ».
Intanto, la storia del presepe negato agita le acque della poli­tica non solo locale. Il sindaco, oltre a recapitare i presepi al­l’asilo, annuncia che chiederà di trasferire Caorso in un altro distretto scolastico. Il deputato piacentino Tommaso Foti (Pdl) bolla la sortita della presi­de come «una scelta scellerata» degna «degli eredi di Lenin, Sta­lin, Ceausescu» e ha già presen­tato l’interrogazione al mini­stro.
Il collega della Lega Massimo
Polledri dice che Bruschini gli «ricorda il Grinch, quello stra­no personaggio di fantascienza che odiava il Natale e il clima di festa e andava in giro a rubare tutti i doni, alberi di Natale com­presi ». Mentre il consigliere re­gionale Stefano Cavalli ( di nuo­vo Lega) ha informato la Regio­ne Emilia- Romagna, pure il pre­sidente della Coldiretti Piacen­za, Luigi Bisi, assicura che «can­cellare il presepe significhereb­be cancellare la nostra identi­tà ». Solo Rifondazione ritiene «allucinante il coro di dichiara­zioni a senso unico da parte di fascisti, leghisti ed esponenti del Pd». La preside prova di resi­stere a oltranza: «Non devo ri­spondere degli sviluppi politici della vicenda». Troppo tardi, a quanto pare.

LUCA DONIGAGLIA -  22 NOV 2012
fonte: http://www.ilgiornale.it/

L’altra istruzione. Se il Corano non vuole Peppa Pig, Natale e il Crocifisso


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Il presepe a scuola? Offende l’Islam. La carne di maiale servita agli alunni? Maometto non vuole. L’amata Peppa Pig? Sempre di porcellino si tratta, perciò via anche quella. Magari un po’ di musica? Macché, per il Corano è peccato. Almeno possiamo lasciare il Crocifisso? Ovviamente no, disturba gli islamici. Insomma, per via di una travisata forma di rispetto, un’idea di tolleranza che tale non è, anche l’Italia sta rinunciando ai suoi simboli culturali, inevitabilmente legati alla tradizione cristiana. Proprio ieri il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha reso noto che «in una scuola in provincia di Bergamo la dirigenza ha chiesto alla banda di non suonare «Adeste Fideles perché troppo cristiana» e nel bresciano «vorrebbero che, per lo stesso motivo, non si festeggiasse Santa Lucia». Ed è di pochi giorni fa la protesta, a Torino, di due famiglie musulmane contro un progetto musicale scolastico che offenderebbe il Corano. In una scuola materna alla periferia di Milano a farne le spese è stata Peppa Pig, messa da parte dagli insegnanti per le pressioni esercitate da alcune famiglie islamiche, mentre nell’aprile scorso, per via della presenza di alunni musulmani, la preside di una scuola di Decimoputzu (Cagliari) ha vietato al parroco di benedire le aule. Stesso episodio due anni prima in un istituto elementare di Varese.
Anni fa, in una scuola materna di Bolzano, persino una canzoncina contenente un verso su Gesù è stata eliminata per «non offendere la sensibilità degli alunni islamici», mentre all'istituto scolastico di Monticelli d'Ongina di Piacenza, in quello De Amicis di Bergamo e in una scuola di Leinì, nel torinese, a soccombere è stato il presepe, vietato perché esplicito riferimento a temi religiosi. L’anno scorso nelle mense scolastiche delle scuole materne ed elementari di Pescara sono state vietate le bistecche di maiale, mentre in un istituto del distretto Pianura Est del bolognese ad alcuni alunni non musulmani sono state imposte lezioni di Islam. Quanto al crocifisso, tutto è iniziato con Adel Smith, ex presidente dell’Unione musulmani morto di recente, che nel 2003 avviò la sua battaglia contro la presenza di simboli sacri in scuole, aule giudiziarie, ospedali e seggi elettorali. Una «guerra ideologica» che ha fatto proseliti. Niente Cristo in croce, ad esempio, per rispetto della multiculturalità e per via della presenza di bambini di confessioni religiose diverse, nelle aule della scuola Bombicci di Bologna. E pochi giorni fa, infine, i ragazzi della scuola primaria «Matteotti» di Firenze sono stati persino costretti a rinunciare alla mostra «Bellezza divina». Motivo? Fra i dipinti esposti c’era anche la «Crocifissione bianca» di Chagall. «Non volevamo non urtare la sensibilità dei non cattolici», hanno spiegato, convinti di essere nel giusto, i membri del consiglio interclasse.

Luca Rocca - 24/11/2015
fonte: http://www.iltempo.it

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23/11/15

Perché non ci stiamo accorgendo della persecuzione anticristiana nel mondo?

                                                         (foto di repertorio)

Forse, la frase più efficace per spiegare il titolo di queste breve considerazioni è stata pronunciata dal rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni: “Si rimane perplessi dalla timidezza delle reazioni cristiane davanti all’entità degli orrori”. Avremmo voluto scendere in piazza per manifestare solidarietà con i cristiani uccisi e perseguitati – continua il rabbino capo – così come molti hanno fatto con noi ebrei quando siamo stati colpiti, ma “trovare qualcuno a cui esprimere solidarietà, per non parlare di una sponda organizzativa, è stata un’ardua impresa” (Il Foglio, 21 novembre 2015).
Paradossale. Pazzesco sarebbe meglio dire. Che il capo di una comunità non cristiana rimproveri i cristiani di non fare memoria del tentativo in corso di farli scomparire da una parte del mondo e della persecuzione che subiscono negli altri continenti, è veramente e solamente pazzesco.
Perché di questo si tratta. Se continuasse l’attuale tendenza, fra cinque anni in Iraq non ci saranno più cristiani, diventati meno di trecentomila quando nel 2002 erano un milione. E in tutto il Medio Oriente la tendenza è questa con la sola eccezione di Israele, dove peraltro la comunità cristiana non si sente tranquilla.
Ma se il Medio Oriente va verso la scomparsa della presenza cristiana, negli altri continenti la persecuzione è in continua ascesa, come dimostra l’inascoltato rapporto sulla persecuzione anticristiana dell’Aiuto alla Chiesa che soffre. In Africa, in particolare in Nigeria e in Eritrea, la setta islamista di Boko Haram nel primo e il governo nel secondo Paese, mirano ad annientare la presenza cristiana. Ma non solo gli islamici, anche i nazionalisti dell’India, i comunisti della Corea del Nord e della Cina, fanno della religione cristiana la più perseguitata nel mondo. Tanto che il “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo” che l’Aiuto alla Chiesa che soffre prepara dal 1999 è stato affiancato da una Appendice specificamente dedicata alla persecuzione dei soli cristiani e che significativamente si chiama “Perseguitati e dimenticati”.
Se sappiamo chi li perseguita facciamo fatica a capire perché noi li dimentichiamo. Papa Francesco ne parla spesso, come del resto il suo predecessore. Noi cattolici occidentali preferiamo occuparci d’altro, anche di cose molto importanti, ma il tema della persecuzione non entra facilmente nei nostri ambienti, non riempie sale e piazze, non scalda i cuori.
E questo non avviene soltanto presso gli ambienti che non si interessano di nulla oltre i loro angusti interessi locali, ma neppure presso ambienti molto attenti alla scristianizzazione, alla difesa della vita e della famiglia, alla promozione della fede in senso lato.
Perché questo?
Onestamente non so rispondere. Ma credo comunque che vada superata questa forma di pigrizia spirituale e culturale, per cui i nostri fratelli nella fede che vengono uccisi e perseguitati non sono adeguatamente ricordati e difesi nelle nostre chiese e comunità.
Credo che anzitutto vada predisposta un’opera di informazione che manca. La Chiesa del silenzio era aiutata anche in periodi difficili, come quando si cercò di trattare coi regimi comunisti praticando l’ostpolitik per cercare di favorire la nomina dei vescovi nelle diocesi scoperte, e allora la Chiesa perseguitata era sostenuta perché era conosciuto il suo dramma, erano famosi i suoi martiri e i protagonisti della resistenza. Oggi noi colpevolmente sappiamo poco o niente dei cattolici caldei, siriaci, maroniti, melchiti e delle Chiese ortodosse che patiscono con loro la persecuzione. Qualcosa in più è stato fatto nei confronti dei cristiani del Pakistan perché abbiamo avuto il martirio di un ministro, Shabbaz Bhatti, e la testimonianza eroica di una madre di famiglia in prigione da anni, Asia Bibi.
Bisogna fare una grande opera di informazione.
Poi dobbiamo fare conoscere i termini e i numeri della persecuzione. Il “Rapporto sulla libertà religiosa” dell’Aiuto alla Chiesa che soffre, con l’appendice sulla persecuzione anticristiana, va presentato e fatto conoscere cosi come l’opera meritoria di agenzie di informazione, come Asia news e altre. E bisogna che i pochi che fino ad adesso hanno faticato per attirare l’attenzione non si scoraggino e continuino a operare. E, potendo, tutti dobbiamo sentire il dovere di aiutarli, facendone conoscere le storie di persecuzione e aiutandoli economicamente.

Marco Invernizzi
fonte: http://comunitambrosiana.org

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22/11/15

#Marò in India: I CASTELLI DI CARTA STANNO PER CROLLARE.

 

L'analisi degli Annex effettuata dal Perito Giudiziario Luigi Di Stefano, presenti in questo sito www.seeninside.net/piracy sono state inserite anche in diversi Blog con lo scopo unico di dare maggior indicizzazione nella rete.
Ci sono state alcune migliaia di visualizzazioni, da quando sono stati pubblicati. Ottimo risultato direi. Ma per un semplicissimo motivo, il SILENZIO da parte dei numerosi lettori, ha confermato che non vi sono nell'analisi, parti attaccabili o contestabili. Esame N.1 superato quindi.
Ovviamente i soliti noti hanno provato e ricamarci sopra ma solo con supposizioni e congetture, più per partito preso che altro, ma nulla hanno contestato al lavoro del Perito.
Per questi motivi, sono fermamente convinto, che le ragioni dell'Italia, una volta riunitasi la neocostituita Corte Arbitrale, siano davvero forti anche per chiedere il rientro in Patria di Salvatore Girone e per pretendere la non ripartenza di Massimiliano Latorre. 
Anche se questa Corte ha il solo compito di decidere chi ha la Giurisdizione sul Caso Enrica Lexie, tutti gli elementi a disposizione della difesa dei due Fucilieri, non potranno non essere presentati e sono convinto che Sir Daniel Bethlehem, diciamo così, una sbirciata a questo encomiabile lavoro di analisi, l'ha sicuramente data.
Un gruppo di Amici, tra noi sostenitori, si è prodigato a tradurre dall'italiano all'inglese tutto il lavoro di Di Stefano e appena possibile lo andremo a "postare" in tutti i siti indiani. 

fonte: http://opinioneitalia.blogspot.it - 22 nov 2015
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Attentati a Parigi - Lettera del marito di una delle vittime






"Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio. Eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale uccidete ciecamente ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi volete che io abbia paura, che guardi i miei concittadini con diffidenza, che sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.

L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era tanto bella come quando è uscita venerdì sera, tanto bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio".
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