Lo scorso febbraio con Matteo Renzi in arrivo a palazzo Chigi, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, del governo Letta, richiamò pure lei l'ambasciatore Daniele Mancini. La Corte suprema indiana aveva deciso per l'ennesima volta di rimandare il caso marò. Altro rullo di tamburi e poi il diplomatico tornò a Delhi in silenzio e l'odissea dei fucilieri di Marina continuò come prima. Il terzo richiamo dell'ambasciatore suona come una presa in giro.
Il governo Renzi fa il «finto» duro e richiama
l’ambasciatore italiano da New Delhi. Peccato che nell’odissea dei marò è
la terza volta e non sia mai servito a nulla. Un vero atto di forza
sarebbe ritirare il nostro diplomatico dall’India e se non bastasse
considerare persona non grata l’ambasciatore indiano a Roma.
Non solo: dal capello magico del novello ministro degli Esteri, Paolo
Gentiloni, rispunta l’arbitrato internazionale annunciato mille volte e
mai attuato. «Passano i governi, cambiano i ministri, fanno gli annunci
ma poi tutto rimane fermo. L’arbitrato internazionale è l’unico
strumento utile alla soluzione dei fucilieri di Marina, già previsto dal
momento in cui i due marò sono stati rinviati in India» lo scorso anno
dal governo Monti. Lo continua a ripetere, inascoltata, Angela Del
Vecchio, esperta dell’università Luiss di Roma. Il colpo di reni degli
Esteri e della Difesa, di ieri, annunciato alle Commissioni
parlamentari, assomiglia più ad un bluff, di chi non sa che pesci
pigliare. «Di fronte a un atteggiamento così grave – delle autorità
indiane – il governo si riserva i passi necessari a partire dall’urgente
richiamo per consultazioni dell’ambasciatore italiano a Nuova Delhi»
anche se «non si tratta di rottura delle relazioni diplomatiche» ha
tenuto a precisare ieri Gentiloni. Nel maggio 2012, dopo la
presentazione dell’atto di accusa per omicidio volontario di due
pescatori indiani contro i marò, l’allora governo Monti richiamò con
squillo di trombe l’ambasciatore a Delhi, che era Giacomo Sanfelice di
Monteforte. Meno di un mese dopo tornò in India. Per Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone non cambiò, in pratica, nulla.
Lo scorso febbraio con Matteo Renzi in arrivo a palazzo Chigi, il
ministro degli Esteri, Emma Bonino, del governo Letta, richiamò pure lei
l’ambasciatore Daniele Mancini. La Corte suprema indiana aveva deciso
per l’ennesima volta di rimandare il caso marò. Altro rullo di tamburi e
poi il diplomatico tornò a Delhi in silenzio e l’odissea dei fucilieri
di Marina continuò come prima. Il terzo richiamo dell’ambasciatore suona
come una presa in giro. Un bluff accentuato dall’annuncio di Gentiloni,
che cala l’asso dell’arbitrato internazionale: «Stiamo considerando
passi successivi» compreso «l’arbitrato internazionale su cui prenderemo
una decisione nei prossimi giorni». Il 18 marzo, l’allora ministro
degli Esteri, Federica Mogherini, annunciava: «Il prossimo passaggio può
essere l’avvio di un arbitrato internazionale». Il 24 aprile rivelava
l’apertura di una «procedura internazionale» con l’invio di una nota
verbale all’India. Un primo passo che se non darà esiti sfocerà
nell’arbitrato intrenazionale. Il 27 maggio è stato assoldato per l’ex
capo del servizio giuridico del Foreign office, il baronetto britannico
Daniel Bethlehem, che fino ad oggi non ha partorito assolutamente
niente. Nonostante la giurista Del Vecchio continui a dire che
«l’arbitrato si potrebbe attivare già oggi. Il ricorso era stato
preparato dalla commissione che si occupò dei marò all’inizio della
vicenda (mille giorni fa, nda ). Bisogna solo presentare la richiesta al
Tribunale internazionale del mare».
Oltre al danno la beffa peggiorata dal governo che si sta infilando
in una situazione estremamente pericolosa con Latorre in Italia e Girone
in «ostaggio» a Delhi. «Siamo delusi ed irritati per la decisone della
Corte suprema indiana sui due marò» ha dichiarato la Pinotti. E
riferendosi alle condizioni di salute di Latorre in permesso «sanitario»
in Puglia, che dovrebbe rientrare a Delhi in gennaio sostiene «che non
ci sono le condizioni per farlo partire dall’Italia». E sull’ennesima
Caporetto sul caso marò, il presidente del Consiglio tace.
di Fausto Biloslavo - 20 dicembre 2014
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