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Democratico? Fase programmatica, fase congressuale, discontinuità, 
primarie, legge elettorale, elezioni, più a sinistra, più al centro, 
minoranza che non si sente a casa. Nella migliore delle ipotesi si 
parlano addosso manco fossimo in un dibattito da cineforum del ’68 e 
nella peggiore delle ipotesi discutono di cose che non interessano alla 
gente. Stringi stringi, assomiglia a una lotta tra correnti per la 
conquista delle cadreghe. Che poi alla fine non ci sarebbe nulla di male
 se non ammantassero le loro discussioni con l’ipocrisia della battaglia
 interna fatta per assicurare alla Nazione un Pd in grado di combattere 
le disuguaglianze e assicurare una guida seria all’Italia.
In questa faida interna non ci sono vittime e carnefici: da una parte
 c’è Matteo Renzi che ha trattato il partito come un fardello vissuto 
con fastidio e dall’altra ci sono quelli della minoranza che non ci 
stanno ad essere fuori dai giochi e, fottendosene del partito oltre che 
degli interessi del Paese, mirano a distruggere giocando al tanto peggio
 tanto meglio.
Ma se Atene piange, Sparta non ride: dov’è finito il sogno a Cinque 
Stelle? Se volessimo in breve fare la fenomenologia di questo Movimento,
 dovremmo partire dalla rabbia e dalla vendetta. C’è una gran fetta di 
popolazione, soprattutto ma non solo giovane, che si è sentita esclusa 
da una classe dirigente avida e disinteressata ai problemi del 
cittadino, cominciando a covare insofferenza e odio verso la “Kasta”. 
Beppe Grillo (o forse sarebbe meglio dire Davide Casaleggio) ha 
cavalcato questa insofferenza trasformandola in vendetta e voglia di 
rivalsa. Il fenomeno pentastellato è nato da questo così come 
dall’equivoco di fondo che l’uomo comune, il cittadino per l’appunto, 
possa fare politica al pari o forse meglio del governante navigato, 
nutrendo verso quest’ultimo un sentimento di arroganza misto ad 
aggressività, ostentata quasi per vincere una sorta di complesso di 
inferiorità. La demagogia del riscatto ha prodotto le pippe al potere; 
quelli che, al netto delle mail che Di Maio non ha capito sul caso 
Quarto, di Marra, di Romeo, delle polizze o della Muraro, nei fatti non 
hanno prodotto nulla. Più degli scandali (che probabilmente non ci 
restituiranno atti penalmente rilevanti), sarà il nulla a far tracollare
 l’equivoco grillino, sarà l’imbarazzo malcelato di chi sta ancora 
cercando di capire come funziona e nel frattempo assume quello sguardo 
ebete ma fintamente intenso che hanno tutti questi ragazzi che giocano a
 fare i duri ma nei fatti sono frastornati da una responsabilità che non
 sono in grado di gestire. Se infatti dovesse essere appurata la totale 
estraneità alle vicende processuali, sarà altrettanto evidente che, 
incappare in frequentazioni pericolose o in indagini rocambolesche, è 
molto più facile di quanto costoro non cianciassero quando erano 
all’opposizione. Troppo facile fare i duri e puri con le mani libere ma 
altrettanto difficile è giustificarsi quando gli schizzi ti lambiscono 
dopo aver predicato la religione dell’onestà e spergiurato che mai e poi
 mai avresti tollerato indagini giudiziarie a carico dei tuoi 
amministratori che devono essere e apparire diversi. Troppo facile 
promettere di risolvere i problemi che la politica non è stata capace di
 approcciare e poi barcamenarti perché nemmeno sai come si fa una 
delibera piuttosto che prendere tempo cambiando mille volte idea e, nel 
dubbio, non fare gli appalti perché altrimenti ci si infilano dentro i 
malavitosi. L’inesperienza al potere blocca tutto e ti costringe a 
colmare il gap tecnico/politico circondandoti dei vari Marra e Romeo che
 almeno sanno come girano le cose e ti aiutano a vincere la disperazione
 di non sapere nemmeno dove puntare il navigatore per andare al 
Campidoglio. Comprensibile, ma non fa il paio con i proclami grillini.
Una sinistra dilaniata, unitamente al sogno movimentista ormai in 
frantumi, costituiscono una formidabile opportunità per il centrodestra 
che ha di fronte una prateria sterminata da conquistare, un bacino che, 
per dirla con Tatarella, coinvolge un 60 per cento di cittadini che non 
si identifica nel progressismo. Sarebbe un’occasione forse irripetibile.
 Già, se solo la si smettesse di andare in ordine sparso coltivando 
pavidamente il proprio piccolo orticello.
di Vito Massimano - 18 febbraio 2017
fonte: http://www.opinione.it 
 






 
  
 
  
