I consistenti flussi di immigrati illegali dalla Libia degli ultimi
giorni, oltre 7 mila persone soccorse e trasferite in Italia e più di
200 morti affogati solo nel week end scorso, evidenziano tutti i limiti
di un dibattito ideologico e sterile dal momento che nei porti italiani i
migranti illegali vengono sbarcati sia dalle navi civili delle Ong sia
da quelle militari delle flotte italiane ed europee.
Il procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, sostiene
che “il soccorso ai migranti va fatto nel rispetto della legalità” ed
entrare nelle acque territoriali libiche “è possibile solo in presenza
di condizioni di pericolo, se no si fa agevolazione dell’immigrazione
clandestina”.
Le navi di alcune Ong vi entrano regolarmente, a quanto pare in
seguiti a contatti con gli stessi trafficanti mentre per le navi
militari l‘acceso alle acque libiche resta subordinato teoricamente a un
“invito” delle autorità libiche o a un’autorizzazione dell’Onu che
nessuno al Palazzo di Vetro.
Il confronto è tra due filosofie diverse: L’Italia e l’Europa
vorrebbero che all’interno delle acque libiche provvedesse la locale
Guardia Costiera addestrata ed equipaggiata (anche con 10 nuove
motovedette in fase di consegna) dagli italiani a soccorrere e riportare
a riva i migranti.
Le Ong sono animate invece dalla volontà di salvare più persone
possibile per trasferirle in Italia, volontà condivisa peraltro da molti
sponenti politici anche in Italia. Un approccio non solo umanitario
quindi, ma anche politico che unisce le Ong attive in mare con molti
organizzazione che in Italia si occupano dell’accoglienza.
“La gestione dei flussi non spetta alle Ong ma al legislatore: solo
una percentuale molto bassa dei migranti che arrivano sulle nostre coste
ottiene l’asilo, tutto il resto viene immesso necessariamente nel
circuito dell’illegalità” ha ricordato Zuccaro aggiungendo che “il
rispetto della non invasione delle acque libiche costringerebbe i
trafficanti a uscire allo scoperto e aiuterebbe la nostra attività di
contrasto”.
Ma è proprio il vuoto lasciati in questi anni dal governo italiano e
dalla Ue a favorire il lavoro delle Ong e dei trafficanti che,
paradossalmente, condividono l’obiettivo di far arrivare in Europa i
migranti illegali.
Dall’operazione di soccorso Mare Nostrum siamo passati a operazioni
militari che dovrebbero difendere gli interessi nazionali (Mare Sicuro) e
contrastare i trafficanti (Eunavfor Med) ma di fatto tutte e navi
attive nel Canale di Sicilia, civili o militari svolgono tutte lo stesso
compito: raccolgono in mare gli immigrati illegali e li trasferiscono
in Italia.
Anche in barba al diritto internazionale. Nessuna legge prevede
infatti che debbano essere accolti coloro che si rivolgono a criminali
per violare frontiere mentre per il diritto marittimo (convenzione di
Amburgo) i “naufraghi” devono essere soccorsi e sbarcati nel porto
sicuro più vicino.
Di porti sicuri ve ne sono molti in quell’area e tutti più vicini di
quelli italiani. Innanzitutto quelli libici che sono sicuri perché in
quella zona costiera della Tripolitania che va dal confine tunisino a
Misurata non vi sono scontri bellici in atto e poi perché la stessa
Organizzazione internazionale delle Migrazioni, in un recente rapporto,
evidenzia come il 64% dei migranti africani che si trovano in Libia
intendano trovare lavoro nella ex colonia italiana (come facevano ai
tempi del regime di Mammar Gheddafi), non venire in Europa. Quindi
considerano la Libia un luogo dove poter vivere e lavorare.
Ci sono poi i porti tunisini ma le autorità del paese nordafricano
rifiutano di accoglierli, come fa anche Malta che pure è membro della Ue
ma per il suo rifiuto non ha subito da Bruxelles l’ostracismo riservato
invece all’Ungheria e agli altri Paesi del Gruppo di Visegrad.
L’Italia è quindi l’unico Stato ad accogliere chiunque paghi i
trafficanti, a rinunciare a difendere le sue frontiere, a ogni forma di
sovranità territoriale. Anche prima che entrassero in campo le navi
delle Ong le flotte italiane ed europee non hanno mai contrastato
realmente i trafficanti. Per farlo dovrebbero agire in Libia, invece si
sono limitati ad arrestare oltre un migliaio di scafisti, “pesci
piccoli” per la stragrande maggioranza rilasciati in attesa di giudizio e
tornati a svolgere il loro “mestiere”.
Federica Mogherini, annunciando nel 2015 l’inizio delle operazioni
della flotta europea, precisò che nessun migrante sarebbe mai stato
respinto: un invito a ingigantire i flussi come le rimproverò Theresa
May, all’epoca ministro degli Interni britannico, come di fatto è
avvenuto.
Il vuoto di potere lasciato dalla Ue e da Roma, che continuano a
subire i flussi migratori senza decidersi a fermarli, è stato riempito
dagli interessi delle organizzazioni che si occupano del business
dell’accoglienza in Italia (valutato quest’anno intorno ai 5 miliardi di
euro) e dalle Ong che gestiscono i soccorsi in mare.
Non ha però senso puntare l’indice sulle navi delle Ong quando quelle
militari effettuano lo stesso compito. Anzi, penetrando nelle acque
libiche le Ong salvano molte persone che restando in balìa delle onde a
bordo di gommoni stracarichi rischierebbero di scomparire tra i flutti.
A Roma e a Bruxelles manca la capacità politica di negare l’accesso
ai porti alle Ong, in quanto soggetti privati, e schierare le flotte
nelle acque libiche per soccorrere tutti i migranti e riportarli sulle
spiagge libiche con mezzi militari, fatta eccezione per bambini e
bisognosi di cure.
O, in alternativa, sbarcarli in porti tunisini dove l’Onu potrà
accoglierli in campi profughi da cui rimpatriarli. Certo non sarà facile
convincere Tunisi ad accettare questo gravoso compito ma potrebbero
essere un buon incentivo aiuti economici italiani che ci costerebbero
certo meno dell’accoglienza per centinaia di migliaia di immigrati
illegali.
I respingimenti, in Libia o Tunisia, non solo eviterebbero tanti
morti in mare ma farebbero cessare i flussi migratori in pochi giorni
poiché nessuno rischierebbe la vita e migliaia di euro (che in Africa
sono un capitale) avendo la certezza di non poter raggiungere l’Europa.
L’Italia invece non sembra neppure in grado di ostacolare i
trafficanti semplicemente bloccando l’afflusso in Libia dei gommoni
utilizzati per mettere in mare gli immigrati illegali.
Nei mesi scorsi il comando italiano della flotta europea Eunavfor Med
ha reso nota la provenienza dei gommini di pessima qualità impiegati,
sovraccarichi di migranti, dai trafficanti Prodotti in Cina, commerciati
in Turchia, giungono nei porti libici triangolati via Malta nell’ambito
di regolari transazioni.
Basterebbe bloccarne l’imbarco sui mercantili a Malta (paese Ue sul
quale Italia e altri partner europei potrebbero esercitare pressioni)
diretti nei porti della Tripolitania da dove raggiungeranno presto le
spiagge pronti a salpare. Oppure sarebbe possibile per la flotta Ue (che
tra l’altro ha anche l’incarico di impedire traffici di armi verso la
Libia) ispezionare i mercantili diretti in Libia bloccandoli in mare,
requisendo i gommoni e distruggendoli con azioni militari tese a
scoraggiare gli armatori ad accettare un carico così ambiguo.
Eppure nulla di tutto questo viene fatto con la giustificazione che
si tratta di un commercio legale e legittimo: i trafficanti sono così
liberi di acquistare on line i gommoni che gli verranno consegnati a
domicilio, sotto il naso di quelle flotte italiane e Ue che dovrebbero
contrastarli.
Foto Marina Militare
fonte: http://www.analisidifesa.it
Gianandrea Gaiani - Nato a Bologna, dove si è laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 ha
collaborato con numerose testate occupandosi di analisi
storico-strategiche, studio dei conflitti e reportages dai teatri di
guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Collabora con i
quotidiani Il Sole 24 Ore, Il Foglio, Libero, Il Mattino e Il Corriere
del Ticino, con i settimanali Panorama e Oggi e con i periodici Limes,
Gnosis e Focus Storia. E' opinionista delle reti tv RAI, RSI, Mediaset,
Sky, La7 e radiofoniche Rai, Capital e Radio24. Ha scritto Iraq
Afghanistan - Guerre di pace italiane.