
Due attacchi terroristici in Gran Bretagna e Francia rinnovano la  minaccia del terrorismo islamico in Europa.
Nella metropolitana della capitale britannica una vampata 
sprigionatasi “come una palla di fuoco” da un ordigno rudimentale 
collocato in un vagone ha provocato 29 feriti, nessuno grave grazie 
all’innesco anticipato del timer.  La premier Theresa May ha annunciato 
l’innalzamento dell’allerta nazionale da ‘severo’ a ‘critico’, il 
livello più alto, che presuppone nuove minacce “imminenti”, nonché 
l’avvio dell’operazione Tempora con l’affiancamento dei militari alla 
polizia nel pattugliamento di obiettivi sensibili, come già avviene in 
Italia o Francia.
Presa di mira dal terrorista (l’Isis ha rivendicato l’attentato), 
ancora ricercato, la linea verde della metropolitana (District Line), 
all’ altezza della stazione di Parsons Green. Site, l’organizzazione 
statunitense che monitora i messaggi in rete dei jihadisti, ha detto che
 la rivendicazione dell’Isis accredita la responsabilità a un 
“distaccamento”, invece che a “un soldato” singolo.
In Francia invece, sempre ieri mattina, due donne sono state ferite a
 colpi di martello per le strade di Chalon sur Saone da un uomo “vestito
 di nero” che “avrebbe urlato Allah Akbar”.
In Europa si cerca intanto di dare un ordine di grandezza alla 
minaccia terroristica islamica.  Circa 2.500 foreign fighters islamici 
provenienti dall’Europa stanno combattendo per l’Isis in Siria e in 
Iraq, ha detto il coordinatore dell’antiterrorismo di Bruxelles, Gilles 
de Kerchove, in un’intervista al giornale tedesco Die Welt.  “Molti 
moriranno in combattimento o saranno uccisi dallo Stato islamico, poichè
 l’organizzazione non tollera i disertori.
 Altri si trasferiranno nelle aree di crisi di Somalia, Libia o 
Yemen”. Kerchove ha precisato che circa 5.000 europei sono andati a 
combattere per lo Stato islamico (altri su sino arruolati con milizie 
qaediste o salafite), tuttavia 1.500 sono tornati e quasi 1.000 sono 
morti.
Altri si trasferiranno nelle aree di crisi di Somalia, Libia o 
Yemen”. Kerchove ha precisato che circa 5.000 europei sono andati a 
combattere per lo Stato islamico (altri su sino arruolati con milizie 
qaediste o salafite), tuttavia 1.500 sono tornati e quasi 1.000 sono 
morti.
Lo stesso de Kerchove teorizzò l’anno scorso al Parlamento europeo 
l’impossibilità di incarcerare tutti i miliziani e terroristi che 
rientrano in Europa affermando la necessità di “recuperarli alla 
società”, come cercano in modo quasi comico di fare alcuni Stati come 
Svezia e Danimarca che hanno pagato sussidi di disoccupazione e 
invalidità anche ai foreign fighters recatisi in Siria e Iraq o che 
finanziano loro gli studi universitari una volta rientrati in Europa.
Pochi giorni fa il coordinatore della Ue aveva stimato in oltre 50 
mila i jihadisti pronti a colpire in Europa, quasi la metà in Gran 
Bretagna (dove solo 500 dei 3mila considerati molto pericolosi sono 
sotto costante sorveglianza da parte dei servizi di sicurezza interna 
MI5), 5mila in Spagna, 17 mila in Francia, 2.500 in Belgio.
La perdita di terreno in Iraq e Siria pone “un reale rischio” di 
vedere rafforzati da parte dell’Isis i finanziamenti per nuovi attacchi 
in Europa ha detto il 7 settembre il commissario alla Sicurezza Ue, 
Julian King, davanti alla commissione per le libertà civili 
dell’Europarlamento.
Nel momento in cui stiamo vincendo sul terreno contro l’Isis, in Iraq
 e Siria, stanno trasferendo fondi fuori da Iraq e Siria”, ha detto 
King. “C’è un reale rischio di nuovo afflusso di fondi destinati al 
terrorismo. Dobbiamo esserne coscienti e dobbiamo lavorare assieme per 
vedere il da farsi.
Un rapporto Onu nel mese di agosto ha spiegato come l’Isis stia 
continuando a inviare ‘rimesse’ all’estero – spesso si tratta di piccole
 somme, difficili da intercettare – nell’ottica di alimentare le 
campagne terroristiche fuori dai Paesi dove hanno perso il controllo 
territoriale.
 Una dinamica confermata, ha fatto notare il commissario King, “dal 
ritmo accelerato degli attacchi in Europa”. Le fonti di finanziamento 
dell’organizzazione jihadista restano in buona parte i profitti dalla 
vendita di petrolio e le tasse imposte alla popolazione nelle aree sotto
 il suo controllo. Questo, malgrado il ridimensionamento territoriale 
del ‘Califfato” sia nell’ordine del 90% rispetto al periodo di massima 
espansione.
Una dinamica confermata, ha fatto notare il commissario King, “dal 
ritmo accelerato degli attacchi in Europa”. Le fonti di finanziamento 
dell’organizzazione jihadista restano in buona parte i profitti dalla 
vendita di petrolio e le tasse imposte alla popolazione nelle aree sotto
 il suo controllo. Questo, malgrado il ridimensionamento territoriale 
del ‘Califfato” sia nell’ordine del 90% rispetto al periodo di massima 
espansione.
King però sembra dimenticare che le cellule terroristiche non hanno 
bisogno di molti denaro per organizzare attentati (quello di Barcellona è
 costato meno di 2mila euro) e l’Europa continua a sborsare generosi 
sussidi del proprio welfare.
Come ha ricordato Lorenza Formicola sul sito Formiche.net l’imam 
libico Abu Ramadan, aderente alla Fratellanza Musulmana, predica dal 
18998 lo sterminio di tutti gli infedeli ma ha ricevuto in 20 anni più 
di 620.000 franchi (oltre mezzo milione di euro) dal welfare svizzero 
per lo più in sussidi di disoccupazione.
Alcuni membri del commando jihadista che attaccò Parigi avevano 
ricevuto oltre 50 mila euro di sussidi dal welfare belga così come 
Khuram Butt e altri terroristi jihadisti britannici, incluso Salman 
Abedi, il kamikaze di Manchester che ricevette migliaia di sterline solo
 per essersi iscritto all’Università.
Sami Abu-Yusu, imam Salafita della moschea al-Tawheed di Colonia, 
sostiene la legittimità degli stupri delle donne infedeli e il rogo per i
 gay ma vive col sussidio di disoccupazione gentilmente offerto dallo 
Stato tedesco.
Julian King nel suo rapporto non ha dimenticato la lotta virtuale ai 
jihadisti del web. Negli ultimi due anni Europol ha individuato “35mila 
elementi di contenuto terroristico online”. Una quota compresa fra l’80 e
 il 90% di questi è stata eliminata: si tratta di circa 30mila 
contenuti.
Foto: Reuters, AP e IS
16 settembre 2017 di Redazione in Analisi Sicurezza 
fonte: http://www.analisidifesa.it
 









