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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

28/04/17

Zuccaro, arrestali invece di parlarne.


Guarda caso solo oggi al CSM viene il dubbio che un PM non possa parlare delle indagini in corso. È dal 1992 che qualcuno lo ripete invano, ma evidentemente di certe indagini si può parlare, di altre no.
Se, quindi, in linea di principio concordo che Zuccaro non avrebbe dovuto parlare delle indagini in corso sulle ONG che trasportano in Italia i clandestini, oggi mi permetto di consigliare a questo volenteroso procuratore di fare qualcosa di molto più efficace e mediaticamente dirompente: arrestali e confiscagli le navi.
Non serve volare tanto alto, cercare prove tramite i servizi segreti stranieri di complotti con gli scafisti libici, collegamenti misteriosi alla Spectre dei lucrosi guadagni sulla pelle dei clandestini. Capisco che sia affascinante e lo abbiamo capito tutti che c’è una regia destabilizzante dietro, ma, ripeto, tieniti a un livello più basso. Parti dalle basi, fai il tuo mestiere e applica la legge alla lettera.
La conosci sicuramente, ma mi permetto di rinfrescarti la memoria sull’art. 12 del T.U. sull’immigrazione, ossia l’ex art. 10 della legge Turco-Napolitano (ché diamoglielo almeno un merito a questi due fenomeni, invece di attribuirli tutti a Bossi e Fini).
  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona.
E già con il primo comma direi che non ci sono dubbi sul fatto che stiano commettendo questo reato a ripetizione.
  1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
Il sottolineato è mio giusto per ricordarti che questo comma non si può applicare perché le navi li vanno a prendere fuori dalle acque territoriali e sono proprio loro a portarli in Italia.
  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
       a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
Direi che 8.500 solo il giorno di Pasqua sono più di 5 persone.
       b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
Pure questa mi pare evidente e basta guardare l’aumento vertiginoso dei morti proprio da quando hanno cominciato a fare da traghettatori le ONG.
      c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
Idem come sopra, con il loro comportamento li ammassano e li trasportano come merce per pietire l’opinione pubblica.
      d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
Che siano più di tre e che usino navi straniere è pacifico.
     e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
Basta salire a bordo a verificarlo.
    3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata.
Le beccano praticamente tutte per cui applichiamo pure l’aumento.
    3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:
     a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;
     b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto.
Ora, vogliamo essere garantisti, buonisti e fare finta di essere pure fessi? Facciamolo e cerchiamo di dimenticarci per un momento delle coop che lucrano più di 4 miliardi di euro l’anno sfruttando i clandestini, facciamo finta di non voler credere che ci sia la famosa Spectre dell’immigrazione. Ebbene, questa è solo un’aggravante. Se anche non riesci a trovare le prove di questo perché sei tu da solo contro il sistema, vai avanti e puniscili per i reati di cui ai commi precedenti che ci stanno tutti. Se poi sei tanto bravo da riuscire a trovare i collegamenti e le prove anche di questo, ben venga, sarai il nostro eroe, ma non ti fossilizzare su questo se non hai i mezzi per farlo. Invece di lamentarti sui giornali, dammi retta, attieniti alla base che già ne hai a sufficienza di prove.
Perché poi arriva il bello:
  1. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l’arresto in flagranza.
     4-bis. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
     4-ter. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è sempre disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato.
Volevi lo scoop? Eccotelo servito dalla legge su un piatto d’argento. Non servono le interviste, fai parlare i fatti. Arresta questi “presunti” delinquenti appena entrano in porto, sequestragli le navi e finirai sulla prima pagina dei giornali di mezzo mondo senza proferire verbo.
Poi si sa, la giustizia italiana è lenta, il dibattimento è lungo, le prove vanno portate al processo, magari qualcuno riuscirà pure a farsi assolvere con le dovute “difese”, ma stai sicuro che così il traffico di schiavi lo interrompi subito.
E sarai per sempre il nostro supereroe.

da L'egoista, il blog di Barbara Di - 28 aprile 2017
 

L’Onu ha eletto un nuovo paese a difesa dei diritti delle donne: l’Arabia Saudita


Con i suoi petrodollari, il regno ultra-islamista aveva già comprato il seggio più importante del Consiglio per i diritti umani.
epa04431240 Saudis women arrive at a mosque to perform the Eid al-Adha morning prayers, Riyadh, Saudi Arabia, 03 October 2014. Muslims around the world have begun celebrating the Islamic holiday of Eid al-Adha, which marks the end of Hajj, when millions of Muslims travel to Mecca for the annual pilgrimage.  EPA/STR


Le donne di tutto il mondo possono stare tranquille perché a difenderle d’ora in poi ci sarà l’Arabia Saudita. La monarchia ultra-islamista è stata eletta ieri tra i 45 membri della Commissione per la tutela delle donne dell’Onu (Uncsw) con voto a scrutinio segreto.   

DONNE SAUDITE. In Arabia Saudita le donne non hanno alcun diritto e non possono fare nulla se non hanno il permesso di un familiare. Azioni comuni come guidare un autoveicolo, viaggiare, lavorare, passeggiare in città o fare spese sono vietate in assenza di un accompagnatore maschile o di un’autorizzazione.

LEADER DEI DIRITTI UMANI. Come potrebbe dunque l’Arabia Saudita tutelare le donne nel mondo? La domanda è retorica e inutile. Il regno wahabita infatti è sufficientemente ricco di petrodollari da comprarsi l’appoggio dei paesi votanti in qualunque commissione onusiana. L’anno scorso, ad esempio, l’ambasciatore saudita Faisal bin Hassan Trad è stato eletto a capo del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, nonostante Riyad neghi la libertà religiosa, maltratti le donne, cancelli la libertà di espressione, applichi alla lettera la disumana legge islamica (sharia), sfrutti fino alla morte i lavoratori migranti, decapiti e crocifigga i criminali.

PROBLEMA NON È TRUMP. Tra gli Stati che hanno permesso questo scempio ci sono anche cinque paesi europei. Uno è quasi sicuramente il Belgio, visto che quando sono state interrogate in merito le autorità di Bruxelles non hanno voluto condannare la nomina saudita. Un altro potrebbe essere l’Italia, ma non ci sono certezze. Donald Trump è stato attaccato da mezza Europa per aver tagliato i fondi a un altro organismo Onu (Unfpa), accusato di contribuire a finanziare gli aborti forzati in Cina invece che proteggere le donne. L’elezione dell’Arabia Saudita all’Uncsw è l’ennesima conferma che il problema non è certo il presidente americano.

Foto Ansa

aprile 27, 2017 Redazione


Il paradosso di Condorcet apre le porte dell’Eliseo a Marine Le Pen




Il giorno successivo al primo turno delle presidenziali francesi, mercati finanziari, grandi media ed istituzioni europee hanno brindato: il “rottamatore” Emmanuel Macron, uscito vincente dal primo turno, avrebbe già ipotecato l’Eliseo, blindando così euro ed Unione Europea. Si tratta di un bluff, perché l’accesso al secondo turno di Macron ha aumentato, anziché diminuire, le probabilità di vittoria del FN: come scoprì già nel Settecento il matematico Nicolas de Condorcet, i ballottaggi sortiscono esiti sorprendenti in base ai differenti abbinamenti dei candidati. Se un ipotetico duello tra Marine Le Pen e François Fillon avrebbe ridotto al lumicino le speranze di vittoria dei populisti, l’emergere del “centrista” Macron ha paradossalmente creato il contesto migliore per la vittoria della Le Pen: per il FN è possibile conquistare il 51-52% delle preferenze.

Se l’establishment dimentica gli insegnamenti del marchese Condorcet…

Il 23 aprile le urne francesi hanno parlato, decretando il nome dei due contendenti che si sfideranno il 7 maggio per conquistare l’Eliseo: sarà un duello tra il “rottamatore”, centrista, europeista ed ex-banchiere Rothschild, Emmanuel Macron, e la “populista”, sovranista, anti-euro e presidentessa del Front National (fino alle dimissioni del 25 aprile) Marine Le Pen. I due hanno conquista rispettivamente il 24% ed il 21% delle preferenze, seguiti dai Repubblicani/UMP di François Fillon (20%), dal populista di sinistra Jean-Luc Mélenchon (19,5%) e dal socialista Benoit Hamon (6%). Il verdetto, accompagnato da un fulmineo sondaggio che assegna la vittoria finale a Emmanuel Macron con ampio margine (62% vs 38%)1, ha scatenato l’indomani l’euforia dei mercati finanziari: CAC40 +4,14%, euro in forte risalita, differenziali tra Bund e titoli periferici in netta discesa. Al brindisi del grande capitale, si sono sommati anche i complimenti delle più alte cariche europee e le rassicurazioni dei maggiori media: il buon risultato del neonato partito centrista “En marche!”, unito all’immediato appello dei partiti sconfitti per la creazione di un “front républicain” contro i populisti, avrebbe definitivamente debellato il pericolo di Marine Le Pen.
È davvero così?
È più lecito dubitarne, leggendo l’euforia dei mercati e le esultanze per la scampata minaccia populista come l’ennesima manovra con cui l’establishment euro-atlantico sta tentando di influenzare le fondamentali elezioni francesi: assegnare la vittoria a tavolino a Emmanuel Macron, quando mancano due settimane del ballottaggio, è una soltanto una variante della spietata guerra psicologica combattuta contro l’opinione francese, reduce già da due anni di strategia della tensione. I giochi in realtà non solo sono aperti, ma lasciano anche presagire che una vittoria di Marine Le Pen sia più concreta che mai, paradossalmente proprio grazie all’affermazione del “centrista” Macron. È il ragionamento che circa tre mesi fa, immaginando un ballottaggio Le Pen-Macron, adducemmo per pronosticare il successo del Front National: concretizzatosi lo scenario di base, è giunto il momento di sviluppare a fondo l’analisi, passando dalla teoria alla pratica, dalla logica alla matematica.
Già, la matematica: una scienza da maneggiare con cura, perché severa ed implacabile. Talvolta anche oscura e sorprendente. Tremendamente reale, considerando che non è confinata alle speculazioni di qualche mente sognatrice, ma ha un impatto in ogni aspetto della vita quotidiana: in tutti i campi, compresa la politica ed i ballottaggi.
Fu proprio il matematico francese Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet (1743-1794), tra i primi ad applicare la scienza dei numeri alle votazioni, evidenziandone gli effetti talvolta spiazzanti: il celebre paradosso di Condorcet afferma infatti che nelle votazioni a maggioranza che avvengono in due o più fasi (il ballottaggio), l’ordine con cui avviene la votazione non è neutrale, bensì influenza a sua volta l’esito finale del voto, contribuendo alla vittoria di questo o quel candidato, in virtù della non transitività delle relazioni di preferenza. L’approfondimento teorico non ci interessa e passeremo direttamente alla pratica, calando il paradosso di Condorcet nelle presidenziali francesi e dimostrando come aiuterà Marine Le Pen a conquistare l’Eliseo.
Supponiamo che l’establishment euro-atlantico, anziché tirare la volata all’ex-Rothschild Macron ed accanirsi a colpi di inchieste mediatico-giudiziarie contro François Fillon, avesse lasciato che gli eventi si svolgessero secondo natura: quasi certamente, il ballottaggio del 7 maggio vedrebbe oggi una sfida tra il candidato dei Repubblicani/UMP ed Marine Le Pen. Il primo sarebbe stato “preferito” dal centro-destra, dal centro e dai socialisti, lasciando alla seconda solo le preferenze dei populisti di destra e di una fetta di quelli di sinistra: la sconfitta del Front National sarebbe quasi certa, perché le forze anti-sistema non sono ancora la maggioranza assoluta in Francia.
L’establishment euro-atlantico, diffidando delle simpatie filo-russe di Fillon e volendo insediare a tutti i costi un proprio uomo all’Eliseo, ha però “pasticciato” con la campagna elettorale, adoperandosi per un ballottaggio Macron-Le Pen: a questo punto, il primo sarà “preferito” da tutto il centro e dai socialisti, verso la seconda andranno però non solo le preferenze dei populisti di destra, ma anche di buona parte dell’elettorato di centro-destra e di qualche populista “rosso”. Se Marine Le Pen avrebbe quasi certamente perso contro Fillon, al contrario ha buone probabilità di conquistare l’Eliseo contro Macron, nonostante le forze anti-sistema siano sempre lontane dalla maggioranza assoluta: ecco il paradosso di Condorcet dispiegato nella realtà.
L’ordine delle votazioni è decisivo nelle votazioni in due o più fasi, a causa della non transitività delle relazioni di preferenza: per l’elettore di centro-destra, Fillon è meglio di Le Pen perché conservatore, moderato e pro-euro, Fillon è anche meglio di Macron per le stesse ragioni, ma Le Pen è meglio di Macron benché sia conservatrice, non moderata ed anti-euro! Nell’insieme “Fillon, Macron, Le Pen” è impossibile creare una relazione transitiva per cui se è Macron è preferito a Fillon e Fillon è preferito a Le Pen, allora Macron è preferito a Le Pen.
Compiamo ora il passo successivo, vedendo come il paradosso di Condorcet agirà nel concreto: come base di partenza utilizziamo i dati del 23 aprile, ipotizzando che, in linea con le elezioni presidenziali del 2002 che videro affrontarsi Jacques Chirac ed Jean-Marie Le Pen, l’affluenza cali di diversi punti percentuali, passando dal 77% al 70%.
Il nostro assunto è che il “fronte repubblicano” invocato da repubblicani e socialisti a favore di Emmanuel Macron, non regga: la disoccupazione record, la stagnazione economica, la ribellione all’establishment, la crisi d’identità della Francia, l’emergenza migratoria e l’insofferenza verso Bruxelles, prenderanno sopravvento sulle indicazioni dei partiti, inducendo la maggior parte degli elettori a votare secondo coscienza. Procediamo quindi “spalmando” i voti del primo turno sui due candidati del ballottaggio: le percentuali con cui ripartiamo le preferenze sono naturalmente discrezionali, benché “ancorate” alla realtà.
Supponiamo nello specifico che il 75% dei voti dei Repubblicani/UMP vada Marine Len, e solo il 25% converga verso Emmanuel Macron, ex-ministro dell’economia sotto la presidenza Hollande. Nel caso dei voti conquistati dal populista rosso Jean-Luc Mélenchon, voti cui è già partita la caccia da parte del Front National, ipotizziamo la seguente ripartizione: un 20% di elettori, attirati dalla retorica anti-establishment ed anti-liberista, voterà FN, un 40% per Macron, ed il restante si disperderà in astensione. Tutti i voti del socialista Hamon confluiranno verso il candidato centrista ed i restanti partiti si divideranno tra Front National, “En Marche!” e non voto, in base alla loro natura conservatrice/progressista/populista: in particolare, ipotizziamo che la formazione sovranista “Debout la France” di Nicolas Dupont-Aignan raccolga l’invito del FN a formare una coalizione di “patrioti”2.
Esito finale?
Il Front National vincerebbe col 51-52% delle preferenze.
Asserire che sarà questo l’esito del ballottaggio sarebbe azzardato, ma l’analisi è indispensabile per capire che, contrariamente alla percezione alimentata da media, mercati finanziari e tecnocrati di Bruxelles, la partita del 7 maggio è apertissima, proprio grazie all’intervento in gamba tesa dell’establishment euro-atlantico sulla campagna elettorale: affossando François Fillon per insediare insediare all’Eliseo il proprio pupillo Macron, l’oligarchia ha creato il contesto migliore per una vittoria di Marine Le Pen. Un duello Fillon-Le Pen si sarebbe quasi certamente concluso con la sconfitta del Front National: grazie al paradosso di Condorcet ed agli spazi che si sono aperti a destra e sull’ala sinistra del populismo, Marine Le Pen può invece riuscire nella storica impresa di conquistare l’Eliseo, sconfiggendo lo scialbo candidato della banca Rothschild. Sarebbe la tremenda nemesi contro quei poteri che stuprano con sempre maggiore frequenza le democrazie occidentali.




Federico Dezzani - 25 aprile 32017
Fonte: http://federicodezzani.altervista.org
Link:  http://federicodezzani.altervista.org/il-paradosso-di-condorcet-apre-le-porte-delleliseo-a-marine-le-pen/

26/04/17

Migranti, terroristi, intolleranti, ignoranti



 


C’è un fenomeno della vita del Pianeta e dell’Europa in particolare, che incombe sull’Italia, che ne è uno dei punti di più alta criticità e che l’Europa non sembra voler considerare per quello che è, cioè il più rilevante, tragico e complesso che in Italia, più che altrove, viene affrontato (ma potremmo dire benissimo “non affrontato”) perché ci rifugiamo nelle astrattezze moraleggianti o nella vellicazione degli aspetti più epidermici, degli episodici in cui si presenta.
Siamo in prima linea di fronte all’ondata migratoria dei Paesi che chiamavamo il “Terzo Mondo” e che, volendo proprio ricorrere alla storia, dovremo dire ex coloniali. Siamo, finora, un Paese risparmiato dagli assalti terroristici; fenomeno, piaccia o non piaccia, connesso al primo. Un crocevia, assai probabilmente, del movimento dei terroristi in azione in Europa. Siamo la portineria “accogliente” di un’Europa che assai meno di noi è disposta ad affrontare la questione secondo le astrattezze e le prediche di soluzioni ideali.
Siamo, soprattutto, un Paese in cui le idee e gli atteggiamenti pratici relativi a tutto ciò restano aggrovigliati ed affrontati alla giornata, mentre sembra che a noi spetti il primato delle retoriche e dell’ignoranza imprevidente su ciò che tutto questo significa e comporta. Concetti come: accoglienza, società multietnica, diversità, terrorismo, guerra, integrazione, vengono facilmente usati a vanvera, con notazioni che variano a seconda delle fasi e delle occasioni, senza tenere mai conto delle connessioni che l’una cosa ha con le altre, così che ognuno di questi termini (e del modo di considerare i relativi problemi) ne risulti deformato e deviato.
Prendiamo il termine “accoglienza”, alla cui diffusione e assunzione a canone e dogma del “politicamente corretto” molta responsabilità è quella che ne porta il Papa Bergoglio. Nella sua astrattezza e mancanza di opportune precisazioni, limiti, condizioni, il termine equivale a quello del dovere di arrendersi anche di fronte a un’invasione, e, anzi, la fine del concetto stesso di appartenenza di un territorio a un popolo, se non dello stesso concetto di “popolo”, “nazione”, ecc..
L’“accoglienza” delle prediche del Papa populista è, del resto, nella sua astrattezza, non meno crudele della insensibilità totale di fronte a tragedie di certi popoli. E profondamente ingiusta moralmente. L’astrattezza, così concepita, ad esempio, comporta che il dovere relativo faccia carico su una parte dell’umanità, mentre la morale di Bergoglio comporta e presuppone che si tratta di un dovere di tutti gli uomini verso tutti gli altri. Mi spiego: se non si dà per scontata la necessità di porre limiti, filtri, difese contro il flusso migratorio, si arriva a concepire il “dovere dell’accoglienza” come condizionato solo dalla geografia.
I cosiddetti “migranti africani e medio-orientali” sbarcano in Italia e non in Giappone o in Argentina. Il dovere dell’accoglienza, comunque si voglia fondarlo, non può incombere sugli italiani più che sui giapponesi e sugli argentini. È chiaro che, pertanto, ogni astrattezza è ipocrita e pericolosa. Altra cosa, benché connessa, è quella della società multietnica e dell’integrazione (termini abbastanza evidentemente non solo non coincidenti, ma confliggenti). Una società “multietnica” non presuppone affatto l’“integrazione” delle varie etnie, e anzi, nella sua espressione più netta, la esclude.
Ma, soprattutto, se si vuole parlare di “integrazione” degli immigrati, in qualsiasi senso e a qualsiasi livello, occorre porsi il problema del limite dell’immigrazione, tanto più difficile (e inutile) essendo l’integrazione di frazioni troppo consistente di stranieri immigrati. Non solo: ma si pone e con carattere prioritario l’esigenza di una selezione (la chiamino pure “discriminazione”) tra etnie ed etnie non essendo concepibile una “integrazione generale”.
Analogo discorso vale per quel che riguarda la cosiddetta “accoglienza” e il terrorismo. Chi parla e sostiene l’“accoglienza”, in genere respinge una soluzione non formale ed ancor più il rimpatrio degli “accolti”, come pure l’eliminazione o anche la persecuzione dei clandestini. Tanto vale limitare la lotta al terrorismo al conflitto a fuoco dopo gli attentati, rinunciando a ogni generalizzata ed efficace prevenzione.
Se è del tutto evidente che il terrorismo non si combatte espellendo i musulmani e impedendo che ne arrivino altri, è altrettanto evidente che con una politica di “accoglienza” indiscriminata e di rinunzia anzitutto, alla repressione della presenza di clandestini, è assai difficile che possa essere imbastita un’efficace azione di contrasto, prevenzione e repressione del terrorismo. Che, non lo dimentichiamo, da un momento all’altro potrà estendere le sue sanguinose aggressioni qui tra noi in Italia.

di Mauro Mellini - 25 aprile 2017

25/04/17

Lotta alle fake news o censura per realizzare Eurabia?






Questi “tavoli” organizzati dalla Boldrini alla Camera, con la scusa di combattere le fake news – dice Armando Manocchia  non sono altro che la realizzazione di un insieme di provvedimenti presi già da tempo dalla U€ in accordo con la Lega Araba per creare Eurabia, mettendo in atto meccanismi di un sistema di condizionamento mentale di tutta la cultura europea sotto il controllo di una cellula con potere decisionale, la Fondazione Anna Lindh.
Alcuni degli invitati a tali imbarazzanti tavoli (ingenui, impreparati e un tantino megalomani) non sono consapevoli del meccanismo in cui sono stati incastrati, per cui si sentono anche orgogliosi (se ne vergogneranno in seguito); altri invece fanno regolarmente parte del sistema.
La Fondazione Anna Lindh – spiega Manocchia – è un organismo creato per programmare tutti gli aspetti delle relazioni fra i popoli del bacino del Mediterraneo con lo spirito e la politica del dialogo, in coordinamento strategico con l’OCI, l’Organizzazione della Cooperazione Islamica (56 paesi islamici) e la sua filiale, l’ISESCO, l’Organizzazione Islamica per l’Educazione, le Scienze e la Cultura è stata creata ad hoc gestire programmi e attività in tutti i settori, dal sociale alla cultura, dall’educazione ai mezzi d’informazione, dall’arte alla politica, sia a livello nazionale che internazionale e penetrare così le menti del tessuto sociale e assicurare una solidarietà forte e concreta non solo dei governi e delle Istituzioni, ma anche dei cittadini e dei popoli.
23 aprileMinistro della Cultura e Media saudita si incontra con gli ambasciatori dei paesi dell’UE. Nel corso della riunione sono state discusse forme di cooperazione nel campo della cultura e dei media nel Regno Unito e nei paesi UE.



La Fondazione Anna Lindh è un vero e proprio movimento, che attraverso il politicamente e l’islamicamente corretto promuove il multiculturalismo e l’internazionalismo (il cosiddetto mondialismo) di una popolazione europea destinata a trasformarsi (meticciato) e a sparire (sostituzione etnica) in virtù di Eurabia, cioè di una strategia politica, economica e sociale euro-araba con l’unione delle due sponde del Mediterraneo. E’ questa l’ottica che motiva le politiche suicide dell’U€ per la desovranizzazione degli Stati Membri e le sue politiche di opposizione alle nazionalità culturali e identitarie locali in Europa (nazionalismi e popoli identitari).
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Concentreremo tutto il nostro impegno nella battaglia contro le provocazioni, i discorsi di odio, contro la disinformazione del Mainstream e le bufale di regime e dei figli di Soros. È ormai evidente che si tratta di problemi da affrontare con il massimo impegno e la massima urgenza, tanto a livello nazionale che mondiale.
Lo scrive Armando Manocchia, direttore di ImolaOggi.it, parafrasando e rispondendo al post pubblicato su Facebook dall’incostituzionale presidente della Camera dei Deputati composta da: indagati, imputati, rinviati a giudizio, condannati e corrotti – e ovviamente incostituzionali.
Il presidente abusivo della Camera, in un post su Facebook riportato da ANSA fa un breve bilancio di fine anno sulla sua attività di presidente abusivo della Camera: “Dal canto mio, a Montecitorio, ho istituito una Commissione contro l’hate speech, dedicata a Jo Cox e composta da deputati ed esperti. Così come ho deciso di non soccombere e di denunciare pubblicamente la violenza e le bufale sui social network. Credo infatti, che debba essere rispettato il diritto di tutti i cittadini di essere informati correttamente – e non di essere disinformati – e che debba essere tutelata la dignità di chi utilizza la rete.”
Manocchia fa sapere al presidente abusivo della Camera e ai suoi sodali – anche se a loro non gliene frega una beata mazza – che nonostante abbiano cercato con tutti mezzi leciti e soprattutto illeciti di sovvertite lo Stato Democratico, in questo Paese vige tuttora la Costituzione Italiana e che un Referendum Costituzionale, tra l’altro da loro richiesto, ha avuto la conferma o meglio, l’approvazione, del 60% degli elettori.
La nostra Carta Costituzionale vigila, tutela e garantisce la libertà di parola e di stampa e secondo l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte: “L’intreccio del dovere del giornalista di informare e del diritto del cittadino di essere informato merita rilevanza e tutela costituzionale se ha come base e come finalità la verità e la sua diffusione. Se manca questa base di lancio, se non c’è verità, ma calcolata e calibrata sua alterazione, finalizzata a disinformare e a creare inesistenti responsabilità…il richiamo a nobili e intangibili principi di libertà è intrinsecamente offensivo per la collettività e storicamente derisorio (Cass. pen. 27.09.2012 n.41249).”
E fin qui non ci piove. Mentre per i casi contrari, il presidente – per ignoranza o per spregio – finge di non sapere che il nostro Ordinamento Giuridico (Ordinamento Giuridico le dice qualcosa?) prevede leggi ad hoc per condannare chi dice e scrive il falso, chi altera o disinforma (esattamente come fa il Mainstream di regime al vostro servizio lautamente pagato, insomma, quelli per cui Renzi voleva il ‘bollino viola’).
Sempre in tema di diffamazione a mezzo stampa, il presidente della Camera non sa o finge di non sapere che “La veridicità dei fatti riportati, la pertinenza della notizia e la continenza di questa costituiscono canoni comparativi che il giudice del merito deve utilizzare per l’accertamento intorno alla sussistenza del diritto di cronaca e di critica e, dunque, intorno alla liceità o meno dell’espressione giornalistica utilizzata (per tutte Cass. 18.10.2005 n.20140).”
Inoltre, il presidente non eletto non sa o finge di non sapere che: “I diritti di cronaca e di critica discendono direttamente dall’art.21 Costituzione (sempre Lei, sempre quella che vi impedisce di portare a termine i vostri progetti criminosi ndr) e non sono riservati solo ai giornalisti o a chi fa informazione professionalmente ma fanno riferimento all’individuo uti civis. Pertanto, chiunque e con qualsiasi mezzo (anche tramite internet), può riferire fatti e manifestare opinioni e chiunque – nei limiti dell’esercizio di tale diritto – può “produrre” critica e cronaca. Nella diffusione a mezzo internet, al fine di valutare il corretto esercizio del diritto di cronaca e critica, il giudice deve accertare il rispetto dei parametri elaborati in materia dalla giurisprudenza, vale dire se l’argomento sia di rilevanza sociale, se sia stata fornita una informazione rispondente alla verità obiettiva e se siano state usate espressioni corrette (Cass. Pen. 25.07.2008 n.31392)
Infine, il presidente abusivo della Camera, non sa o finge di non sapere che la giurisprudenza della Cassazione ha stabilito che, ad integrare gli estremi del reato di diffamazione, basta anche un addebito espresso in forma tale da suscitare il semplice dubbio sulla condotta disonorevole, per esempio un’espressione meramente insinuante (per tutte Cass. 144484/79 e 144485/79); in ulteriori altre sentenze la Cassazione ha asserito che anche i mezzi indiretti e le subdole allusioni possono rappresentare un mezzo idoneo al raggiungimento dell’intento diffamatorio, e per ciò stesso suscettibile di repressione penale (Cass. V Sez. 187192/91).
Quanto sopra, presidente abusivo, è per ribadire che il suo ‘lavoro’, oltre che essere sempre più provocatorio della violenza verbale e della diffamazione, istiga all’odio, e quindi non solo è inutile, ma dannoso. Dannoso come creare l’ennesima Commissione per arrogarsi il diritto di giudicare ciò che è halal o haram (il presidente abusivo, capisce meglio queste parolacce che le nostre).
Armando Manocchia
direttore di ImolaOggi.it, non un giornale, ma una spina nel fianco della casta, dei poteri criminali sovranazionali e dell’islamizzazione dell’Italia, dell’Europa, dell’Occidente a cui il presidente abusivo della Camera con spirito di sacrificio, rende servizio h24.


24/04/17

MA CHI E' MACRON ? - "L’apolide mondialista: Macron e la nuova sinistra"

macronTECNOCRATE AFFASCINANTE
Emmanuel Macron è il nuovo volto della sinistra francese e il più recente prodotto dell’élite globalista i cui sogni di dominio sono turbati dall’incubo Le Pen.
Perché dopo la Brexit e dopo Trump, l’oligarchia del denaro che governa l’Europa e l’Occidente, non può permettersi la vittoria del Front National in Francia che darebbe un colpo mortale alla sopravvivenza dell’Ue, della zona Euro e del sistema di potere tecno-finanziario.
Sia chiaro, Macron non è un tecnocrate alla Mario Monti: triste, grigio, anziano, con il culto della sobrietà polverosa. Macron è colto, bello, ricco, elegante, ammaliante nei modi e affascinante nella retorica; è il candidato ideale che piace alla gente che si piace (e sopratutto che conta).
Ha una storia personale viva, una moglie di 25 anni più grande incorniciata da classe e raffinatezza; l’ideale per i tabloid patinati e per i giornali di tendenza; un modellino di narrazione radical-chic.
Ha frequentato le scuole migliori: diploma al Lycée Henri-IV (uno degli Istituti più prestigiosi di Francia); laurea alla Nanterre di Parigi (l’Università che ha sfornato Presidenti, Primi Ministri, banchieri); specializzazione all’ENA.
Ha iniziato a lavorare nell’Ispettorato Generale delle Finanze uno dei sette “Grand Corps” dello Stato, i centri di potere della tecnocrazia.
Poi nel 2008 è entrato alla corte dei Rotschild come banchiere d’affari. Qui ha fatto il colpo grosso mettendo in piedi l’operazione di acquisizione da parte della Nestlé, del colosso farmaceutico americano Pfizer; Peter Babreck, il patron della Nestlé, di lui dirà: “è un giovane saggio che sa padroneggiare la tecnica e gli esseri umani”.
E così, tra un’operazione finanziaria e l’altra, Macron ha accumulato una fortuna e ha maturato la voglia di scendere in politica; ovviamente nel Partito Socialista, perché il cuore dei banchieri e dei tecnocrati batte sempre a sinistra.
Nel 2012 è diventato Vice Segretario Generale dell’Eliseo e nel 2014 Ministro dell’Economia nel primo Governo Valls. Nel 2015 fonda il suo movimento “En Marche!” con cui lancia la candidatura alle presidenziali e giorno dopo giorno, porta con sé pezzi dell’ormai agonizzante Partito Socialista.
Una carriera sfolgorante ed incredibilmente veloce; anche troppo per i tempi della politica francese. La sua ascesa fulminea ha destato sospetto anche oltre Manica, tanto che The Spectator ha cercato di indagare sui potenti amici che lo sostengono da dietro le quinte con l’obiettivo non solo di “dividere i socialisti ma di sostituirli”.
Oggi Macron sembra essere l’unico in grado di contendere l’Eliseo alla Le Pen. Il rivale che poteva insidiargli pezzi di elettorato era il gollista Fillon, fatto fuori da una puntuale quanto provvidenziale inchiesta giudiziaria.

macron2UN REPLICANTE DI SOROS?
Ma sopratutto Macron è il perfetto prodotto di laboratorio dell’ideologia dominante: un tecnocrate, banchiere di sinistra, con idee più illuminate che illuministe, progressista, multiculturale, ecologista ma a favore della globalizzazione; pro-immigrazione, vuole più Europa, più “integrazione” cioè più potere a Bruxelles e in politica estera condivide le posizioni guerrafondaie sulla Siria ed è ostile alla Russia di Putin in perfetta sintonia con l’agenda atlantista.
Le sue idee politiche sembrano prese direttamente dai documenti dell’Open Society di George Soros; come il nome del suo Movimento (En March!) così incredibilmente uguale a Move.On, l’organizzazione di cui Soros è il principale finanziatore e che appoggia le politiche liberal dei candidati democratici negli Stati Uniti.
Attorno a Macron si è raccolto il gotha del potere finanziario, mediatico e industriale francese: in primis Pierre Bergé il grande industriale miliardario e filantropo definito non a caso il Soros di Francia; ma a torto perché Bergé è uno dei più straordinari interpreti del nostro tempo; l’uomo che ha amato Yves Saint Laurent trasformando il suo genio in industria.
Bergé, omosessuale e laicista estremo che vuole l’abolizione di tutte le festività cristiane in Francia, filantropo in prima linea per le battaglie progressiste, è anche l’azionista di maggioranza di Le Monde (di cui detiene il 64% delle quote insieme a Pigasse l’altro banchiere enfant prodige della sinistra francese) e Nouvelle Observateur.
Nel team di Macron, ha un ruolo guida Bernard Mourad, l’uomo di Morgan Stanley in Francia e poi a capo del comparto media del colosso olandese Altice/Sfr che gestisce oltre 60 testate (quotidiani e periodici) tra cui Liberation, Le Figaro, L’Express, radio e tv come RMC e BFM; ruolo da cui si è dimesso per gestire la campagna elettorale.

Macron3LA FRANCIA E’ SOLO UNO SPAZIO
“Non esiste una cultura francese; esiste una cultura in Francia… ed è molteplice”, così Macron si è espresso in un comizio a Lione.
Alain Finkielkraut, filosofo conservatore, uno dei più lucidi pensatori del nostro tempo, commentando la frase ha scritto: “tra «francese» e «in Francia» vi è la distanza che separa una nazione da una società multiculturale” perché per coloro “che sono sotto la bandiera progressista, la Francia non è una storia e non è neppure un Paese, è solo uno spazio”. E così la Francia-spazio di Macron è un luogo neutro dove le culture si ritrovano per caso; una chiesa cristiana o una moschea non fanno differenza perché appunto, “non esiste una cultura francese”.
Macron incarna perfettamente l’ideale dell’apolide mondialista per il quale cultura, tradizioni, lingua, nazioni, sono incidenti della storia rispetto all’unico valore universale: quello dell’homo oeconomicus. Per lui, il conflitto con l’Islam in Europa è colpa di un modello sociale sbagliato e il terrorismo islamista “è solo frutto di mancanza di opportunità economiche”.
Macron è chiaro in questo: non possiamo finire “agli arresti domiciliari dell’identità”. Secondo il perfetto Verbo mondialista, l’identità di una nazione è una costrizione, una forma di reclusione da cui evadere; una sovrastruttura complessa da eliminare per dare libero sfogo al sogno dell’uomo universale perfetto ingranaggio del sistema economico dominante; l’uomo senza radici che può essere tutto e niente. Per questo Macron è a favore dell’immigrazione e della Francia multiculturale.
Nelle elezioni francesi si rinnova il nuovo grande conflitto di idee e visioni che dilania l’Occidente: quello tra chi auspica una società abitata dall’uomo mutante (entità interscambiabile) contro chi difende una nazione abitata dall’uomo reale (soggetto consapevole di memoria storica e identità); in pratica la lotta tra “astrazione mondialista” di chi non è nulla e può diventare ciò che il potere gli consente, e “dirittto sovrano” ad essere ciò che si è per diventare solo ciò che si vuole.

dal blog L'ANARCA di Giampaolo Rossi - 14 marzo 2017