«Ci alzeremo in piedi ogni volta
che la vita umana è minacciata», diceva san Giovanni Paolo II. Nascita,
idee e iniziative del popolo più disprezzato di sempre
Le Sentinelle in piedi, ovvero quanto di peggio possa capitare al giornalista collettivo. Perdigiorno omofobi o una nuova Rosa Bianca? Compulsivi occupatori di suolo pubblico, oppure – per dirla col sociologo Introvigne – «l’ultimo tassello della Controrivoluzione»? È bene chiarirsi le idee in fretta perché il 5 ottobre accadrà qualcosa che pochi si aspettano. In contemporanea in 100 città italiane (cento) le Sentinelle (Sip) sfideranno boicottaggi, fischi e sputi e scenderanno in piazza con la loro vincente (e poetica) ortoprassi: posizionati a scacchiera (a due metri l’uno dall’altro), in un potente e rigoroso silenzio, con un libro in mano in segno di approfondimento continuo («noi studiamo, voi?»).
Prima ancora che contro il ddl sull’omofobia – il “reato d’opinione” che le Sentinelle alla faccia dell’ineluttabilità delle cose hanno contribuito a imbrigliare – le Sip protestano contro qualunque imposizione top-down di “verità” calate dall’alto, imposte per legge, che non tollerano discussioni di sorta, pena l’accusa di opporsi ai “diritti umani”. Addirittura. L’indifferenza sessuale e l’ideologia gender come premessa all’egualitarismo lasciano perplesso qualcuno? Peggio per lui. E l’impossibilità a dire «voglio la mamma» (quando si dice la “banalità del male”)? Chiedere a Mario Adinolfi, che su Facebook convive da mesi con gli haters, gli odiatori di professione. E che dire dei figli dell’eterologa condannati a passare la vita alla ricerca delle proprie radici? Non è qualcosa che grida vendetta? Macché! Tacere e ancora tacere, questa è la consegna. O al massimo ritirarsi in sagrestia. Esattamente quel che è accaduto il 20 settembre al convegno su vita, famiglia ed educazione dell’Associazione “Vita è”, che da un centrale Istituto scolastico veronese è stato confinato a furor di Arcigay in una più appropriata (e appartata) chiesa della città: tra medici, parlamentari e giornalisti erano troppi gli “omofobi” iscritti a parlare.
Ora, se la stampa è letteralmente terrorizzata dal non apparire abbastanza gay friendly, le Sentinelle non dimenticano il rutilante circo che in questi ultimi tempi ha letteralmente umiliato la ragione: il volto del Barilla rieducato, in cui non si muove neanche il muscolo del riscatto; i libri Unar per le scuole fermati per il rotto della cuffia (dove dietro i problemini di matematica si nascondeva, come il lupo travestito da nonnina, cultura omosessualista in pillole); i formalmente inquisiti Philip Boyce, vescovo irlandese, e Sebastián Aguilar, ottantaquattrenne arcivescovo di Pamplona (troppo esegeti di quel san Paolo che coi “sodomiti” non è molto friendly e che non stravede neppure per l’obamiano “love is love”); la fellatio omosex di Sei come sei, libro che a scuola si può e si deve leggere, ma in Parlamento assolutamente no («linguaggio troppo sconveniente», così il presidente Grasso a Giovanardi); fino ad arrivare, andando a ritroso, all’ormai famosa maglietta di Franck Talleu. E qui bisognerebbe fermarsi un attimo: perché se il disegno di padre-madre-figli inciso su una t-shirt è un motivo per multare il possessore, diventa evidente che per far fuori la nostra civiltà l’Isil non serve. Bastiamo noi.
Insomma, dietro la protesta silenziosa delle Sentinelle in piedi c’è un’Europa che non è più in grado di comprendere la legittimità di un’opposizione. Troppo poco è stato detto, per esempio, sull’impressionante successione di violenze poliziesche contro chi, in Francia, ha manifestato per la famiglia criticando matrimonio e adozioni omosessuali, violenze ben documentato da La répression pour tous?, silenziato libro-inchiesta del giugno 2013. Tanto per essere chiari: oltralpe le forze dell’ordine manganellano e usano gas lacrimogeni perché è già operante una legge sull’omofobia.
Il conclave di Rho
«Ho preso l’aereo per vedere che volto avesse chi ha inventato le Sentinelle», così esordisce il responsabile delle Sip di Sassari in una recente riunione in preparazione della “super veglia” del 5 ottobre; subito supportato – in un giro di presentazioni che per molti motivi avrebbe dovuto essere filmato – da una mamma umbra: «Quello che non vorrei mai è che domani i miei figli mi rimproverassero per non aver parlato, oggi che ancora è possibile farlo». Siamo nella bella cornice del convento degli Oblati di Rho, e insieme a Sardegna e Umbria, ci sono persone giunte dalla Toscana, dalla Campania, dalla Puglia, dal Lazio, dalla Basilicata, dalle Marche e dall’Abruzzo, oltre che da tutte le regioni del Nord. Sedici regioni su venti (ma era ancora il 31 agosto, ora sono venti su venti) e 80 città coinvolte. Con tutti gli eccitati presenti arrivati rigorosamente a proprie spese. Ci sarebbe pane per legioni di sociologi se questi fossero interessati al loro mestiere (lo studio dei fenomeni sociali, appunto), ma fortunatamente, dice il poeta, «la storia non si ferma davvero davanti a un portone», per cui, ancora e sempre dal basso, spuntano le prime tesi di laurea e presto, probabilmente, leggeremo della “Fenomenologia delle Sentinelle in piedi”.
Nel peggior bar di Brescia
Ma dove, come e quando nascono le Sentinelle in piedi? Riavvolgiamo il nastro. 31 luglio 2013, caldo torrido, seduti ai tavolini di uno scalcagnato bar di Brescia, tra birre, succhi e zanzare, giovani mamme e giovani papà nel numero di 8 si danno appuntamento per «fare qualcosa, più che interrogare le previsioni» (Emanuele), e impegnarsi «per i figli e per la difesa del reale, in una dolce lotta, più gioiosa di ogni pace» (Lucia). L’idea è questa: prendere l’esperienza dei Veilleurs Debout, i resistenti francesi, e organizzare in fretta la prima veglia italiana. «Ci chiameremo Sentinelle in piedi» (Matteo), con in mente una famosa omelia di Giovanni Paolo II a Washington nel 1979: «Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana è minacciata. Ci alzeremo quando un bambino è visto solo come un mezzo per soddisfare un’emozione…».
Ma ecco che fissata la data della prima veglia (il 5 agosto), i compiti (pochi, non c’è tempo nemmeno di informare la Questura) e il posto (ovviamente Piazza della Loggia), accade un fatto strano, che i testimoni raccontano ancora con pudore. Arriva, improvviso, un vento gagliardo, e in rapida successione uno stormo di uccellini cinguettanti che prima girano intorno ai tavolini, e poi vanno a poggiarsi senza la minima esitazione sulle spalle degli otto, e rimangono lì, fermi, in uno sconcerto generale che passando per il riso volge in commozione.
Questo il racconto dei presenti, tornati a casa con una missione e un fiotto in gola. Il resto è storia. Sono le veglie moltiplicatesi a macchia di leopardo sotto la cura di un coordinamento nazionale tutto impegno e passione la cui nascita si è resa presto indispensabile. Sono i contatti, le pagine Facebook aperte dai responsabili di ogni città; è la voglia e il gusto della sana persuasione (per cui chi è “contro” o finisce per cambiare idea o se ne va); sono le conferenze, tante, per spiegare quella bufala che è la Gender Theory (e che in fondo, col “Paradosso norvegese”, è bastato un comico a smantellare). Ma ciò che resta sono soprattutto le amicizie sbocciate, trasversali, il capitale umano sempre più formato e la formidabile rete che è andata sviluppandosi e che – proprio perché non intaccata da quella “scelta religiosa” che rischia d’ingessare più di una realtà – sembra assolutamente inarrestabile, tanto che dall’estero già fioccano richieste di know-how.
«Sarò con voi», parola di vescovo
A un’analisi appena attenta, anche il rapporto tra le rigorosamente aconfessionali Sentinelle e la Chiesa italiana è in via di rinnovamento. Gesti forti ci sono già stati. A tirare la volata, i soliti “capitani coraggiosi”: è del 15 luglio l’ardimentosa nota di monsignor Luigi Negri, che spronando a organizzare veglie anche nella sua Ferrara, così scriveva: «Sarò con voi, sentinella come voi, davanti l’ospedale di Cona». La comunione di intenti con chi è “esperta in umanità” è evidente. Non sono state proprio le Conferenze episcopali slovacche, portoghesi e polacche (come anche i vescovi della Toscana e del Triveneto) a pubblicare energici documenti contro l’ideologia di genere? E non è stata proprio la Conferenza episcopale degli Stati Uniti d’America a intervenire in una causa giudiziaria per difendere la libertà di coscienza? Quella libertà di coscienza e d’espressione la cui tutela è la ragion d’essere delle Sentinelle in piedi, il loro proprium.
È liturgia, bellezza
C’è poi un ingrediente del successo delle Sip mai abbastanza sottolineato. Nelle ormai famose veglie, la precisa disposizione nello spazio delle Sentinelle è molto più che un brand: è in qualche modo liturgia. Le Sentinelle hanno preso sul serio la lezione di McLuhan, e se davvero «il mezzo è il messaggio», in quelle piazze accerchiate da contestatori indiavolati, ai fischietti e agli slogan hanno preferito da subito il più potente e arcano linguaggio simbolico. Il silenzio, l’ordine, l’armonia sono la risposta al caos, lo spirito apollineo contro quello dionisiaco, l’equilibrio e la purezza come categorie dello spirito. E come nella liturgia lo scopo della velatura non è nascondere gli oggetti ma mostrare ciò che sono realmente, così il silenzio delle Sentinelle parla, grida. E lo fa alla volta dei secolarismi impazziti, del totalitarismo che non tollera la libertà di pensiero, della “cosificazione” della vita umana. Perché contro il Califfato relativista d’Occidente «è meglio morire in piedi che vivere in ginocchio».
ottobre 4, 2014
Valerio Pece