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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.
Voi sapete come la penso sulla questione migrazione. Prossimo
serbatoio di voti per la sinistra, oramai moribonda; occasione
finanziaria per continuare a sfruttare povera gente, tanto noi quanto
loro; sistema mondiale legato alla criminalità organizzata, di cui noi
italiani sappiamo essere esponenti decisamente di bravura; situazione a
cui l’Europa pare altamente disinteressata, perché deve mantenere in
piedi la sua burocrazia finalizzata a non risolvere nulla, in perfetta
sintonia con questo governo.
Certo, non penso che le cose cambieranno, nemmeno con un prossimo
governo di altra natura. Dopo la fiducia imposta dal Governo sulla nuova
legge elettorale, mi sembra che si faccia di tutto per annullare le
istanze di molti cittadini che vogliono esprimere la loro opinione. E
questo è evidente, se ricordiamo che tutti, compresi i movimentisti,
hanno fatto in modo di far passare il tempo necessario per ottenere il
vitalizio di circa mille euro, al compimento del sessantacinquesimo anno
di età.
Quindi, come sempre nella storia di questo mondo (e
la Catalogna insegna, anche in questo caso) si tratta solo di proclami
per far vivere il popolo di illusioni e continuare ad assoggettarlo ai
propri insensati voleri. Nulla di nuovo, rispetto a ciò che accadeva
qualche migliaio di anni fa e che ritroviamo ben descritto nella Bibbia,
o in alcune testi dell’Antico Egitto. Potere, soprusi, dominanti e
sottomessi. Nulla di nuovo sotto il sole.
Detto questo, la lettera
di questo poliziotto deve però ricevere, secondo me, la giusta
attenzione, proprio perché proviene da una persona che, come noi, è
sottomessa, e persino al servizio di questo potere che continua a
sottomettere. E quando si scrivono cose di questo genere, significa che
si è oltrepassato il limite italiano del “tengo famiglia”, e si vuole
davvero esprimere il proprio pensiero, nudo e crudo, anche se solo
ipotetico. Mi riferisco all’idea che questo poliziotto esprime circa la
natura dei migranti, ossia che siano galeotti tunisini. Anche questa
ipotesi non è poi così peregrina , se pensiamo che l’Australia è stata
popolata in gran parte da galeotti inglesi.
Sarà il caso di pensare come impiegare questi galeotti, eventualmente
lo fossero? Siamo nelle condizioni di sapere esattamente cosa accade a
coloro che hanno foglio di via fasullo, solo mera intenzione che non si
traduce in azione?
Queste semplici domande, solo per dare dignità esistenziale ad una persona
che scrive una lettera di questo genere. Dopo aver ascoltato le
fandonie dei politici, e ci metto anche quelli della destra
(scandalosamente collusi nel voto di fiducia sulla legge elettorale),
potremmo leggere ed ascoltare ciò che ci dice una persona come noi.
E noi, lo sappiamo, siamo cittadini tutti “onorevoli”, perché “disonorevoli”, a vita, lo sono altri.
dal blog tutta questione di ..... di Alessandro Bertirotti - 12 ottobre 2017
Le statistiche ufficiali
dell’Unione europea sul terrorismo sono drammatiche: “Nel 2016, sono
stati 142 gli attacchi falliti, sventati o portati a segno in otto Paesi
membri dell’Ue. Più della metà (76) di essi sono stati segnalati dal
Regno Unito. In Francia sono stati registrati 23 attacchi; 17 in Italia;
10 in Spagna; 6 in Grecia, 5 in Germania, 4 in Belgio e un attacco nei
Paesi Bassi. Sono state 142 le vittime degli attentati terroristici e
379 le persone rimaste ferite. Nel 2016, sono stati arrestati 1002
individui per reati connessi al terrorismo”.
Tutti questi Paesi hanno cercato di integrare le comunità musulmane,
ma sono giunti allo stesso punto morto. “Finché ciò continuerà, il
fallimento dell’integrazione costituirà una minaccia mortale per
l’Europa”, ha scritto il Wall Street Journal dopo un attacco suicida in cui sono rimaste uccise 22 persone a Manchester. Secondo un nuovo libro del reporter francese Alexandre Mendel, Partition: Chronique de la sécession islamiste en France, il multiculturalismo sta portando alla frattura delle società europee.
Sta inoltre portando a costanti ondate di attentati terroristici. Lo
scorso agosto, in un solo giorno, gli islamisti hanno ucciso 20 europei a
Barcellona e in Finlandia. Un mese dopo, hanno trucidato due ragazze a Marsiglia e a Birmingham
un ragazzo sciita è stato brutalmente ferito. Questa è stata la messe
letale del multiculturalismo europeo. È l’ideologia europea più
idilliaca e seducente dopo il crollo del comunismo. C’è “una catena
sempre più permanente di ‘comunità sospese’ che si annidano nelle
nazioni dell’Occidente”, ha scritto di recente lo storico americanon Adrew Michta.
“L’emergere di queste énclave, rafforzate dalle politiche dell’élite
del multiculturalismo e dalla decostruzione del patrimonio occidentale,
ha contribuito alla frattura delle nazioni dell’Europa occidentale”.
A soli venti minuti dal Marais, l’elegante quartiere parigino in cui si trovavano gli uffici di Charlie Hebdo, c’è Gennevilliers, un sobborgo che ospita diecimila musulmani dove i fratelli Kouachi, gli uccisori dei vignettisti di Charlie Hebdo, sono nati e cresciuti. A Birmingham, c’è un quartiere, Sparkbrook,
da dove viene un decimo dei jihadisti del Regno Unito. Tutte le più
grandi città europee hanno énclave separate dove prolifera l’apartheid
islamico. Lì, i burqa e le barbe significano qualcosa. Il costume ha
sempre simboleggiato la fedeltà a uno stile di vita, a una civiltà.
Quando Mustafa Kemal Atatürk abolì il Califfato in Turchia, vietò le
barbe per gli uomini e i veli per le donne. La proliferazione dei
simboli islamici nei ghetti europei ora demarca la separazione di questi
sobborghi. Henry Bolton,
il nuovo leader del Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (Ukip),
di recente ha dichiarato che la Gran Bretagna è “sepolta” dall’Islam e
“sommersa” dal multiculturalismo.
Il “multiculturalismo”, secondo l’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey of Clifton,
“ha provocato delitti d’onore, mutilazioni genitali femminili e legge
della sharia, nelle sacche dei quartieri poveri in tutto il Regno
Unito”. Nel multiculturalismo europeo, le donne musulmane hanno perduto
molti dei diritti che avrebbero avuto in Europa. Esse sono vittime di
“delitti d’onore”. Le colpe? Il rifiuto di indossare il velo islamico;
vestire all’occidentale; frequentare amici cristiani; convertirsi a
un’altra fede; cercare il divorzio; opporre resistenza alle violenze
familiari ed essere troppo “indipendenti”. È uno dei grandi paradossi
del multiculturalismo: cinque paesi membri europei della Nato stanno
combattendo in Afghanistan contro i talebani, che riducono in schiavitù
le donne, mentre in Europa accade lo stesso nei nostri ghetti.
Nel multiculturalismo la poligamia è aumentata, insieme alla mutilazione genitale femminile (500mila casi in tutto Europa). Di fatto, il multiculturalismo si basa sulla legalizzazione di una società parallela governata dalla sharia,
che è fondata sul rifiuto dei valori occidentali, soprattutto dei
valori di uguaglianza e libertà. Inoltre, la paura di “offendere” le
minoranze islamiche ha portato alla cecità. Questo è ciò che è accaduto a
Rotherham,
una città di 117mila abitanti nel nord dell’Inghilterra, dove per molti
anni è stato consentito a “bande di stupratori di origine pakistana” di
adescare e abusare di almeno 1400 bambini.
Nel multiculturalismo, l’antisemitismo è aumentato vertiginosamente,
soprattutto in Francia. Il settimanale francese “L’Express” ha appena
dedicato un intero numero al “nuovo malessere degli ebrei francesi”.
I recenti terremoti politici che hanno sconvolto l’Europa sono una conseguenza del fallimento del multiculturalismo. Come ha dichiarato lo storico britannico Niall Ferguson,
la ragione principale della Brexit è stata l’immigrazione. “Molta gente
nel Regno Unito guardava alla crisi dei rifugiati in Europa e pensava:
se questi prendono il passaporto tedesco verranno in Gran Bretagna e non
saremo in grado di fermarli. Questo era un tema fondamentale per gli
elettori, e legittimamente, perché i tedeschi avevano aperto le porte a
un vasto afflusso dal mondo musulmano. Se guardavi queste cose dal Regno
Unito la reazione era: aspetta un attimo, che succede se arrivano
qui?”.
Nei Paesi Bassi, l’ascesa di Geert Wilders
è il diretto risultato dell’assassinio del regista Theo van Gogh da
parte di un islamista olandese e del rigurgito di anti-multiculturalismo
che ne è seguito. In Francia, l’ascesa politica di Marine Le Pen è
coincisa con due anni di grandi attacchi terroristici, in cui 230 cittadini francesi sono stati assassinati.
Inoltre, il successo straordinario nelle recenti elezioni politiche
in Germania del partito Alternativa per la Germania (AfD) è la
conseguenza della fatale decisione della cancelliera Angela Merkel di
aprire le porte a più di un milione di rifugiati e migranti. Beatrix von
Storch, una dirigente della AfD, ha appena detto alla Bbc che “l’Islam non appartiene alla Germania”.
La leader di Alternativa per la Germania ha spiegato che una cosa è
consentire ai musulmani di predicare in privato la loro fede islamica,
ma un’altra cosa è rabbonire l’Islam politico, che cerca di cambiare la
democrazia e la società tedesca. L’establishment europeo ha chiuso gli
occhi mentre i suprematisti musulmani violavano i diritti del proprio
popolo. Molti islamisti hanno poi bussato alle porte dell’Europa con
ancor più determinazione. Il multiculturalismo sta uccidendo e
destabilizzando l’Europa come solo il nazismo e il comunismo hanno fatto
prima.
Se il Movimento Cinque Stelle esiste e gode di ottima salute non è
colpa sua, ma della decadenza di questo Paese. Il vuoto culturale rende
deboli e nella debolezza si insinua qualsiasi cosa: l’immigrazione
attirata dall’impunità, i potentati stranieri che fanno shopping di
imprese nostrane, la corruzione incentivata dalla moralità di facciata
(leggi immoralità sostanziale), una produzione legislativa ai limiti del
ridicolo, una magistratura che si sente in dovere di supplire al vuoto
lasciato libero dalla politica, istituzioni straniere che ingeriscono in
fatti interni al nostro Paese e lo spontaneismo civico eterodiretto.
Luigi Di Maio e compagni possono essere simbolicamente considerati
come il virus che aggredisce il corpaccione malato di questa Repubblica
all’ultimo stadio, quell’infezione che colpisce il fisico debilitato e
incapace di reagire non lasciandogli scampo. Il focolaio del male,
volendo imbastire una anamnesi, è da identificarsi nel vizio: dopo anni
di dibattiti vacui, di governi inetti, di talk-show che sembrano pollai e
di politica cialtrona, cosa volete che succeda? Dopo l’esposizione ad
agenti potenzialmente nocivi che vanno da Oscar Luigi Scalfaro passando
per Giorgio Napolitano, Enrico Letta e Mario Monti, come si poteva
evitare un brutto male?
Mettici anche l’approccio terapeutico poco serio del popolo sovrano
ed ecco spiegato il fenomeno Cinque Stelle: qualche scia chimica, due
gocce di rinnovabili, un pizzico di Rousseau, una soluzione galenica a
base di decrescita felice ed ecco che i famosissimi “ragazzi
straordinari” (termine gentile per indicare gente senza né arte né
parte) possono essere scambiati per luminari della medicina in grado di
curare il malato Italia.
Che poi, se il malato vuole affidarsi ai santoni, se crede di volersi
curare la lebbra con l’omeopatia faccia pure. Ciò che non si può
proprio accettare è la negazione dell’evidenza, la pretesa di far
passare il concetto che le piattole si curino con il bidet. Se era per
la supercazzola andavano bene quelli che c’erano prima. Ma ormai siamo
abituati a tutto in questo Paese a patto che non si esageri, a patto che
non si faccia moralismo un tanto al chilo, a patto che le
contraddizioni non stridano troppo con la polemica ipocrita del momento.
Oggi il “come fosse antani” è sul Rosatellum: scendono in piazza
sbagliando manifestazione, dicono, analizzano, giudicano, si barricano,
si inalberano, fanno le vittime, gridano al regime. Normale dialettica,
nulla da eccepire, ma c’è un limite alla propaganda che si chiama
decenza. Dire che la legge elettorale fa schifo perché “impedisce agli
elettori di scegliere i candidati che saranno indicati dai capi partito”
è sinceramente troppo, soprattutto se detto dai grillini.
Parlano proprio loro, salgono in cattedra le verginelle che
propongono Di Maio - quello che al Consiglio comunale di Pomigliano
prese 59 voti di preferenza (il Movimento 5 Stelle raccolse 500) - come
Presidente del Consiglio dopo un voto on-line che ha coinvolto 37mila
aventi diritto, nessun serio contendente e nessuna certezza
sull’architettura tecnologica che governa il meccanismo “democratico”
interno. Ma scherziamo? I novelli bulgari sbraitano di trasparenza?
Parlano proprio loro che hanno a capo un comico e una Srl (la Casaleggio
Associati) i quali non si capisce a che titolo impongano la linea,
propongano scritture private atte a condizionare l’operato degli eletti o
ingeriscano nelle normali dinamiche politiche del Movimento? Passi che
Virginia Raggi possa essere reputata un bravo sindaco, ma pontificare di
democrazia e di regole trasparenti è sinceramente troppo. Anche per una
democrazia decrepita come quella italiana.
Grande coalizione Pd-Forza Italia, con i Cinque stelle fuori dalla
stanza dei bottoni? Per i mercati, che in teoria non vedono di buon
occhio forze anti-establishment come i pentastellati, l’“accordone”
apparecchiato dalla nuova leggere elettorale dovrebbe essere positivo.
Poi però si scopre che una delle più grandi banche d’affari, che in quei
mercati è pienamente inserita, non è per niente soddisfatta degli
scenari aperti dal cosiddetto Rosatellum bis. Sta di fatto che ieri
l’americana Citigroup ha inviato ai suoi numerosi clienti, enti pubblici
e investitori privati, un report di analisi proprio sulla nuova legge
elettorale su cui il Governo italiano, guidato da Paolo Gentiloni, ha deciso di porre la fiducia.
I passaggi – Il dossier comincia con dosi di ironia
non proprio azzeccatissime, se così si può dire. Giocando sui termini,
infatti, Citigroup premette che il nome della legge non viene da
“Rosatello, un famoso vino italiano, come qualcuno potrebbe cinicamente
pensare”, ma dal cognome del capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato”.
Chissà, forse ci si può vedere un’accusa velata del tipo: solo degli
ubriachi potevano partorire norme elettorale del genere. Ad ogni modo la
battuta non fa certo sbellicare dalle risate. Più denso di contenuti,
invece, il prosieguo del report della banca americana. “Mentre i mercati
possono anche gradire lo scenario che va delineandosi per le elezioni”,
scrive Citigroup alludendo alle larghe intese, “noi non siamo convinti
che il Rosatellum possa garantire la governabilità del Paese”. E quali
sono le ragioni di questo scetticismo? “Il motivo principale è che il
Rosatellum assegna i due terzi dei seggi a candidati scelti dalle
segreterie di partito, rendendoli in qualche modo ostaggio dell’agenda
del leader di partito e non dell’agenda che servirebbe al Paese”. E poi,
prosegue il report dell’istituto statunitense, “la decisione del
presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, di approvare il voto di
fiducia su una legge elettorale in cui il suo governo non ha avuto
nessun coinvolgimento, è una sorta di promemoria di quello che potrebbe
sperimentare l’Italia negli anni a venire”.
La traduzione – Si tratta di un passaggio la cui
interpretazione sembra poter suonare più o meno così: se Gentiloni, che
già guida un Governo sostenuto spesso da larghe intese sostanziali, si è
piegato a mettere la fiducia su una legge su cui l’Esecutivo non ha
minimamente messo mano, figuriamoci cosa potrebbe fare un premier
ostaggio di capricciose larghe intese. Da qui l’ovvia conclusione di
Citigroup, magari non così ovvia per gli investitori destinatari del
report: “Il Rosatellum rafforza la probabilità di una grande coalizione
tra Pd e Silvio Berlusconi”. E questo, conclude la banca, potrebbe spingere gli investitori a trovare qualche analogia con “1984” di George Orwell:
“Dopo tutto il tuo vecchio nemico non necessariamente deve essere il
tuo peggior nemico”. Chissà se i lettori del dossier si convinceranno
dei suoi contenuti. Di sicuro fa riflettere che una grossa banca
d’affari allunghi un’ombra su un “accordone” espressamente definito
“anti-Cinque Stelle”.
Oggi i media ci bombardano
sull’evasione presunta italiana rilevata dall’ISTAT su dati 2015, senza
però paragonare tali dati agli omologhi “partner” EU, ad esempio alla
Germania. E se i tedeschi evadessero come o più degli Italiani?
Possibile? Mi direte alla fine. Da molti mesi sto valutando come
spiegare ai lettori che le stime sempre spaventose dell’evasione
italiana usate per giustificare una pressione fiscale assurda in realtà
sono più che mezze bugie, diciamo pure propaganda per far accettare agli
italiani un qualcosa di inaccettabile: leggasi, un livello di tassazione anche oltre il 50%, includendo i contributi. Ripeto, inaccettabile, troppo elevato!
La difficoltà sta nello
spiegare il metodo utilizzato per calcolare l’evasione fiscale ipotetica
di un paese, metodo che è prettamente statistico: in soldoni, troppo
difficile da spiegare ai profani. Tra l’altro, vi vedete gli
intervistatori dell’economia sommersa andare a chiedere ad una
prostituta quanto guadagna al giorno e a prestazione, o ad uno
spacciatore quante dosi vende ed a che prezzo… Fortunatamente negli
scorsi giorni ho trovato un modo alternativo molto valido per spiegare
come dietro la caccia alle streghe mediatica dell’evasione presunta
facilmente si nascondano gli interessi dei governanti a fare accettare
una tassazione suicida ai cittadini, che poi è il motivo per cui le
aziende se ne vanno dal Belpaese. L’EU sa benissimo a cosa io mi
riferisca, ma come vi spiego da anni non è assolutamente interessata a
che l’Italia ed i paesi periferici in genere possano uscire dalla crisi
(…).
In breve, tornando a bomba,
l’economia sommersa è quella che non paga tasse. Fu lo stesso Berlusconi
a volerla introdurre in una proposta precedente al golpe del 2011. La
ratio era semplice: visto che in Italia c’è una percentuale di
evasione fiscale maggiore che nel resto d’EUropa il deficit di bilancio
deve essere riferito sia all’economia ufficiale che a quella sommersa
per il fine di calcolare il famoso rapporto deficit statale/PIL su cui
incidono ii parametri di Maastricht che regolano l’austerità in sede EU.
Il risultato fu, come da desiderata, che aumentando fittiziamente il
PIL aggiungendoci il sommerso a parità di deficit si riduceva il
rapporto deficit/PIL totale. Appunto, questo accadde. Oggi le
valutazioni del rapporto deficit/PIL, dal 2014, ormai computano il (PIL
ufficiale + il PIL illegale) [chiamiamolo “PIL totale], permettendo al
governo di fare più deficit. Un dettaglio importante: oggi il rapporto
debito/PIL totale è ufficialmente attorno al 133%.
Anche Bloomberg conferma indirettamente che NON vengono usati i dati ISTAT per valutare l’economia sommersa in sede EU
In realtà,
escludendo il PIL sommerso, ossia tornando ai calcoli pre-2014, anche il
rapporto deficit/PIL sarebbe attorno al 155%. Per intenderci,
la Grecia dovette accettare la Troika quando il suo rapporto deficit/PIL
ufficiale (senza il sommerso) superò la fatidica soglia del il 140%,
nel 2011/2012 se ricordo bene…
Or dunque, resta il problema
di valutare a quanto ammonti detto PIL sommerso: ripeto, più grande
sarà il sommerso maggiore è la possibilità per il governo di fare
deficit, troppo spesso dimenticandosi che alla fine ciò si traduce
inevitabilmente in debito che comunque andrà prima o poi pagato. E senza
considerare che è molto difficile valutare correttamente ed
analiticamente l’economia sommersa.
Resta il fatto che, vis a
vis con la Commissione EU che calcola gli sforamenti di bilancio
(rapporti deficit/PIL e Debito/PIL), l’Italia ha avuto interesse ad
aumentare al massimo l’economia sommersa usata nei calcoli di Eurostat,
appunto per fare maggiore deficit. Con effetti aberranti. Ad esempio,
quando sentiamo i governi affermare che la tassazione media italiana è
circa del 43% in tale percentuale si considera il PIL totale ossia
includendo il sommerso. In realtà il sommerso non paga tasse per cui il
vero livello di tassazione italiano per chi paga le tasse è oggi attorno
al 50% e non al 43% come invece qualcuno vorrebbe farci credere.
Ma il punto non è questo.
Infatti il problema è che esistono delle valutazioni diverse tra
Eurostat, ISTAT e valutatori indipendenti usati alla bisogna dalla
politica e dal governo. Per darvi l’idea, nemmeno la Corte dei Conti usa
i valori ISTAT ma quelli usati in sede EU, che sono quasi il doppio,
circa il 21% nel 2014 (dunuque, la Corte dei Conti conferma che NON vengono usati i dati ISTAT per valutare l’economia sommersa in sede Europea):
Al 2014…
Limitiamo l’analisi a tre esempi: il valore di economia sommersa stimata usata da Eurostat per l’Italia è attorno al 20.6%, al 2015. Ossia pari ad un valore di circa 330 miliardi di euro.
L’ISTAT stima invece l’economia sommersa attorno a 12.6% (2015) pari a circa 207 mld di euro.
Valutazioni private usate spesso dai governi di sinistra o comunque filo EU che si sono avvicendati dal 2011, come Eurispes (a cui vertici compaiono membri o ex membri del PD o partiti affini) stima l’economia sommersa pari a addirittura il 33% pari a oltre 500 mld di euro (Rapporto Eurispes 2016, su dati 2015).
Prima
di tutto, come è possibile che ci siano differenze così esorbitanti tra
le valutazioni di uno stesso parametro da parte di tre istituzioni
differenti?Chiaro, perchè è difficile valutarlo.
Lasciando perdere la valutazione di Eurispes, di estrazione PD e sempre
utilizzata dalle icone della sinistra per giustificare livelli di
tassazione sempre maggiori oltre che assurdi – tacendo però la molto probabile inaccettabilità del metodo usato, come ben stigmatizzato da Il Foglio* –, siamo però tenuti a notare le enormi differenze anche tra Eurostat e Istat. Come mai succede questo?
Saranno corretti i dati di Eurispes? O sono stati elaborati “per fini politici”? Non siamo gli unici* a dubitarne…
Il motivo? Va semplicemente ricordato come i governi italiani siano interessati vis a vis
con l’EUropa ad aumentare il più possibile l’economia sommersa, con lo
scopo di fare più deficit, come spiegato prima. Da qui l’eccesso di
evasione presunta nei dati Eurostat. Mentre i valori più veritieri di
evasione, quelli ISTAT, sono molto più bassi.
Sapete
quale è il problema? Che i valori ISTAT di evasione italiana sono molti
simili a quelli dell’evasione tedesca…. Ossia, forse gli italiani non
sono così evasori come vogliono farci credere con il solo fine di
aumentare le tasse, che dite?
Chiaro, più tasse si fanno
pagare agli italiani più a lungo dura l’EU; infatti è certo che se
all’Italia dovesse essere imposto di fare crack per colpa dell’austerità
EU, essa avrebbe tutti gli interessi ad uscire dall’Euro pur di
evitarlo. Dunque, che si sttrangolino gli italiani di tasse per il
tramite di politici cooptati dall’EUropa, con metodi che – come avete visto sopra –
ritenere discutibili è poco. Stessa cosa vista ad Atene, dove per
convincere i politici recalcitranti si passò anche per le minacce ossia
rivelare la loro prensenza nella lista Lagarde opportunamente epurata
dei complici politici locali messi poi a governare dalla Troika per
imporre misure lacrime e sangue ai greci…
In tale contesto, proviamo a
valutare la differenza di tassazione persa dallo stato nei due casi,
appunto ISTAT e Eurostat (ricordando che i dati Eurispes secondo molti
presentano errori marchiani, tipo sbagliare il PIL italiano, stimato
erroneaemente da Eurispes 100 mld di euro più basso di quello reale*).
Nel caso del PIL sommerso ISTAT la perdita di gettito dello Stato,
ipotizzando che ci sia una forte diffusione dell’evasione ovvero
applicando una tassazione leggermente più bassa della massima aliquota
marginale, ossia utilizzando il 40%, otteniamo che le tasse perse dallo
Stato ammontano a circa 80 mld di euro. Nel caso dell’Eurostat,
applicando la stessa aliquota marginale media, siamo invece attorno ad
oltre 130 miliardi di gettito perso. Per Eurispes siamo invece a oltre
200 miliardi di euro di gettito perso.
Non siamo gli unici ad avere dei dubbi sui dati Eurispes 2016…
Come ben capite le differenze sono macroscopiche: 80, 130, 200 mld di euro. Un mare di differenza tra le varie valutazioni.
Fa specie che i
rappresentanti del PD abbiano costantemente utilizzato nella loro
retorica i valori di Eurispes, sui cui – e non sono solo – nutre anche
chi scrive enormi dubbi (leggasi, Saviano).
Va però considerato che nel
valutare il valore dell’economia sommersa di Eurostat, ossia il valore
utilizzato dalla Commissione EU per calcolare lo sforamento nei
parametri di deficit, ci sia stato un interesse dello stato a tenere il
valore dell’economia sommersa il più alto possibile, per aumentare la
possibilità di fare deficit. Da qui la differenza tra i valori Eurostat
ed ISTAT.
Dunque, in generale, anche
per la capacità di analisi del sistema italiano oltre che per quanto
sopra spiegato, riteniamo che il valore ISTAT sia il più corretto.
Ma, attenzione: se andiamo
invece a considerare nel computo dell’economia sommersa il valore delle
tasse evase in Italia rispetto ad altri paesi molto virtuosi come ad
esempio la Germania (paese che non ha né aveva bisogno di espandere ad
arte la sua economia sommersa nei calcoli di Eurostat come invece ha
dovuto fare l’Italia per evitare la Troika) cosa otteniamo?
E qui vengono fuori elementi
davvero interessanti: il valore dell’economia sommersa italiana base
ISTAT. Prima di tutto l’economia sommersa secondo ISTAT pari al 12,6% va
a paragonarsi con un valore Eurostat per la Germania del 12.2% Ossia
circa uguale. Se poi traduciamo tali valori in miliardi di euro di
economia sommersa ricaviamo che quella tedesca (ca. 350+ mld di euro) è
quasi il doppio di quella italiana (ca. 207 mld di euro)!
Resta da farci spiegare dai
governanti italiani il perchè della differenza di circa il 60% tra
valori di economia sommersa Eurostat (20.6%) rispetto a quella calcolata
dall’ISTAT (12,6%). Per non parlare delle cifre esorbitanti di
Eurispes, di cui però tendiamo a dubitare vista la chiara deriva
politica dell’Istituto in questione (…), oltre ad aver evidenziato
probabili errori nell’elaborazione*.
Spero il messaggio sia arrivato. E soprattutto la considerazione a latere: chi
scrive teme infatti che i governi pro-EU pro-Europa e pro-austerità che
si sono succeduti dal 2011 abbiano usato lo spauracchio di numeri di
evasione tanto spaventosi quanto potenzialmente surreali (specialmente
quelli di Eurispes) per giustificare un livello di tassazione italiana
reale onestamente inaccettabile ossia prossimo al 50%, il più alto in
Europa. [anche maggiore pr le imprese, vedasi immagine sopra].
E dimenticandosi di dire che l’evasione italiana percentuale è secondo
le valutazioni correnti di ISTAT circa uguale a quella tedesca in
percentuale, il 50% più bassa se viene espressa il miliardi di euro
(ossia, i tedeschi evadono più miliardi di euro degli italiani usando il
metodo sopra indicato). Concludo dicendo che probabilmente il modo
migliore per fare crescita – che è quello che manca all’Italia – dovrà
in futuro andare nella direzione opposta rispetto a quella imposta
dall’Europa. Tradotto, ridurre le tasse in modo sostanziale con
parallelo depotenziamento dell’atteggiamento minatorio dell’agenzia
delle Entrate nei confronti delle attività che generano valore aggiunto,
ossia le imprese, in quanto sta minando alla radice l’imprenditorialità
italica (…).
La
retorica del combattere l’evasione infatti non è giustificabile in
presenza di un livello di tassazione troppo elevato come l’attuale,
circa il 50% in generale o 64.8% per le imprese.Parallelamente
va sempre ricordato che un paese senza alcuna evasione fiscale è più
una chimera che un sogno, risultando per altro inefficiente anche solo
pensare di tendere verso una società dove tutta la creazione di
ricchezza è controllata fin all’ultimo euro, è semplicemente impossibile
oltre che stupido.
Una giusta non la pensa e cento sbagliate ne fa. E questa è l’ultima.
Che la maggior parte delle risorse boldriniane non siano
alfabetizzate a livello universitario è un dato di fatto, anche se
costituiscono delle risorse. Ma lo sappiamo a che scopo: per avere nuovi
voti, visto che saranno in pochi coloro che voteranno ancora a
sinistra, in questo misericordioso Paese tanto caro a Papa Francesco.
Ma, con questa iniziativa, ulteriore espressione di un’intelligenza
sopraffina, rasentiamo davvero qualche problema mentale. Lascio agli
esperti del settore, psichiatri e neurologi, evidenziare la patologia di
riferimento. Io non sono un medico specialista, ma un semplice
antropologo della mente.
Qui, la faccenda non riguarda il fatto che gli extracomunitari
debbano anche lavorare per favorirne l’integrazione, togliendoli dalle
strade e sottraendoli alla delinquenza. Perché questo mi sembra giusto e
saggio. Ciò che è grave è favorire la delinquenza per disperazione
negli italiani che attendono di lavorare da parecchi anni, mentre la
povertà legata ai barconi sembra essere più evidente di quella legata
alla vita quotidiana di coloro che non sanno, da italiani, come tirare
avanti. Forse, sarebbe il caso, di pensare ad una razionalizzazione
migliore nell’utilizzare queste risorse e quelle italiane, che sono tali
da molto tempo prima dell’arrivo di quelle colorate.
Ho la sensazione che si stia facendo di tutto per alimentare odio su
odio, indecenza su indecenza, con la pretesa di proporre qualche dieta
parlamentare come espediente per raggiungere l’obiettivo di nuovi e
futuri serbatoi di voti, e di consenso.
Invece, si tratta di una questione di semplice priorità,
una logica semplicemente elementare, e dovrebbe essere ad appannaggio
anche di una ex sindacalista, benché italiana. Potremmo, forse,
consigliare alla Ministra di leggere qualche cosa di Kant o di Bergson
sulla percezione del tempo negli esseri umani, e se non dovesse
riuscirci, mi candido come insegnante personale di sostegno.
L’eredità
del pensiero, della prassi, dei metodi è quasi sempre accettata come
una specie di “beneficio dell’inventario”. Però al rovescio. Gli eredi e
aventi causa, anziché prendersi il buono e respingere debiti e magagne,
sembrano più spesso prendersi le sciocchezze, la ritualità
inconcludente, respingendo quel che c’era di buono e di positivo nella
buonanima, sia essa una persona, una corrente di pensiero, una
sedimentazione politica.
È accaduto così anche a Marco Pannella, che di eredi legittimi,
illegittimi, testamentari e di acquirenti a titolo gratuito di quel
tanto che ha lasciato ne ha avuti fin troppi. Tristi pensieri che mi
venivano in mente leggendo di un ministro in carica, di vari deputati e
senatori, con il solito contorno di uomini e donne di spettacolo e di
cultura (!?) che “digiunano per lo Ius soli”, mentre Laura Boldrini,
presidente della Camera dei deputati, che ancora mangia, “ci sta
pensando”.
Le malelingue, finché Pannella, bene o male, è stato un esponente di
un partito politico, dicevano che mangiasse di nascosto. E nemmeno il
fatto che ogni volta perdesse decine di chili di peso e si riducesse uno
scheletro valeva a impedire l’ostentato scetticismo di uomini politici,
“di cultura” e dell’arte. Man mano che gli “obiettivi” dei digiuni si
facevano più astratti, vaghi e generici, oramai liquidato il partito e
una sua politica, quelle insinuazioni si sono spente. Semmai qualcuno ha
cominciato a sostenere che anche Pannella finiva col dimenticare per
quale motivo stesse digiunando. E infatti, se gli ottimisti del suo
seguito proclamavano che quei rischiosi digiuni richiamavano
l’attenzione su importanti questioni, peraltro sempre più astratte e
generiche, in realtà essi richiamarono l’attenzione solo sul fatto che
digiunasse. L’ammirazione che gli stessi che avevano raccontato
storielle sul gran mangiare nel mistero della notte, ora mostravano per
quell’indiscutibilmente autentico digiunare non implicava, infatti,
l’attenzione sugli specifici “obiettivi”, sulle cose bellissime per cui
digiunava. Semmai, un po’ tutti, sostituita l’ammirazione un po’
ipocrita allo scetticismo e all’irrisione, per sentito dire ripetevano
che digiunava per finalità bellissime. Quali fossero, era un particolare
che avrebbe sminuito la bellezza di quel gesto.
Detto tutto questo, non vi è dubbio che questa decisione gandiana di
mortificare la carne per lo Ius soli da parte di questa gente sa tanto
di eredità di Pannella. Ma del passivo. Accettato con quel beneficio
dell’inventario a rovescio che ne rende di moda gli aspetti più
grotteschi. Digiunano per richiamare l’attenzione della gente sul fatto
che digiunano, mica sullo Ius soli. Questi inesperti digiunatori, e più
ancora la perplessa, nientemeno, presidentessa Boldrini che al digiuno
per lo Ius soli “ci pensa”, continuando a mangiare, aggiungono, del
loro: una formidabile mancanza di senso del ridicolo.
Sono lorsignori che, di fronte alle reazioni dell’opinione pubblica,
hanno deciso di accantonare quelle infelice proposta di legge. Ma
vogliono far sapere che gli dispiace tanto. Non digiunano per lo Ius
soli, ma, al più per punirsi di aver preso in giro la foro funzione. E
la gente.
Carlo Alberto, Re di Sardegna, aveva non so quale amante. Ma accanto
al letto del peccato aveva il cordone di un campanello con il quale,
dopo ogni amplesso peccaminoso, chiamava subito il cappellano di corte
per confessarsi e fare penitenza. Meglio sarebbe, in verità, che questi
eredi imitatori di Pannella dimenticassero anche loro i motivi per i
quali digiunano, però prima ancora di smettere di mangiare. Una generica
mortificazione della carne e un altrettanto generico mettersi in mostra
con un gesto così commovente potrebbe bastare. Il mito di Marco
Pannella servirebbe egualmente a tentar di farli passare per quelli che
non sono.
Il
partito di Renzi, cioè il Partito Democratico depurato di ogni forma di
opposizione seria, ha trovato due foglie di fico in grado di assicurare
la sua volontà di realizzare una coalizione larga in vista della
campagna elettorale. La prima, quella confermata dall’alleanza in
Sicilia, è rappresentata dal partito di Angelino Alfano (o forse con il
solo Alfano e qualche suo amico). La seconda è costituita da Giuliano
Pisapia e dai suoi più fidati sostenitori. Grazie alla foglia di fico
alfaniana che lo copre a destra e a quella di Pisapia che svolge lo
stesso ruolo a sinistra, Matteo Renzi può smentire l’accusa di non
essere in grado di realizzare alleanze larghe ed è in grado di sfruttare
al meglio la riforma elettorale in approvazione alla Camera dei
deputati per cercare di uscire dalle elezioni di primavera come il
leader della coalizione più forte a cui spetta di diritto il compito di
formare il nuovo Governo.
Chi immaginava Renzi accecato dal proprio egocentrismo e incapace di
predisporre una qualche strategia articolata con alleati di un versante e
dell’altro è accontentato. Nessuno dubita che nel disegno renziano i
vari Alfano e Pisapia debbano avere lo stesso ruolo che i comunisti
polacchi diedero al partito dei contadini dopo l’occupazione sovietica.
Ma nessuno può mettere in discussione che il “metodo Gomułka” (il leader
comunista polacco che usò come copertura il partito dei contadini) sia
perfettamente funzionale alla nuova legge elettorale che premia le
coalizioni.
Si tratta ora di vedere, però, se alla prova dei fatti la coalizione
renziana risulterà attrattiva o meno. E qui il paragone con la Polonia
del primo dopoguerra non è più proponibile. Perché Gomułka aveva
l’Armata Rossa alle spalle e un partito in grado di conquistare la
maggioranza. Renzi, invece, non ha più i consensi dei poteri forti di
cui godeva negli anni passati e un partito che ha perso una fetta
consistente dei propri voti. Saranno in grado Alfano e Pisapia di
colmare il vuoto provocato dalla scissione della sinistra
tradizionalista dei Bersani, D’Alema e Speranza?
Il segretario del Pd calcola che con Alfano e Pisapia ottenne il
quaranta per cento in occasione del referendum perso nel dicembre
scorso. I suoi nemici ricordano che i voti dei referendum difficilmente
si ripropongono nelle elezioni politiche. Al momento, comunque, la
legislatura futura dipende da questa incognita e da quella
sull’attrattività del centrodestra.
È stato ucciso durante le lezioni. Aveva
rifiutato di convertirsi all’islam. Le discussioni con i compagni,
testimoni e promotori delle violenze. Attivisti condannano le violenze e
l’impunità a discapito delle minoranze religiose: chiunque è libero di
comportarsi da accusatore, giudice ed esecutore. Giustizia e pace:
questo trend non è nuovo, ma in crescita, senza controllo e continua
impunito.
Sheikhupura (AsiaNews) – Un giovane studente cristiano è stato
torturato a morte dalla polizia del Punjab nel villaggio di Jabhran,
vicino la città di Sheikhupura. Arslan Masih, 15 anni, è stato ucciso di
fronte ai suoi compagni della nona classe il 9 ottobre, durante le
lezioni.
A quanto dichiara la madre della vittima, il giovane aveva subito
pressioni da parte dei compagni di classe perché si convertisse
all’islam. Arslan si è rifiutato, dichiarando che sarebbe rimasto
cristiano. Il suo rifiuto ha scatenato litigi, fino ad arrivare alla
violenza che ne ha causato la morte quando i compagni si sono rivolti
alla polizia. Dopo la brutale tortura, gli ufficiali hanno portato
Arslan alla clinica più vicina, dove un medico ne ha dichiarato il
decesso. La polizia ha in seguito abbandonato il corpo di fronte alla
scuola, per poi fuggire. Alcuni residenti hanno restituito la salma alla
famiglia, che ora protesta insieme alla comunità cristiana e chiede
giustizia.
Samson Salamat, presidente del movimento interreligioso Rwadari Tehreek, riferisce ad AsiaNews:
“Non è la prima esecuzione extragiudiziaria condotta dalla polizia del
Punjab; ci sono diversi incidenti ogni anno”. Per Salamat, è necessario
che i colpevoli siano perseguiti in base alla legge, ma ciò “non è
possibile se la comunità continua ad accettare assegni e risarcimenti
economici piuttosto che focalizzarsi sulla domanda di giustizia”.
Mechelle Chaudhry, presidente della Cecil & Iris Chaudhry
Foundation, condanna l’omicidio, grave perché compiuto dai “responsabili
della protezione della vita dei cittadini”, e continua: “Purtroppo
quando si tratta di minoranze religiose chiunque è libero di comportarsi
da accusatore, giudice ed esecutore. Non possiamo permettere che questo
continui, l’impunità per le violenze contro le minoranze religiose in
Pakistan deve finire. Chiediamo al chief minister del Punjab di avviare
un’indagine imparziale: i colpevoli devono essere portati davanti alla
giustizia”.
Ata-ur-Rehman Saman, coordinatore della Commissione Giustizia e pace
(Ncjp) della Conferenza episcopale pakistana afferma che “gli studenti
cristiani si confrontano con una situazione ostile negli istituti
d’istruzione. Nelle aree rurali non possono bere dagli stessi recipienti usati dai musulmani.
Costringere gli studenti cristiani ad abbracciare l’islam non è una
tendenza nuova nel Punjab”. Saman racconta di uno studente della nona
classe che a Khanewal è stato minacciato da un compagno che lo ha spinto
a terra premendo il pollice sulla sua gola e urlandogli di recitare la
“Kalma” (dichiarazione con la quale si diviene musulmani). La famiglia
si è poi trasferita a Lahore.
“Questo trend è in crescita, senza controllo e continua impunito”, ha
aggiunto Saman. “Il negazionismo e le politiche di copertura peggiorano
la situazione. Se il Piano nazionale d’azione fosse applicato nel suo
vero spirito, le cose potrebbero essere diverse”.
Secondo quanto rivelato dall’ex primo ministro del Qatar, Abdullah bin Hamad Al-Attiyah, al quotidiano spagnolo Abc,
migliaia di mercenari appartenenti alla società nordamericana Academi
(precedentemente nota come Blackwater), si sono addestrati nel
territorio degli Emirati Arabi Uniti in vista di una possibile invasione
del Qatar durante il periodo di maggior tensione fra Doha e gli altri
Paesi arabi. Secondo quanto detto dal politico qatariota, la mancata
invasione da parte delle truppe arabe dell’emirato è stata dovuta
esclusivamente al mancato assenso degli Stati Uniti, che hanno fermato
tutto prima che scoppiasse una nuova guerra nel Golfo Persico. E i
motivi sono evidenti, soprattutto per l’importanza strategica del Qatar
per quanto riguarda la proiezione delle forze statunitensi nel mondo,
che contano su Doha per la fondamentale base militare sul territorio
dell’emirato. Far esplodere una crisi all’interno delle monarchie arabe
significava mettere in pericolo la già fragile struttura delle alleanze
Usa nel mondo arabo e mettere a repentaglio (di nuovo) tutto il Medio
Oriente per via degli schieramenti delle potenze regionali riguardo al
conflitto, con Turchia e Iran che appoggiavano il Qatar.
Tornando al fatto che i mercenari dell’Academi fossero pronti a
invadere il Qatar al soldo degli Emirati, questo fatto dimostra due
cose: l’importanza degli Emirati Arabi Uniti nel blocco arabo contro
Doha e la loro volontà di rovesciare l’emiro; ma soprattutto dimostra
l’importanza crescente dei mercenari o contractors negli scenari di
guerra contemporanei. Partendo dal primo punto, il governo di Abu Dhabi
ha nel tempo costruito un esercito molto forte in grado di competere con
tutti i rivali regionali. La “piccola Sparta”, come sono chiamati gli
Emirati per via dell’intensa militarizzazione degli ultimi anni, aveva
ed ha tutto l’interesse a rovesciare il potere costituito in Qatar in
quanto primo rivale, insieme all’Arabia Saudita, per la leadership
economica e politica della penisola arabica. Gli interessi degli Eau
confliggono in molti campi con quelli del Qatar, dalle compagnie aeree,
allo sport, agli interessi finanziari e commerciali, nonché in quelli
politici di tutto lo scacchiere mediorientale. Detto questo, per
iniziare una guerra serviva inevitabilmente l’approvazione da parte Usa,
che non è arrivata. Sotto il profilo dell’utilizzo dei contractors della Blackwater (ora
Academi), è importante ricordare che la società nordamericana è già al
servizio degli Emirati Arabi Uniti sul fronte yemenita. E proprio per
questo motivo, molte fonti parlano di addestramento di migliaia di
contractors – forse addirittura 15mila – nella base militare emiratina
di Liwa, proprio per utilizzarli nella guerra in Yemen. Già nel 2015, il New York Times
rivelò che gli Eau avevano inviato in segreto in Yemen almeno 400
mercenari colombiani dell’allora Blackwater, e nel tempo hanno
continuato ad avvalersi dei suoi servigi portando in guerra uomini
provenienti da Colombia, Sudan, Sudafrica e di altre nazionalità, per la
maggior parte addestrati da statunitensi, britannici e francesi. Negli
ultimi mesi della guerra civile yemenita, i contractors della Academi
hanno sofferto numerose perdite, più o meno ufficiali, che hanno
costretto l’organizzazione a rivedere i suoi piani. Il governo di Abu
Dhabi, consapevole delle difficoltà rinvenute nella guerra, pare che
abbiano allora deciso di convogliare le forze dei mercenari non più
sulla guerra contro i ribelli houti ma per rovesciare il governo del
Qatar. La notizia sull’addestramento di sull’addestramento di migliaia di mercenari per invadere
il Qatar mostra quanto stiano diventando fondamentali queste società di
contractors nelle guerre contemporanee. Le monarchie del Golfo, grazie
all’enorme quantità di denaro in loro possesso, li sfruttano per
sopperire alla mancanza di uomini, visto il numero esiguo della loro
popolazione, e per ottenere gente immediatamente pronta alla guerra e
ben addestrata. Ma ultimamente, la loro importanza è cresciuta anche per
eserciti nettamente superiori come quello della Russia e degli Stati
Uniti. Il Cremlino ha da mesi inviato migliaia di contractors in Siria
per controllare le zone di de-escalation, in particolare nel sud del
Paese. Il confine siro-israeliano è presidiato anche da mercenari
provenienti dalle regioni caucasiche al soldo di Mosca. Sul fronte
statunitense, la Academi sta assumendo un ruolo di primo piano, e Trump
aveva addirittura pensato di inviare mercenari e non soldati
dell’esercito Usa per rinforzare il contingente in Afghanistan. E a
conferma di questa crescita d’importanza dell’Academi è tutta
sintetizzata nella figura del suo fondatore: Erik Prince. L’ideatore
della Blackwater non è soltanto il fratello del segretario
all’Educazione dell’amministrazione Trump, Betsy DeVos, ma è anche in corsa per un seggio al Senato per lo Stato del Wyoming.
Nessuna ricerca scientifica ha dimostrato che
il bicarbonato di sodio sia una cura efficace dei tumori
umani.
Il tumore può creare intorno a sé un ambiente acido, ma
il bicarbonato, pur essendo una sostanza basica,
non modifica in alcun modo il pH intorno alla massa
tumorale, quando è assunto per via
orale.
L'iniezione del bicarbonato per via endovenosa
(o parenterale) è estremamente pericolosa per gli
organi sani.
Alcuni studi in corso negli Stati Uniti stanno testando
un derivato del bicarbonato di sodio, allo scopo
di diminuire l'acidità intorno alla massa tumorale
e studiare se questo rende la chemioterapia più
efficace.
Il gruppo di ricerca che sta studiando la possibilità che il
bicarbonato potenzi alcuni farmaci chemioterapici azcc.arizona.edu
La posizione dell'American Cancer Society sulla "teoria del
bicarbonato" www.cancer.org
Da dove viene questa ipotesi?
Abbiamo detto che il bicarbonato, la sostanza di uso comune in
casa, per disinfettare frutta e verdura e lievitare torte e
biscotti, non cura il cancro. Come mai allora questa
"bufala" si è diffusa? L'idea, nota anche come "terapia
Simoncini", nasce probabilmente da una scoperta scientifica seria:
il cosiddetto "effetto Warburg",dal nome del
fisiologo tedesco Otto Heinrich Warburg, vincitore nel 1931, del
premio Nobel per la medicina e la fisiologia per le sue scoperte
sul metabolismo dei tumori.
Warburg scoprì che tra i tanti cambiamenti che i tessuti
tumorali inducono a livello locale, nell'organo in cui proliferano,
vi era anche un aumento della produzione di energia da
parte delle cellule attraverso un fenomeno chiamato
glicolisi, ovvero attraverso il consumo di
glucosio. Questo meccanismo si attiva in genere solo quando i
tessuti sono a corto di ossigeno: nel caso dei tumori, invece, la
glicolisi parte anche in presenza di quantità di ossigeno 200 volte
superiori a quelle normali.
Produrre energia in questo modo ha però un effetto collaterale:
nei tessuti rimangono, come scorie, alcune sostanze
acide, tossiche per l'organismo, che richiedono tempo per
essere smaltite. L'ambiente acido, hanno scoperto
dopo Warburg altri scienziati, è favorevole alla proliferazione dei
tumori perché corrode i tessuti sani e crea spazio per quelli
malati. Ecco perché alcuni medici hanno pensato di poter usare il
bicarbonato di sodio, sostanza molto basica, per neutralizzare
l'effetto degli acidi prodotti dal tessuto tumorale.
Che tipo di ricerche sono state fatte?
I primi esperimenti col bicarbonato, condotti già negli anni
Cinquanta, hanno smentito l'utilità di questa ipotesi terapeutica:
in primo luogo perché assumere bicarbonato per bocca non rende meno
acido l'ambiente intorno al tumore e, in secondo luogo, perché
i dosaggi necessari a modificare in modo sostanziale il pH
dei tessuti sono talmente elevati da creare danni agli organi
sani.
Come sono avvenute le ricerche?
Alcuni esperimenti recenti, che hanno testato il bicarbonato in
laboratorio, hanno ottenuto risultati parzialmente più positivi che
in passato. Manca tuttavia la verifica, essenziale, nei pazienti.
Attualmente è in corso una sperimentazione presso
l'Università dell'Arizona, condotta da un gruppo
di ricercatori diretto da Marty Pagel, il cui
scopo tuttavia non è verificare se il bicarbonato sia una terapia
efficace di per sé, dato che questo è ormai un fatto assodato:
il bicarbonato non ha un'azione antitumorale
efficace. L'obiettivo è piuttosto stabilire se questa
sostanza possa potenziare l'effetto di alcuni farmaci
chemioterapici per il tumore
al seno, che sono inibiti dall'effetto Warburg. Perché ciò sia
fattibile, occorre che il bicarbonato possa raggiungere la zona
dove cresce la massa tumorale senza danneggiare i tessuti
circostanti; inoltre occorre identificare le "zone acide" attorno
al tumore su cui intervenire, e questo è forse possibile tramite
una risonanza
magnetica innovativa.
In conclusione
Il bicarbonato di sodio non è una terapia del cancro e
la sua somministrazione può danneggiare gravemente i tessuti sani
dell'organismo. Attualmente alcuni studi in corso stanno
valutando se il bicarbonato possa potenziare l'effetto dei comuni
farmaci chemioterapici. I risultati di questi studi, che saranno
disponibili fra qualche anno, valuteranno, accanto all'eventuale
efficacia del bicarbonato come adiuvante della terapia, anche la
sicurezza del trattamento (il bicarbonato dovrà poter raggiungere
il tumore senza provocare danni ai tessuti sani) e la possibilità
di identificare le zone acide dove il bicarbonato potrebbe essere
necessario.
Non
ci è dato sapere di quale “Paese in ripresa” parli il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan. E si stenta a credere che al centro
delle sue dichiarazioni vi sia l’Italia. I numeri, quando ben
interpretati, rivelano che questa ripresuccia (peraltro finta)
riguarderebbe esclusivamente le multinazionali che operano in Italia,
garantendo solo posti precari ai disoccupati e stage non pagati per i
cosiddetti “giovani in formazione”. Sorge il dubbio che, in forza delle
laute cene consumate durante i summit, il ministro Padoan stia
erroneamente sovrapponendo l’incremento di utili delle multinazionali (e
della grande distribuzione) al Prodotto interno lordo italiano: errore
marchiano (forse dovuto ai fumi delle cibarie) che indurrebbe a falsare
anche la bilancia dei pagamenti. Resta il fatto che, l’ineffabile
economista s’è sbizzarrito in lodi sperticate all’azione di governo, ma
dal pulpito godereccio del “Digital Summit” di Capri.
“La prossima legislatura troverà il Paese in migliori condizionirispetto
a come questa che sta terminando ha trovato la precedente - ha detto
Pier Carlo Padoan con un non lucido uso italiano delle subordinate -
Serve una azione di continuità che ha diversi aspetti, sostegno alla
crescita e qualità del bilancio pubblico. Una strategia che sta dando i
suoi frutti per ragioni non solo cicliche ma anche strutturali”.
Si stenta a credere che anche il ministro possa appellare come
“qualità del bilancio pubblico” la miriade di boiate partorite dai
governi che lo hanno visto partecipe: e perché non possiamo dimenticare
che dal 2012 (hanno in cui è iniziata la cura del rigore europeo) in
Italia hanno chiuso il 50 per cento delle attività produttive, i
disoccupati sono diventati 15 milioni (il due per cento definito a
“povertà irreversibile”), le startup aziendali si sono dimostrate un
modo furbo per aiutare le aziendine dei figli dei potenti e, ironia
della sorte, il patrimonio immobiliare ha dimezzato il proprio valore.
L’Italia è morta, ma per Padoan l’operazione è riuscita.
“I benefici dell’azione di governo degli ultimi quattro anni si
vedranno in modo più efficace ed evidente nei trimestri a venire,
bisogna continuare con questa strategia”, continua il ministro Padoan a
mo’ di disco rotto, e godendosi lo stupendo panorama caprese. Ma le
visioni, degne dei fumi d’assenzio d’un poeta ottocentesco, portano il
ministro a sottolineare che “il Paese, lasciata alle spalle la crisi,
deve guardare avanti; siamo in una fase di uscita da una crisi
profondissima, la più profonda dal dopoguerra. Dobbiamo guardare avanti,
dobbiamo crescere”. Siamo davvero al delirio (non abbiamo chiamato in
causa il digiunante Delrio, solo delirio) ovvero “Lazzaro, alzati e
cammina”. Perché è di questa portata l’affermazione di Padoan, incurante
che la pressione fiscale effettiva abbia oggi superato il 75 per cento.
E per la sua ricetta miracolosa dice che “serve non solo un accumulo di
Pil ma anche l’aumento di produttività e la capacità di creare
occupazione: a tal fine occorre sfruttare al meglio gli avanzamenti
tecnologici”. Ma di quali avanzamenti farfuglia? Forse degli impianti in
disuso bollati dall’Ue come “non più a normativa europea”? O forse
allude a fantasmagoriche scorte che fantasiosi imprenditori avrebbero
ancora sul suolo e nelle banche italiane? Tutto è ormai fuori confine, e
l’imprenditore non fuggito è ormai sottocapitalizzato, e ritenuto non
degno di credito da quelle banche salvate affannosamente da Padoan e
compari.
E sul capitolo Def il ministro si dimostra ecumenico, sfornando un
tutto va ben madama la marchesa degno di Papa Francesco. “Come sta
scritto nella nota di aggiornamento del Def le risorse sono limitate ma
quelle che ci sono vanno concentrate su settori come sostegno alla
attività di investimento sia pubblico che privato e sull’occupazione
giovanile - dice Padoan - perché un’economia che vuole fare del digitale
la sua ragione di crescita non può farlo senza includere i giovani, le
forze del futuro”.
Insomma, Padoan ha trasportato nel futuro il vecchio motto da comizio
democristiano: “Mettete i vostri bisogni nella carta che li porterò a
Roma”.
Qualcuno
nei giorni scorsi ha accolto con incredulità la notizia del disegno di
legge voluto dal piccolo Grande Fratello Paolo Gentiloni per imporre la
sorveglianza di massa sul web – da oggi lo Stato italiano monitorerà per
6 anni tutta la vostra attività sul web, incluse le chat! – e la
censura, impedendo ai singoli utenti di accedere a siti scomodi (leggi qui e qui).
Il pretesto è quello della violazione del copyright, che in internet
significa poter censurare praticamente qualunque sito. Basterà che
appaia una foto scaricata dai motori di ricerca e non autorizzata per
venire “bannati”.
Lo ripeto da settimane: il
disegno, a livello internazionale, è di mettere a tacere le voci davvero
libere e, soprattutto, quelle che promuovono idee contrarie al
mainstream. Ad esempio quelle di chi si oppone all’euro.
L’opera di normalizzazione avanza rapidamente. In Francia nei giorni scorsi hanno chiuso
il blog di un economista del calibro di Jacques Sapir, colpevole di
essere troppo eretico, di smontare da tempo i falsi miti della moneta
unica e di non essere allineato all’establishment, men che meno al
piccolo Napoleone Emmanuel Macron.
Ora vengo a scoprire che You Tube ha chiuso il canale video di Scenarieconomici.it , il sito di Antonio Rinaldi, un altro esponente del fronte no euro.
La colpa? Misteriosa. Nella notifica ricevuta da Rinaldi si parla di
“ripetute e gravi violazioni delle regole della community” ma non si
precisa quali. Come un vero Grande Fratello, You Tube decide di
censurare un canale, vestendo al contempo i panni dell’inquisitore e del
giudice. Già perché a vagliare il ricorso presentato da Rinaldi è stata
la stessa You Tube, respingendolo ovviamente.
Io non posso che esprimere la mia totale, indignata solidarietà ad Antonio Rinaldi, rilevando
con rabbia il silenzio dei giornalisti, che non hanno scritto nulla sul
disegno di legge Gentiloni e nemmeno sulla censura a Rinaldi. In un
caso e nell’altro, siamo stati Claudio Messora (qui l’intervista di Byoblu a Rinaldi) ed io a urlare la nostra indignazione. In perfetta solitudine mediatica.
I miei due post contro il gravissimo disegno di legge del finto
buonista Gentiloni sono stati letti in poche ore da oltre 100 mila
persone. Numeri impressionanti per un blog. Incoraggianti. Ma quel che
sta avvenendo è gravissimo. Chi sarà il prossimo a venire censurato?
La battaglia di Antonio Rinaldi, di Alberto Bagnai, di Claudio
Messora, di Enrica Perrucchietti, di Pino Cabras, degli anticonformisti
de Gli Occhi della Guerra, mia e di altri pensatori liberi, di qualunque orientamento politico, continuerà; cambiando piattaforme e canali all’occorrenza.
Ma mai come ora abbiamo bisogno
di voi. Unite le vostre voci al nostro dissenso! Dimostrate che siamo
tanti, tantissimi e che non vi lascerete intimidire!
Difendete, come noi e con noi, la libertà e la democrazia!