Caso dei 2 Fucilieri Di Marina: il rebus del rientro di Latorre – La scelta onerosa fra pietas indiana e onore italico.
La
 Corte Suprema indiana ha concesso, nella seduta straordinaria del 9 
aprile, di procrastinare al 15 luglio prossimo il rientro in India del 
FCM Latorre, che si trova in Italia dalla fine di Agosto del 2014 per 
curarsi a seguito di un grave ictus. Sarebbe dovuto rientrare il 
prossimo 12 aprile, per ricongiungersi con l’altro Fuciliere Girone, 
trattenuto invece a Delhi in attesa di un fantomatico processo, che per il momento – dopo oltre tre anni – è ancora privo di formali capi di accusa.
La stessa Corte aveva già slittato il prossimo incontro dibattimentale a
 Luglio, tenendo fede a quei continui balletti e rinvii a cui siamo 
ormai abituati, ma – bontà sua – ha concesso la licenza a Latorre per 
motivi umanitari, e per il suo stato di salute, mentre giacciono 
inascoltati quei motivi assai più pregnanti connessi col diritto 
internazionale e l’immunità funzionale che spetta loro, come a tutti i 
militari in servizio comandato all’estero, e per i quali i 2 FCM devono 
essere giudicati solo in Italia.
Ancora una volta abbiamo atteso che arrivasse la data fatidica senza 
informazioni, con un silenzio assurdo e assordante, se non qualche 
uscita del premier che invitava “a pensarci, ma a parlarne il meno 
possibile” o di qualche ministro che sosteneva “l’indiscutibilità che il
 processo è nostro poiché accaduto, il fatto, in acque internazionali…”,
 mentre in realtà non sono note le azioni concrete, conseguenti, per 
dare sostanza a tali affermazioni: sta di fatto che il loro problema è 
tuttora irrisolto e le prospettive non sono rosee.
Ancora una volta la vita e il futuro dei 2 FCM sono nelle mani indiane a
 cui l’Italia rivolge una prece perché si commuovano e concedano la 
grazia; senza tuttavia imputare agli indiani, non proprio esenti da 
colpe, che con il loro agire e mantenendo in uno stato di detenzione i 2
 fucilieri, ne stanno minando e rovinando la salute psico-fisica. Ancora
 una volta la palla è stata giocata da loro; noi ci adegueremo, magari 
soddisfatti della concessione, avendo abdicato da tempo a gestire il 
futuro dei nostri due marò, e “la loro spinosa situazione, ereditata dai
 precedenti governi” come ebbe a dire l’attuale premier, “attendendo, 
pensando, e sperando” nella benevolenza e nella pietas indiana, anche sopportando umiliazioni di fronte ai soprusi di Delhi.
Eppure, anziché stare in porta a parare colpi, avremmo potuto giocare 
anche noi la partita e tentare, almeno, di risolvere il rebus del 
rientro in modo assai più dignitoso, nobile e onorevole, senza “questuare”
 confidando soltanto nel buonismo degli indù. Sembra che, invece, nella 
nostra società sempre più liquida e rarefatta nei valori veri, il 
tragico nell’odissea dei 2 FCM appaia astratto e lontano, quasi da 
toglierlo dalla nostra memoria, e solo all’approssimarsi dell’emergenza 
subentra la fibrillazione, con l’accettazione supina di qualsiasi 
decisione altrui, e dimenticandoci dei codici etici ed anche della 
deontologia statuale. Se si pensa che tutto ciò sia lecito e normale e 
che ogni azione, ogni sentimento, ogni scelta possa essere ammessa e 
giustificata, ancorché condita con una buona dose di melina e da una 
ambigua quanto tollerata interpretazione politica dei fatti, venendo 
meno così anche ai nostri oneri e responsabilità, vuol dire che abbiamo 
perso i punti cardinali, che non c’è più un orizzonte statuale, che non 
tuteliamo più i nostri figli sfortunati. Significa rinunciare alla 
propria identità, ai propri doveri; significa non essere in grado di 
risolvere i problemi della propria comunità; significa aver perso il 
senso dello Stato, della memoria, senza più anticorpi che possano 
contrastare queste pericolose devianze dai principi fondamentali. Siamo 
solo capaci di minimizzare l’informazione, di negare l’esistenza di un 
problema che tocca direttamente l’onore nazionale, di una cancrena che 
non riusciamo ad affrontare né con i canali politici e diplomatici, né 
tanto meno a viso aperto, alla luce del sole. Anzi; siamo scaduti 
nell’umiliazione dopo che alcuni onorevoli avevano addirittura proposto 
di risolvere l’intricata situazione scambiando i 2 FCM con delinquenti 
indiani spacciatori di droga, con un baratto ignominioso; o, con una 
successiva “trovata”, facendoli dichiarare colpevoli e assassini ma “non
 intenzionali” , anche senza il loro assenso, pur di sfruttare un cavillo d’azzeccagarbugli
 che in teoria avrebbe potuto consentirne il rilascio avendo loro già 
scontato la detenzione di tre anni a fronte della pena massima prevista 
per tale reato, ridotta a due anni e mezzo. Un modo d’agire da magliari,
 più che da elementi statuali, senza alcun senso etico e civico e di 
certo offensivo della dignità e dell’onore, capisaldi del pensiero e 
degli obblighi dei militari verso la nostra Nazione. Dimentichi altresì 
che nel corso di tre anni gli indiani ci hanno fatto ingoiare di tutto, 
dagli inganni iniziali ai soprusi successivi, dagli sgambetti 
diplomatici ai ripetuti e surrettizi rinvii giudiziari, e perfino alla 
presa per i fondelli con una detenzione triennale pur in assenza di un 
qualsiasi capo d’accusa formale nei loro confronti. Abbiamo perfino 
sopportato l’onta della detenzione dei nostri soldati senza battere i 
pugni, neanche alzando i toni, per non disturbare gli indiani.
Gli onorevoli si sono tolti dall’impaccio con qualche telefonata di 
facciata, qualche intervista di circostanza per le festività , ma senza 
troppo coinvolgimento nella questione, senza fare rumore e soprattutto 
senza agire concretamente per la loro causa. I 2 FCM sono innocenti fino
 a prova contraria, e hanno fatto ciò che la missione antipirateria ed 
il loro dovere imponevano, anche se i fatti – per quanto noti – 
escluderebbero il loro coinvolgimento nel sinistro con il peschereccio 
Saint Anthony. Comunque sia, se devono subire un processo, non può 
essere che un Tribunale italiano a giudicarli: un diritto/dovere 
inalienabile che compete all’Italia, e all’Italia soltanto.
Che fare ora per risolvere il rebus del rientro di Latorre, che è 
rinviato a Luglio? La “Diplomatic road” ha ormai fallito su tutti i 
fronti ed anche il rischio che i mercati con l’India si siano chiusi, è 
ormai realtà. E’ tempo di fare scelte precise, e chi ha la carica di 
Ministro o di Premier di questa Nazione deve accollarsi gli oneri e le 
responsabilità del suo status, non solo gli onori. Non bastano 
certo i segnali, seppure tardivi, dati da alcuni nei tempi più recenti, 
come la nostra non partecipazione alle attività di anti-pirateria 
nell’ambito dei gruppi navali della NATO che operano nel bacino somalo, 
né la posizione recentissima presa dalla Mrs PESC nei confronti della 
visita del premier Modì in Europa fra qualche giorno. In quest’ultima 
circostanza bene ha fatto la Mogherini nel porre la questione dei 2 
“mariners” come pregiudiziale per la visita a Bruxelles del premier 
indiano, nonostante l’invito fatto dal Presidente dell’UE. Tuttavia il 
risultato finale, pur a fronte della tanto sbandierata “stretta Unione 
europea degli Stati membri”, sarà che il premier Modì andrà direttamente
 a Berlino e a Parigi per concludere notevoli business bilaterali, 
lasciando in un angolo il resto della Comunità europea, e l’Italia in 
particolare. Se l’UE si fondasse davvero, come recita la sua 
Costituzione, sui pilastri della “solidarietà e della fratellanza”, ora 
potremo riscontrarne il reale significato; purtroppo la realtà è assai 
diversa. Sembra che, oltre a tali roboanti e ipocrite affermazioni di 
principio, non si vada, e quando si toccano “le tasche” e gli interessi,
 i pilastri dell’ amicizia, della fraternità e della solidarietà si 
sciolgono come neve al sole.
È pertanto astruso e perfino assurdo parlare di coesione europea, e del 
tutto anacronistico pensare di garantire la tutela della dignità 
nazionale. Quest’ultima, poi, è naufragata da qualche tempo, dopo i 
fatti del 23 marzo 2013 in cui i 2 FCM furono costretti, non certo 
spontaneamente, a rientrare per “una parola mai data”, con un voltagabbana istituzionale che resterà come una macchia indelebile nella nostra storia.
 Un rientro nefasto, una Caporetto, che non si sarebbe dovuta verificare
 se solo avessimo tenuto fede con coerenza ai reiterati proclami fatti a
 tutti i livelli nei giorni precedenti, e comunque risolvibili 
politicamente con dignità se avesse contato qualcosa la nostra sovranità
 –atteso anche le farisee affermazioni di Monti e Napolitano sulla 
questione- oppure anche giuridicamente con la nostra magistratura che 
aveva il dovere e l’onere di trattenerli in Italia, a prescindere!
Tant’è che tutti costoro potevano e dovevano agire, seppure con 
argomentazioni diverse, per trattenere in Patria i 2 FCM, ma tutti li 
hanno scaricati e riconsegnati agli indiani. Non c’era da inventare 
nulla; bastava riconoscere non fungibile il sacrosanto diritto della 
giurisdizione italiana sul caso da un lato, e dall’altro rispettare 
l’obbligo di non estradarli verso un Paese dove vigeva – e vige – la 
pena di morte, perché il caso fosse chiuso da oltre 2 anni. Invece non 
solo non si è optato per tali soluzioni, entrambe percorribili, ma col 
rientro dei Fucilieri e la firma delle garanzie nei confronti di Delhi, 
la posizione italiana sulla faccenda è risultata assai indebolita, se 
non irrimediabilmente compromessa. E ora siamo punto a capo, anzi peggio
 avendo uno dei FCM qui in Italia seriamente ammalato ed uno in ostaggio
 a Delhi: “un cul de sac” incredibile, da cui comunque bisogna uscire con onore, assumendosi gli oneri conseguenti!
Diverse possono essere le soluzioni, a seconda di ciò che si intende 
fare, basta avere ben chiaro lo scopo finale, e che non si traccheggi 
ulteriormente! L’unica cosa da NON fare è quella di rimandare Latorre in
 India, né ora né a luglio, anche perché le sue condizioni di salute non
 lo consentono; per questo, tuttavia, non bisogna nascondersi dietro un 
dito e addurre ad aspetti di pietas e umanitari che ci stanno in 
abbondanza, in trepida attesa della ricorrente e benevola sentenza 
indiana. Bisogna invece, senza indugi e dando una grande pubblicità 
internazionale all’evento, imputare all’India la causa e la colpa della 
sua malattia in relazione all’illegittima detenzione, senza capi 
d’accusa! E, nel frattempo, la nostra magistratura ordinaria e/o 
militare proceda al ritiro del suo passaporto, iniziando da subito il 
processo qui, a Roma: rinviarlo comunque a Delhi sarebbe un’ulteriore 
ammissione che l’India ha il pieno diritto nel giudicarli, e non 
l’Italia. Va inoltre e immediatamente avviata la strada dell’Arbitrato 
internazionale obbligatorio – già annunciato dal governo un anno fa, ma 
non ancora attivato – con la speranza che così venga tolto Girone come 
ostaggio in India e trasferito in un Paese terzo per il pertinente 
giudizio. Forse dietro questo stimolo giuridico dell’Arbitrato è 
possibile che il loro premier Modì si veda costretto a spingere per una 
soluzione politico-diplomatica della faccenda una volta per tutte; è 
netta la convinzione che anche l’India ne ha abbastanza del caso dei 2 
FCM: questa potrebbe essere una via d’uscita più onorevole per entrambe 
le parti, pur mettendo a calcolo qualche irritazione indiana di 
facciata.
Altrimenti, anche se difficilmente nessun politico si assumerà la 
responsabilità di decidere in tal senso, l’unica soluzione è tenersi 
Latorre qui in Italia, e andarsi a riprendere Girone con qualche 
artificio o con la forza. Dunque nessuna questua, fiducia o riconoscenza agli indiani, ma un minimo di schiena dritta;
 e se qualcuno dovesse decidere per il rientro di Latorre in India, che 
sia a luglio o dopo, dovrà assumersene tutte le responsabilità e 
rispondere al Parlamento, all’opinione pubblica e alla compagine 
militare: non è più tollerabile calpestare l’onore degli italiani sulle 
spalle dei poveri 2 Fucilieri! Loro, i 2 Fucilieri, non sono figli di un
 Dio minore, né “carne da barattare”, ma nostri figli, dei migliori e di
 cui andare fieri e orgogliosi.
Giuseppe Lertora - 10 aprile 2015
fonte: http://www.liberoreporter.it