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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

16/05/20

Sull’immigrazione la sinistra tradisce gli italiani


Sull’immigrazione la sinistra tradisce gli italianiDel Decreto legge denominato “Rilancio Italia” dovremo parlare a lungo, dopo averlo studiato attentamente. Tuttavia, un giudizio sulla parte del provvedimento dedicata alla regolarizzazione degli immigrati irregolari c’è ed è pessimo. Per molte ragioni, non tutte strettamente connesse ai profili tecnico-giuridici della nuova norma. Nel merito, è nostra opinione che l’articolo 110-bis del Decreto, introdotto dalla fuorviante dicitura “Emersione di rapporti di lavoro”, sia figlio di una chiara scelta ideologica. La sinistra non ha mai smesso di puntare a stravolgere l’identità della comunità nazionale mediante l’immissione indiscriminata di gruppi umani provenienti da aree del mondo esterne al Vecchio Continente. Non vi era riuscita negli anni precedenti, quando ha provato a modificare la legge sulla cittadinanza. E non vi era riuscita anche per il fatto che l’idea di società multiculturale aperta alle migrazioni di massa cozzasse contro la pretesa giustizialista di non consentire in via di principio alcuna forma di sanatoria. La sinistra bacchettona, che ha fatto muro contro la clemenza di Stato, che si manifestasse attraverso le amnistie per i responsabili di reati o mediante i condoni fiscali ed edilizi, non avrebbe accettato di essere colta in fallo nell’invocare un’eccezione per gli immigrati.

Eppure, sul colpo di spugna per i clandestini, la sinistra è sempre stata consapevole di non essere in sintonia con la volontà della maggioranza degli italiani contrarissimi alle regolarizzazioni. Tuttavia, la sua forza sta nell’imporre al popolo, in nome del suo stesso bene, ciò che il popolo non sa di volere. È la funzione pedagogica dell’ideologia progressista alla quale la sinistra non può rinunciare, pena la sconfessione della propria ragione sociale. Come colpire l’obiettivo? Si tratta di cogliere l’attimo, quando il Paese è confuso ed è preso da altre e più importanti incombenze; quando, governando in coalizione con altre forze politiche, gli alleati sono così deboli da non costituire un intralcio al perseguimento dei progetti più indigesti. La crisi pandemica è capitata come il cacio sui maccheroni per assestare quei colpi che in un momento ordinario della vita democratica sarebbe stato impensabile piazzare senza sollevare la protesta degli italiani. Quale migliore occasione del varo del decreto che, a parole, dovrebbe rovesciare sulle imprese e sulle famiglie un fiume di denaro, per infilarci dentro la polpetta avvelenata della regolarizzazione dei clandestini? Allineamento astrale perfetto: la crisi economica incombente, l’alleato grillino che ormai si rappresenta come un esercito in rotta, e il gioco è fatto. Nondimeno, si tratta di un tragico errore di cui pagheremo le conseguenze negative per molto tempo. Col pretesto di dare una mano all’agricoltura che ha bisogno di manodopera per non perdere i raccolti di quest’anno, l’articolo 110-bis del Decreto concede ai datori di lavoro la possibilità di stipulare contratti di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale o di regolarizzarne la posizione quando siano in essere rapporti di lavoro irregolari.

La motivazione addotta dalla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha del surreale: la misura varata cancellerebbe il caporalato e altre forme criminali di sfruttamento del lavoro in agricoltura. Ragioniamo. Dietro la messa in schiavitù dei clandestini ci sono indubbiamente imprenditori, italiani, senza scrupoli che fanno profitto lucrando sul costo irrisorio della manodopera. Le organizzazioni criminali hanno puntato a inserirsi in tale business offrendosi di incrociare la domanda all’offerta. Si chiama caporalato: dei delinquenti che intermediano braccia che si offrono a padroni che non vanno per il sottile. La nuova norma prevede un condono per il datore di lavoro a patto che si denunci e paghi una penale di 400 euro (comma). Il reo confesso, in cambio del perdono dello Stato per averla fatta franca, dovrebbe impegnarsi per il futuro a rispettare le regole sui contratti di lavoro e a pagare una sorta di obolo penitenziale a compensazione delle somme dovute in qualità di datore di lavoro per le pregresse inadempienze retributive, contributive e fiscali.

Somma che non è al momento quantificata ma dovrà essere fissata in un successivo decreto del ministro del Lavoro, scritto di concerto con il “ministro dell’Economia e delle Finanze, con il ministro dell’interno ed il ministro delle politiche agricole e forestali” (articolo 110 bis, comma 6). Ora, se un imprenditore è un farabutto mai accetterà di mettere la testa nel capestro. Contando sulla difficoltà degli enti della Pubblica amministrazione di assicurare controlli capillari, continuerà a fare “nero” come è più di prima. A meno che non colga nelle pieghe della legge l’occasione di fare altro business illegale. Manco a farlo apposta il Decreto spalanca le porte a tale opportunità. Il comma 13 dell’articolo 110-bis prevede che all’atto di presentazione della richiesta di regolarizzazione venga consegnata all’immigrato un’attestazione che gli consenta il soggiorno in Italia fino ad un eventuale (si sottolinei eventuale) comunicazione dell’Autorità di Pubblica sicurezza. Si torna al salvacondotto di ottocentesca memoria, ma che sul mercato odierno delle frodi vale oro per chi lo detiene. Con i mostruosi carichi di lavoro, infatti, che gravano sugli organismi di Pubblica sicurezza, un immigrato che ha nelle mani il pezzo carta potrebbe restare nel nostro Paese per il tempo di durata del contratto di lavoro fittizio (comma 4), magari continuando a svolgere la sua attività abituale, anche se essa non sia propriamente legale. Il costo ufficiale della pratica a carico del lavoratore è al massimo di 30 euro (comma 13). Ripensando a quel tale disonesto imprenditore che su un quintale di patate ricava scarsi 15 euro, sarà una pacchia mettere in piedi il business dei finti contratti di lavoro agli immigrati (paganti) che si aggiunge ad altre specialità di certa agricoltura “noir”: le finte disoccupazioni, le pratiche manipolate per l’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura dei premi previsti dalla Pac-Politica Agricola Comunitaria) e altre mille e una fantasie fraudolente sui fondi comunitari, riscontrate dalla Guardia di Finanza, su 13mila controlli svolti tra il 2014 e il 2016, in 6 casi su 10 (Fonte: Senato della Repubblica-Ufficio valutazione impatto).

Naturalmente tutto ciò alla sinistra non interessa. Lo scopo era aprire la breccia all’afflusso degli immigrati. Il successivo step sarà quello di investire fondi pubblici per sistemarli abitativamente in modo permanente e adeguato alla nuova condizione di emersione. Come potrebbe un lavoratore regolare stare in una baraccopoli? Alla bisogna provvede il comma 17: “le amministrazioni dello Stato competenti e le Regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottano soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative”. Dopo il lavoro la casa, quando milioni di italiani da qua a qualche mese non avranno più un piatto di minestra da mettere in tavola e forse neppure un tetto sotto cui stare per colpa degli insoluti con le banche creditrici. E i grillini che minacciavano fuoco e fiamme? Loro, i puri e duri del con-noi-mai-condoni? Hanno calato le brache perché sono stati ricattati dagli alleati.

Quando sembrava che la truppa pentastellata non cedesse sulle regolarizzazioni, a sinistra è cominciata a circolare la voce che si sarebbe potuto prendere in considerazione la soluzione prospettata dalla destra di impiegare i fruitori del Reddito di cittadinanza per i lavori in campagna. Tra i grillini è stato il panico. Solo immaginare di scomodare gli assistiti di Stato, che essi pensano costituiscano l’ultima linea di difesa dal crac elettorale, li ha spinti a piegarsi al progetto della sinistra unita. Sinistra che ancora una volta ha dimostrato “per tabulas” che le divisioni all’interno del suo campo sono solo specchietti per le allodole. Prepariamoci dunque a reggere il primo impatto della nuova normativa: la ripresa dei flussi incontrollati di clandestini dal Mediterraneo meridionale. Quando si spargerà la voce, nelle remote contrade d’Africa, che in Italia si è accolti e messi in regola, un’onda gigantesca si abbatterà sulle nostre coste. Ma non sarà di quelle che stimolano a fare surf.

01/05/20

Le mani della Cina sull’Italia: ora indagano i Servizi Segreti. Non c’è solo Immuni…

Più di qualcuno ha da subito avanzato dubbi e perplessità sulla nuova app Immuni realizzata per contrastare – o almeno così dicono – la diffusione del covid-19. E più di qualcuno ha avanzato dubbi e perplessità su degli strani movimenti tra Italia e Cina. Ma finché sono giornalisti, analisti e commentatori, non si crea troppo rumore. Se ad alzare le antenne, però, ora sono anche i Servizi segreti, allora qualcosa sotto c’è. Fabio Martini ricostruisce il retroscena su La Stampa: “Negli ultimi giorni da quegli ambienti trapela una nuova pista di indagine: tracciare i ‘movimenti’ cinesi su due prede italiane, la app Immuni e Borsa Italiana. Certo, piste diversissime tra loro, che curiosamente portano ad uno stesso punto di partenza: Hong Kong, il ‘porto profumato’ della Repubblica popolare cinese”.


Nei giorni scorsi La Stampa aveva anticipato l’interesse dei proprietari della Borsa di Parigi per l’acquisizione di Borsa Italiana, la società che gestisce Piazza Affari, ma ora è affiorato anche l’interesse degli operatori di Hong Kong. E si capisce perché: “Borsa Italiana – si legge su La Stampa – è centro nevralgico di informazioni sulle imprese quotate. E ci sono cinesi anche tra i soci di Bending Spoons, la società chiamata a gestire Immuni, la app che dovrebbe realizzare il tracciamento della popolazione ai fini della lotta alla pandemia. Ad una società partecipata da cinesi toccherebbe gestire database preziosi e strategici, come quelli sullo stato di salute e ai movimenti di milioni di italiani”.


Per la Cina, l’Italia, ferita dal coronavirus, è tornata ad essere preda appetitosa. Sulla app “Immuni” il Copasir, il Comitato per i Servizi presieduto dal leghista Raffaele Volpi, sta cercando di capire un aspetto essenziale: visto che tra i soci della Bending Spoons c’è il fondo Nuo Capital, che investe in Italia con capitali cinesi, possibile che a gestire dati così sensibili non sia un soggetto pubblico? Scrive sempre Fabio Martini: “E ancora: Stephen Cheng, manager cinese presente nella Bending ha qualche parentela con un alto personaggio presente nel Comitato centrale del Pc cinese?”.


E non è finita: “Come mai la ministra dell’innovazione Paola Pisano avrebbe coperto col segreto i lavori istruttori che hanno portato alla scelta della Bending Spoons?”. Ci auguriamo che arrivino presto delle risposte su questo fronte perché la questione è decisamente delicata. 


fonte: https://www.ilparagone.it 

30/04/20

Avvertimento a Conte, dietro la Cartabia c'è Mattarella ... IL MONITO DELLA CORTE



La critica neppure troppo velata a Palazzo Chigi da parte della presidente della Corte Costituzionale Cartabia. Conte in più occasioni ha mostrato di voler sospendere l’ordine costituzionale e alcuni intravvedono in questo intervento la longa manus di Sergio Mattarella.

Sembra trascorso un secolo, visto che ora siamo in piena pandemia, ma soltanto otto mesi fa l’attuale premier diede vita a un nuovo esecutivo in nome della difesa dei principi costituzionali, contro l’ambizione di Matteo Salvini di ottenere pieni poteri, ritenuta pericolosa per le istituzioni e per la tenuta della democrazia.

Oggi, sia pure in un contesto profondamente diverso e assai più problematico per le sorti del Paese, molti di coloro che contribuirono a dare vita all’attuale Conte bis si interrogano seriamente sulla legittimità dei pieni poteri che di fatto il premier ha assunto.
La legittimazione gli deriverebbe dall’esigenza di accentrare su di sé le decisioni più delicate che riguardano la gestione dell’emergenza, senza passare dal Parlamento, al fine di non rallentare l’emanazione di provvedimenti reputati cruciali per la difesa della nostra salute e dell’economia italiana.

Se questo punto di vista, fino a un mese fa, era assai largamente condiviso, a fronte di una escalation della malattia e delle difficoltà socio-economiche, oggi viene sempre più confutato da chi invece ritiene che questi pieni poteri del premier equivalgano a una sorta di sospensione della Costituzione, non giustificata dall’emergenza Covid-19, che peraltro potrebbe durare a lungo.

Semplificando, se i contagi andassero avanti ancora per mesi, se gli italiani continuassero a fruire di una libertà contingentata ancora a lungo e se le norme di contenimento restassero in vigore per un periodo non breve, non per questo Conte dovrebbe continuare a decidere da solo, adducendo motivi di urgenza. Nel mirino c’è in particolare il suo frequente ricorso all’utilizzo di d.p.c.m., cioè di decreti del presidente del consiglio dei ministri, che lo esonerano dal confrontarsi con il Parlamento, laddove l’utilizzo di decreti legge gli imporrebbe di coinvolgere tutte le forze politiche, al fine di convertire quegli atti in leggi entro 60 giorni.

E’ il punto di vista di Matteo Renzi, che pure ha avuto un ruolo decisivo nella formazione del Conte bis, ed è il pensiero di molti esponenti del Pd, sempre più insofferenti a quella che definiscono, sia pure ancora a bassa voce, una sorta di “monarchia assoluta”. Ma è soprattutto Renzi a non mollare e ad evocare il rischio dello Stato etico, a proposito della prolungata limitazione delle libertà personali: «Non può esistere uno Stato etico che ti fa autocertificare se la tua relazione affettiva è stabile o saltuaria: se nessuno si indigna per questo, significa che abbiamo un problema. La libertà di movimento, la libertà religiosa e tutte le altre libertà non sono consentite da un governo: la libertà viene prima del governo. E se anche rimanessi il solo a dirlo, continuerò a farlo».

Per non parlare delle opposizioni, che sono sempre più scatenate contro il premier, al quale imputano di invocare solidarietà nazionale e spirito di collaborazione, salvo poi ignorare le proposte delle opposizioni e assumere determinazioni in solitudine, addirittura senza condividerle neppure con tutta la compagine governativa.

Se, però, a muovere questi rilievi fossero solo gli avversari politici o qualche alleato, la situazione sarebbe imbarazzante ma gestibile. In realtà il malumore trapela dal Quirinale e da altri organi costituzionali come la Consulta, e allora vuol dire che per Palazzo Chigi sta suonando un vero e proprio campanello d’allarme.

Non sono passate inosservate, infatti, le parole pronunciate in occasione della relazione annuale sulla giurisprudenza costituzionale dalla presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia che, commentando la situazione attuale, ha chiarito: «Non esiste un diritto speciale per i tempi eccezionali e la Costituzione è la bussola anche per navigare per l’alto mare aperto dell’emergenza e del dopo-emergenza che ci attende. La Costituzione non è insensibile alle situazioni di emergenza come recita l’articolo 77 della Costituzione in materia di decreti legge». La Cartabia ha anche ricordato che circostanze analoghe in passato «non hanno portato a una sospensione dell’ordine costituzionale».

Una critica neppure troppo velata a Palazzo Chigi, che in più occasioni ha mostrato di voler sospendere l’ordine costituzionale, mai venuto meno in passato, neppure in anni di lotta armata o di pesantissima crisi economica. L’equilibrio tra i poteri è fondamentale, così come la centralità del Parlamento, che va sempre coinvolto nelle decisioni che impattano sulla vita di tutti i cittadini, tanto più quando è in gioco il godimento di diritti fondamentali come la libertà di circolazione. Nei prossimi giorni si capirà se il premier ha fatto tesoro di questi richiami della Cartabia, dietro i quali alcuni intravvedono anche la longa manus di Sergio Mattarella.

Politica - 30-04-2020
 
fonte: https://lanuovabq.it/it/avvertimento-a-conte-dietro-la-cartabia-ce-mattarella?fbclid=IwAR3aIWNnr2fq2qAWAinlpU6KthQdPSODKi2mCSJQMpenOI9D_dCwEXHQh7g

10/03/20

Il 10 marzo come l’8 settembre


Il 10 marzo come l’8 settembreL’8 settembre del 1943 la parola d’ordine valida per chiunque fu “tutti a casa”. Ognuno la interpretò come meglio voleva ed il risultato fu lo sfaldamento del vecchio stato unitario.
Il 10 marzo del 2020 la parola d’ordine valida per chiunque è “tutti solo ed esclusivamente a casa” e anche in questo caso ognuno la interpreta come meglio crede anche se è difficile prevedere quale possa essere l’effetto di questa sorta di proclamazione di stato d’assedio. Giuseppe Conte, ovviamente, non è Pietro Badoglio. Ma il rischio che grava sulle istituzioni repubblicane non è molto diverso da quello che scattò nei confronti delle istituzioni monarchiche.
Dalla giornata dell’8 settembre scaturì la logica de “la pietà l’è morta”. Da quella del 10 marzo si spera che nasca la logica della pietà per le condizioni della penisola!


fonte: http://www.opinione.it/editoriali/2020/03/10/orso-di-pietra_10-marzo-2020-8-settembre-43-tutti-a-casa-conte-badoglio-emergenza-coronavirus/

06/03/20

Una medaglia per l’esercito dei nonni in lotta contro il Coronavirus






La “leva dei nonni” è stata richiamata a dare una mano coi nipoti. Non sarebbe ora che lo Stato riconoscesse il loro ruolo sociale?


Egregio direttore, in questa situazione di crisi epidemica, tutti, esperti e meno esperti, si stanno preoccupando della salute degli anziani in quanto i più esposti a seri pericoli ove dovessero cadere vittime del malefico Covid 19; le raccomandazioni sono tassative: niente baci, carezze e strette di mano, rispetto dell’area di contatto droplet, evitare di uscire, ecc.
C’è però una categoria di anziani che queste prescrizioni non può permettersi di rispettare: sono i nonni!
Almeno il 50 per cento delle famiglie con figli in età scolastica ha “richiamato” la leva dei nonni (un esercito di almeno 6 milioni) per un babysitteraggio straordinario, per coprire il tempo della prolungata carenza scolastica e per assistere specie i più piccoli nei rapporti telematici con le loro scuole, cimentandosi con mezzi non sempre conosciuti e con nuove definizioni e concetti che mai furono presenti nel linguaggio scolastico d’antan….
Questi le regole d’ingaggio, poi c’è lo spazio aperto del gioco e della convivenza, della complicità e della gioia del rapporto che costituiscono il soldo più prezioso che il nonno riceve in queste situazioni.
E di questo i nonni non si lamentano, anzi molti vi hanno ritrovato un entusiasmo che li ha ringiovaniti.
Rimane però un retropensiero: è pur vero che il frutto della nonnitudine è un dono ai tuoi cari, ma è anche un grande vantaggio per la società. Particolarmente in questi momenti: senza nonni molti figli non potrebbero andare a lavorare creando ulteriori e gravi difficoltà a una situazione economica in progressivo maggior travaglio.
A fronte di ciò lo Stato tace; ai nonni basterebbero dei cenni di ufficiale riconoscimento del valore della loro funzione: un esempio potrebbe essere quello di riconoscere i medesimi vantaggi fiscali già in vigore per i figli per le somme erogate a favore dei nipoti a titolo di spese scolastiche e sanitarie, per spese di alloggi di studi fuori sede, ecc. Oppure riconoscere ufficialmente il ruolo di rappresentanza del nonno, su delega del genitore, negli organismi scolastici, e altro ancora. Questo senza oneri finanziari per lo Stato, ma splendide medaglie civili sul petto dei nonni. Magari oggi ci sono altre cose di cui si deve parlare, ma domani? Magari sì.

Pierluigi Ramorino, presidente associazione Nonni 2.0

Foto Ansa

fonte: www.tempi.it

05/02/20

Il razzismo alla rovescia del Governo


Il razzismo alla rovescia del GovernoI grandi media politicamente corretti hanno bellamente ignorato la notizia che la sassaiola effettuata a Frosinone da un gruppo di ragazzi italiani contro alcuni studenti cinesi era una bufala inventata da un professore. La spiegazione di questa voluta omissione non è l’imbarazzo per dover riconoscere che l’enfasi da loro precedentemente data alla sassaiola, presentata come una dimostrazione lampante del razzismo dilagante in Italia, era stata troppo frettolosa e del tutto ingiustificata. L’omissione non è dipesa dal fastidio di dover riconoscere l’errore commesso, ma da un fenomeno frutto della vulgata politicamente corretta che dilaga nel nostro Paese e che porta chi ne è affetto a comportamenti segnati dal una forma rovesciata di discriminazione etnica e razziale.

Il professore di Frosinone che ha inventato la balla della sassaiola è un esempio concreto di questo razzismo alla rovescia. Nella sua testa gli italiani non possono non essere razzisti a causa delle predicazioni d’odio effettuate dalla destra cattivista. Per cui il fine nobile di denunciare la deriva di chi predica “prima gli italiani” giustifica l’invenzione di una bufala immediatamente trasformata dai media che praticano il razzismo alla rovescia in una dimostrazione inconfutabile del razzismo italico.

Ma il professore che applica la discriminazione ideologica all’incontrario non è un caso isolato. Insieme a lui ci sono anche e soprattutto le massime autorità del Governo. Che nella vicenda del coronavirus si stanno comportando seguendo l’esempio truffaldino del professore ed usando a fini esclusivamente politici le misure imposte dall’esperienza e dal buon senso per contenere l’epidemia.

Il fine politico è risultato fin tropo evidente nella decisione di recuperare gli italiani presenti nella provincia cinese dove il virus provoca i maggiori danni e chiuderli in quarantena a Roma per salvaguardare la loro salute ed evitare l’eventuale diffusione del contagio. Il Governo voleva e doveva dare una dimostrazione di capacità ed efficienza. Ed anche se l’aver lasciato a terra un ragazzo di 17 anni per sospetta polmonite virale ha gettato uno schizzo di fango su questa prova, le pubbliche autorità hanno insistito nello sbandierare ai quattro venti la loro volontà di applicare il “prima gli italiani” nella versione buonista.

Il fine politico del governo razzista alla rovescia è poi diventato lampante nella scelta dei ministri della Salute e dell’Istruzione di condannare la richiesta dei governatori del Nord di applicare una quarantena di 14 giorni agli studenti cinesi rientrati dalle vacanze in Cina sostenendo che la quarantena nordista era il frutto di discriminazione etnica e razziale mentre quella romana era giusta e sacrosanta per ragioni sanitarie.

Anche per il Governo, come per il professore ballista, quindi, il fine giustifica i mezzi. Ma anche il razzismo alla rovescia è razzismo. Anche se è più ipocrita dell’altro!

31/01/20

Il pericolo libico e la passività del Governo italiano


Il pericolo libico e la passività del Governo italianoPortati dalla nave OngOcean Viking” sbarcano a Taranto circa quattrocento persone provenienti dalla Libia. Contemporaneamente giungono, sempre dalla Libia, notizie secondo cui navi turche avrebbero portato a Tripoli armi e munizioni inviate da Ankara in aiuto del governo di Fayez al-Sarraj ed in aperta rottura con la tregua stabilita nella conferenza di Berlino. A rendere ancora più inquietante e drammatico il quadro della situazione libica si aggiungono, infine, le informazioni secondo cui dalla Siria sarebbero arrivati, sempre attraverso il canale marittimo attivato dalle autorità turche, più di tremila miliziani ex Isis a sostegno del governo tripolino che oltre ad opporsi alle truppe del generale Khalifa Haftar potrebbero infiltrarsi tra profughi decisi ad entrare nel nostro Paese.
Di fronte a questa grave evoluzione della guerra in atto in Libia, il Governo italiano appare pericolosamente indeciso a tutto. Apre i porti per non subire l’accusa di scarso umanitarismo senza mettere neppure in minimo conto il rischio che terroristi addestrati alla guerriglia possano mettere piede in Italia. Rimane formalmente al fianco del governo di al-Sarraj in nome di una adesione di principio alle decisioni compiute a suo tempo dalle Nazioni Unite, ma evita accuratamente di trasformare in aiuto concreto questo sostegno suscitando le rampogne e le minacce del governo tripolino. E, grazie a questa posizione formale ma senza conseguenze pratiche, continua a guadagnarsi l’ostilità dichiarata del generale Haftar e dei Paesi che lo sostengono, a cominciare dall’Egitto ed a finire con l’Arabia Saudita e gli Emirati.
Il Governo italiano, in sostanza, non solo non esercita alcun ruolo in un conflitto che si svolge in un’area di interesse vitale per il nostro Paese ma, con la sua assurda passività, riesce perfettamente a rendersi inviso a tutte le parti che si contendono direttamente ed indirettamente il controllo della Libia.
Stabilire che la colpa di una totale assenza di ruolo nelle scenario libico dipenda esclusivamente dalla inadeguatezza di Luigi Di Maio nei panni di ministro degli Esteri sarebbe non solo ingiusto ma anche profondamente sbagliato. Responsabile dell’indecisione a tutto non è solo l’omino della Farnesina, ma anche il titolare di Palazzo Chigi che si preoccupa esclusivamente di apparire sui media e, soprattutto, il Partito Democratico incapace di elaborare una linea di politica estera diversa da quella fissata quando le condizioni libiche ed internazionali erano totalmente diverse.
I pericoli che gravano sull’Italia hanno padri diversi. Ma è bene denunciarli fin da ora!


23/01/20

Nigeria, decapitato Andimi. I cristiani sono carne da macello per gli islamisti



La morte del reverendo, le ossa fratturate del seminarista, il massacro dei ragazzi di Gora-Gan. Boko Haram e fulani versano il sangue dei fedeli in tutto il paese

Aveva chiesto a sua moglie di prepararsi ad essere paziente e di avere cura dei loro figli se non fosse riuscito a rivederli, «non piangete, non preoccupatevi, siate sempre grati a Dio per tutto». Così Lawan Andimi, guida locale della Christian Association of Nigeria (Can), nel filmato girato dai suoi rapitori, diffuso tra gli altri dal giornalista Ahmad Salkida. Ieri il reporter ha diramato l’atroce notizia: «Il reverendo Andimi è stato decapitato ieri pomeriggio (20 gennaio, ndr), il video della sua spaventosa esecuzione con quella di un soldato è stato diffuso alle 14:42. Mi sono assicurato che la famiglia, le autorità e la chiesa fossero debitamente informate prima che la notizia fosse diffusa al pubblico questa mattina».

L’ESECUZIONE DEL REVERENDO ANDIMI

 

Andimi era scomparso a Michika, nello stato di Adamawa, il 3 gennaio scorso, durante l’ultimo di una serie di attacchi sferrati da Boko Haram dalla foresta Sambisa, roccaforte dei jihadisti, contro le comunità confinanti. Dopo aver confermato di essere stato rapito e di essere stato trattato con riguardo dai rapitori, nel suo accorato appello il reverendo si era rivolto a famigliari e amici, pregandoli di essere forti e di confidare nella volontà di Dio, e ai colleghi della Can e al governatore Ahmadu Umoru Fintri, chiedendo loro di intervenire al più presto per il suo rilascio. Alla durissima esortazione rivolta dalla Christian Association of Nigeria al governo federale per salvare tutti i cristiani ostaggio di Boko Haram e dello Stato islamico (il reverendo Samson Ayokunle, presidente Can, aveva definito il rapimento di Andimi come l’ultima prova della violenta e sistematica persecuzione in atto nei confronti dei cristiani della Nigeria), il presidente Muhammadu Buhari aveva risposto: «Non vedere i terroristi per quello che sono significa fare esattamente ciò che vogliono, dividere i nigeriani».
Assicurando piena collaborazione del governo al rilascio degli ostaggi, Buhari aveva rigettato ogni riferimento a una persecuzione in atto verso i cristiani, «questo governo non tollererà mai l’intolleranza religiosa. Riaffermiamo in modo chiaro e inequivocabile il nostro sostegno alla libertà di praticare qualunque credo si desideri. La politicizzazione della religione – come vietato dalla costituzione – non ha posto in Nigeria».

IL SEMINARISTA PICCHIATO E ABBANDONATO

 

Poi Andimi è morto. È stato invece picchiato selvaggiamente e poi abbandonato dai suoi aguzzini sul ciglio della temutissima superstrada Kaduna-Abuja, uno dei quattro seminaristi del Buon pastore rapiti l’8 gennaio scorso da uomini non ancora identificati. È stato raccolto con le ossa fracassate da due automobilisti di passaggio e trasportato presso l’ospedale cattolico di Kaduna, dove è stato ricoverato in terapia intensiva. La sua identità e l’entità delle ferite subite non sono stati ancora rivelati, ma secondo una fonte di Aci Africa vicina al seminario si tratta del ragazzo «più testardo e resistente», e potrebbe essere stato liberato proprio «perché i rapitori pensavano che non sarebbe sopravvissuto nelle loro mani».

LA SPOSA DECAPITATA

 

Il ritrovamento è avvenuto il 18 gennaio, dieci giorni dopo l’irruzione nel campus di un commando armato: Pius Kanwai (19 anni), Peter Umenukor (23 anni), Stephen Amos (23 anni) e Michael Nnadi (18 anni) stanno pagando il prezzo di una situazione che a dispetto di quanto afferma il presidente Buhari è degenerata in tutta la Nigeria dopo il 26 dicembre, quando è stato diffuso il video della brutale esecuzione di 11 cristiani, decapitati da Boko Haram. Rapimenti e violenze si sono inasprite negli ultimi mesi, bande criminali hanno preso di mira i cristiani, sequestrati e assassinati senza pietà. Martha Bulus è stata decapitata nello Stato di Borno con le sue damigelle il 26 dicembre, cinque giorni prima delle nozze: i terroristi di Boko Haram hanno bloccato l’auto su cui viaggiava sull’autostrada che collega Maduguri e Yola e l’hanno massacrata con le amiche solo perché cattolica. 

I RAGAZZI DI GORA-GAN

 

Il 17 gennaio una banda di pastori fulani – spietati islamisti che nei primi sette mesi del 2019 avevano già massacrato 1.400 persone – ha fatto irruzione nel villaggio di Gora-Gan, nello stato di Kaduna, sparando a chiunque incontrassero nella piazza in cui si erano riunita la comunità evangelica: Briget Philip, 18 anni, e Priscilla David, 19 anni, sono morte crivellate dai colpi, Henry Jonathan, 18 anni, Benjamin Peter, 19 anni e Goodluck Andawus, di appena 12 anni, sono stati feriti gravemente.

AIUTATE TEMPI AD ANDARE IN NIGERIA

 

L’11 gennaio gli aguzzini dei seminaristi si sono messi in contatto con le famiglie per discutere il loro riscatto: su queste notizie l’arcidiocesi mantiene il più assoluto riserbo. Del loro destino e di quello di centinaia di cristiani, come la piccola Leah Sharibu, oggi nelle mani di gruppi estremisti islamici in tutto il paese non si nulla. Per questo rinnoviamo ancora una volta il nostro appello ai lettori: stiamo organizzando un reportage in Nigeria, vogliamo raccontare la tremenda quotidianità della comunità cristiana nell’indifferenza pressoché totale del mondo. Ma per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Qui trovate tutte le modalità per aderire al Fondo che abbiamo creato per sostenere le iniziative di utilità sociale di Tempi, cioè le battaglie che stanno a cuore al nostro giornale. A cominciare dalla libertà per Leah, per i ragazzi del Buon Pastore, per tutti i cristiani in Nigeria.

 
 

18/01/20

Sull'Iva il governo ha bluffato. Il gioco delle tre carte del Conte bis


L'esecutivo è nato spacciando l'emergenza di 23 miliardi di aumenti da scongiurare. Era falso. Ben 20 miliardi sono stati trovati facendo deficit. Altri tre tagliando quota 100 e flat tax di Salvini


Sull'Iva il governo ha bluffato. Il gioco delle tre carte del Conte bis




Nel giorno in cui Giuseppe Conte, per fare un po' di propaganda elettorale alla vigilia delle regionali in Emilia Romagna, ha convocato le parti sociali a palazzo Chigi per spiegare come verranno spesi da luglio (non da domani) i 3 miliardi destinati alla riduzione del cuneo fiscale, salta fuori il grande bluff del governo. E' contenuto nella tabella riassuntiva della manovra 2020 che gli uffici studi hanno preparato indicando le misure adottate e le fonti di copertura. Con chiarezza emerge quel che è stato nascosto e annegato fra fiumi di retorica: per disattivare le celebri clausole di salvaguardia che avrebbero fatto scattare gli aumenti Iva il governo ha usato la soluzione più semplice del mondo: andare in deficit. Non proprio per tutto, ma dei 23 miliardi che andavano coperti ben 20, 131 sono diventati deficit di bilancio. Non c'era ovviamente bisogno di grandi esperti, di professionisti dell'economia, di vertici ministeriali, di terribili grida: per coprire una spesa andando in deficit basta un bambino che schiacci un bottone. Certo, ne restavano meno di 3 da trovare. Ma è solo in questa cifra che si trova tutta l'emergenza che una pioggia di panzane è stata inventata per motivare la nascita contro natura del governo rossogiallo con il Conte bis alla guida.

Ci hanno detto per mesi che l'Italia era in emergenza finanziaria, che rischiava l'esercizio provvisorio, e con aria seria e volto corrucciato per la gravità della situazione in ogni salotto televisivo hanno sostenuto che stavano lavorando senza sosta, ore 24, per trovare come sterilizzare quei 23 miliardi di aumenti Iva. Invece si sono fatti grandi mangiatone al ristorante per stemperare la tensione fra vecchi nemici per la pelle che dovevano imparare a convivere, saranno pure andati al cinema per distrarsi e poi per dissinnescare quelle clausole sono bastati cinque minuti guardandosi in faccia: “I soldi non ci sono. Che facciamo? Andiamo in deficit? Sìììììì”, e la partita è finita così. Per quei 2 miliardi e rotti da aggiungere non c'è voluto molto più tempo: bastava assestare qualche colpo ben assestato fosse anche con colpi sotto la cintura alle misure in vigore che portavano la firma di Matteo Salvini, e il gioco era fatto. Ed ecco il taglietto di 300 milioni di euro a quota 100, poi quello da 155 milioni a quel poco di flat tax che era già in vigore, 80 milioni togliendo qualche accisa agevolata agli autotrasportatori che tanto votano Lega, 950 milioni di cancellazione di spese in conto capitale già previste, che tanto le opere pubbliche le voleva Lui, caro Lei. Giochi fatti.

La sola cosa nuova da inserire in questa legge di bilancio tutta deficit e vendetta verso la Lega erano appunto i 3 miliardi di euro destinati alla riduzione del cuneo fiscale a partire dal mese di luglio che il governo in carica si è già venduto venti volte negli ultimi mesi (è la sola cosa che c'è) e che ha voluto rilanciare ieri come fosse cosa nuova giusto per cercare di abbindolare un po' gli elettori dell'Emilia Romagna. Purtroppo però è proprio in quella terra che si aprono le principali ferite dovute alle misure utilizzate per finanziare quello sconticino fiscale. Per metà è infatti offerto non volontariamente dalle imprese su cui si sono abbattute la plastic tax e la sugar tax, che invece di rallegrarsi con i propri dipendenti (in buona parte proprio in Emilia Romagna) dell'aumento in busta paga per il cuneo stanno pensando di toglierla prima ancora di iniziare, riducendo personale e siti produttivi per andare ad aprire altrove le proprie attività. Ieri una delle principali aziende italiane di imbottigliamento della Coca Cola ha già fatto sapere che dirotterà sull'Albania i propri investimenti, e da qui a luglio rischia di essere seguita anche da altre.

Ma se alla fine qualcosa davvero arriverà in busta paga a qualche lavoratore, non possiamo che rallegrarcene perché non manca davvero il bisogno. Dagli annunci di ieri qualche dubbio sulla linearità dell'azione del governo però nasce: si vogliono mettere insieme i famosi 80 euro di Matteo Renzi per trasformarli in detrazione e ottenere una riduzione delle tasse gratis, senza che nessuno percepisca un euro in più di prima. Poi si annuncia che la vera riduzione fiscale verrà dal grande recupero dell'evasione fiscale (sempre proclamato, mai portato a casa). Speriamo che mischiando tutto questo cuneo arrivi in busta paga e non finisca lì dietro dove nessuno vorrebbe riceverlo...