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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

12/04/14

L’Ucraina anti russa La Nato ai confini Chi gioca col fuoco ?

Mosca: le truppe Nato al confine con la Russia violano gli accordi internazionali. Kiev muove truppe e blindati contro le città ribelli e i filorussi rafforzano barricate in regioni Est. Il Comando Nato diffonde foto delle troppe russe, Kiev esibisce le proprie per intimorire le piazze ribelli



Foto satellitari di un aeroporto militare russo non lontano dai confini ucraini


Ultimatum che si inseguono e alzano soltanto il livello dello scontro. Come sta accadendo a Donetsk e a Lugansk dove sale la tensione per la scadenza dell’ultimatum di Kiev di sgomberare i palazzi del potere occupati nelle due città dell’Ucraina orientale da attivisti filorussi. Le trattative sembrano in stallo e per ora non c’è alcun segno di resa. Rilancio propagandistico da Kiev, Youtube rilancia filmati dell’avvicinarsi a Donetsk di colonne di camion militari ucraini, blindati e anche carri armati leggeri, con i vani tentativi degli abitanti locali di fermarli. Altre “maidan” in vista?

Il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov intanto accusa la Nato di violare i principi dell’ atto base della dichiarazione di Vienna rafforzando la propria presenza ai confini con la Russia. Così non va, è il segnale. E aggiunge che “il sentimento anti russo comincia a prevalere sulle aspirazioni della Nato a garantire la sicurezza della regione euro-atlantica”. Avvertimento militare Nato, replica economica. Putin ha informato i leader Ue sui rischi per il transito del gas. Il brutale ma consueto per tutti, o paghi la bolletta o ti chiudo i rubinetti. Cara Ue, hai voluto l’Ucraina? E allora pedala.

Più diplomaticamente il presidente russo ha inviato ieri una lettera ai dirigenti dei Paesi europei che acquistano il metano russo. Praticamente tutti. Nel testo, il leader del Cremlino ha precisato che il gigante Gazprom potrebbe “essere costretto” a richiedere “il pagamento anticipato delle forniture di gas e, in caso di mancato rispetto delle condizioni di pagamento, interrompere completamente o in parte le forniture”. Il cliente insolvente è ovviamente l’Ucraina da dove transita tutto. La Russia ha quindi esortato i partner europei a risolvere i problemi economici dell’Ucraina “su una base legale”.

La Nato, per far finta di decidere autonomamente da Washington, dà voce al segretario generale Fogh Rasmussen, che invita la Russia a ritirare i soldati dalla frontiera con l’Ucraina e ad avviare il dialogo. Secondo Rasmussen e secondo i satelliti spia degli Usa, alla frontiera russa con l’Ucraina sono dislocati 40.000 soldati pronti a combattere. Il segretario Nato prende atto che la Russia accusa l’Ucraina di opprimere le sue minoranze interne russe o russofone, e la Nato di pratiche di guerra fredda. Replica da lite di cortile: “Hai iniziato prima tu”. Ma qui non volerebbero soltanto sassi.

di Ennio Remindino - 11 aprile 2014

fonte: http://www.remocontro.it

Mini tassi e maxi spese, che inganno in banca Poco credito e commissioni spaventose Ecco come ci spennano




Un imbroglio alla luce del sole. Con tutti i protagonisti ben consapevoli e però da sempre silenziosi. Perché qui ci sono in ballo tanti soldi. Troppi. Sicuramente abbastanza per ripagarci un po’ dei miliardi buttai via in operazioni sbagliate, abbastanza per aggiustare i bilanci delle bance, abbastanza per remunerarne gli azionisti, abbastanza per distribuire ai nostri banchieri i loro sontuosi stipendi. E pazienza se per raccogliere questi soldi si sta colpendo il cuore dell’economia nazionale, quel tessuto di artigiani e piccole e medie imprese che ha bisogno di credito per vivere. Credito che o non lo trova o – quando arriva – va pagato una fortuna. Sì, perché sta qui lo scandalo al sole: sulla carta ormai da tempo in Europa il costo del denaro è ai minimi storici, con il tasso dell’euro stabilito dalla Banca centrale europea guidata da Mario Draghi, e appena confermato, allo 0,25%. Se però andate in banca a chiedere un prestito – sempre che ve lo diano – vedrete che le cose stanno molto diversamente.

Ringraziamo Monti
I tassi applicati dagli istituti di credito si aggirano mediamente tra il 10 e il 12%. Ma l’inganno non sta qui. Dove il costo complessivo del denaro schizza ben al di sopra dei livelli usurai è nelle commissioni, nelle spese e nella famigerata commissione di istruttoria veloce. Una trovata che doveva fare giustizia di un’altra truffa, andata avanti per decenni, e cioè l’applicazione degli interessi negativi sugli interessi precedenti (tecnicamente: anatocismo). Sconfitte dalle associazioni dei consumatori, le banche tolsero quella tassa sulla tassa e in cambio ottennero quella che formalmente è una semplificazione del rapporto tra banche e clienti. Dalla forma alla sostanza, i correntisti anziché spendere dieci oggi a conti fatti spendono cento. A fare la frittata – non per le banche, ovviamente – fu Mario Monti (su proposta della Banca d’Italia) con un decreto che andava a integrare il testo unico bancario, prevedendo una remunerazione omnicomprensiva degli affidamenti e degli sconfinamenti nei contratti di conto corrente e di apertura di credito.

Stampa muta
Veniva così introdotta l’attuale disciplina che prevede, oltre ai tassi debitori sull’ammontare effettivamente utilizzato esclusivamente: a) per gli affidamenti, una commissione omnicomprensiva per la messa a disposizione dei fondi. E qui si precisò che tale commissione non può eccedere lo 0,5% dell’accordato per trimestre; b) per gli sconfinamenti (scoperti di conto e utilizzi extrafido), una commissione di istruttoria veloce, espressa in misura fissa e in valore assoluto, commisurata ai costi. Su questa commissione le banche si sono divertite e approfittando della crisi di liquidità di cui soffrono le imprese stanno facendo pagare mediamente alcune migliaia di euro a trimestre. Troppo facile così fare i soldi e riportare i bilanci delle banche in utile. Troppo facile per le aziende affondare, chiudere e licenziare il personale. Visto che non lo fa il sistema bancario, dovrebbe essere lo Stato a porsi il problema, o perlomeno la stampa. Leggete mai una riga su questi problemi nelle pagine dei grandi quotidiani? No, non c’è posto. E non solo perché sono troppo occupati per raccontare il chiacchiericcio dei politici e le solite cronachette già sentite e risentite su tv e internet. I grandi giornali non si occupano di questo salasso a milioni di famiglie e imprese perché gli editori sono spesso proprio le stesse banche, oppure – in caso di editori che possiedono grandi gruppi industriali – le banche tengono per il collo queste aziende. Risultato: stiamo azzerando tutto il vantaggio di avere i tassi bassi, scoraggiando gli imprenditori a investire. Se chiedere denaro in banca – e dove se no: dagli usurai? – costa una tombola, chi pensa di aprire un’attività o di fare un investimento ci penserà cento volte.

Pubblicità ingannevole
A tutto questo va sommato un ulteriore raggiro dei correntisti bancari, attraverso la pubblicità ingannevole. In molti istituti di credito si possono leggere volantini e depliant che promettono rapporti trasparenti e senza sorprese. Questo è sicuramente vero se però il cliente usa il suo conto corrente per farci un quadretto da appendere a casa. Chi invece usa il conto, senza bisogno di movimentare flussi esagerati, inevitabilmente si trova a pagare costi e commissioni invisibili. La più odiosa di queste tasse è sicuramente l’applicazione di un costo su ogni scrittura del conto, cioè ogni movimento, compresa l’applicazione delle spese. Pochi centesimi che per le migliaia di operazioni che fa una media impresa in un anno diventano soldi veri. Ma lo Stato non vede, il sistema bancario non sente. I giornali non scrivono.

                                            di Sergio Patti - 12 aprile 2014
fonte: http://www.lanotiziagiornale.it

EBOLA, Italia sotto attacco dell’armata di chi la vuole distruggere

EBOLA, Italia sotto attacco dell’armata di chi la vuole distruggere




E’ scattata anche in Italia l’allerta per il virus “Ebola”. Con una circolare del 4 aprile, il Ministero della Sanità ha comunicato l’attivazione di misure di vigilanza e sorveglianza nei punti di ingresso internazionali in Italia. La nota è stata inviata all’Enac, alla Farnesina, a tutte le regioni ed alla Croce Rossa Italiana. Per la prima volta, dal 1970 ad oggi, la nota dell’allarme è stata trasmessa anche al Ministero della Difesa.
Le procedure attivate dal Ministero della Salute prevedono controlli sugli ingressi nel territorio nazionale e un monitoraggio, affidato al Ministero degli Esteri, degli italiani presenti nei paesi colpiti dall’epidemia.  L’intero asset delle capacità diagnostiche del Paese – si legge sempre nella nota – è affidato all’Istituto Spallanzani di Roma che “dispone dell’unico laboratorio a massimo livello di bio contenimento”.
Il dato che preoccupa maggiormente gli scienziati è il tempo di incubazione del virus che varia dai 2 a i 21 giorni per la trasmissione a contatto con sangue e secrezioni, ed arriva sino ai 49 giorni per contagio derivante dallo sperma.
Nel documento realizzato dal dipartimento generale per la prevenzione si fa cenno alla necessità di controllare gli arrivi “diretti e indiretti”: un chiaro riferimento all’onda di migranti che proprio in queste ore sta facendo rotta su Lampedusa. Proprio nell’isola cerniera con i fenomeni migratori, l’Italia rischia di essere impreparata a fronteggiare quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la più grave epidemia degli ultimi anni. Nelle ultime 72 ore, a Lampedusa si è registrata la più grande ondata migratoria a partire dal 2011, quando nell’isola delle Pelagie arrivarono più di 50 mila migranti. Con il centro chiuso per lavori di ristrutturazione, i migranti intercettati dalla pattuglie navali di “Mare Nostrum” – il programma della marina Militare per contrastare gli sbarchi – vengono trasferiti sulla terraferma o restano in attesa sulla banchina del porto di Lampedusa, in condizioni igieniche disastrose.
A centinaia. “I migranti  arrivati in questi giorni – racconta all’Espresso, Pietro Bartolo, coordinatore sanitario dell’isola – provengono in gran parte dalla Libia e questo dovrebbe escludere la presenza di portatori del virus ebola. Ma in ogni caso è meglio stare con gli occhi aperti perché la situazione è drammatica e non è possibile procedere  all’identificazione dei migranti che arrivano”. Insomma, nessuna certezza su chi arriva e da dove a Lampedusa.
E’ da almeno dieci anni che le agenzie di intelligence di tutto il mondo avevano lanciato il rischio del bioterrorismo. Questa nuova ondata del virus Ebola, che si caratterizza con il ceppo “Zaire”, il più virale, potrebbe anche rientrare proprio nella casistica degli attacchi bioterroristici. L’epicentro della nuova infezione è la Guinea, dove dal 7 aprile sono stati registrati 151 casi con 95 decessi. Ebola sta già camminando nel centro Africa e ha colpito in Sierra Leone, Mali e Liberia. Secondo la classificazione di rischio dell’Organizzazione mondiale della Sanità , l’epidemia del 2014 è classificata come “serious public health impact”, come “evento raro, insolito o inaspettato” ed a rischio, seppure basso, di “diffusione internazionale”. L’epidemia non era stata prevista dalle autorità mondiali del settore sanitario.



Questi parametri hanno mobilitato le agenzie di intelligence, anche l’Aise italiana, che hanno mobilitato la rete di informatori per comprendere se l’esplosione di questa nuova epidemia sia un fatto casuale o sia stata provocata volutamente: un atto di bioterrorismo?  Ipotesi chela comunità internazionale dell’intelligence ha formulato da parecchi anni. Basta ricordare quanto dichiarava nel 2002, Luciana Borio, docente del Johns Hopkins Center for Civilian Biodefense Strategies: ”Un’epidemia di Ebola avrebbe un impatto fortissimo nella nostra società , sia per l’elevata mortalità  sia per l’assoluta mancanza di cure. Certo e’ impossibile predire con quale probabilità questi virus potrebbero essere utilizzati in attacchi biologici. Ma sappiamo che non e’ affatto impossibile trasformarli in armi. Per questo abbiamo l’obbligo di prepararci”.  

11 aprile 2014
Fonte: L’Espresso

”Ai vertici UE c’è una banda di criminali ! A processo, per crimini contro l’umanità.





Prof. Luciano Gallino

Le politiche di austerità, gli aggiustamenti strutturali, le privatizzazioni imposte agli Stati membri dai vertici Ue, ovvero dalla cosiddetta Troika (Bce, Fmi e Commissione) stanno infliggendo privazioni insostenibili a milioni di cittadini. In Italia, non meno che in Grecia, Spagna e Portogallo, la disoccupazione è alle stelle. Il Pil ha perso oltre 10 punti rispetto al 2007.
La combinazione di micidiali indicatori come la deflazione (crollo dei prezzi), la domanda stagnante e la crescita-zero sta portando le rispettive economie, a cominciare dalla nostra, verso il disastro. Errori? No: crimini.
Lo sostiene un gruppo di giornalisti e politici greci, che a fine 2012 ha inoltrato alla Corte Penale Internazionale dell’Aja una denuncia per “sospetti crimini contro l’umanità” a carico dei vertici della Troika: il presidente della Commissione Europea, Barroso, la direttrice del Fmi, Lagarde, del presidente del Consiglio Europeo, Van Rompuy, nonché della cancelliera Angela Merkel e del suo ministro delle finanze Wolfgang Schäuble.
A sua volta, aggiunge Luciano Gallino in un intervento su “Repubblica” ripreso da “Micromega”, un’attivista tedesca nel campo dei diritti umani, Sarah Luzia Hassel, appoggiava la denuncia con una documentatissima relazione circa le azioni compiute dalle citate istituzioni a danno sia della Grecia che di altri paesi, europei e no. «Tutte azioni suscettibili di venir configurate addirittura come crimini contro l’umanità, ai sensi dell’articolo 7 dello Statuto di Roma della Corte Penale dell’Aja».
Si va dalla liquidazione della sanità pubblica alle politiche agricole che hanno affamato milioni di persone, dalla salvaguardia del sistema finanziario a danno dei cittadini ordinari alle ristrette élite che influenzano le decisioni delle istituzioni stesse, fino agli interventi nel campo del lavoro e della previdenza atti a ledere basilari diritti umani. Un terzo documento, infine, che accusa i vertici Ue di gravi forme d’illegalità, è stato pubblicato a fine 2013 dal centro studi di politiche del diritto europeo di Brema, su richiesta della Camera del Lavoro di Vienna.
Documenti che «giacciono tuttora nei cassetti dei destinatari», benché rinverditi da clamorose denunce come quella della rivista medica “Lancet” «circa i danni che sta infliggendo alla popolazione la crisi della sanità in Grecia per via delle misure di austerità imposte dalle istituzioni Ue».
In pratica, «chi soffre di cancro non riesce più a procurarsi le medicine necessarie, divenute troppo costose», e «la quota di bambini a rischio povertà supera il 30%». In Grecia sono ricomparse, dopo quarant’anni, malaria e tubercolosi, mentre i suicidi sono aumentati del 45% e chi fa uso di droga non dispone più di siringhe sterili distribuite dal sistema sanitario, per cui utilizza più volte la stessa siringa. Risultato: i casi di infezione Hiv rilevati sono ormai centinaia.
Attenzione: «L’Italia, insieme con Spagna, Portogallo e Irlanda, appare avviata sulla stessa strada della Grecia», avverte Gallino.
Il sistema sanitario nazionale italiano è alle corde: «Anche da noi i tempi di attesa per le visite specialistiche si sono allungati sovente di molti mesi perché i medici che vanno in pensione non sono rimpiazzati». Inoltre, le prestazioni sono sempre più costose, al punto che molti rinviano le analisi o «rinunciano a visite mediche o esami clinici perché i ticket hanno subito forti aumenti e non riescono più a pagarli».
Paradossale: «Coloro che vanno in un laboratorio convenzionato si sentono dire che se scelgono la tariffa privata spendono meno del ticket». Senza contare che «molte famiglie non riescono più a mandare i bimbi all’asilo o alla scuola materna perché i posti sono stati ridotti, o la retta è aumentata al punto che non possono farvi fronte».
La Grecia è vicina, ammonisce il rapporto di “Lancet”: «Se le politiche adottate avessero effettivamente migliorato l’economia, allora le conseguenze per la salute potrebbero essere un prezzo che val la pena di pagare. Per contro, i profondi tagli hanno avuto in realtà effetti economici negativi, come ha riconosciuto perfino il Fmi».
In altre parole, riassume Gallino, non soltanto i vertici Ue hanno dato prova, con le politiche economiche e sociali che hanno imposto, di una «scandalosa indifferenza per le persone che vi erano soggette», ma queste sciagurate politiche «si sono pure dimostrate clamorosamente sbagliate».
Nel 2008, diversi giuristi americani ed europei parlarono di “crimini economici contro l’umanità”, commessi dai dirigenti dei maggiori gruppi finanziari. Ma nel caso della crisi europea non si tratta più di attori privati (banchieri-pirati), bensì dei massimi esponenti della dirigenza pubblica della Ue, cui è stato affidato l’oneroso impegno di presiedere ai destini di 450 milioni di persone ai tempi della crisi.
I vertici dell’Ue «hanno mostrato anzitutto una clamorosa incompetenza della gestione della crisi», e hanno scelto di «favorire gli interessi dei grandi gruppi finanziari andando contro agli interessi vitali delle popolazioni». Di fatto, «hanno dato largo ascolto alle maggiori élite europee, e in più di un caso ne fanno parte».
Soprattutto, «hanno mostrato di non tenere in alcun conto le sorti delle persone cui si dirigevano le loro politiche». Stando al documento di Brema, le violazioni dei diritti umani compiute dai vertici Ue, in spregio agli stessi trattati dell’Unione, potrebbero essere portate davanti a varie corti e istituzioni europee, nonché davanti a organizzazioni internazionali quali l’Onu e l’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Domanda: «È mai possibile che non siano chiamati a rispondere per nulla delle illegalità non meno che degli errori che hanno commesso, e delle sofferenze che hanno causato con l’indifferenza se non addirittura il disprezzo dimostrato verso le popolazioni colpite?».

8 aprile 2014 
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Fonte notizia: libreidee.org


Il “sessismo” della giustizia. William e Lucia: storie uguali, condanne e sdegno diversi





Due storie identiche: di Lucia Annibali abbiamo parlato ieri, stigmatizzando la possibile candidatura alle europee proposta dal Pd. Un anno prima, il 22 settembre 2012, un’altra vittima subiva la vendetta dell’acido. Stesso movente: la gelosia, la mancata rassegnazione per un amore finito. Uguale dinamica: un esecutore che agisce per conto del mandante.
A rendere diverse le due storie è solo il sesso delle vittime e dei carnefici: se nel caso di Lucia Annibali la sfregiata è una donna e il mandante l’ex fidanzato, in quello accaduto un anno prima i ruoli si sono ribaltati. La vittima si chiama infatti William Pezzullo, ad ordinare ma anche compartecipare all’aggressione è stata invece Elena Perotti. A dare manforte alla donna un buttafuori, Dario Bertelli. Questa la ricostruzione della sentenza di primo grado. Ci si aspetterebbero condanne simili, invece no. Se nel caso di Lucia Annibali, come abbiamo visto, l’ex fidanzato mandante è stato condannato a venti anni e i due esecutori a 14, in quello di William la giustizia ha usato un metro diverso: Elena Perotti, la moglie gelosa che ha ideato e portato a termine l’aggressione, è stata condannata soltanto a 10 anni. Ed essendo diventata madre da poco al momento della condanna, probabilmente ne sconterà ben pochi in carcere.
Oltre ad aspettare un bambino, Elena Perotti aveva altre “attenuanti”: era “innamorata, distrutta e pentita” e “non voleva arrivare a tanto”. Però è stata lei acquistare l’acido solforico al supermercato e poi a gettarlo in testa al suo ex, dopo che il suo amico buttafuori l’ha malmenato, reso inoffensivo e immobilizzato.
Il figlio non era di William Pezzullo, nonostante la donna abbia insistito affinché lo riconoscesse. Ed ora la vittima di una così brutale aggressione non ha più una vita: ha perso l’occhio destro e vede due decimi dal sinistro, è praticamente cieco, non ha più le orecchie, buona parte del corpo è dilaniata dalle cicatrici. L’acido gli ha mangiato la pelle e parte dei muscoli. La sua quotidianità è scandita da esercizi riabilitativi e docce speciali. Ed è ancora un miracolo che sia sopravvissuto: è stato due mesi e mezzo in terapia intensiva a Genova e poi operato ben undici volte. Le cure gli sono costate ventimila euro, per permettersele ha dovuto vendere il suo bar. Eppure non porta rancore. Parlando di Elena, dice: “Non ce l’ho con lei. Siamo stati insieme sei mesi. È finita perché raccontava bugie e il suo era un amore malato. Era così gelosa che mi tagliava le gomme dell’auto, una volta mi ha persino chiuso in casa e sono dovuto scappare dalla finestra. Quel figlio non era mio“.
La vita rovinata di quest’uomo vale solo dieci anni di condanna per colei che gliel’ha cambiata in peggio. Imbarazzante il paragone con le condanne comminate agli aggressori di Lucia Annibali, la quale, peraltro, è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’ordine al merito della repubblica italiana. Un riconoscimento che il presidente della repubblica non ha mai pensato di attribuire a William Pezzullo.
Il dualismo tra le vicende è da evitare, trattando di bersagli di un medesimo ignobile reato. Non è nostra intenzione, qualora fosse necessario specificarlo, mettere William contro Lucia o azzardare un confronto. Riteniamo però giusto sensibilizzare i lettori sullo scarso interesse mediatico-giudiziario suscitato da una delle due vittime.
Perché?
Ad azzardare un’ipotesi ha provato il sito adiantum.it, in un interessante post pubblicato pochi giorni dopo l’aggressione
Vi sono delle eccezioni quando il mandante è di genere femminile. Giudici particolarmente distratti, particolarmente incoerenti o particolarmente cavalieri? Non so.
Però so che Patrizia Reggiani (caso Gucci) per aver commissionato l’omicidio del marito ha avuto una pena inferiore a quelle inflitte ai sicari da lei assoldati.
Il mandante è la mente criminale senza la quale l’omicidio non sarebbe avvenuto, inoltre la Reggiani è colei che intendeva trarre i maggiori benefici dall’evento delittuoso: ha pagato 200 milioni ai sicari per ereditare un impero plurimiliardario. Però a lei una pena inferiore, giustizia è fatta. Forse era innamorata?

Inutile dire che neppure il Pd ha pensato a William Pezzullo: non risultato richieste di candidatura. La moda del parlamento di questi ultimi due anni, in effetti, è stata il “femminicidio”.

di Riccardo Ghezzi - 4 aprile 2014
fonte: http://www.qelsi.it

Anche Berlino si arrende al rischio deflazione. Come investire.




Che un’area economica come quella dell’euro che si è data una sola valuta e dunque cambi rigidi all’interno dell’area stessa, a fronte di differenze macroeconomiche che non solo non si sono appianate col tempo ma anzi sono aumentate dopo la crisi del debito sovrano che ha spostato importanti flussi di capitali dal Sud Europa al Centro-Nord, dovesse prima o poi andare incontro a qualche problema era evidente da tempo a chiunque non cercasse unicamente di forzare l’interpretazione della realtà per farla rientrare nei propri schemi teorici, ma volesse semmai adattare questi ultimi alla prima.
Così ora che, dopo due anni di politica monetaria della Bce ultra rilassata, “bazooka” annunciati ma mai realmente utilizzati, “forward guidance” utilizzata al massimo per cercare di far fare ai mercati buona parte del lavoro, anche i più timorosi di possibili recrudescenze dell’inflazione sembrano essersi  convinti, come la Bundesbank, che la deflazione sia una minaccia alla stabilità dei prezzi molto più concreta ed immediata di futuri rialzi eccessivi dei prezzi al consumo, Mario Draghi, secondo giudizi pressoché unanimi da parte delle maggiori banche d’affari, non dovrebbe avere ulteriori ostacoli a varare nuove e più radicali “misure straordinarie” per reflazionare l’economia del vecchio continente, soffocata da una ricetta tedesca infausta perché non ha saputo tener conto delle differenti necessità dei singoli paesi di Eurolandia, tentando di risolvere tutti i problemi con una repressione fiscale cruda se non crudele che ha finito in molti casi con esasperare le difficoltà cicliche dei PIIGS.
Con tassi già vicini a zero, una difficoltà ad avventurarsi in un territorio (quello di tassi negativi  per classi di asset, a partire dai depositi) che è stato finora esplorato solo teoricamente, e con lo spettro di un euro che resta più forte del voluto contro dollaro ma anche contro le principali valute asiatiche (yen e yuan in testa), Draghi ha lasciato intendere di essere pronto ad avviare un quantitative easing da mille miliardi di euro (al ritmo di 80 miliardi di euro l’anno) che già ora sarebbe possibile, essendo stati rimborsati anticipatamente oltre 500 dei più di mille miliardi dei fondi erogati tra il dicembre 2011 e il febbraio 2012 alle maggiori banche europee, ma che probabilmente non sarà nel concreto avviato prima dell’autunno, dopo un possibile ultimo taglio dei tassi ufficiali sull’euro in giugno, una volta superate le elezioni europee.
Draghi può del resto fare leva su un’altra paura che resta sullo sfondo, quella di un default sovrano di Italia e Spagna se la ripresa dovesse rimanere un fatto meramente statistico per la necessità di rispettare parametri (il 3% di deficit/Pil o il 60% di debito/Pil) che non hanno mai ricevuto una vera validazione teorica né tanto meno pratica. Parametri più volte disattesi in passato anche dalla Germania (piuttosto che da Francia e Spagna ancora attualmente) che alcune simulazioni, come quelle di Giorgio Gattei e Antonino Iero, giudicano semplicemente impossibili da rispettare quanto meno nei tempi imposti dal Fiscal Compact, vista la situazione di partenza e il quadro macroeconomico prospettico per paesi fortemente indebitati come l’Italia.
E siccome il Pil usato a denominatore di tali rapporti è espresso in valori nominali, ossia sommando la variazione dei prezzi alla crescita/decrescita del Pil reale, ecco che allontanare rapidamente il rischio di una deflazione ovvero anche solo di un’inflazione prolungatamente sotto il 2% (obiettivo fissato dalla Bce a medio termine) diventa vitale sicuramente per Roma e Madrid, ma anche per Berlino e dunque per la Bce che sempre all’influente paese “guida” di Eurolandia deve chiedere il permesso prima di muoversi. Del resto che il modello tedesco di “lacrime e sangue” non funzioni se ne stanno accorgendo anche in Germania. Non solo la crisi della domanda interna ha causato anche lì una crescita del numero di famiglie indigenti (col conseguente aumento dei costi sociali che questo comporta), ma di recente qualche scricchiolio è venuto pure sul fronte delle esportazioni, che restando l’unico vero “motore” della crescita economica risentono immediatamente di ogni stornir di fronde a livello internazionale.
Così per assurdo la crisi ucraina e i timori di un rallentamento della crescita dei paesi emergenti, a partire dalla Cina, potrebbero indurre a più miti consigli Angela Merkel più delle argomentazioni sia pure ragionevoli di Matteo Renzi, che forte di numeri del Def più “realistici” di quanto non si siano mai visti sembra scommettere in un via libera ad un allungamento dei tempi per riuscire a registrare effetti concreti da parte di riforme strutturali invocate a gran voce ma che restano difficili da attuare a tempi brevi anche quando non costano virtualmente nulla in termini economici ma molto in termini politici, che si tratti della riforma della giustizia piuttosto che di tagliar le unghie, anzi gli stipendi, ai “mandarini” delle partecipazioni pubbliche, di aprire settori e mercati alla concorrenza o di semplificare la giungla della burocrazia, piuttosto che di redistribuire e alleggerire il carico fiscale che grava sulle spalle dei contribuenti italiani.
Se così sarà le scosse che percuotono i mercati finanziari in questi giorni, penalizzando le borse e facendo recuperare terreno, almeno temporaneamente, ai Bund in quanto “porto sicuro” per eccellenza, potranno essere rapidamente lasciate alle spalle e già durante l’estate o nel corso dell’autunno la corsa dei listini europei potrebbe riprendere, su basi più sostenibili. Il consiglio è dunque di seguire con attenzione sia l’evolversi della situazione a livello di multipli di mercato (anche in relazione ai risultati trimestrali dei vari settori e aziende), preparandosi a sfruttare qualche occasione di trading o prendendo subito profitto in attesa di rientrare a livelli meno elevati nei prossimi mesi.
Per chi invece non ha voglia o tempo per seguire le giravolte dei mercati o dei singoli titoli quotati, il suggerimento può essere quello di evitare di investire in titoli ciclici come Mediaset o Autogrill, in finanziari da Unicredit a Intesa Sanpaolo, da Mps a Ubi Banca, ad Banco Popolare a Bper (molti tra l’altro impegnati in aumenti di capitale) e in tecnologici (di cui in Italia almeno non c’è peraltro gran scelta), per mantenersi invece investiti su titoli più difensivi come Parmalat o Campari, ma anche su Saipem, per la quale è rinviato ogni discorso di scorporo di attività o cessione del controllo e che sembra essere riuscita a riavviare un ciclo di ordini e commesse “importante” dopo un anno da dimenticare.
La componente obbligazionaria non dovrebbe dare problemi ancora per alcuni mesi, consentendo in particolare di incassare ancora buone cedole puntando su Btp tra i 3 e i 5 anni a fronte di una volatilità delle quotazioni nel complesso contenuta (mentre sono ormai da evitare i titoli a scadenza inferiore a 2 anni dato che i tassi faticano a compensare la sia pur minima inflazione). Ci sarà poi tempo in estate di riaggiustare il portafoglio sia per la componente azionaria (specie dopo l’esito degli stress test Bce) sia obbligazionaria, in base all’evolvere del quadro macro e alle misure che nel concreto Draghi sarà in grado di varare.

Di Luca Spoldi - Sabato, 12 aprile 2014

fonte: http://www.affaritaliani.it

Ebola: il virus si avvicina



In tutta Europa ci si prepara. Codice rosso negli aeroporti francesi, spagnoli, tedeschi e portoghesi. DA NOI NIENTE! La nostra Marina continua il servizio di radio-taxi.....
 


Alla dogana dell’aeroporto “Léopold Sédar Senghor” hanno ripreso a domandare il certificato internazionale di vaccinazione da febbre gialla, come se lo scarno libretto fosse un moderno amuleto vudù in grado di tenere lontana qualsiasi malattia. Un dottore posticcio, che dopo un paio d’ore si trasforma (indossando un giubbino catarifrangente) in parcheggiatore nei pressi dell’aeroporto, controlla il documento con fare attento e interessato. Una volta ottenuto il suo consenso si possono espletare le normali pratiche burocratiche e ottenere il visto d’ingresso.
In Senegal il virus Ebola si tiene a bada in maniera approssimativa e artigianale, ma il contagio, silenzioso, avanza in una vasta zona d’Africa. Non è arrivato a Dakar, almeno ufficialmente, ma ha colpito il sud del paese, nelle città di Kolda e Kedougou, retaggio dell’inferno che si sta scatenando a Conakry, nella Guinea, dove i morti accertati sono al momento più di cento e almeno il doppio le persone contagiate. Ebola ha aggredito la Guinea circa un mese fa, questa volta però non ha preso di mira solo i villaggi, ma è arrivata, subdola persino nella capitale Conakry, un 1,2 milioni di persone che vivono con il terrore del possibile contagio. Il virus sta risalendo verso nord e ha colpito anche la Sierra Leone, la Liberia e  il Mali (4 per ora i decessi confermati dalle organizzazioni umanitarie, ma di fatto smentite dal governo di Bamako). I dati della Guinea sono stati resi noti da un portavoce del ministero della Sanità, Sakoba Keita, secondo cui gli episodi con esito letale che si stanno registrando nella capitale «non hanno precedenti». L’efficacia delle misure di prevenzione e controllo messe in atto sembrano al momento insufficienti. Il focolaio originario del virus, che provoca una forma gravissima di febbre emorragica, è stato localizzato in una sorta di triangolo formato da tre villaggi, Guekedou, Macenta e Kissidougou, situati nella provincia sud-orientale di Nzerekorè, caratterizzata dalla vasta copertura forestale. A quella latitudine si registra il numero più alto di vittime. Il ceppo virale responsabile della malattia è lo “Zaire”, classificato come il più aggressivo della famiglia. L’organizzazione umanitaria Medici Senza Frontiere ha lanciato l’allarme: «Affrontiamo un’epidemia di un’entità mai vista prima in termini di distribuzione di casi in Guinea e nei paesi limitrofi».
Il Senegal teme la grande epidemia, mentre alcune compagnie aeree chiedono un certificato sanitario redatto da un medico del posto prima di consentire ai passeggeri, africani, di salire a bordo di qualsiasi velivolo in partenza per l’Europa. «È un atteggiamento vergognoso - si scandalizza George, 27 anni, operaio in un’acciaieria di Seraing di ritorno in Belgio dopo aver assistito a Dakar ai funerali della madre - perché soltanto i passeggeri di colore? Non mi sembra che Ebola faccia distinzione di genere o di razze». La sua protesta è più che legittima. Ebola colpisce alla cieca, e l’Europa si prepara a ogni evenienza. Il codice rosso è scattato negli aeroporti di Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona, ovvero i principali scali dei voli provenienti dal continente nero. I controlli sono diventati obbligatori dopo il drammatico episodio parigino di tre giorni fa. Un volo della Air France, proveniente dalla Guinea, è stato bloccato per due ore all’aeroporto Roissy Charles-de-Gaulle, nel timore che a bordo ci fosse un passeggero con il virus dell’Ebola. Il volo proveniva da Conakry. L’equipaggio si è allarmato quando ha constatato lo stato dei servizi igienici (imbrattati di sangue). I 187 passeggeri e gli 11 membri dell’equipaggio del 727 sono stati sottoposti a controlli sanitari, con la verifica della temperatura, e i test si sono rivelati negativi.
A Kedougou, città del sud del Senegal colpita dall’epidemia, lavora come volontario della Ong “Ultramar” il medico di Oviedo Manuel Casas. Lui ha una teoria tutta sua su Ebola, il virus che fece la sua prima comparsa nel 1967 uccidendo sette dipendenti di una casa farmaceutica che lavoravano sulle scimmie per fabbricare il vaccino antipolio. «II medesimo virus è riapparso nove anni dopo nel Sudan e nello Zaire. Compare sempre dove ci sono scimmie maltrattate, fino all’epidemia dello Zaire del 1995. In Guinea ci sono stati esperimenti sulle scimmie. Il governo di Conakry ha le prove, ma non me parla. Ebola non è che uno dei tragici risultati del maltrattamento dei primati, primo fra tutti la vivisezione».

Fonte: http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2014/04/06/AQhLzJOC-morti_europa_ebola.shtml
         : http://informare.over-blog.it
7 aprile 2014 

MARO': TERZO ANNO, TRADITI TRE VOLTE.





Il mio discorso di ieri alla Sala del Cenacolo della *Camera dei Deputati*: 

"Siamo entrati nel terzo anno della questione Marò. Una vicenda vergognosa e incredibile; un'ombra nera sulla politica estera del nostro Paese; un vulnus alla capacità dell'Italia di affermare la propria Sovranità nazionale e di rispettare e tutelare le proprie Forze Armate tenendo sempre alto - bene al di sopra di interessi e profitti commerciali - il valore della sicurezza e della vita dei nostri concittadini. I più elementari principi di dignità nazionale sono stati sfregiati dall'incapacità manifesta, o meglio dalla volontà, di non voler gestire e risolvere una crisi che si è prodotta essenzialmente perché alcuni poteri forti dell'economia e dell'informazione del nostro Paese hanno stabilito che la libertà di due uomini con le stellette non valesse alcun rischio - neppure il più piccolo - di tensione con un Paese come l'India dove si possono fare "ottimi affari", e dove certi interessi si dovrebbero coltivare meglio se ci mostriamo remissivi e accondiscendenti. Una falsa chimera che ha incantato orecchie interessate o ingenue da ben prima che si aprisse la questione Maro'. Sin dal 2006 c'è stato chi ha sostenuto - persino *alla Farnesina* - che le opportunità di fare business con l'India si sarebbero accresciute se l'Italia avesse abbandonato due fondamentali impostazioni della nostra politica estera multilaterale: la prima, quella di una riforma del Consiglio di Sicurezza dell'ONU veramente democratica, dove ulteriori seggi permanenti - che invece l'India pretende - sarebbero "dalla parte sbagliata della storia" e danneggerebbero ancor più le prospettive di una presenza europea in Consiglio di Sicurezza. La seconda avrebbe dovuto essere il nostro riconoscimento incondizionato che l'India ha tutte le carte in regola per entrare nel club ristretto delle potenze nucleari anche incrementando ulteriormente il proprio arsenale, passo che solleva molte riserve tra paesi come il nostro che hanno sottoscritto il Trattato di non proliferazione delle Armi Nucleari. Sul "tavolo degli affari" vi era quindi - ben sei anni prima che Latorre e Girone venissero rimandati in India per considerazioni sostanzialmente analoghe - "voci interessate" che avrebbero voluto imprimere una rotazione di 180 gradi ad assi portanti della politica estera italiana in tema di sicurezza internazionale e perfino di non proliferazione nucleare. Ciò detto, Latorre e Girone, e con loro tutte le nostre Forze Armate, sono stati traditi tre volte, e sappiamo tutti perfettamente da chi, permettendo alle autorità indiane di agire incontrastate con la loro assurda pretesa di esercitare sul caso una giurisdizione esclusiva incompatibile con l'UNCLOS e con le più elementari regole del Diritto Internazionale. Traditi una prima volta dalla decisione di far entrare la Lexie a Kochi, di far prima interrogare a bordo i Marò dagli indiani e poi di farli sbarcare e consegnare, in condizioni di alto pericolo personale, alla polizia indiana. Traditi una seconda volta quando, nonostante le mie richieste scritte, l'allora Presidente del Consiglio Monti nulla fece per sensibilizzare la Procura di Roma nell'attivare misure cautelative che impedissero loro - comunque indagati per un presunto omicidio colposo - il ritorno in India dopo Natale. Traditi clamorosamente la terza volta, rovesciando ancora una volta tutti gli argomenti politici e giuridici sulla base dei quali il Governo aveva deciso di deferire la questione a un Arbitrato Obbligatorio previsto dall'All. VII dell'Unclos, rimandandoli in India per la seconda volta a marzo 2013, e a nulla valsero le mie proteste e poi le mie dimissioni per far cambiare orientamento al Governo. L'informazione filogovernativa di ieri e di oggi ha cercato e cerca ancora di accreditare presso l'opinione pubblica la tesi della "catena di errori" che avrebbe causato una mancata tempestiva soluzione della questione Marò. NON E' COSI'. I tre tradimenti dei nostri Marò sono stati meditati, voluti, accuratamente perpetrati. Latorre e Girone in balia dell'India rappresentano il pieno successo di un ben precisa strategia manifestatasi in modo persino virulento nelle dichiarazioni anche recenti di chi più di ogni altro ha insistito per rimandare Latorre e Girone in India. Considerazioni e interessi economici hanno accompagnato sin dall'inizio questa crisi. Non è stato forse lo stesso per il caso Salabayeva in Kazakhistan e per quello di Cesare Battisti a Rio de Janeiro? Potevamo però pensare che per due soldati in missione antipirateria questi "interessi" avrebbero rappresentato una priorità attenuata, come avviene sempre per tutti gli altri paesi del Mondo quando si tratta di uomini con le stellette che sono all'estero in rappresentanza dello Stato... Io e molti altri lo pensavamo, ma - purtroppo - abbiamo avuto e continuiamo ad avere torto su questo punto. Abbandonando i nostri Maro' in India, l'Italia ha mostrato un'infinita debolezza che si sta pesantemente riflettendo proprio su quegli interessi ritenuti prioritari da alcuni poteri forti forse nella loro capacità di lucrare profitti con la politica, ma non certo di contare e competere all'estero come il nostro Paese meriterebbe. C'è un partito filoindiano anche nelle stanze più alte del potere: guardiamo all'associazione di amicizia parlamentare Italia/India, cosa sta facendo, e cosa dichiara…? Si continua a insistere sull'attenuazione, rimozione e tacitazione di qualsiasi iniziativa che possa anche solo infastidire New Delhi. Leggiamo di ex diplomatici vicini all'India che sostengono questa tesi, lo sentiamo da alcuni nostri parlamentari, ne è piena la stampa, portavoce delle istanze di chi quei tradimenti li ha pensati e realizzati. Vanno sempre bene i rinvii, un mese, poi di colpo altri quattro… vanno bene nuove indagini ogni sei mesi… vanno bene i rifiuti all'Arbitrato internazionale… Queste sono le prove attuali e persistenti di una strategia precisa, puntuale, coordinata e sprezzante della più elementare forma di dignità nazionale. E la politica indiana? L'Economist della scorsa settimana pubblicava in copertina quanto segue: "Qualcuno può fermare Narendra Modi?" Il leader del Bharatya Janata Party, governatore del Gujarat e l'uomo forte del nazionalismo Indu, personalità che ha già anticipato la sua personale condanna contro Latorre e Girone. Un elementare buon senso, se non vi fossero stati altri motivi per restare immobili, avrebbe imposto e tuttora imporrebbe la massima azione e visibilità del caso a livello internazionale prima che si chiudano sull'Italia questi pericolosissimi giochi della politica interna indiana. Invece no: lasciamo fare agli indiani, non interferiamo, sostengono le interessate voci alle quali mi sono già riferito. Ancora l'Economist sottolinea la "venalità" dei politici indiani: la crescita in India si è dimezzata, troppo debole per assicurare lavoro a milioni di giovani che entrano ogni anno nel mercato del lavoro, le riforme languono, strade e elettricità restano indisponibili, i bambini sono senza scuole degne di questo nome... Contemporaneamente, si stima che politici e funzionari abbiano preso tangenti negli anni di governo del Partito del Congresso tra i 4 e i 12 miliardi di dollari. Il "business della politica", secondo gli stessi indiani, è la corruzione, questa è la conclusione dell'Economist. Ho citato questa breve parte di una più a ampia analisi perché essa dà il senso della particolare e pericolosissima commistione di elementi che caratterizza la situazione in India in una fase così cruciale per risolvere la vicenda dei nostri Marò. Ci vorrebbe ben altra determinazione, chiarezza, onestà, senso della Diplomazia e conoscenza del Diritto internazionale per uscirne. Anche a rischio di far storcere la bocca a chi scommette *sempre* sulla *svendita* della nostra sovranità nazionale. Quindi ora - per favore - RIPORTIAMOLI A CASA.


Giulio Terzi - 11 aprile 2014

VICENDA MARO' - «Una macchia nera sulla politica italiana»




Per non far cadere nell’oblio la vicenda dei due marò Latorre e Girone. È l’impegno dei Giovani in Movimento in collaborazione con Fratelli d’Italia An che hanno fortemente voluto il convegno tenuto ieri pomeriggio presso il cenacolo della Camera dei deputati.
«Il caso marò: tra politica e diritto» è stato quindi l’occasione per non spegnere i riflettori sulla vicenda di nostri due fucilieri di Marina in stato di fermo da due anni in India. L’incontro, nutrita la presenza di giovani, ha visto la partecipazioen della professoressa Elda Turco Bulgherini, docente a Tor Vergata di Diritto della navigazione. Con lei, ha fatto il punto sulla situazione l’ex ministro Giulio Terzi di Sant’Agata, che ha vissuto in prima persona quella vicenda e, in contrasto con il governo Monti, si è dimesso per affermare il diritto dei nostri due militari a restare in Italia e non sottoporli alle umiliazioni che purtroppo stanno subendo. Il convegno, moderato da Marco Perissa del movimento giovanile Fratelli d’Italia e Terenzio Rucci portavoce nazionale Giovani in Movimento, è stato introdotto dal giornalista Maurizio Piccirilli che ha ricordato le diversi fasi della vicenda stigmatizando i punti oscuri e contradditori dell’inchiesta fatta dagli investigatori indiani inquadrando il tutto nel momento storico delle elezioni in India.
«La questione marò è incredibilmente drammatica. È una storia vergognosa. Una macchia nera sulla politica estera italiana – non ha usato giri di parole Giulio Terzi – Sono stati sfregiati i diritti di due uomini per obbedire alle imposizioni dei poteri forti». E l’ ex ministro non si è nascosto su quanto i poteri forti abbiamo inciso sulla libertà di Latorre e Girone. Lobbies economiche e finanziarie, l’informazione che ha narcotizzato le responabilità del governo Monti e di quello successivo. Terzi ha sottolinato qunato lo striscione che campeggia su Palzzo Wedekind, sede de Il Tempo sia Espressione di una informazione sana. Da resposnasabile della Farnesina Terzi ha rivendicato la volontaà di far rimanere i due marò in Italia e senza mezzi termini ha sostenuto: «Latorre e Girone sono stati traditi tre volte», a partire dall’ordine di rientro della nave Lexie a Kochi al loro interregatorio a bordo della stessa nave italiana da parte della polizia indiana e al loro rientro per ben tre volte in India dopo essere riusciti a riportarli in Italia. «Ma non si doveva dare fastidio agli affari – ha detto Terzi – la stessa strategia occulta alla base del caso Cesare Battisti e Salabayeva».

Del resto non è un mistero che esista un partito filo indiano in Italia a partire da quell’Associazione di amicizia parlamentare Italia-India che si preoccupano dei pescatori «povere vittime» e che tifano per i continui rinvii. Così mentre l’Italia rinuncia alla sua «identità nazionale ed è pronta a svendere la proprio sovranità» come ha spiegato Fabio Rampelli di FdI, in India sta per affermarsi il partito che fa dell’orgoglio nazionale la sua bandiera. Illuminante le puntualizzazioi giuridiche spresse dalla professoressa Turco Bulgherini. Ripercorrendo la storia della pirateria e delle convenzioni internazionali che ne regiolano il contrasto, la docente di diritto della navigazione ha ricordato come il diritto, sottoscritto anche da New Delhi riconosca come «tutto quello che avviene in acque internazionali vige la legge della bandiera di appartenenza della nave. L’India, di fatto, nella vicenda marò disconosce i trattati da lei sottoscritti».
E oltre a ciò, Latorre e Girone «non dovevano essere rimndati in India, in base alla sentenza della Corte Costinuzionale del 1976 che intima il divieto di consegnare cittadini a quegli Stati dove vige la pena di morte.


Luigi Frasca- 12/04/2014
fonte: http://www.iltempo.it

Heartbleed: "Nsa sapeva del bag da almeno 2 anni" Ma la Casa Bianca smentisce

Heartbleed  Nsa sapeva del bag da almeno 2 anni Ma la Casa Bianca smentisce


Ufficalmente l'Amministrazione Obama ha lanciato oggi l'allarme che il baco 'Heartbleed' scoperto nel sistema di criptaggio 'OpenSSL', il piu' diffuso su Internet, possa essere utile agli hacker. Ma l'agenzia Bloomberg scrive invece che la National Security Agency, il grande occhio ed orecchio Usa, era perfettamente a conoscenza della falla e non solo non ha fatto nulla per denunciarne l'esistenza o porvi rimedia. Anzi. Da "almeno due anni" l'ha "regolarmente sfruttata" per accedere ai siti criptati ed ottenere informazioni. La Casa Bianca, pero', smentisce. Aggiungendo 'Heartbleed' al suo arsenale, la Nsa ha avuto un ulteriore arma per accedere senza problemi a password e altri dati sensibili di centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo che utilizzano sistemi di criptaggio 'OpenSsl' per accedere a mail, conti bancari online o sistemi interni di aziende in remoto da casa. Bloomberg sottolinea che la Nsa ha violato la sua 'mission'. Oltre quella ufficiosa di spiare tutti con qualsiasi mezzo (come ha rivelato Edward Snowden portando alla luce lo scandalo Nsagate) gli 007 elettronici Usa debbono anche scovare qualsiasi falla nella rete web e proteggerne l'integrita' come una priorita' della sicurezza Usa e mondiale. No comment dal portavoce della Nsa, Vanee Vines.



  Contrariamente a quanto rivelato da Bloomberg, la Casa Bianca ha categoricamente smentito che la National Security Agency o altre agenzie del governo americano fossero a conoscenza dell'esistenza (prima del 7 aprile, giorno della pubblicazione della notizia) dell'esistenza del baco 'Heartbleed' nel sistema di criptaggio 'OpenSSL', il piu' diffuso su Internet per proteggere dati sensibili e password di centinaia di milioni di persone. In un comunicato la portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, Caitlin Hayden ha affermato: "Notizie che la Nsa o altre parti del governo fossero a conoscenza della falla chiamata 'Heartbleed' prima dell'aprile 2014 sono sbagliate", si legge nel testo, che sottolinea come, "nel caso il governo federale, incluse le agenzie di intelligence, avessero scoperto questa falla prima della scorsa settimana, la notizia sarebbe stata trasmessa ai responsabili del sistema OpesnSSl...perche' e' interesse nazionale rendere responsabilmente nota l'esistenza della falla piuttosto che tenerla segreta anche se per scopi investigativi o di intelligence".

  In serata l'agenzia Bloomberg ha invece denunciato che la National Security Agency, il grande occhio ed orecchio Usa, era perfettamente a conoscenza della falla e non solo non ha fatto nulla per denunciarne l'esistenza o porvi rimedia. Anzi. Da "almeno due anni" l'ha "regolarmente sfruttata" per accedere ai siti criptati ed ottenere informazioni.

APR 2014  - Washington
fonte: http://www.agi.it

Lazio/RomaCapitale Europee, la resa dei conti nel Pd romano



Europee, la resa dei conti nel Pd romano


 
Nel Pd romano alle prossime elezioni europee si combatterà una battaglia che non riguarda solo l'accesso al parlamento europeo. Sullo sfondo, ma neppure tanto, gli equilibri che governano la città. In una parola in ballo c'è anche il futuro del sindaco Ignazio Marino e i complicati rapporti con i poteri forti della città. C'è una parte consistente del Pd che ha già messo in atto il piano B da far scattare subito dopo il 25 maggio: spingere alle dimissioni Ignazio Marino e andare alle elezioni con candidato a sindaco Enrico Gasbarra, ex-segretario regionale e catapultato all'ultimo momento nella lista, ufficialmente per rafforzarla, in realtà per ostacolare il cammino della candidatura di Goffredo Bettini, "regista" della candidatura di Ignazio Marino. Il Pd "antimariniano" rimprovera al sindaco una scarsa presa sulla città, facendo leva sui problemi irrisolti e sui tanti incidenti di percorso. Dietro le quinte, a motivare una così spettacolare presa di distanza dal sindaco espresso dal proprio partito, in realtà si muovono interessi corposi.

La cartina di tornasole è la vicenda Acea che vede il sindaco contrapposto ai privati presenti nell'azienda e in primo luogo a Gaetano Caltagirone, l'imprenditore che negli ultimi anni è stato il dominus della città, con interessi che spaziano in ogni campo. Interessi con i quali una parte del Pd aveva trovato un accomodamento che l'elezione di Ignazio Marino, "un marziano" rispetto a queste consuetudini, ha fatto saltare. Non si spiega altrimenti il fatto che il principale avversario del sindaco nella vicenda Acea non sia da ricercarsi tra le file dell'opposizione ma nel suo stesso partito.

All'indomani della sentenza del Tribunale di Roma che ha dato torto al sindaco e ragione ai privati, infatti, è stato un esponente di punta del Pd romano, Umberto Marroni, a dire le parole più dure: "Archiviamo questa inutile diatriba - ha detto in sostanza - e dedichiamoci a risolvere i problemi dell'azienda". Un vero e proprio calcio negli stinchi al Sindaco. Marroni è un personaggio chiave di questa vicenda: figlio d'arte (il padre Angiolo è stato un esponente storico del Pci romano), ex-capogruppo in consiglio comunale nell'era Alemanno, attualmente parlamentare, vero regista dell'operazione Gasbarra. Una vera e propria cordata legata a una logica consociativa che mal sopporta il "marziano" Marino. 
 
- 11 aprile 2014
 fonte ilVelino/AGV NEWS Roma

11/04/14

SIRIA: IL GAS USATO PER LE STRAGI ERA TURCO. LO SCOPO: L’INTERVENTO MILITARE USA. LA COMMISSIONE ONU STA ANCORA STUDIANDO. LA SCOPERTA FU INGLESE. LO RIVELANO ALLA VIGILIA DELLE CONCESSIONI PETROLIFERE.

 

 

La rivelazione giunge a proposito poco prima dello sblocco delle gare di concessione per le prospezioni nel Levante mediterraneo.                                                                                                  Seymour M. Hersh è un premio Pulitzer di giornalismo ( meritatissimo) che scrive da anni sul New Yorker di segretissimi segreti.  Le sue fonti nella intelligence community americana sono sempre affidabili e non si è mai prestato a versioni compiacenti.                                                                         
Se riesce a sapere una verità nascosta, la spiattella senza complimenti. Questa volta ha scritto sulla London Review of books ( http://www.lrb.co.uk ) ed ha spiattellato alcune verità scottanti sul conto di  Tajip Erdoghan, il cattivo di turno.
Per i lettori del “corrieredellacollera.com ” nulla che non sappiano già da almeno un anno ( e nei dettagli): il famoso gas Sarin usato in due riprese in Siria ed attribuito al cattivo Bashar el Assad è stato una iniziativa turca ordita dal premier turco Tajip Erdoghan in combutta con Arabia Saudita e Katar.
Lo scopo, evidente era quello di provocare un intervento USA che schiacciasse l’esercito siriano e consentisse alla Turchia ed ai suoi alleati di Al Kaida e Al Nusra di dilagare in Mesopotamia sia politicamente che fisicamente, accerchiando l’Irak, ultimo avamposto non sunnita nell’area, placando così gli incubi del moribondo re Abdallah ben Adelaziz.
Questa parte delle rivelazioni ( uscite anche su Repubblica in traduzione) i nostri lettori-amici già la conoscono nei dettagli oltre che nella parte strategica ( i gas sono l’arma del disperato, mentre Assad stava vincendo su tutti i fronti, sarebbe stato assurdousare i gas).
Quel che sappiamo di nuovo è comunque una serie di succulenti dettagli:
a) lo Stato Maggiore USA  (  Martin Dempsey) era contrario all’intervento e commissionò alla DIA ( il servizio informazioni militare) un supplemento di informazioni. Ottenuto un campione di Gas Sarin, lo diede da analizzare ai laboratori inglesi e questi lo identificarono positivamente come un Gas non appartenente al ceppo siriano, bensì a quello in possesso dell’esercito turco. Una seconda prova venne dalle intercettazioni dei militari turchi subito dopo lo spargersi della notizia della strage.
b) il MIT ( l’intelligence turco) era coinvolto nella gestione della “rat line” ( gergo CIA per definire linee di rifornimento occulte) che era alimentata a partire dalla sede CIA di Benghazi, la cui cessazione costò la vita all’ambasciatore americano Chris Stevens per ritorsione.
Ad onta di questo assassinio e della chiusura della linea di rifornimento, i turchi continuarono a rifornire i Kaidisti – in particolare con 40 manpad , temibile arma antiaerea portatile.
Chiarita la situazione e capito che i turchi e consoci volevano combattere la Siria fino all’ultimo americano,  Dempsey informò la Casa Bianca che 48 ore prima dell’ora X  fissata per l’attacco, diede il contrordine e poi reagì.
Seguirono il pensionamento dello Sceicco del katar ( Al Thani), i moti studenteschi in Turchia,  la “lezione” ai Sauditi che si erano permessi di prendersi gioco del governo degli Stati Uniti con l’apertura di  uno spiraglio nei confronti dell’Iran, un altro illustre calunniato di area, oltre al sollevamento dall’incarico di Bandar Bush Sultan  ( dal dossier siriano ) del quale sono riaffiorate alla memoria anche le giustificazioni, non solidissime, con cui aveva spiegato un assegno della moglie a uno degli attaccanti del World Trade Center.
Il ruolo di Israele e del Mossad non viene chiarito e non viene esaminato, il che è più eloquente di cento spiegazioni.
b) la seconda parte delle rivelazioni riguarda gli inglesi dell’M I 6 che avrebbero nell’ordine: raccolto le prime notizie sulla manina turca, analizzato i campioni e tempestivamente riferito al capo degli Stati Maggiori Riuniti  Dempsey ( se lo avessero comunicato attraverso la CIA come da prassi dell’M I 6,  la notizia si sarebbe probabilmente arenata – o non giunta in tempo –  perché a nessuno piace ammettere di essere stato turlupinato.


SE NE DEDUCE CHE:
Barak Obama si è , come dire, alterato di fronte a questa vera e propria mancanza di rispetto per un alleato di peso;
anche Hersh, ogni tanto, è tempestivo nei suoi scoop;
gli inglesi continuano a fare la parte dell’amico degli arabi per avere spazi petroliferi adeguati equamente suddivisi tra Shell e BP;
Erdoghan, ad onta della vittoria elettorale nelle amministrative finirà schiacciato dagli scandali finanziari assieme al figlio ( che è stato finora il dominus del  vasto contrabbando strategico che ha consentito all’Iran di sopravvivere e a lui di arricchirsi a dismisura) e dovrà guardarsi dalle Forze Armate che sono sempre pronte a riprendere il ruolo di guardiane della laicità affidato loro da Ataturk;
la storia dell’aereo siriano abbattuto per aver violato lo spazio aereo era una ulteriore provocazione, come anche i due attacchi aerei israeliani su obbiettivi siriani.  Una bella soddisfazione per i pochi ( tra questi la magistrata svizzera Del Ponte)  che hanno resistito ai provocatori che chiedevano  e prevedevano la guerra con altre vittime siriane innocenti.
Aspettiamo le spiegazioni del Corriere della Sera.( corriere.it) o almeno un cambio di commentatori. Se l’ho pubblicato io, con prove induttive e deduttive, avrebbero potuto farlo anche loro, se non avessero creduto di essere nell’Olimpo…

 di Antonio de Martini

fonte: http://corrieredellacollera.com

Pakistan. Ogni anno mille ragazze vengono rapite e convertite all’islam. Come la cristiana Nadia Naira

  



Le cristiane rapite già a 12 anni vengono abusate, costrette a sposare un musulmano e a rinnegare la famiglia. Nadia: «Mi sono convertita con una pistola puntata alla tempia, mi dicevano che avrebbero ucciso i miei genitori»
  Ogni anno in Pakistan 700 donne cristiane e 300 indù vengono rapite dalla loro famiglia, convertite all’islam e sposate a forza a un musulmano. I numeri «sottostimati» sono stati diffusi in un nuovo rapporto dal Movimento per la solidarietà e la pace del Pakistan e ripresi dal Pakistan Today.
RAPITE A 12 ANNI. Le donne vengono rapite in un’età compresa tra i 12 e i 25 anni, soprattutto nella provincia del Punjab dove la presenza di movimenti radicali islamici è più forte e numerosa. Il rituale è sempre lo stesso: la famiglia della vittima denuncia il rapimento alla polizia, mentre il rapitore fa una controdenuncia in nome della donna rapita accusando la sua famiglia di voler molestare la donna obbligandola a tornare alla religione di provenienza.
PICCHIATE E ABUSATE. Successivamente, alla donna viene chiesto di testimoniare davanti alla corte o alla polizia se è stata convertita e sposata a forza oppure no. Nella maggior parte dei casi, la rapita viene lasciata in custodia ai rapitori anche attraverso la falsificazione della sua età nel caso sia minorenne.
La donna è sempre costretta a testimoniare il falso, dal momento che i rapitori nel frattempo la violentano, la picchiano, la prostituiscono o la vendono al miglior offerente.





LA STORIA DI NADIA. Ogni anno si verificano almeno mille casi come quello di Nadia Naira, cristiana di Sheikhupura (Punjab) rapita all’età di 15 anni l’11 febbraio 2001, sposata nel giro di due giorni con rito islamico a Sheikh Maqsood, influente musulmano della zona. Portata in un posto segreto è stata picchiata, abusata e convertita con una pistola puntata alla tempia.
La prima denuncia della famiglia non ha prodotto alcun risultato, la seconda ha convinto i giudici ad ascoltare la testimonianza della ragazza, che però ha confermato la versione del rapitore Maqsood contro la famiglia.
«CONVERTITA A FORZA ALL’ISLAM». Scappata dieci anni dopo da suo marito, ha rivelato quanto accaduto: «Maqsood mi ha avvisato che se avessi testimoniato contro di lui avrebbe ucciso la mia famiglia. Per me era difficile capire le cose, avevo solo 15 anni all’epoca e mi preoccupavo per i miei genitori. (…) Al processo ho visto i miei genitori ma mi hanno proibito di parlare con loro. Maqsood mi ha minacciato di nuovo in tribunale e ho testimoniato a suo favore. Ho quindi detto al giudice che non ero mai stata rapita e che mi ero convertita perché volevo così. (…) Ho detto che volevo vivere con mio marito e non volevo avere più niente a che fare con la mia famiglia cristiana. È stato doloroso dire quelle cose mentre i miei genitori erano presenti ma la loro salvezza era nelle mie mani e io non sapevo cosa fare».
LA FUGA DAI RAPITORI. Durante i dieci anni che è rimasta rapita è stata picchiata e abusata sessualmente. Ha dato alla luce cinque figli nel frattempo e quando si è rifiutata di convertire la sua famiglia cristiana ha cominciato a subire un trattamento ancora peggiore. Maqsood aveva già una moglie e Nadia è andata a vivere con i cinque figli, la prima moglie del rapitore e i suoi precedenti cinque figli.
Dopo essere scappata ed essersi riunita alla sua famiglia, l’incubo non è finito perché Nadia ha continuato a ricevere minacce di morte e attacchi violenti. Ha denunciato il suo rapitore chiedendo l’annullamento del matrimonio ma in seguito è stata costretta a chiudere il caso affermando che aveva raggiunto un compromesso con Maqsood e riunendosi al marito.
Leone Grotti - 10 aprile 2014
fonte: http://www.tempi.it 

CAOS PD/ Furio Colombo: Renzi fa il "despota" ma alle europee sarà un bagno di sangue





Partito democratico a rischio spaccatura? Non sarebbe una novità, viste le crisi interne che ne hanno segnalato la storia recente. Se l'opposizione di Fassina a Renzi è risaputa e costante (in questi giorni si è rinnovata con la stroncatura del Def da parte dell'ex sottosegretario all'economia), inaspettata è stata quella che ha portato al disegno di legge Chiti sulla riforma del Senato, che si contrappone all'abolizione voluta da Renzi. Un disegno di legge che non è stato ritirato dai firmatari, nonostante la richiesta dell'assemblea dei senatori del Pd. Che succede dunque ora, anche davanti  ai malumori di Forza Italia che proprio ieri non ha votato il calendario dei lavori sul ddl costituzionale del Governo? Ilsussidiario.net lo ha chiesto all'ex direttore de L'Unità Furio Colombo. 

Fassina lamenta che il Def va nella direzione sbagliata e che ci vorrà una manovra correttiva. Renzi ha già detto che la esclude. Secondo lei chi ha ragione e quali le principali differenze di impostazione?
La differenza di impostazione tra i due sta nella velocità. L'idea cioè che ha Renzi che le cose si fanno in fretta e che la velocità ha più importanza della sostanza.

Però posporre e rinviare è sempre stata una cosa tipicamente negativa dell'Italia.
Senz'altro, però tra il posporre e fare tutto in fretta ci dovrebbe essere una sana via di mezzo per fare le cose bene. E' la stessa differenza che c'è tra i bersaglieri che corrono in una parata ma che quando combattono si fermano a combattere e smettono di correre. L'osservazione di Fassina in questo senso merita attenzione. Non parlo da economista per cui non saprei dire chi dei due ha più ragione da quel punto di vista, mi persuade però la perplessità di un esperto come lui rispetto a una velocità istantanea di chi crede al mito della velocità come superiore al mito della qualità. 

Fassina ha anche detto che  il Def è in continuità con le manovre di Berlusconi del 2011 e con quelle di Monti, è d'accordo?
Purtroppo è vero. L'unica correzione, che non è da poco, è di aver cercato di favorire certi gruppi deboli per far pagare di più certi gruppi un po' più forti. Però rimane quel contenuto punitivo dall'Europa verso l'Italia e punitivo dall'Italia verso gli italiani. Sarebbe stato bello avere finalmente una situazione di governo dove si scardinavano questi criteri di punitività per dare invece un criterio di utilità immediata dal punto di vista della ripresa

Invece siamo ancora alla ricerca della punizione.
Chi può pagare per quello che manca pagherà. Sarà il manager, ma pagheranno anche quei gruppi che non erano così colpevoli e che meglio era se non pagavano.

Ad esempio?
L'abolizione immediata del Senato mi pare eccessiva. Molto prima del riflettere se è necessario o no avere due Camere, appare sbagliata per il modo con cui è stato fatta così su due piedi e soprattutto senza un dibattito svilendo coloro che volevano aprire quel dibattito e che, attenzione, non erano i senatori ma persone come Rodotà e Zagrebelsky. La velocità e l'immediatezza di fare le cose perché si è detto che si fanno e dunque si devono fare, può magari andare bene per un imprenditore, ma un po' meno per un presidente del consiglio.

C'è poi l'episodio del disegno Chiti di riforma del Senato non ritirato nonostante la richiesta dei senatori del Pd di ritirarlo. Ulteriore segnale di disagio all'interno del Pd?
Per forza c'è disagio nel Pd. Non si può annunciare l'abolizione a tutti senatori del Pd compresi senza aver partecipato a un disegno di riforma della Camera alta e poi farli anche portatori di quel disegno di abolizione di se stessi. L'infelicità di questa sequenza non ha a che fare con il mantenere o riformare il Senato, anche se francamente una idea del Senato del tempo libero fatto cioè solo nelle ore serali perché durante il giorno i senatori devono svolgere il lavoro per cui sono stati eletti è una idea stravagante. Ci sono tanti modi per fare una riforma delle Camere come in altri paesi ma non il Senato del tempo libero. 

Sembra di capire che lei lamenta una mancanza di dibattito interno nel Pd.
Infatti è così. Le direzioni del Pd sono diventate una tribuna a senso unico, così come le conferenze stampa di Renzi che sono delle tribune di ascolto, dice ai giornalisti fate domande veloci e poi quando risponde si prende un quarto d'ora di tempo per ogni domanda e chiude la conferenza stampa.

C'è poi il fonte Forza Italia, che sta alzando il tiro nei confronti di Renzi.
E' chiaro che si sta alzando il tono in vista della decisione del giudice sulla pena accessoria sperando che la posponga o sia incredibilmente tollerante. Personalmente credo che non succederà niente di importante oggi. Non dico temo perché l'uomo Berlusconi è effettivamente ridotto ai minimi termini: dico che credo parteciperà alla campagna elettorale e non credo ci sarà niente di drammatico nelle cosiddette pene accessorie.

A proposito di elezioni europee, secondo lei come ne uscirà la leadership Renzi? Rafforzata o indebolita?
Devo dire su questo che Renzi ha la sfortuna di avere le elezioni europee prima di quelle politiche e questo certamente lo danneggia.

Perché

Perché è come se si alzerà una nebbia su una giornata di sole. La nebbia è quella dell'anti europeismo, che in gran parte è di destra e prefigura un grave pericolo sull'Europa. Si tratta di un possibile spostamento che sembra soltanto anti Europeo ma che in realtà è uno spostamento a destra dell'Europa. Questo pericolo molto grave Renzi lo deve affrontare con mezzi impropri: si trova alla testa di un governo che comprende forze che in realtà non sono così europeiste. 

Chi intende?
Non intendo Alfano e i suoi tre consociati, intendo Forza Italia che mostra di schierarsi con gli anti europei. Renzi si trova con un doppio avvitamento, uno che lo sostiene e uno che lo avversa, ci sarà dunque una certa detrazione del successo che altrimenti avrebbe se ci fossero le elezioni politiche, nonostante le critiche che io stesso ho fatto. Speriamo che questo insuccesso alle elezioni europee non sia così forte, dal mio punto di vista la coalizione anti europea, che prevalentemente è di destra  è un pericolo molto grave.

Che ne pensa della decisione di mettere cinque donne capilista nelle cinque circoscrizioni?
Farei meno espedienti di questo tipo e darei più sostanza. Si fa troppo spettacolo. Che siano donne o no francamente non mi importa molto, vorrei fossero persone di talento e qualità per dire finalmente mandiamo in Europa qualcuno che vale la pena sia in Europa. Temo che la situazione sia più seria di questo tipo di trovate a effetto.

INT.Furio Colombo
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