L'esecutivo è nato spacciando l'emergenza di 23 miliardi di aumenti da scongiurare. Era falso. Ben 20 miliardi sono stati trovati facendo deficit. Altri tre tagliando quota 100 e flat tax di Salvini
 
                         
                        
                    
Nel giorno in cui Giuseppe Conte, per fare un po'
 di propaganda elettorale alla vigilia delle regionali in Emilia 
Romagna, ha convocato le parti sociali a palazzo Chigi per spiegare come
 verranno spesi da luglio (non da domani) i 3 miliardi destinati alla 
riduzione del cuneo fiscale, salta fuori il grande bluff del governo. E'
 contenuto nella tabella riassuntiva della manovra 2020 che gli uffici 
studi hanno preparato indicando le misure adottate e le fonti di 
copertura. Con chiarezza emerge quel che è stato nascosto e annegato fra
 fiumi di retorica: per disattivare le celebri clausole di salvaguardia 
che avrebbero fatto scattare gli aumenti Iva il governo ha usato la 
soluzione più semplice del mondo: andare in deficit. Non proprio per 
tutto, ma dei 23 miliardi che andavano coperti ben 20, 131 sono 
diventati deficit di bilancio. Non c'era ovviamente bisogno di grandi 
esperti, di professionisti dell'economia, di vertici ministeriali, di 
terribili grida: per coprire una spesa andando in deficit basta un 
bambino che schiacci un bottone. Certo, ne restavano meno di 3 da 
trovare. Ma è solo in questa cifra che si trova tutta l'emergenza che 
una pioggia di panzane è stata inventata per motivare la nascita contro 
natura del governo rossogiallo con il Conte bis alla guida.
Ci hanno detto per mesi che l'Italia era in emergenza finanziaria, 
che rischiava l'esercizio provvisorio, e con aria seria e volto 
corrucciato per la gravità della situazione in ogni salotto televisivo 
hanno sostenuto che stavano lavorando senza sosta, ore 24, per trovare 
come sterilizzare quei 23 miliardi di aumenti Iva. Invece si sono fatti 
grandi mangiatone al ristorante per stemperare la tensione fra vecchi 
nemici per la pelle che dovevano imparare a convivere, saranno pure 
andati al cinema per distrarsi e poi per dissinnescare quelle clausole 
sono bastati cinque minuti guardandosi in faccia: “I soldi non ci sono. 
Che facciamo? Andiamo in deficit? Sìììììì”, e la partita è finita così. 
Per quei 2 miliardi e rotti da aggiungere non c'è voluto molto più 
tempo: bastava assestare qualche colpo ben assestato fosse anche con 
colpi sotto la cintura alle misure in vigore che portavano la firma di 
Matteo Salvini, e il gioco era fatto. Ed ecco il taglietto di 300 
milioni di euro a quota 100, poi quello da 155 milioni a quel poco di 
flat tax che era già in vigore, 80 milioni togliendo qualche accisa 
agevolata agli autotrasportatori che tanto votano Lega, 950 milioni di 
cancellazione di spese in conto capitale già previste, che tanto le 
opere pubbliche le voleva Lui, caro Lei. Giochi fatti.
La sola cosa nuova da inserire in questa legge di bilancio tutta 
deficit e vendetta verso la Lega erano appunto i 3 miliardi di euro 
destinati alla riduzione del cuneo fiscale a partire dal mese di luglio 
che il governo in carica si è già venduto venti volte negli ultimi mesi 
(è la sola cosa che c'è) e che ha voluto rilanciare ieri come fosse cosa
 nuova giusto per cercare di abbindolare un po' gli elettori dell'Emilia
 Romagna. Purtroppo però è proprio in quella terra che si aprono le 
principali ferite dovute alle misure utilizzate per finanziare quello 
sconticino fiscale. Per metà è infatti offerto non volontariamente dalle
 imprese su cui si sono abbattute la plastic tax e la sugar tax, che 
invece di rallegrarsi con i propri dipendenti (in buona parte proprio in
 Emilia Romagna) dell'aumento in busta paga per il cuneo stanno pensando
 di toglierla prima ancora di iniziare, riducendo personale e siti 
produttivi per andare ad aprire altrove le proprie attività. Ieri una 
delle principali aziende italiane di imbottigliamento della Coca Cola ha
 già fatto sapere che dirotterà sull'Albania i propri investimenti, e da
 qui a luglio rischia di essere seguita anche da altre.
Ma se alla fine qualcosa davvero arriverà in busta paga a qualche 
lavoratore, non possiamo che rallegrarcene perché non manca davvero il 
bisogno. Dagli annunci di ieri qualche dubbio sulla linearità 
dell'azione del governo però nasce: si vogliono mettere insieme i famosi
 80 euro di Matteo Renzi per trasformarli in detrazione e ottenere una 
riduzione delle tasse gratis, senza che nessuno percepisca un euro in 
più di prima. Poi si annuncia che la vera riduzione fiscale verrà dal 
grande recupero dell'evasione fiscale (sempre proclamato, mai portato a 
casa). Speriamo che mischiando tutto questo cuneo arrivi in busta paga e
 non finisca lì dietro dove nessuno vorrebbe riceverlo...
