Ospitato da Generazione Famiglia, Regnerus parlerà insieme a Massimo Gandolfini ed Ettore Gotti Tedeschi il 22 giugno prossimo alle 18.30, presso palazzo della Rovere a Roma.
Professore, può parlarci delle differenze fra il suo studio e quelli che sostengono l’opposto?
Prima della mia ricerca esistevano solo piccoli studi su scala locale, relativi ai bambini ancora in casa. Il mio studio, invece, è stato il primo a prendere come campione la popolazione nazionale di giovani adulti, già usciti di casa, e cresciuti con persone dello stesso sesso. Abbiamo domandato loro quanto il modo in cui sono cresciuti ha influito sulla loro persona. Abbiamo intervistato singolarmente centinaia di persone cresciute con due uomini o due donne e abbiamo comparato la loro situazione con quella di altre persone, sia vissute con un solo genitore, sia con i genitori separati, con i genitori adottivi oppure con una madre e un padre sposati. Ci siamo accorti che il tasso di disoccupazione, di difficoltà psicologiche, di dipendenza dai servizi sociali erano maggiori nei giovani adulti cresciuti con due persone dello stesso sesso. Nella maggioranza dei casi si tratta di madre biologica divorziata e convivente con un’altra donna.
Qual era la sua posizione iniziale in merito ai bambini cresciuti con due persone dello stesso sesso?
Quando ho cominciato non avevo un’opinione precisa in merito, ma ho cercato di analizzare il più imparzialmente ed esattamente possibile le varie situazioni per formarmene una. I dati infatti si possono usare anche per piegarli alla propria visione preconcetta, cosa che ho evitato di fare. Se, ad esempio, si prendono i risultati relativi a chi è cresciuto con due uomini e due donne separati e li si unisce a quelli di chi è cresciuto in un’unione stabile di uomo e donna e poi si compara questo campione con quello di chi è cresciuto con due persone dello stesso sesso non ci saranno differenze enormi. Al contrario se, come ho fatto io, si comparano le coppie dello stesso sesso con quelle di una famiglia naturale stabile le differenze sono grandi.
Le reazioni alle conclusioni del suo studio sono state violente. Come è cambiata la sua vita?
Caspita… lo si dovrebbe chiedere a mia moglie. La mia carriera era ormai avviata, stavo per diventare professore associato, ma dopo la pubblicazione dello studio tutto si è bloccato. Non sono più stato invitato ai convegni e agli eventi a cui ero solito partecipare. Devo dire che io stesso, quando mi sono trovato davanti ai risultati, mi sono preso un colpo e ho capito che la mia vita sarebbe cambiata. È stato frustrante e, anche se ora mi sono abituato, non è giusto che questo mi sia accaduto. Purtroppo, però, le persone sono sempre più ossessionate dalla reputazione, motivo per cui l’ambiente accademico delle scienze sociali è più viziato che mai.
Lei avrebbe potuto ritrattare. Perché ostinarsi?
Perché è una questione che riguarda l’umanità intera e la sua salvaguardia. Raccogliere e leggere i dati il più correttamente possibile è poi lo scopo del mio lavoro. Soprattutto, stare di fronte alla sofferenza dei bambini cresciuti con due persone dello stesso sesso e alla serenità di quelli che sono diventati grandi nell’amore stabile di mamma e papà, mi ha impedito di tacere. Ciò non significa che un bambino educato da una madre e un padre non avrà mai problemi, ma questa è l’unica condizione ideale per poterlo crescere sereno. Ogni altro stato implica comunque delle ferite e delle difficoltà, per quanto si possano superare.
Alla fine anche l’università per cui lavora si è dovuta arrendere al fatto che la sua ricerca era stata condotta correttamente.
Per questo hanno difeso il mio diritto di parlare. Nel 2012 aprirono un’inchiesta e alla fine fui dichiarato innocente. Ma nell’ottobre 2014, in seguito alle continue proteste, l’università ha deciso di riaprire le indagini. Sono risultato ancora innocente, ma, ancora una volta, l’unica cosa che hanno fatto è stata quella di difendere il mio diritto di espressione. Sui contenuti della mia ricerca, invece, non hanno mai preso posizione. Come tutti, anche le accademie hanno il problema di piacere al mondo e quindi di non opporsi a chi ha potere.
Qualcuno che l’ha difesa?
Tanti colleghi mi hanno difeso privatamente, pochi lo hanno fatto in pubblico. Però, dopo la mia ricerca, ne sono uscite altre tre a confermarla. Su queste non si sono scatenate le stesse ire solo perché la mia era la prima e, inoltre, aveva tutti dati originali. Gli altri studi successivi si basano su dati raccolti da altri e, quando è così, è più facile difendersi.
Perché tanta avversione?
La cultura transgender ha un grande potere economico e quindi di boicottaggio e ha investito molto nel campo delle scienze sociali. Assistiamo a sforzi congiunti e coordinati che hanno invaso le accademie di tutto l’Occidente. Ma sopratutto in America hanno sradicato l’idea di un bene comune, per cui esiste solo il diritto del singolo ad avere tutto, che poi alla fine è il diritto del più forte che riesce a imporsi a discapito degli altri. Il movimento lgbt, contrario al matrimonio, mira proprio all’atomizzazione dell’individuo, sciolto da qualsiasi vincolo e limite. Inoltre gli Stati Uniti sono fortemente empiristi: se una cosa esiste, solo per il fatto che c’è, va accettata e guai a chi si domanda se sia giusta o sbagliata. È severamente vietato chiedersi quale tipo di società vogliamo e chi solo mette in discussione quella che c’è è considerato un violento.
Cosa è successo con la pubblicazione dello studio?
Alcune delle stesse persone che ho intervistato hanno preso coraggio e hanno cominciato a parlare. Anche se penso che la maggioranza non riuscirà a farlo pubblicamente, perché è difficile criticare chi, comunque, ti ha cresciuto. Inoltre, molti di coloro che hanno vissuto con due donne e due uomini hanno alle spalle anche dei divorzi o passaggi da una casa all’altra. Difficile separare i piani della devastazione e imputarla solo a un genitore. In ogni caso, quello che è certo, a partire dai dati, è che ai figli serve la stabilità di un uomo e una donna.
Quali sono le sue speranze?
Negli anni Settanta chi criticava il divorzio veniva emarginato, anche se non esistevano i mezzi diffamatori di oggi, ma poi una volta passata la legge le cose sono cambiate. Così è per le unioni fra persone dello stesso sesso: quando ogni norma sarà ormai tarata forse la verità potrà essere meno ostacolata. Anche se credo che la campagna denigratoria continuerà finché la morale non sarà sconvolta. E finché le persone come me non saranno messe a tacere.
Di cosa parlerà al pubblico romano?
Proverò a spiegare quello che sta accadendo negli Stati Uniti e che è travisato dai media. Spiegherò i contenuti del mio studio e il suo sviluppo e perché l’unica garanzia per i bambini è il matrimonio indissolubile fra uomo e donna. Farò capire come mai il vero problema, ancor prima delle coppie dello stesso sesso, è la mentalità comune avversa ad ammettere che la famiglia naturale è l’unica condizione ideale e che il divorzio è sempre un danno. Si preferisce, infatti, pensare comodamente che ogni scelta sia lecita e senza conseguenze sui nostri figli. Ecco, il vero problema è qui: finché questo tabù non cadrà, sarà sempre difficile opporsi alle unioni fra due uomini o due donne.
Foto da Shutterstock
giugno 20, 2016
Benedetta Frigerio
fonte: http://www.tempi.it