Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. L'autore non è responsabile per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post. Verranno cancellati i commenti ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy. Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, vogliate comunicarlo via email all'indirizzo edomed94@gmail.com Saranno immediatamente rimossi. L'autore del blog non è responsabile dei siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.


Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

20/06/16

I dati ci dicono che per i bambini è meglio crescere con mamma e papà



Intervista a Mark Regnerus, il sociologo americano autore di un contestatissimo studio sui figli di coppie gay, che sarà presto a Roma


gay-pride-shutterstock_227021455



“Quanto sono diversi i figli adulti di genitori che hanno relazioni sentimentali con persone dello stesso sesso? I risultati dello studio Le Strutture della Nuova Famiglia”. È questo il titolo di una della ricerche scientifiche più violentemente criticate della comunità lgbt, uscita proprio quando il presidente Barack Obama, prima, e la Corte Suprema, poi, aprivano al diritto al “matrimonio per tutti”. Il suo autore, Mark Regnerus, professore di Sociologia presso l’Università di Austin, vi ha affermato che quanti sono cresciuti con due persone dello stesso sesso sono dalle 25 alle 40 volte più svantaggiati rispetto ai loro coetanei cresciuti in famiglie composte da genitori di sesso diverso. Secondo il suo studio, i primi sono tre volte più soggetti alla disoccupazione (solo il 26 per cento ha un lavoro fisso contro il 60 per cento della media), sono quattro volte più soggetti a ricevere assistenza pubblica (il 69 per cento contro il 17 per cento dei casi). E sono molto più inclini ad essere arrestati, a dichiararsi colpevoli di atti criminali, a drogarsi, a pensare al suicidio. Insomma, uno studio dalle conclusioni molto nette che, non a caso, è sempre stato molto contestato dalle associazioni della galassia arcobaleno.
Ospitato da Generazione Famiglia, Regnerus parlerà insieme a Massimo Gandolfini ed Ettore Gotti Tedeschi il 22 giugno prossimo alle 18.30, presso palazzo della Rovere a Roma.

Professore, può parlarci delle differenze fra il suo studio e quelli che sostengono l’opposto?
Prima della mia ricerca esistevano solo piccoli studi su scala locale, relativi ai bambini ancora in casa. Il mio studio, invece, è stato il primo a prendere come campione la popolazione nazionale di giovani adulti, già usciti di casa, e cresciuti con persone dello stesso sesso. Abbiamo domandato loro quanto il modo in cui sono cresciuti ha influito sulla loro persona. Abbiamo intervistato singolarmente centinaia di persone cresciute con due uomini o due donne e abbiamo comparato la loro situazione con quella di altre persone, sia vissute con un solo genitore, sia con i genitori separati, con i genitori adottivi oppure con una madre e un padre sposati. Ci siamo accorti che il tasso di disoccupazione, di difficoltà psicologiche, di dipendenza dai servizi sociali erano maggiori nei giovani adulti cresciuti con due persone dello stesso sesso. Nella maggioranza dei casi si tratta di madre biologica divorziata e convivente con un’altra donna.   

Qual era la sua posizione iniziale in merito ai bambini cresciuti con due persone dello stesso sesso?
Quando ho cominciato non avevo un’opinione precisa in merito, ma ho cercato di analizzare il più imparzialmente ed esattamente possibile le varie situazioni per formarmene una. I dati infatti si possono usare anche per piegarli alla propria visione preconcetta, cosa che ho evitato di fare. Se, ad esempio, si prendono i risultati relativi a chi è cresciuto con due uomini e due donne separati e li si unisce a quelli di chi è cresciuto in un’unione stabile di uomo e donna e poi si compara questo campione con quello di chi è cresciuto con due persone dello stesso sesso non ci saranno differenze enormi. Al contrario se, come ho fatto io, si comparano le coppie dello stesso sesso con quelle di una famiglia naturale stabile le differenze sono grandi.

Le reazioni alle conclusioni del suo studio sono state violente. Come è cambiata la sua vita?
Caspita… lo si dovrebbe chiedere a mia moglie. La mia carriera era ormai avviata, stavo per diventare professore associato, ma dopo la pubblicazione dello studio tutto si è bloccato. Non sono più stato invitato ai convegni e agli eventi a cui ero solito partecipare. Devo dire che io stesso, quando mi sono trovato davanti ai risultati, mi sono preso un colpo e ho capito che la mia vita sarebbe cambiata. È stato frustrante e, anche se ora mi sono abituato, non è giusto che questo mi sia accaduto. Purtroppo, però, le persone sono sempre più ossessionate dalla reputazione, motivo per cui l’ambiente accademico delle scienze sociali è più viziato che mai.

Lei avrebbe potuto ritrattare. Perché ostinarsi?
Perché è una questione che riguarda l’umanità intera e la sua salvaguardia. Raccogliere e leggere i dati il più correttamente possibile è poi lo scopo del mio lavoro. Soprattutto, stare di fronte alla sofferenza dei bambini cresciuti con due persone dello stesso sesso e alla serenità di quelli che sono diventati grandi nell’amore stabile di mamma e papà, mi ha impedito di tacere. Ciò non significa che un bambino educato da una madre e un padre non avrà mai problemi, ma questa è l’unica condizione ideale per poterlo crescere sereno. Ogni altro stato implica comunque delle ferite e delle difficoltà, per quanto si possano superare.

Alla fine anche l’università per cui lavora si è dovuta arrendere al fatto che la sua ricerca era stata condotta correttamente.
Per questo hanno difeso il mio diritto di parlare. Nel 2012 aprirono un’inchiesta e alla fine fui dichiarato innocente. Ma nell’ottobre 2014, in seguito alle continue proteste, l’università ha deciso di riaprire le indagini. Sono risultato ancora innocente, ma, ancora una volta, l’unica cosa che hanno fatto è stata quella di difendere il mio diritto di espressione. Sui contenuti della mia ricerca, invece, non hanno mai preso posizione. Come tutti, anche le accademie hanno il problema di piacere al mondo e quindi di non opporsi a chi ha potere.

Qualcuno che l’ha difesa?
Tanti colleghi mi hanno difeso privatamente, pochi lo hanno fatto in pubblico. Però, dopo la mia ricerca, ne sono uscite altre tre a confermarla. Su queste non si sono scatenate le stesse ire solo perché la mia era la prima e, inoltre, aveva tutti dati originali. Gli altri studi successivi si basano su dati raccolti da altri e, quando è così, è più facile difendersi.

Perché tanta avversione?
La cultura transgender ha un grande potere economico e quindi di boicottaggio e ha investito molto nel campo delle scienze sociali. Assistiamo a sforzi congiunti e coordinati che hanno invaso le accademie di tutto l’Occidente. Ma sopratutto in America hanno sradicato l’idea di un bene comune, per cui esiste solo il diritto del singolo ad avere tutto, che poi alla fine è il diritto del più forte che riesce a imporsi a discapito degli altri. Il movimento lgbt, contrario al matrimonio, mira proprio all’atomizzazione dell’individuo, sciolto da qualsiasi vincolo e limite. Inoltre gli Stati Uniti sono fortemente empiristi: se una cosa esiste, solo per il fatto che c’è, va accettata e guai a chi si domanda se sia giusta o sbagliata. È severamente vietato chiedersi quale tipo di società vogliamo e chi solo mette in discussione quella che c’è è considerato un violento.

Cosa è successo con la pubblicazione dello studio?
Alcune delle stesse persone che ho intervistato hanno preso coraggio e hanno cominciato a parlare. Anche se penso che la maggioranza non riuscirà a farlo pubblicamente, perché è difficile criticare chi, comunque, ti ha cresciuto. Inoltre, molti di coloro che hanno vissuto con due donne e due uomini hanno alle spalle anche dei divorzi o passaggi da una casa all’altra. Difficile separare i piani della devastazione e imputarla solo a un genitore. In ogni caso, quello che è certo, a partire dai dati, è che ai figli serve la stabilità di un uomo e una donna.

Quali sono le sue speranze?
Negli anni Settanta chi criticava il divorzio veniva emarginato, anche se non esistevano i mezzi diffamatori di oggi, ma poi una volta passata la legge le cose sono cambiate. Così è per le unioni fra persone dello stesso sesso: quando ogni norma sarà ormai tarata forse la verità potrà essere meno ostacolata. Anche se credo che la campagna denigratoria continuerà finché la morale non sarà sconvolta. E finché le persone come me non saranno messe a tacere.

Di cosa parlerà al pubblico romano?
Proverò a spiegare quello che sta accadendo negli Stati Uniti e che è travisato dai media. Spiegherò i contenuti del mio studio e il suo sviluppo e perché l’unica garanzia per i bambini è il matrimonio indissolubile fra uomo e donna. Farò capire come mai il vero problema, ancor prima delle coppie dello stesso sesso, è la mentalità comune avversa ad ammettere che la famiglia naturale è l’unica condizione ideale e che il divorzio è sempre un danno. Si preferisce, infatti, pensare comodamente che ogni scelta sia lecita e senza conseguenze sui nostri figli. Ecco, il vero problema è qui: finché questo tabù non cadrà, sarà sempre difficile opporsi alle unioni fra due uomini o due donne.

Foto da Shutterstock

giugno 20, 2016   Benedetta Frigerio
fonte: http://www.tempi.it 

La propaganda USA attrae estremisti



maxresdefault1 



Seddique Mateen, il padre dello stragista di Orlando, Florida, Omar Mateen e sedicente capo di un governo in esilio pro-taliban in Florida, è emblematico della politica statunitense che permette agli estremisti di alimentare la loro propaganda sul suolo nordamericano. Dalla Guerra Fredda, la CIA degli Stati Uniti eccelse nel scovare cubani, est-europei, afgani, uiguri ed altri estremisti inventare e diffondere via radio propaganda incendiaria finanziata dal governo degli Stati Uniti. Come il giornalista di ABC News e Christian Science Monitor e preminente esperto di Medio Oriente John Cooley aveva correttamente osservato nel suo libro, “Payback: America’s Long War in the Middle East”, quando gli Stati Uniti sostituirono Gran Bretagna e Francia come principale potenza occidentale in Medio Oriente, più volte scontarono “scarsa capacità di giudizio ed errori politici spesso disastrosi”. Uno degli errori politici peggiori fu la decisione dell’amministrazione Carter di armare e sostenere i più radicali “guerrieri santi” islamisti in Afghanistan. Presto, tali radicali afghani entrarono nella “Legione Araba” jihadista formata da cellule terroristiche in Egitto, Yemen, Libia e altri Paesi del Medio Oriente e Nord Africa. Le amministrazioni Carter e Reagan posero le basi per la campagna militare jihadista dei veterani radicalizzati contro l’Unione Sovietica e la Repubblica Democratica dell’Afghanistan, creandosi una base in Afghanistan e altre parti del Medio Oriente. Per un intero decennio, l’Operazione Ciclone della CIA permise ai jihadisti estremisti, la cui sola comunanza con gli Stati Uniti era un fervente anticomunismo, di essere spediti dalle basi nel nord-ovest del Pakistan alle zone sicure in Afghanistan per attaccare le forze sovietiche ed afghane. I fondi di CIA, Arabia Saudita e altri Paesi musulmani andarono al Maqtab Qadamat al-Mujahidin al-Arab (Ufficio sei servizi arabi afghani) o MAK, di Usama bin Ladin e Ayman al-Zawahiri, per reclutare i jihadisti nella loro Legione Araba da Medio Oriente e Nord Africa. I taliban crearono l’Emirato islamico dell’Afghanistan nel 1996, ed accolsero il vecchio alleato nella guerra contro i sovietici, Bin Ladin, che spostò la sua organizzazione al-Qaida in Afghanistan. I taliban, al-Qaida e varie fazioni jihadiste radicali in Afghanistan si avvantaggiarono della miope politica di Washington armando tali gruppi fino ai denti, senza preoccuparsi del “contraccolpo” che esperti come Cooley, e pochissimi altri, trovarono problematico.
Seddique Mateen arrivò negli Stati Uniti quando Ronald Reagan considerava i mujahidin afghani “combattenti per la libertà” contro l’“oppressione” nello spirito della lotta di George Washington contro i colonizzatori inglesi. La completa ignoranza di Reagan permise ad individui come Mateen di trovare rifugio politico e sostegno negli Stati Uniti, un Paese dal quale lui e i suoi compagni di viaggio poterono diffondere una visione radicale e antiquata. Gli attentati jihadisti alla maratona di Boston, Fort Hood, Texas; a un centro di reclutamento in Tennessee; a una festa di Natale a San Bernardino, California, e alla discoteca Pulse di Orlando, hanno tutti origine nella folli schermaglie amorose degli USA coi jihadisti nelle guerre iniziate con la campagna in Afghanistan arrivando a invasione ed occupazione dell’Iraq, destabilizzazione di Libia e Siria, e complicità con le forze jihadiste nel combattere la Russia nel Caucaso, come in Cecenia. È un “contraccolpo” nel vero senso della parola. Lo zio di Timurlan e Dzhokhar Tsarnaev, Ruslan Tsarni (alsai Tsarnaev), è legato alla CIA. Tsarni era sposato con la figlia di Graham Fuller, uno dei principali architetti della CIA nella radicalizzazione dei musulmani per conto degli Stati Uniti, in Afghanistan contro i sovietici o nel Caucaso contro la Russia. Mir Seddique, alias Mir Seddique Mateen, è il sedicente capo di un governo in esilio dell’Afghanistan a Port St. Lucie, Florida, dove chiede il rovesciamento del presidente afghano Ashraf Ghani e il suo processo col predecessore Hamid Karzai. L’impegno degli USA nella “guerra di propaganda” ha anche permesso ai jihadisti di diffondere il loro messaggio radicale tramite radio e satelliti sovvenzionati dal governo degli Stati Uniti. Seddique Mateen guidava in Florida una società non-profit denominata “The Durand Jirga, Inc”. Per anni la CIA ha sovvenzionato stazioni radio e televisive dei cubani in Florida, per esempio Radio e TV Martí, che non facevano altro che spargere odio verso governo e popolo di Cuba. Tali sforzi talvolta portarono ad attentati commessi da espatriati di destra cubani negli Stati Uniti contro Cuba e altri obiettivi. Il modello degli espatriati musulmani afghani ed altri negli Stati Uniti, coinvolti nella propaganda di CIA e VOA, non è diverso da quello dei cubani e in passato di profughi e disertori dell’Europa orientale. Messaggi radicali sono “di rigore” per tali elementi.

CIA et Jihad

La propaganda degli Stati Uniti abbonda di frodi, sprechi e abusi. Come osservò il giornalista Fulton Lewis Jr. nel 1958, Radio Free Europe aveva ben più di 2000 dipendenti che, quando non vomitavano notizie ricopiate senza fondamento sull’Europa orientale, traccheggiavano nei loro uffici in attesa della busta paga. Lewis scrisse che Radio Free Europeè un ridicolo spreco che con giovanile futilità assegna posti di lavoro principalmente a un’orda di scrocconi”. Gli scrocconi della guerra fredda sono oggi divenuti personaggi come Seddique Mateen e la sua banda di radicali che blaterano messaggi sconnessi in dari, urdu, pashto, farsi, uiguro, ceceno, arabo e curdo, il tutto a spese dei contribuenti statunitensi. Il vecchio Mateen ospitò anche un programma televisivo chiamato “Durand Jirga Show”, trasmesso sulla rete satellitare afghana “Payam-e-afghana” di Los Angeles, e trasmissioni in pashtu e parsi. Los Angeles è la patria di numerose trasmissioni satellitari in arabo per il Medio Oriente e in farsi per l’Iran, finanziate da CIA e VOA. Le operazioni di Seddique Mateen chiaramente rientrano nella rete di propagandisti afghani e pakistani pro-taliban che utilizzano reti televisive e radiofoniche finanziate dalla Broadcasting Board of Governors (BBG) influenzata dalla CIA per diffondere i loro messaggi nel mondo. Mateen ha sostenuto di dirigere una sua rete d’intelligence. Tuttavia, tale rete consisterebbe nei suoi compari coinvolti nella guerra di propaganda in Asia meridionale con programmi satellitari trasmessi in pashtu, la principale lingua in Afghanistan e Pakistan; invece Mateen trasmette in lingua dari e urdu. I tentativi della BBG di conquistarsi cuori e menti dei popoli di Pakistan e Afghanistan sono considerati dei grossi fallimenti e uno spreco dei fondi dei contribuenti. Anche dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre contro gli Stati Uniti, il servizio pashtu della VOA fu la piattaforma della propaganda dei taliban afghani. Dopo l’attacco dell’11 settembre, Spozhmai Maiwandi, direttore del servizio pashtun della Voice of America, scherzosamente soprannominato “Kandahar Rose” dai colleghi, trasmetteva articoli favorevoli ai taliban, tra cui un’intervista controversa col capo talib Mullah Omar. Non dovrebbe sorprendere quindi che Seddique Mir Mateen la vedesse come i taliban. La presenza di numerosi afghani-americani pro-taliban negli Stati Uniti fu facilitata dal sostegno della CIA ai mujahidin nella guerra jihadista afghana contro l’Unione Sovietica, negli anni ’80. Anche il diplomatico afgano-americano Zalmay Khalilzad, ex-ambasciatore degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq e Nazioni Unite, fu l’interlocutore fondamentale tra governo afghano talib e compagnia petrolifera UNOCAL di Houston, alla fine degli anni ’90. Oggi, questi legami servono a Khalilzad, CIA e Centro per gli studi strategici e internazionali (CSIS) legato alla CIA di Washington, dove Khalilzad fa il consulente. Circa il 60 per cento dei commenti sul sito Ashna TV del servizio pashtu della VOA, elogia Omar Mateen e la sua azione ad Orlando. E i contribuenti statunitensi finanziano tale attività tramite il sostegno di VOA e BBG. E come segretaria di Stato, Hillary Clinton sostenne l’espansione di tali trasmissioni. Nel 2011, Clinton testimoniò alla Commissione Affari Esteri della Camera che il suo dipartimento aveva bisogno di ulteriori fondi per la guerra di propaganda, dicendo, “Durante la guerra fredda abbiamo fatto un grande lavoro per diffondere i messaggi degli Stati Uniti. Dopo il crollo del muro di Berlino abbiamo detto, ‘Ok, va bene, è abbastanza, abbiamo finito’, e purtroppo ora la paghiamo cara… I nostri media privati non possono colmare questa lacuna”. I messaggi trasmessi dai radicali afghani su Payame e Ashna TV sono i risultati degli sforzi della Clinton per espandere le trasmissioni di propaganda degli USA. Per la CIA, mantenere espatriati come Seddique Mir Mateen e i suo colleghi pro-taliban della VOA col sussidio di disoccupazione governativo, garantisce la pronta fornitura di interlocutori e che agenti d’influenza restino nei circoli radicali.La ripubblicazione è gradita con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

orlando-12-father-state-dept
                                                                     Seddique Mateen

J.Hawk, Daniel Deiss, Edwin Watson, South Front, 18/06/2016
Traduzione di Alessandro Lattanzio


fonte: https://aurorasito.wordpress.com/