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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

15/12/14

Egitto, la patria dell’infibulazione


Il primato nella triste classifica è stato divulgato da Oms che sottolinea come il 91% delle egiziane è obbligata a sottoporsi all’operazione. L’Africa è il continente in cui la mutilazione genitale è più diffusa, con 91,5 milioni di ragazze colpite

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Secondo gli ultimi dati Unicef l’Egitto è lo stato al mondo con la più alta concentrazione di interventi di mutilazione genitale femminile: il 91% della popolazione è stato obbligato a sottoporsi alla pratica dell’infibulazione.
Eppure dal 2008 una legge definisce la mutilazione genitale femminile come un reato punibile con una pena detentiva da tre mesi a due anni o una multa da 1.000 a 5 mila sterline egiziane (fra i 100 e i 500 euro circa).
Il problema di questa normativa è che stabilisce un'eccezione al generico divieto di infibulazione ammettendo la “ablazione totale o parziale degli organi genitali esterni femminili” in caso di necessità medica. Di fatto questa clausola della normativa ha legittimato una prosecuzione indisturbata delle pratiche di Mutilazione.
Infatti nel novembre scorso si è tenuto il primo processo contro un operatore sanitario e contro il padre della vittima. Peccato che i due uomini, Raslan Fadl e Mohamed al Bata’s, siano stati assolti dall’accusa di aver procurato la morte, avvenuta nel giugno 2013, della ragazzina di 12 anni sottoposta all’intervento.
In tutto il mondo sono circa 125 milioni le donne che convivono con una mutilazione genitale femminile. La pratica consiste nell’asportazione o nell’incisione parziale o totale dei genitali femminili esterni con successive conseguenze non solo dal punto di vista psicologico, ma anche con danni irreversibili per la salute delle donne.
Praticata per ridurre o soggiogare la sessualità della donna, per ragioni sociologiche o anche  religiose, si crede infatti che la MGF sia prevista dal Corano, la mutilazione genitale femminile non è mai giustificabile e rimane una pratica disumana.

Secondo gli ultimi dati OMS, con 91,5 milioni di ragazze vittime di mutilazione genitale, l’Africa si configura come il continente dove la pratica è più diffusa e al dato già drammatico ogni anno si aggiungono alla statistica circa tre milioni di bambine sotto i 15 anni.
In 7 Stati (Egitto, Eritrea, Gibuti, Guinea, Mali, Sierra Leone e Somalia) e nel Nord del Sudan il fenomeno tocca praticamente l'intera popolazione femminile. In altri 4 paesi (Burkina Faso, Etiopia, Gambia, Mauritania) la diffusione è maggioritaria ma non universale. In altri 5 (Ciad, Costa d'Avorio, Guinea Bissau, Kenya e Liberia) il tasso di prevalenza è considerato medio tra il 30 e il 40% della popolazione femminile, mentre nei restanti paesi la diffusione delle MGF varia dallo 0,6 al 28,2.
Oltre che umilianti, le mutilazioni genitali sono estremamente dolorose. Le bambine che vi sono sottoposte possono morire per cause che vanno dallo shock quello neurogenico (provocato dal dolore e dal trauma), all'infezione generalizzata (sepsi).
Le conseguenze di lungo periodo sono la formazione di ascessi, calcoli e cisti, infezioni e ostruzioni croniche del tratto urinario e della pelvi, forti dolori nelle mestruazioni e nei rapporti sessuali, maggiore vulnerabilità all'infezione da HIV/AIDS, epatite e altre malattie veicolate dal sangue, infertilità, incontinenza, maggiore rischio di mortalità materna per travaglio chiuso o emorragia al momento del parto.

di Anna Spena - 4 dic 2014

fonte: http://www.vita.it



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