Talvolta i peggiori di nemici di noi stessi siamo proprio noi. E,
sempre a noi, sta decidere come procedere nella nostra eventuale discesa
verso l’abisso. L’immagine che i due sodali Matteo Renzi e Maria Elena
Boschi stanno dando di sé in questi ultimi giorni è a dir poco
sconcertante, ma è utile in quanto rivelatrice di quale sia la vera
natura della persone, prima ancora che degli esponenti politici in
questione.
Un caso da studiare, quello degli
enfants prodiges del Granducato: uniti (politicamente, s’intende) nella buona e nella cattiva sorte,
simul stabunt simul cadent.
Incapaci di una qualsiasi visione politica che non sia la cura del loro
orticello e la salvaguardia dei loro interessi, impermeabili ad ogni
critica, ostinati e del tutto privi di umiltà, sono riusciti in
pochissimi anni a distruggere quanto costruito a sinistra in decenni. La
Commissione d’inchiesta sulle banche e la strenua difesa del
clan Boschi stanno infatti diventando un calvario non solo per l’ex premier, ma per il Pd intero.
Era inevitabile, del resto, che la
hybris, la supponenza e
l’ossessione per il potere del duo avrebbero alla lunga arrecato danno
al partito. Perché il gradimento nei confronti di un partito è
proporzionale gradimento delle persone che in un certo momento ne sono
l’immagine, che è altra cosa rispetto al suo progetto. Inutile girarci
ancora intorno: se il governatore di Bankitalia Ignazio Visco aveva
evitato di consumare una plateale vendetta, negando ci fossero state
pressioni esplicite da parte di Boschi sulla questione di Etruria, pur
rivelando un ossessivo interessamento da parte sua e di Renzi in prima
persona, l’audizione odierna di Federico Ghizzoni, ex amministratore
delegato di Unicredit, non lascia dubbi. «In un incontro avuto il 12
dicembre (2014, ndr) il ministro Boschi mi chiese se era pensabile per
Unicredit un intervento su Banca Etruria. Risposi che per acquisizioni
non ero grado di dare risposta positiva o negativa ma che avevamo già
avuto contatto con la banca e che avremmo dato risposta. Cosa su cui il
ministro convenne». Non occorre aggiungere altro. Se non che Ghizzoni,
oltre a confermare in toto quanto già svelato dal libro di Ferruccio De
Bortoli, tira in ballo anche il
terzo componente del Giglio Tragico, quel Marco Carrai
che sua Maestà di Rignano avrebbe voluto niente di meno che alla guida
della cyber-security italiana. Carrai, svela l’ex Ad di Unicredit, circa
un mese dopo l’incontro con Boschi gli spedì la seguente mail: «Solo
per dirti che su Etruria mi è stato chiesto nel rispetto dei ruoli di
sollecitarti, se possibile».
E’ proprio il caso di dire che il cerchio si chiude. Il sipario è
calato, i commedianti possono lasciare il palco. E chi scrive
concederebbe volentieri l’onore delle armi agli sconfitti – che
infierire non è certo elegante – se non fosse che la Fata Turchina di
Laterina, per uscire dal pantano di bugie, conflitti d’interesse ed
egocentrismo esasperato che essa stessa ha creato, ha
tirato fuori il solito cliché della donna attaccata “inquantodonna”.
La tracotanza di Boschi che ad
Otto e mezzo qualche sera fa frigna sul presunto sessismo del suo interlocutore Marco Travaglio, in un
escalation
di vittimismo pseudo femminista degno della peggior Asia Argento, è
quanto di più squallido e disperato si potesse fare. Inizia con un
grande classico: «Se fossi stata un uomo non mi avrebbe riservato questo
trattamento. Lei mi odia» per poi buttare lì un sibillino «Vegas mi
invitò a casa sua alle otto del mattino ma io gli dissi non lì»… In
tempi di
#metoo
c’è da stare in guardia, uomini. Che queste non scherzano. Ma il peggio
doveva ancora venire, di lì a qualche giorno Maria Elena avrebbe
dichiarato in un’intevista: «Non cancello spesso gli sms. Ne ho quindi
molti in memoria, anche con altri esponenti del mondo del credito e del
giornalismo. Non solo quelli con Vegas. Dal momento che mi sembrò
insolita la richiesta di vederci a casa sua alle 8 del mattino, chiesi
che l’ incontro si svolgesse al ministero o in Consob. Non sta a me dire
perché Vegas lo propose, certo io non accettai».
Qual è il
sottotesto implicito di una precisazione del genere su Vegas? E che cosa
contengono i messaggini che l’ex ministro dice di conservare? A chi
sono rivolte queste insinuazioni, queste illazioni sottili, questi
“detto non detto”? Anni e anni di battaglie per la cosiddetta
emancipazione femminile buttate nel cesso: per quanto una donna possa
essere potente, sedere nei posti di comando e possa aver fatto carriera
per le sue capacità, ci sarà sempre un uomo che in un contraddittorio la
attaccherà perché donna, le farà sempre
avances indesiderate,
le manderà messaggini molesti, farà – o mio Dio! – apprezzamenti sul suo
aspetto fisico. Questo il messaggio che è passato. Adesso ci manca solo
che dica che noi cattivoni vogliamo che si dimetta perché è bionda. Ma
sì, quando non si hanno altri appigli è facile buttarla sui
cliché. E sulla molestia. Non esplicita, sia ben chiaro, l’importante è instillare il dubbio: lasciamo scivolare con
nonchalance
un’allusione, una mezza accusa e una scintilla che scateni il sospetto
nell’opinione pubblica, da anni sobillata da un femminismo petulante e,
in questo momento più che mai, aizzata contro una presunta società
fallocentrica. Si tratta del solito astuto utilizzo di un’arma di
distrazione di massa associata al tentativo di chiamata alle armi delle
pasionarie dell’associazionismo e del femminismo, ampiamente foraggiato
dai governi di sinistra da sempre e da Boschi negli ultimi anni.
Solitamente pronte a scagliarsi contro gli uomini a prescindere, in
questo caso si sono però eclissate. Femministe sì, sceme no. I topi
abbandonano la nave che affonda, l’orchestrina potrà pure continuare a
suonare ma l’
iceberg è sempre più vicino.
Ad ogni modo, diciamolo chiaro: che l’ex ministro fosse un
mix
di arroganza, arrivismo e cinsimo avevamo già avuto modo di appurarlo
ma, che pur di non rinunciare al potere tanto agognato, ai
red carpet
e alle luci della ribalta, si prestasse a recitare la miserabile parte
della povera ragazza perseguitata da maschilisti e sessisti è stato un
autogol pazzesco.

Proprio lei che dello
storytelling
sulla parità di genere ha fatto un suo vanto, lo ha svilito nel peggior
modo possibile tirando in ballo sessismo e allusioni per pararsi il
sedere. E avallando inconsapevolmente la tesi di chi insinua che le
donne per fare carriera, specialmente se avvenenti, debbano
necessariamente ricorre all’arte della seduzione, per usare un
eufemismo. Chi scrive crede che la regina dei
red carpet Boschi le
liaisons dangereuses
più che con gli uomini – quelle francamente sono affari suoi – le abbia
con il potere. Mai del tutto affrancata da un provincialismo goffo e
terribilmente prevedibile, per Meb distaccarsi dal potere e dai lustrini
deve essere terribile. Del resto, come scrive Ezra Pound «Il
provincialismo è qualcosa di più dell’ignoranza. È ignoranza più una
volontà di uniformità. È una malevolenza latente, spesso una malevolenza
attiva»
da "l'insolente" il blog di Laura Tecce
di Laura Tecce - 20 dicembre 2017