DOMENICO QUIRICOARTICLE
Uccidere è una cosa tanto facile. Penso al boia in barracano nero,
incappucciato, che ha sgozzato James Foley; e a quello che, dodici anni
fa, decapitò un altro giornalista americano, Daniel Pearl, a Karachi.
Il delitto, l’atto mostruoso di uccidere un essere umano, non è
venuto a dividere drasticamente le loro vite in due parti, al di là di
quel sangue versato non ricordano le proprie idee, le proprie
sensazioni, il proprio individuo come se si fosse trattato di cose non
vissute ma udite raccontare, molti molti anni prima. Tutto è normale,
continuo. Con la loro religione guasta, mal conservata nell’aceto,
trasformata in famelica patologia, possono permettersi di non camminare,
come la moglie di Lot, con lo sguardo all’indietro, per vedere più a
lungo le cose commesse.
Entrambi gli assassini si considerano, e
sono, buoni musulmani: hanno recitato le loro preghiere con fervore e
secondo i tempi e la regola, combattono la guerra santa, non fumano, non
bevono, portano i capelli la barba e le vesti come il profeta, non
toccano cose impure, fanno l’elemosina ai poveri, si ripromettono,
quando il jihad sarà finito, di compiere il pellegrinaggio.
JAMES FOLEY DECAPITATO
Tagliar le gole degli occidentali è un lavoro ben fatto, una prova di
devozione, e ora sono un palmo più vicini al paradiso e alle sue
delizie. Se moriranno sono certi che milioni di persone nel loro mondo
li ripagheranno considerandoli martiri. Il loro dio non li bracca con la
colpa, i conti con Lui sono in pari.
JAMES WRIGHT FOLEY
È questa assenza di rimorso e di dubbio, la certezza che tutto è
loro permesso, non perché dio non esiste ma proprio perché esiste, che
ha creato questo terribile nemico, sant’uomini che sono
contemporaneamente assassini seriali, puri che agiscono da bruti. È
questo che l’occidente non ha capito. Eppure abbiamo combattuto guerre,
arruolato alleati, scritto articoli e libri, versato molto denaro.
Credevamo, a un certo punto, che il Nemico fosse ormai isolato,
rintanato su montagne e disperso in deserti, scavalcato da Primavere
piene di promesse democratiche. Non avevamo tagliato la testa del
Serpente? Invece…
JAMES WRIGHT FOLEY
Dodici anni fa l’integralismo, il terrorismo dei kamikaze
globalizzato da Al Qaeda, ci sembrò esasperazione di pochi fanatici, in
un immobile medioevo di moschea, per cui l’abiezione era diventata
scelta e destino. Invece era un progetto politico che si adattava a
luoghi e a mezzi diversi, si rinnovava e si rafforzava come un bacillo: i
bolscevichi salafiti riuniti, stretti tra di loro come tutti avessero
nel cuore la stessa crosta, un odio verso di noi e verso gli apostati
che ottenebra e fa agire.
JAMES WRIGHT FOLEY
Prima hanno tentato di prendere il potere con le elezioni, legalmente
(ricordate l’Algeria, dove tutto è iniziato?); poi il terrorismo,
inchiodare alla paura, mettere impicci infiniti nei meccanismi della
nostra vita quotidiana e delle nostre economie così empiamente ricche.
Infine la guerra aperta, frontale, disintegrare le frontiere dei vecchi,
illegittimi Stati creati dall’occidente, innalzare lo Stato puro,
islamico con la sua economia la sua armata la sua amministrazione i suoi
sudditi: il califfato.
IRAQ L'AVANZATA DEI JIHADISTI 9
E ancora oggi l’occidente del non intervento, della pietrificazione del
senso morale lo minimizza come utopia stramba. Cerca di decifrare le
biografie, Bin Laden, Al Baghdadi, spia le loro differenze. Ma i capi
non sono nulla, si sostituiscono in un’ora. E il califfato è già in
piedi, combatte annette manipola uccide.
IRAQ L'AVANZATA DEI JIHADISTI 8
Il jihad salafita è una guerra rivoluzionaria contro poteri
dichiarati empi e rinnegati, che arruola i combattenti tra i senzatutto
di regimi corrotti e incapaci, trasforma guerre locali e tribali
(tuareg, neri del nord Nigeria, sunniti iracheni, clan libici) in
insurrezione globale. I suoi nemici non hanno scampo perché la loro è
una colpa senza crimine, essenziale, metafisica. Come i kulaki, gli
ebrei, i tutsi non possono convertirsi, pagano per quello che sono, non
per quello che hanno fatto: ovvero hanno attraversato il confine mortale
dell’odio totalitario. Il califfato, la rivolta planetaria islamica,
dalle Filippine alla Nigeria dalla Somalia all’Iraq che ormai non
arruola più terroristi ma soldati, è l’ennesima incarnazione del
pensiero totalitario.
IRAQ L'AVANZATA DEI JIHADISTI 6
Abbiamo semplicemente dimenticato che gli uomini del jihad, da anni,
hanno visto uccidere uomini, hanno ammazzato uomini. Li hanno visti
rotolare a terra. Portano dentro di loro la morte degli altri. È questo
che li separa, obbligatoriamente, da noi. Sono pieni di morte fino agli
occhi. Tra loro non ne parlano mai, ma lo sanno, è un segreto comune tra
loro. Essere mortali, palpare il collo e la nuca della vittima
espiatoria, vedere il sangue sgorgare.
Fino a poco fa lo sguardo di questi fanatici spogliava
distrattamente le ragazze che passavano, oggi ammazza gli uomini.
Uccidere: una raffica di mitra, un anonimo colpo di mortaio, il
proiettile infilato ritmicamente nel cannone, un coltello che entra
nella carne dell’altro. È stato necessario uccidere dei soldati, o degli
ostaggi, o dei musulmani tiepidi o senza partito, innocenti, per far
sapere fino a che punto gli uomini sono nudi. La loro mortalità è la
loro nuova intimità.
IRAQ L'AVANZATA DEI JIHADISTI 5
Per capire forse bisogna unirsi a loro anche in questo; niente più
dignità umana, guardare tutto, il campo, la città, il deserto con gli
occhi di assassino. Immaginate uomini costretti dalla Storia che cercano
con lo sguardo il posto in cui infilare la lama, piazzare il proiettile
mortale, far esplodere la rosa sanguinaria di schegge. Sì, far saltare
le loro teste fino a quando un proiettile non ha spaccato la sua,
confondendoli in una orribile fraternità.
SOLDATI CATTURATI E GIUSTIZIATI IN IRAQSHAKIR WAHIYIB ISIS IRAQ
Non è sadismo, purtroppo: è il Male totalitario, ovvero una orribile
fraternità. Uccidere in Iraq (e in Siria e in Mali, questi lidi
appestati…) è diventata una orribile conoscenza dell’uomo e un nuovo
amore. Ognuno dei jihadisti è diventato un assassino per sempre. Per
quanti bambini siriani o iracheni o libici la vita sarà un unico
ricordo: un uomo steso su un marciapiede o sgozzato davanti a una
videocamera?