RIPORTIAMOLI A CASA
Petizione on line per Girone e Latorre. Elio Vito, presidente della Commissione Difesa della Camera, ha inoltrato le firme a Laura Boldrini
BARI «Non siamo affatto disponibili ad assistere ad una campagna
elettorale indiana sulla pelle dei nostri soldati»: Giorgia Meloni,
leader di Fratelli d'Italia-An, dal corteo promosso a Bari per la
libertà di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, ha lanciato un
messaggio chiaro a Nuova Delhi. «La questione marò - ha aggiunto - oltre
a ferire la dignità nazionale dell'Italia, merita di essere affrontata
in tutte le sedi e consessi internazionali». La Meloni, che nel
pomeriggio era stata a Brindisi per un sit-in davanti alla sede della
base logistica dell'Onu, ha poi attaccato il governo: «Abbiamo avuto in
passato governi totalmente incapaci di gestire la vicenda. Ora anche il
governo Renzi, dopo una iniziale telefonata di solidarietà che è sempre
una iniziativa molto "spot", è in altre faccende affaccendato».
All'esecutivo nessuno sconto, stante i risultati parziali raggiunti:
«Fossi stata il presidente del Consiglio italiano, mi sarei presentata
al consiglio della Nato e avrei annunciato il ritiro dei militari
italiani da tutte le missioni di pace se i nostri marò non fossero
rientrati in patria». «Noi - ha puntualizzato - non facciamo parte degli
organismi sovranazionali come l'Ue solamente per farci dare ordini
dalla Commissione europea, o per prestare il territorio alle basi Nato.
Facciamo parte di questi organismi anche per avere la solidarietà quando
siamo aggrediti. E quella che riguarda Latorre e Girone è una
aggressione in quanto violazione del diritto internazionale». Infine
l'affondo: «Noi continuiamo a parlare di quanto dura il processo - ha
concluso la Meloni - ma il problema non riguarda la lunghezza del
procedimento giudiziario.
Il nodo cruciale è che il processo non può svolgersi in India». Alla manifestazione-fiaccolata, capeggiata da uno striscione con scritto «Liberate i nostri marò» hanno partecipato per gli organizzatori circa due mila persone ed erano presenti i dirigenti nazionali Gianni Alemanno, Marcello Gemmato e Filippo Melchiorre. Diciottomila firme per la libertà dei marò: le ha ricevute Elio Vito, presidente della Commissione Difesa della Camera dagli animatori della petizione on line su firmiamo.it. «Le ho inoltrate al presidente Laura Boldrini - ha commentato Vito - affinché possano diventare, a norma del nostro regolamento, oggetto di un ordine del giorno in Commissione. Queste firme certificate rappresentano da un lato una diffusa indignazione per il procrastinarsi della questione e dall'altro vogliono essere un invito al governo affinché riporti in Italia, con onore, i nostri Leoni del San Marco». I promotori della petizione, che hanno dato vita a questa iniziativa quando era stata prefigurata per i fucilieri italiani l'eventualità di poter essere sanzionati con la pena di morte, avevano come obbiettivo «raccogliere diecimila firme, ma la sensibilità dell'opinione pubblica italiana si è materializzata in migliaia e migliaia di firme di solidarietà».
Il nodo cruciale è che il processo non può svolgersi in India». Alla manifestazione-fiaccolata, capeggiata da uno striscione con scritto «Liberate i nostri marò» hanno partecipato per gli organizzatori circa due mila persone ed erano presenti i dirigenti nazionali Gianni Alemanno, Marcello Gemmato e Filippo Melchiorre. Diciottomila firme per la libertà dei marò: le ha ricevute Elio Vito, presidente della Commissione Difesa della Camera dagli animatori della petizione on line su firmiamo.it. «Le ho inoltrate al presidente Laura Boldrini - ha commentato Vito - affinché possano diventare, a norma del nostro regolamento, oggetto di un ordine del giorno in Commissione. Queste firme certificate rappresentano da un lato una diffusa indignazione per il procrastinarsi della questione e dall'altro vogliono essere un invito al governo affinché riporti in Italia, con onore, i nostri Leoni del San Marco». I promotori della petizione, che hanno dato vita a questa iniziativa quando era stata prefigurata per i fucilieri italiani l'eventualità di poter essere sanzionati con la pena di morte, avevano come obbiettivo «raccogliere diecimila firme, ma la sensibilità dell'opinione pubblica italiana si è materializzata in migliaia e migliaia di firme di solidarietà».
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