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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

05/04/14

L'Italia resta in Afghanistan: una guerra costata 5 miliardi




Letta aveva progettato l'addio. Renzi l'ha fermato. Restiamo nel Paese dove abbiamo già perso 53 soldati. E stanziato 750 milioni solo nel 2013. Il Paese al voto nell'incubo violenza.




   
L'Italia è pronta a restare in Afghanistan anche oltre il ritiro degli alleati occidentali «se ci sarà un’esplicita e chiara richiesta delle autorità afgane».
La nuova strategia del governo di Matteo Renzi, diversa rispetto al disimpegno già deciso da Enrico Letta, è stata così annunciata dal ministro degli Esteri Federica Mogherini alle commissioni di Camera e Senato.
MISSIONE COSTATA 5 MLD. La missione, pagata finora 5 miliardi di euro e, soprattutto, già costata la vita a 53 militari italiani, potrebbe avere quindi una durata indefinita.
Il ministro ha spiegato che in ogni caso «si tratterà di un impegno di natura del tutto diversa, con una dimensione civile, che accompagnerà la transizione e sarà incentrato sulla formazione delle forze di sicurezza».
PAESE ANCORA IN GUERRA. Ma le speranze di una presenza pacifica, espresse dalla titolare della Farnesina, sono smentite dai fatti.
Il Paese va sabato 5 aprile al voto e la vigilia delle elezioni è stata segnata da una nuova ondata di attacchi dei talebani contro obiettivi civili e militari: tra le vittime anche una fotografa tedesca, mentre gli osservatori di tre organizzazioni internazionali, tra cui l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), hanno lasciato l'Afghanistan, perché le forze armate occidentali non sono più in grado di garantire la loro sicurezza.
LA PACE RESTA LONTANA. Renzi dunque intende mantenere una forte presenza italiana (le nostre truppe sono là dal 2002) nel caso in cui essa venisse richiesta: la proroga delle attività anche dopo la fine della missione Isaf (condotta dalla Nato), ha spiegato Mogherini, «sarà decisa insieme con gli afghani».
L'auspicio di una cooperazione soltanto civile è destinato però a rimanere tale: non è possibile, al momento, svolgere le attività senza una forte copertura militare, perché cantieri, scuole e luoghi di lavoro continuano a essere gli obiettivi della resistenza talebana.

La virata di Renzi sull'Afghanistan dopo il ritiro voluto da Letta

 

Renzi ha operato dunque una virata rispetto alla linea del suo compagno di partito Letta, il cui ministro della Difesa Mario Mauro aveva spiegato (il 18 dicembre 2013) che alla fine del 2014 «credo che rientrerà il nostro intero contingente se guardiamo a quella che è l’esperienza Isaf»: «È evidente che laddove ci fossero decisioni delle istituzioni, segnatamente il parlamento che esercita la sovranità nel nostro Paese, relativamente a un impegno dell’Italia in favore dell’Afghanistan nella dimensione non combat per il futuro, provvederemo alla programmazione che ne consegue», aveva aggiunto Mauro, lasciando però la vicenda in mano alle Camere. «La missione dopo il 2014 non sarà più combat», aveva aggiunto lo stesso Letta.
Mogherini invece ha rilanciato spiegando che sarà Kabul, non Roma, a prendere la decisione cui il nostro governo si dice già pronto ad adeguarsi.
IL PIANO PER LA NATO. Il terreno resta comunque scivoloso, anche politicamente.
L'ex premier aveva parlato con i vertici della Nato (a Roma, nel luglio 2013) del graduale passaggio delle truppe italiane dalle 3-4 mila unità di questi anni alle future 800-1.800, garantendo così una presenza militare anche in futuro.
Ma la posizione italiana, nei mesi successivi, era cambiata: cinque mesi più tardi, nel dicembre 2013, Mauro aveva appunto parlato di «rientro dell'intero contingente».
COSTI SEMPRE CRESCENTI. Nel 2013 il parlamento italiano ha stanziato circa 750 milioni di euro per la missione Isaf, con un costo che dal 2002 è cresciuto a dismisura.
I primi due anni di guerra costarono circa 70 milioni l'uno, mentre già dal 2004 la spesa aveva sfiorato i 110 milioni di euro, quasi raddoppiati (204 milioni) l'anno successivo.
Con salti di centinaia di milioni l'anno, siamo giunti a 750 ed è difficile quantificare, al momento, quanto costerà il ritiro, non ancora pianificato né per i tempi né per le modalità.


COOPERAZIONE
di Marco Mostallino
Sabato, 05 Aprile 2014

fonte: http://www.lettera43.it/cronaca

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