Il 24 marzo scorso il Card. Bagnasco nella sua prolusione tenuta
davanti al Consiglio permanente dei vescovi ad un certo punto ha fatto
una frusta di cordicelle ed è andato giù di brutto. Ecco una breve
antologia delle sue scudisciate: «E' la lettura ideologica del gender
una vera dittatura che vuole appiattire le diversità... Viene da
chiederci se si vuol fare della scuola dei campi di rieducazione... I
genitori non si facciano intimidire, non c'è autorità che tenga!».
Ciò che ha fatto arrabbiare Bagnasco sono in particolare tre
volumetti destinati agli operatori scolastici, che portano il titolo Educare alla diversità.
Sono stati promossi dall'Unar sul solco tracciato da Elsa Fornero, la
nota prèfica che con una mano strozzava gli esodati e con l'altra
tratteneva le lacrime davanti a uno stupefatto Monti. Questi libriccini –
per il momento congelati dal Miur – dietro la foglia di fico della
lotta al bullismo sono un capolavoro delle lobby gay miranti a
scardinare i sacri valori della famiglia cristiana. Più o meno vi si
dice che non esistono i generi femminili e maschili, che la distinzione
tra uomo e donna è solo un costrutto storico culturale, che non si
subisce il proprio sesso ma lo si sceglie.
Ma se il lettore ha una coltre di pelo sullo stomaco sufficientemente spessa, procederò all'apertura del tombino per lasciar fuoriuscire almeno uno di questi miasmi: «Nell'elaborazione dei compiti i docenti inventino situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio : “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo..”»
Il linguaggio dei libercoli è antipoetico, cervellotico, pieno di citazioni di studiosi anglosassoni. Tale approccio scientista (mi viene in mente l'avversione di Leopardi per il progresso e per la psicologia) affonda il suo bisturi gelido nella poesia della calda vita familiare. Da secoli quest'ultima si genera eterna e incessante dall'incontro fra il maschio e la femmina e il mistero procreativo aleggia poi sulla dolcezza degli antichi dagherrotipi dove il nonno guarda teneramente la nonna mentre i nipoti ruzzano accanto al tavolo, dove viene fuori che la zia Lina ha sposato un militare di Alessandria e ha fatto quattro figli, dove nostro padre porta al Santuario di Loreto nostra madre con la Seicento. Ma quale poesia! Siamo arrivati a un punto di non ritorno dove sembra ormai certa la vittoria delle lobby omosessualiste.
Quasi ho voglia di ripetere con Bukoswki: «I gay non solo hanno tirato fuori gli scheletri dall'armadio ma sono riusciti in qualche modo a metterci anche noi». Penso che quando questi libretti saranno diffusi nelle scuole (e ciò accadrà non appena sarà approvata la legge contro l'omofobia), alcuni dei nostri bambini correranno il rischio di essere destabilizzati. Comunque vadano le cose, è fallace il punto di vista di chi dice “divieni ciò che sei”, dal momento che non esiste l'omosessualità come archetipo ma come nulla, come spazio vuoto e angoscioso della psiche.
Ma se il lettore ha una coltre di pelo sullo stomaco sufficientemente spessa, procederò all'apertura del tombino per lasciar fuoriuscire almeno uno di questi miasmi: «Nell'elaborazione dei compiti i docenti inventino situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio : “Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo..”»
Il linguaggio dei libercoli è antipoetico, cervellotico, pieno di citazioni di studiosi anglosassoni. Tale approccio scientista (mi viene in mente l'avversione di Leopardi per il progresso e per la psicologia) affonda il suo bisturi gelido nella poesia della calda vita familiare. Da secoli quest'ultima si genera eterna e incessante dall'incontro fra il maschio e la femmina e il mistero procreativo aleggia poi sulla dolcezza degli antichi dagherrotipi dove il nonno guarda teneramente la nonna mentre i nipoti ruzzano accanto al tavolo, dove viene fuori che la zia Lina ha sposato un militare di Alessandria e ha fatto quattro figli, dove nostro padre porta al Santuario di Loreto nostra madre con la Seicento. Ma quale poesia! Siamo arrivati a un punto di non ritorno dove sembra ormai certa la vittoria delle lobby omosessualiste.
Quasi ho voglia di ripetere con Bukoswki: «I gay non solo hanno tirato fuori gli scheletri dall'armadio ma sono riusciti in qualche modo a metterci anche noi». Penso che quando questi libretti saranno diffusi nelle scuole (e ciò accadrà non appena sarà approvata la legge contro l'omofobia), alcuni dei nostri bambini correranno il rischio di essere destabilizzati. Comunque vadano le cose, è fallace il punto di vista di chi dice “divieni ciò che sei”, dal momento che non esiste l'omosessualità come archetipo ma come nulla, come spazio vuoto e angoscioso della psiche.
Per ultimo vorrei invitare gli
omosessuali a difendersi dalle lobby gay. Non nego che essi siano finiti
nelle grinfie di queste ultime perché qualche rozzo buontempone ha
inflitto loro ferite profonde a suon di sberleffi e nomignoli. Si
ricordino allora di Gesù, della pace che solo Lui può dare. Gli dicano
le sofferenze, i pianti segreti, perfino la rabbia.
4 aprile 2014
fonte: http://www.lsblog.it
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