Roma, emblema dell’immobilismo e dei cantieri che non partono. O che se
partono, poi si fermano e non finiscono più. Domani saranno trascorsi
due mesi esatti, eppure sono ancora tutte lì le ferite causate dal
nubifragio che si è abbattuto sulla Capitale lo scorso 31 gennaio. A 60
giorni dall’acquazzone che ha provocato frane e smottamenti, aperto
voragini, distrutto strade e prolungato esponenzialmente i tempi già
biblici della mobilità capitolina, sono ancora tante, troppe le vie
chiuse al traffico.
Il risultato è che ci sono interi quadranti ostaggio degli ingorghi,
situazione cronica che finisce per condizionare, come un domino, tutta
la città. Non solo. Al momento soltanto alcuni cantieri sono partiti,
anche se a ritmo molto lento, mentre nella maggior parte dei casi c’è in
campo un esercito di esperti, ingegneri, geologi e avvocati, tutti
impegnati nel cercare di capire, caso per caso, quali siano le modalità
operative più adatte. Di ruspe e operai, però, in giro se ne vedono ben
pochi e la pazienza dei cittadini è già terminata da tempo, fra
maledizioni, invettive, lettere di comitati di quartiere arrabbiati,
prese in giro e contestazioni ironiche. In totale, abbiamo contato
almeno quindici situazioni veramente critiche, figlie dell’ondata di
maltempo di fine gennaio. Ma, anche a causa della scarsità di risorse
economiche a disposizione del Comune di Roma, di maestranze operative se
ne vedono poche, e nemmeno tutti i giorni.
In questo contesto, ad esempio fa specie vedere la frana che ostruisce
via del Foro Italico nella stessa situazione di due mesi fa. Un’arteria
fondamentale, la Tangenziale Olimpica, già trafficata in situazioni
normali, resa ormai impercorribile da quando il doppio senso è
assicurato su una corsia sola. Pazienza terminata anche sulla Cassia
Antica, dove lo smottamento di piazza dei Giuochi Delfici mette da
settimane in crisi Corso Francia e tutta Roma Nord. Fra la Panoramica
aperta in un solo senso di marcia e la Trionfale interdetta, poi, è
sempre più difficile scendere a valle da Monte Mario. Da Roma Nord a
Roma Ovest la distanza non è molta: basterebbe percorrere via Anastasio
II, che però è ancora chiusa per colpa di una buca gigante. Complicato
destreggiarsi al Gianicolo, dove è ancora lì il muro crollato su via
Porta San Pancrazio, così come la voragine di via Revoltella, a
Monteverde. Anche l’Aurelia è un disastro per i lavori di allargamento
della consolare, ma soprattutto per la chiusura al traffico di via di
Brava e via di Malagrotta.
TANGENZIALE
E BUROCRAZIA
Quella della Tangenziale Olimpica è la questione più sentita dai
romani, perché interessa un’arteria che collega la città da sud-est a
nord-ovest. La frana che si è abbattuta sulle barriere antirumore fra
viale Tor di Quinto e Corso Francia, in direzione Stadio Olimpico, è
ancora al suo posto. Nel frattempo, si è provveduto solo a regolare la
circolazione nei due sensi attraverso un «imbuto» sulla carreggiata
opposta. «Sono terminati i monitoraggi - assicura l’ufficio stampa
dell’assessorato capitolino ai Lavori Pubblici - Ora stiamo riempiendo
una cavità sotterranea. Ci vorranno ancora dai due ai tre mesi per
riportare tutto alla normalità». Eppure c’è chi sostiene che i tempi
potevano essere molto più stretti. Come l’Acer, Associazione Costruttori
Edili di Roma e Provincia, che a quattro giorni dallo smottamento aveva
presentato al sindaco Marino «a titolo gratuito» un dettagliato
progetto firmato dall’ingegner Alessandro Focaracci. Costo totale
dell’intervento: 1,4 milioni, da poter appaltare in brevissimo tempo.
Nonostante la proposta-lampo, tuttavia, si è preferito temporeggiare,
col risultato che a quasi due mesi di distanza il Comune è stato
costretto a far suo il progetto dell’Acer. «Era già tutto fatto - spiega
il presidente Edoardo Bianchi - Per evitare conflitti d’interesse,
avevamo anche chiesto di escludere dall’appalto le ditte che facevano
parte della nostra associazione. Eppure in Campidoglio non si sono
mossi. Eravamo pronti a lavorare anche sulle altre emergenze, ma data
questa situazione abbiamo desistito». Sull’argomento è pronta anche
un’interrogazione del consigliere comunale di Fdi, Fabrizio Ghera.
CASSIA ANTICA FERMA AL TAR
Ancor più incredibile la vicenda di piazza dei Giuochi Delfici. In
questo caso, a franare sulla strada è stato il muro di contenimento che
fa riferimento ad alcune villette private. Anche qui, Comune e Municipio
prevedono altri due mesi per riportare la situazione alla normalità,
per una spesa di 1,3 milioni. I lavori, però, dovranno essere eseguiti
«in danno», quindi pagati dai proprietari degli edifici. La cosa assurda
è che i preventivi richiesti dai privati parlano di una spesa massima
di appena 300mila euro: una differenza di 1 milione di euro che i
proprietari non sono disposti a pagare, a costo di prolungare i tempi di
recupero della strada. Ne è nato un contenzioso, con un ricorso urgente
al Tar del Lazio, che si pronuncerà mercoledì. Dopodiché, se non si
raggiungerà un accordo, probabilmente bisognerà attendere anche il
Consiglio di Stato. Nel frattempo, fra le proteste dei cittadini, il
cantiere aperto l’11 marzo non è mai partito, in quanto una perizia del
gruppo di progettazione del Comune vieta la rimozione dei detriti «per
non evitare ulteriori danni strutturali agli edifici». Il risultato è
che, specialmente di mattina, Corso Francia, Flaminia e Cassia sono
inavvicinabili.
MONTE MARIO FRANA PERENNE
Tutto fermo sulla «montagna di Roma». Sono chiuse al traffico da otto
settimane sia la Panoramica che la via Trionfale. Qui gli smottamenti
sono continui, l’ultimo dieci giorni fa, ma di operai al lavoro per
mettere in sicurezza la zona non se ne vedono. E nemmeno in Campidoglio,
dopo due mesi, sanno dare risposte certe. «Forse la prossima settimana
potremo fornire risposte più dettagliate», comunicano dal Dipartimento
Lavori Pubblici. Ad oggi, è molto difficile per gli automobilisti
scendere da Monte Mario a piazzale Clodio e viceversa.
AURELIO SENZA OPERAI
Qualcosa si muove, seppur molto lentamente, nella periferia ovest, dove
l’interdizione al traffico di via di Brava e via di Malagrotta ha messo
in ginocchio il quadrante da due mesi. In via di Brava, grazie
all’impegno della presidente di Municipio, Cristina Maltese, i lavori di
ripristino sono partiti, ma purtroppo vanno a singhiozzo: gli operai al
lavoro sono pochi, i residenti sono inferociti. E non è detto che si
riesca a completare entro aprile. Discorso ancor più complicato per via
di Malagrotta, dove insiste anche la raffineria collegata alla
discarica. Il problema è che queste due strade permettevano a chi
percorreva l’Aurelia di saltare a piè pari l’imbuto cittadino. Cosa che
oggi è assolutamente impossibile.
IN OSTAGGIO DELLE VORAGINI
Da un po’ di tempo a questa parte, quando a Roma si apre una buca un
po’ più profonda, i residenti tremano. Il terrore è che si possa finire
come a via Genzano (Tuscolana) o via Filarete (Pigneto), dove le
voragini sono lì, ferme, da un anno esatto. Così, c’è molta apprensione
fra la cittadinanza per la buca gigantesca di dieci metri che si è
aperta a via Anastasio II, arteria di collegamento fra la zona Clodio e
Valle Aurelia. Una zona «difficile», dove un’altra voragine, più
piccola, in precedenza aveva tenuto la carreggiata ristretta per ben
quattro anni. Altra buca, altro dramma infinito per i cittadini: questa
volta in via Revoltella, a Monteverde, strada interdetta al traffico
ormai dal un febbraio scorso. Qui nei giorni scorsi alcuni comitati
locali hanno lasciato un messaggio inequivocabile: «Mi nonna cor
cucchiaio faceva prima», il contenuto delle scritte spray. Ma nonostante
questo, non si è mosso molto. Negli ultimi giorni, a questa situazione
si sono aggiunte anche quelle di via Ciro da Urbino e via del Pigneto,
strade che hanno ceduto adesso ma che erano state già messe a dura prova
durante il nubifragio. Procede invece, a sorpresa, il cantiere di via
Tor Marancia: qui al lavoro ci sono gli operai di Acea Ato 2 ed entro
aprile la strada dovrebbe essere riaperta. Segno che, con organizzazione
e fondi a disposizione, i lavori si possono fare e si possono
concludere in tempo utile per la soddisfazione dei cittadini. Ma non è
questo il caso della capitale d’Italia.
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