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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

02/04/14

LA VICENDA DEI MARÒ TRATTENUTI IN INDIA È DI RILEVANZA INTERNAZIONALE




La lezione del “caso India”
Due anni costellati di errori, debolezze, acquiescenze, da non ripetere in futuro

Sulla incredibile vicenda dei nostri due fanti di Marina trattenuti in India si è già scritto molto, ma vale la pena esaminare con attenzione tutte le problematiche sollevate, al fine di evitare in futuro il ripetersi di questa inconcepibile sagra degli errori e di chiamare personaggi e istituzioni alle loro responsabi- lità. Partiamo dunque dall’origine, dall’art. 5 del DL 12 luglio 2011, n. 107, che consente di imbarcare team armati a protezione di naviglio mercantile nazionale che interessi acque infestate dalla pirateria: un testo monco, che non definisce il rapporto tra il comandante della nave e il personale militare, quasi che questi fossero semplici passeggeri. Si tratta ovviamente di un punto chiave, non ancora chiarito, perché non sappiamo se i militari avrebbero potuto opporsi alla decisione del comandante della Enrica Lexie di entrare nel porto di Cochin, così come non sappiamo se ci sia stato un nulla osta da parte delle Autorità italiane a tale deviazione dalla rotta ed eventualmente chi abbia dato tale nulla osta. Manca in realtà una chiara regolamentazione che non risulta essere stata emanata, se non per linee interne, al fine di evitare future incomprensioni.


Un secondo aspetto su cui puntare l’attenzione riguarda la decisione di Massimiliano La Torre e Salvatore Girone di accettare di lasciare la nave: è stata una decisione volon- taria? Chi li ha indicati agli agenti di polizia del Kerala? Da chi sono stati consigliati? Non sono quesiti dettati solo dalla curiosità, per- ché hanno una rilevanza giuridica di ordine addirittura costituzionale: la suprema Corte, infatti, chiamata a pronunciarsi nel 1996 sul caso Venezia (cittadino italiano di cui era stata chiesta l’estradizione in Florida, perché accusato di omicidio), definì l’illegittimità della consegna di un indagato a un Paese dove vigesse per il reato contestato la pena di morte. Le domande di cui sopra possono dunque portare alla definizione di ben precise e gravi responsabilità giuridiche.
Veniamo poi alla reazione delle nostre autorità di governo, che nella fase iniziale non hanno immediatamente coinvolto le istitu- zioni internazionali (Unione Europea, Nazioni Unite, Nato) dando l’impressione di considerare la questione sotto un profilo bilaterale, I due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Nella pagina seguente, la Enrica Le- xie in navigazione e ancora Latorre e Girone mentre il diritto del mare ha rilevanza per tutti i membri della comunità internazionale e con la sua azione l’India si è posta in contrasto con il resto del mondo; la situazione è stata quindi abilmente sfruttata dall’ineffabile Alto Rappresentante dell’UE, Catherine Ashon, che se ne è inizialmente lavata le mani, dichiarando che l’Unione non entrava nel merito di problemi bilaterali.
Mentre era palese fin dall’inizio che solo attivando pressioni (e minacciando pesanti con- tromisure) a livello internazionale sarebbe stato possibile ottenere un diverso comportamento da parte delle autorità di governo in- diane. Solo ora, a distanza di due anni, e per iniziativa non del nostro governo, ma del Commissario e Vice Presidente della Commissione Europea Antonio Tajani, si è iniziato ad agitare verso New Delhi lo spettro di un veto italiano alla conclusione dell’accordo commerciale tra India e UE (minaccia che può es-sere realmente efficace non solo verso l’India, ma anche verso quegli Stati membri dell’Unione tentati di girare la testa dall’altra parte). È chiaro che da un certo momento in poi l’Italia aveva le mani legate, ma, dopo qualche debole resistenza, è stato commesso l’errore fatale di accettare nei fatti la giurisdizione indiana, il che era da evitare accuratamente, almeno dal momento in cui i nostri si sono trovati al sicuro all’interno della nostra Ambasciata (che come noto, gode della prerogativa di extraterritorialità).


E non si tratta di un aspetto tattico, ma di una questione di principio irrinunciabile, come bene hanno fatto recentemente osservare sulla stampa il professor Ronzitti e la professoressa Del Vecchio: nessun Paese al mondo, India compresa, accetta di far giudicare all’estero propri agenti per fatti connessi all’esercizio delle proprie funzioni.
In campo iniziative deboli e contraddittorie Ancora qualche osservazione e quesito su decisioni ed eventi che si sono succeduti in questo lunghissimo periodo: perché il nostro Ministro della Difesa pro tempore ha deciso di elargire una sorta di indennizzo alle famiglie dei due pescatori indiani deceduti nell’incidente? È francamente debole la giustificazione data che non si è trattato di un’ammissione di colpa, ma di un gesto umanitario (forse che diamo un contributo a tutti i pescatori indiani vittime di incidenti?). Qualcuno era veramente convinto che, come avviene in Italia, tacitando la parte civile il tri- bunale fosse più clemente? Davvero si fatica a comprendere.
E ancora, perché si è supinamente ceduto quando, a fronte della decisione italiana comunque discutibile di non far rientrare i nostri in India al termine della ‘licenza’ in Italia, l’India ha minacciato di arrestare il nostro Ambasciatore? Era quello il momento di ‘vedere il bluff’ indiano: nessun Paese al mondo si può permettere di violare l’immunità diplomatica, se non estraniandosi dalla comunità internazionale, come ha fatto l’Iran di Komeini.
E le minacce, di cui si sussurra, contro gli interessi italiani in India: anche in questo caso un paese affamato di investimenti esteri non può dare di sé l’immagine di non rispettare criteri di correttezza economica e commerciale.
Peraltro c’era uno strumento giuridicamente ben più efficace di una decisione del go- verno di non riconsegnare i nostri: sarebbe bastato che qualche magistrato, aperto un fascicolo sui fatti, avesse trattenuto gli ‘in- dagati’, impedendone l’espatrio: di fronte alle inevitabili proteste avremmo potuto op- porre che, come da loro asserito per le istituzioni indiane, anche in Italia vige il principio dell’indipendenza assoluta della Magistratura e che di fronte ad una decisione di questa, il governo era impotente! Abbiamo invece preferito un atteggiamento accomodante, che si è rivelato disastroso.
E non si obietti che è facile dare giudizi ex post, perché queste cose sono state dette e scritte quando i fatti si verificavano.
Fare intervenire gli alleati internazionali Che fare ora? Purtroppo non c’è molto che si possa fare, se non pretendere dagli alleati, con molta più forza di quanto si sia fatto finora, non soltanto una solidarietà pura- mente formale, ma forti pressioni convergenti sul governo di New Delhi, le cui ambizioni po- litiche devono risultare fortemente compro- messe dal comportamento tenuto in tutta la vicenda. Sul piano bilaterale poi, il raffred- damento delle relazioni deve risultare evi- dente ed esibito in ogni circostanza, con conseguenze anche pratiche (politica dei vi- sti?). In tema di comportamenti inoltre, i nostri due militari non devono più lasciare l’Ambasciata, tanto meno presentarsi di fronte ai giudici, sia per evitare il rischio di essere arrestati, rischio contro il quale non ab- biamo nessuna garanzia, sia per dare piena evidenza che rifiutiamo la giurisdizione in- diana. Si potrebbe obiettare che così ri- schiamo di dover tenere in India i nostri per un periodo indeterminato, ma certo si evitano pericoli ben maggiori, sia per loro, sia per la dignità del Paese.

L’Associazione Nazionale Carabinieri esprime sentimenti di affettuosa vicinanza ai Marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e la convinta solidarietà alla Marina Militare e all’Associazione Nazionale Marinai d’Italia.
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L’AUTORE
Vincenzo Camporini, Ge- nerale di Squadra Aerea in quiescenza, già Presi- dente del CASD – Centro Alti Studi della Difesa (20040-6), Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare (2006-08) e successivamente Capo di Sta- to Maggiore della Difesa (2008-11), dal 2011 è Vice Presidente dello IAI – Istituto Affari Internazionali di Roma. Studioso e accademico, ha trattato le più attuali te- matiche della politica internazionale, fra cui la dimensione politico-militare dell’Unione europea e lo sviluppo delle sue capacità di utilizzare lo strumento milita- re nel quadro delle relazioni esterne
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di Vincenzo Camporini

fonte: http://www.assocarabinieri.it/fiamme_argento/2014/gennaio/doc/Fiamme_argento_gen_feb.pdf

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