Come è noto, Pietro Grasso non è un cuor di leone. Prima che approdasse in politica, la sua carriera in magistratura si è svolta tutta senza spigoli, non a caso quando si è trattato di individuare un capo per la Direzione nazionale antimafia il suo nome non ha trovato ostacoli. È la ragione per cui Travaglio lo detesta, rimproverandogli di aver soffiato il posto al suo amico Gian Carlo Caselli. Perché un tipo così, che per tutta la vita ha scansato i conflitti, domenica abbia deciso di sparare a palle incatenate contro la riforma del Senato voluta da Matteo Renzi, per me resta un mistero. Paura di perdere la poltrona di presidente di Palazzo Madama dopo averla faticosamente conquistata? Oppure è ammattito dopo che, in seguito a un fortuito caso, è stato proiettato ai vertici della Repubblica?
Probabilmente né l’una né l’altra cosa. Grasso, dopo anni trascorsi a schivare i veleni e le trappole palermitane, sa muoversi nella politica come un topo nel formaggio e, fiutata l’aria, ne segue la pista. E l’aria che tira è semplicemente quella enunciata senza troppi giri di parole dall’ex pm: il presidente del Consiglio non ha i numeri per far passare il disegno di legge che abolisce il Senato. Nonostante anche ieri il premier si sia mostrato spavaldo di fronte ai giornalisti e nonostante si sia fatto precedere da un’intervista al Corriere della Sera in cui poneva la fiducia sul provvedimento, dicendo che si gioca la faccia e dunque anche la poltrona, Renzi non ha in mano i voti che gli consentano di vincere. Come abbiamo spiegato più volte, l’ex Rottamatore è un giocatore d’azzardo e ogni volta forza la mano nella speranza che gli altri giocatori si ritirino dalla partita, ma forse questa volta ha commesso un errore e se i lettori avranno la pazienza di seguirmi cercherò di spiegare di che si tratta.
Tutto ha origine dalla legge elettorale, quella votata dalla Camera e che avrebbe dovuto approdare al Senato. Come si ricorderà, la legge si è resa necessaria dopo che la Corte costituzionale ha abolito il Porcellum. Ma attenzione, la cancellazione del sistema non ha creato un vuoto, come spesso sbagliando si sostiene: ha di fatto ripristinato il proporzionale puro, sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. Ne consegue che, se domani il Parlamento fosse sciolto, gli italiani sarebbero chiamati a scegliere senza che nessun premio di maggioranza possa favorire l’uno o l’altro partito, come invece è successo nelle ultime elezioni che hanno visto vincere, ma solo alla Camera, il Pd. Risultato, se si votasse domani, molto probabilmente nessun partito avrebbe la maggioranza, ma anzi, al contrario, ogni partitino avrebbe diritto di rappresentanza, anche il più piccolo. Ovviamente sarebbe il caos, ma anche la morte di Renzi, il quale probabilmente trionferebbe, conquistando un successo personale, ma senza avere i numeri per governare.
Tutto ciò per dire che quando l’ex sindaco minaccia le elezioni nel caso in cui il Parlamento non voti l’abolizione del Senato da lui voluta, agita una pistola scarica. Lui per primo, infatti, sa che, stanti le condizioni attuali, il voto non risolverebbe nulla, anzi, in certi casi rafforzerebbe i suoi nemici, ovvero la vecchia guardia del Pd, in quanto con il precedente sistema elettorale i parlamentari sarebbero eletti in base alle preferenze e dunque i signori delle tessere potrebbero vincere senza che Renzi possa far nulla per impedirlo.
L’errore del presidente del Consiglio è stato proprio quello di non cambiare subito la legge elettorale. Come ricorderete, all’inizio, quando il neosegretario del Pd decise di fare l’accordo per le riforme con Silvio Berlusconi, il sistema per votare era considerato la priorità delle priorità e nessuno ancora aveva affrontato il tema dell’abolizione del Senato. Certo, cancellare Palazzo Madama restava un progetto del premier, ma l’agenda di Renzi prevedeva altro. A costringere il Rottamatore a rottamare la sua stessa legge è stato il suo partito, che ha voluto anticipare la questione del bicameralismo perfetto, rinviando l’approvazione della legge elettorale.
Così ora il premier si trova in mezzo al guado, anzi nel pantano: non ha portato a termine l’approvazione definitiva delle norme che regolano la scelta dei parlamentari, ma intanto ha puntato tutte le sue carte elettorali, in vista del voto per le Europee, sulla cancellazione di Province e Senato e sugli 80 euro in busta paga. E però, se con la legge elettorale poteva sempre minacciare i riottosi di mandarli a casa e di non farli tornare mai più, adesso la minaccia è spuntata e i gattopardi del Pd, alleati con quelli di altri partiti, potrebbero metterlo con le spalle al muro.
Insomma, in vista delle elezioni Renzi si è giocato tutto ma rischia anche di perdere tutto. Ce la farà? Difficile rispondere, anche perché ha contro gli intellettuali di complemento, quel blocco reazionario che in nome dell’antifascismo ha sempre impedito ogni cosa. Soprattutto di voltare pagina.
di Maurizo Belpietro 1° aprile 2014
fonte: http://www.liberoquotidiano.it/news
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