....ma cosa sta accadendo in Italia ?
abolito il reato di clandestinità in concomitanza con lo svuotacarceri mentre sono previsti tagli alle forze dell'ordine......e poi....e poi.....e poi.....
È possibile che non venga valutata questa situazione in termini di ricadute e costi economici?
Se i senatori della commissione Giustizia del Senato avessero letto
i dossier preparati negli ultimi anni dall’efficientissimo Ufficio
studi di palazzo Madama, avrebbero facilmente verificato che il reato
penale di immigrazione clandestina esiste in quasi tutta l’Unione
europea, a cominciare dai tre maggiori paesi: Germania, Gran Bretagna e
Francia. Ai quali si è recentemente aggiunta l’Olanda, nonostante le sue
decennali tradizioni di tolleranza. Per la Spagna il reato è invece
amministrativo, ma con la sanzione del rimpatrio immediato: e tuttavia
Madrid ha realizzato una barriera anti-immigrati nel Marocco spagnolo e
pattuglia efficacemente le sue coste, via mare e via cielo.
Non si capisce dunque l’iniziativa per abrogare il reato di clandestinità nata dai grillini (sconfessati al solito da Beppe Grillo), fatta propria dall’intera sinistra e avallata dal governo. O meglio: la si capisce solo in un’ottica di retorica imperversante, buonismo e prove tecniche di nuove maggioranze, spostate a sinistra. Di queste potremo presto avere una controprova se nella Legge di stabilità entrerà, come pare, il reddito minimo garantito: che andrebbe benissimo se nel frattempo venisse abolita la cassa integrazione, dando modo alle aziende di ristrutturarsi e alleggerendo i conti pubblici.
In questo spreco di parole sui morti di Lampedusa nessuno, tanto più a sinistra ma neppure a destra, pare accorgersi che l’immigrazione non è solo un problema di anime belle, di asilo e solidarietà (questo aspetto esiste, ma è una parte minore), quanto invece economico, e legato a sua volta alle geopolitica, cioè al rapporto tra politica estera e interessi strategici sui vari scacchieri mondiali. Per questo motivo gli Usa, pur tra i loro alti e bassi, hanno sempre tenuto l’immigrazione sotto stretto controllo, chiunque ci sia alla Casa Bianca e qualsiasi maggioranza si formi al Congresso. Dall’altra parte del mondo, l’Australia ha tirato i freni sugli sbarchi, adottando la linea dei respingimenti in mare, quando si è intensificata la pressione migratoria dall’Indonesia, dall’Indocina, ed in prospettiva dai “nuovi poveri” della Cina e della Corea.
Quanto al Mediterraneo e alla sponda Nord dell’Africa, la situazione è sotto gli occhi di tutti. Le primavere arabe si sono rivelate un flop, creando governi instabili e sotto ricatto dei fondamentalisti. Le aziende italiane, in particolare l’Eni, hanno già pagato dazio in Libia, in Tunisia, in Algeria. E adesso si è aggiunta la Siria con tutto ciò che le sta dietro. È possibile che non venga valutata questa situazione in termini di ricadute e costi economici, oltre all’aspetto - ripetiamo doveroso, ma minoritario - del diritto d’asilo? Un paese come la Germania, che anche soppesando questi aspetti non volle partecipare alla guerra di due anni fa contro i dittatori nordafricani, ha rivisto, irrigidendola, l’intera sua politica dell’immigrazione. Altrettanto fa la Francia, che invece in quella guerra fu parte attiva: ne abbiamo avuto un esempio tangibile a Ventimiglia. L’Italia? Trascinata suo malgrado nell’appoggio militare alle primavere arabe, contraria all’ipotesi di intervento in Siria, rischia di pagare il contro più pesante proprio sull’immigrazione clandestina. Il tutto in nome della retorica, della piccola bottega politica, e di una sostanziale ignoranza di ciò che sta accadendo a pochi chilometri da noi in termini di politica estera e di interessi collegati.
Nessuna stima del rapporto a medio e lungo termine tra costi e benefici è stata neppure tentata. Tanto meno si è pensato a una consultazione, magari non vincolante, dell’opinione pubblica, come si è fatto in Olanda e Svizzera. Ma è normale?
Non si capisce dunque l’iniziativa per abrogare il reato di clandestinità nata dai grillini (sconfessati al solito da Beppe Grillo), fatta propria dall’intera sinistra e avallata dal governo. O meglio: la si capisce solo in un’ottica di retorica imperversante, buonismo e prove tecniche di nuove maggioranze, spostate a sinistra. Di queste potremo presto avere una controprova se nella Legge di stabilità entrerà, come pare, il reddito minimo garantito: che andrebbe benissimo se nel frattempo venisse abolita la cassa integrazione, dando modo alle aziende di ristrutturarsi e alleggerendo i conti pubblici.
In questo spreco di parole sui morti di Lampedusa nessuno, tanto più a sinistra ma neppure a destra, pare accorgersi che l’immigrazione non è solo un problema di anime belle, di asilo e solidarietà (questo aspetto esiste, ma è una parte minore), quanto invece economico, e legato a sua volta alle geopolitica, cioè al rapporto tra politica estera e interessi strategici sui vari scacchieri mondiali. Per questo motivo gli Usa, pur tra i loro alti e bassi, hanno sempre tenuto l’immigrazione sotto stretto controllo, chiunque ci sia alla Casa Bianca e qualsiasi maggioranza si formi al Congresso. Dall’altra parte del mondo, l’Australia ha tirato i freni sugli sbarchi, adottando la linea dei respingimenti in mare, quando si è intensificata la pressione migratoria dall’Indonesia, dall’Indocina, ed in prospettiva dai “nuovi poveri” della Cina e della Corea.
Quanto al Mediterraneo e alla sponda Nord dell’Africa, la situazione è sotto gli occhi di tutti. Le primavere arabe si sono rivelate un flop, creando governi instabili e sotto ricatto dei fondamentalisti. Le aziende italiane, in particolare l’Eni, hanno già pagato dazio in Libia, in Tunisia, in Algeria. E adesso si è aggiunta la Siria con tutto ciò che le sta dietro. È possibile che non venga valutata questa situazione in termini di ricadute e costi economici, oltre all’aspetto - ripetiamo doveroso, ma minoritario - del diritto d’asilo? Un paese come la Germania, che anche soppesando questi aspetti non volle partecipare alla guerra di due anni fa contro i dittatori nordafricani, ha rivisto, irrigidendola, l’intera sua politica dell’immigrazione. Altrettanto fa la Francia, che invece in quella guerra fu parte attiva: ne abbiamo avuto un esempio tangibile a Ventimiglia. L’Italia? Trascinata suo malgrado nell’appoggio militare alle primavere arabe, contraria all’ipotesi di intervento in Siria, rischia di pagare il contro più pesante proprio sull’immigrazione clandestina. Il tutto in nome della retorica, della piccola bottega politica, e di una sostanziale ignoranza di ciò che sta accadendo a pochi chilometri da noi in termini di politica estera e di interessi collegati.
Nessuna stima del rapporto a medio e lungo termine tra costi e benefici è stata neppure tentata. Tanto meno si è pensato a una consultazione, magari non vincolante, dell’opinione pubblica, come si è fatto in Olanda e Svizzera. Ma è normale?
fonte ilVelino/AGV NEWS Roma
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