A 25 anni dalla caduta del muro di Berlino la questione rimane ancora aperta: “Buone recinzioni fanno ancora buoni vicini”? Dalla Grande Muraglia della Cina, la cui costruzione iniziò sotto la dinastia Qin, al Vallo Antonino, costruito in Scozia per sostenere il Vallo di Adriano, il “muro” è stato una costante nella protezione dei confini di cui si rivendica la sovranità, in Oriente e in Occidente. Negli ultimi anni al fenomeno è stato dato rinnovato vigore in tutto il mondo, sia in Nord America che in Europa (con la recinzione del confine greco), ma anche in Asia (per esempio in India) o in Medio Oriente. Ma il successo di queste nuove mura per lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni (o addirittura, all’interno delle nazioni) rimane poco chiaro. Che ruolo gioca il muro nello sviluppo della sicurezza e dell’insicurezza? “Ogni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro, ha sempre avuto davanti a sé tre possibilità di scelta: fargli la guerra, isolarsi dietro a un muro o stabilire un dialogo (…) L’esperienza di tanti anni trascorsi in mezzo agli altri di paesi lontani mi insegna che la benevolenza nei loro confronti è l’unico atteggiamento capace di far vibrare la corda dell’umanità” annotava qualche anno fa il grande saggista e reporter polacco, Ryszard Kapuściński.
La lista dei “muri” che si sono aggiunti o hanno “sostituito” quello di Berlino, è lunghissima, a testimonianza di come le barriere storiche non solo non sono cadute, ma sono persino aumentate dopo la Seconda Guerra mondiale. C’è il muro costruito dagli israeliani lungo il confine con la Cisgiordania, che Israele ritiene essenziale per proteggersi dagli attacchi, ma che per i palestinesi è un vero e proprio “muro dell'apartheid”. A separare gli Stati Uniti dal Messico è invece un muro di 3.140 chilometri, costruito a partire dal 1994 lungo la frontiera di confine, mentre a Rio de Janeiro ne è comparso uno, ufficialmente per proteggere la foresta dall’espandersi delle baraccopoli, ma che secondo i critici si tratta di un tentativo di ghettizzare i poveri. C’è la barriera che si trova a Ceuta e Melilla, territorio appartenente politicamente alla Spagna ma geograficamente al Marocco, che segna idealmente la linea di divisione, invalicabile, tra l’Africa e l’Europa. C’è poi un muro d’acqua, quello che divide il Nord Africa dall’Europa, con le migliaia di morti che si porta dietro. Ma anche il muro cittadino di Padova, costruito nel 2006 per arginare lo spaccio di droga.
A 25 anni di distanza, rileva l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), “è quasi impossibile contare il numero di strutture che dividono le popolazioni sulla base delle differenze di censo, lingua, nazionalità o per impedire ai migranti di raggiungere i paesi più sviluppati”. L’imprevedibilità dei fenomeni internazionali sembra segnalare che il maggior lascito della caduta del Muro sia “l’evidenza della difficoltà di un nuovo ordine basato sull’egemonia occidentale, che tanto apparve scontato allora”. Nuovi muri, simbolici di nuove fratture e nuovi contrasti, sembrano condizionare l’attuale sistema internazionale. Questi che seguono sono i “muri” più famosi alzati negli ultimi decenni nel mondo, che separano nazioni, città, popolazioni, ma la lista potrebbe essere molto più lunga. Ce n’è uno di 150 chilometri tra Sudafrica e Mozambico costruito nel 2012, un altro tra Uzbekistan e Kirghizistan del 2009. C’è poi la barriera eretta nel 2006 per limitare gli scontri settari tra sciiti e sunniti, in Iraq, e il muro del 2001 tra Malesia e Thailandia nato per impedire i traffici illegali tra i due paesi, così come l’infiltrazione di potenziali destabilizzatori.

Corea del Nord/Corea del Sud (1953). Lunga 240 chilometri e larga 4 km, la Zona demilitarizzata coreana (Zdc) separa le due Coree lungo la linea tracciata dall’armistizio del 1953, il famoso 38esimo parallelo che in precedenza rappresentava il confine tra i due paesi. Al centro della Zdc corre la Linea di demarcazione militare coreana, che indica l’esatta posizione del fronte di guerra al momento dell’armistizio. La zona fu creata appunto quando la guerra tra le due Coree, nel corso della quale morirono tre milioni di persone, si concluse con un cessate il fuoco. Per molti anni è stato uno dei simboli della Guerra Fredda e anche ora, nonostante le iniziative per la riconciliazione tra i due paesi, rimane un simbolo della tensione latente nella penisola.

Muro della pace (Irlanda del Nord, 1969). Le cosiddette “linee della pace” in Irlanda del Nord cominciarono ad apparire 40 anni fa a Belfast, inizialmente come misura temporanea, ma hanno continuato a crescere negli anni. Si tratta di una serie di barriere che separano le comunità cattoliche e protestanti, di dimensioni variabili da poche centinaia di metri a 5 chilometri di lunghezza. Sarebbero 99 in tutto i muri che in tre decenni di violenze – costate 3.500 morti su un totale di 1,8 milioni di abitanti – hanno contribuito a separare le due comunità. Rimangono in piedi – come attrazione turistica - nonostante il conflitto sia formalmente arrivato a una conclusione nel 1998, con la firma dell’Accordo del venerdì santo. La prima di queste recinzioni fu eretta nel 1969, a seguito di disordini nella zona ovest di Belfast. L’ultima è stata costruita di recente, nel parco di una scuola elementare nel nord di Belfast, dopo un periodo in cui le tensioni avevano registrato una nuova escalation.
Linea verde (Cipro, 1974). Le violenze tra ciprioti turchi e greci nei primi anni ‘60 ha portato a un intervento delle Nazioni Unite e alla definizione di una linea di cessate il fuoco. Le forze turche hanno invaso e occupato la parte settentrionale dell’isola nel 1974 in risposta a un colpo di Stato da parte dei greco-ciprioti, sostenuti dalla Grecia. Quella che era conosciuta come la “linea verde” è diventato quindi una barriera completamente invalicabile. Separa la parte meridionale – a maggioranza greca – dalla parte settentrionale – sotto il controllo turco, e si estende per 180 km da Kokkina a Famagosta, dividendo di fatto l’isola in due e separando la stessa capitale, Nicosia. Nel 2003, il confine è stato finalmente riaperto. Entrambe le comunità possono ora attraversare dall’altra parte dopo quasi tre decenni di separazione.

Marocco/Sahara Occidentale (1982). I saharawi e marocchini che abitano il Sahara Occidentale si stanno contendendo la legittima proprietà di quel territorio da quando la Spagna ha terminato la sua occupazione e si è ritirata nel 1976. Nel 1980, dopo aver inglobato parte della zona, il Marocco ha cominciato la costruzione di un muro nel deserto, con l’obiettivo di difendersi dal Fronte Polisario, un movimento politico e militare che cerca l’indipendenza dal Marocco e l’autonomia per il popolo saharawi. La recinzione, completata nel 1987, è in realtà un insieme di sei diversi mura. La sua lunghezza totale è più di 2700 chilometri, ed è costituita da una miscela di sabbia e pietra, filo spinato, fossati e campi minati. Le Organizzazioni per i diritti umani lo definiscono il “muro della vergogna”, condannando l’uso delle mine antiuomo lungo il suo tracciato.

India, Pakistan e “Linea di controllo” (Kashmir, 1980-1990). Il confine tra India e Pakistan è uno dei più “labili” del pianeta. Muri, recinzioni di filo spinato e barricate si estendono lungo quasi la metà dei 2.900 chilometri di confine. Delhi ha detto che intende estendere la barriera lungo quasi tutta la frontiera. Alla fine degli anni ‘80, l’India ha iniziato erigere barriere negli stati del Punjab e del Rajastan, dicendo di averne bisogno per combattere il terrorismo. Un’altra causa di tensione è l'uso di barriere di filo spinato in combinazione con mine e altri dispositivi ad alta tecnologia, lungo quasi tutta la cosiddetta “Linea di Controllo”, il confine de facto tra India e Kashmir. Anche nota come il “Muro di Berlino” asiatico, la Linea di controllo divide i territori controllati dall’India e quelli controllati dal Pakistan nella regione contesa del Kashmir. La costruzione della barriera è terminata nel 2004.

Marocco/Spagna (Ceuta e Melilla, 1995). Alla fine del 20esimo secolo la Spagna ha deciso di costruire due barriere a Ceuta e Melilla per evitare la massiccia immigrazione clandestina dall’Africa. Queste due città autonome, situate al di là dello stretto di Gibilterra nel bel mezzo del territorio africano, rappresentano il più facile accesso verso l’Europa dall’Africa. Eretti nel 1990, i muri di 8,2 chilometri a Ceuta e di 12 km a Melilla, da allora sono stati modernizzati. L’ondata di immigrazione illegale in Spagna registrata all’inizio del 2000 ha portato le autorità spagnole ed europee a rafforzare la sicurezza, costruendo tre recinzioni parallele in ogni città. L’altezza di ciascuna parete è stata aumentata a 6 metri, sono installate telecamere a infrarossi, nonché sensori acustici e di movimento e torri di controllo. E ha fatto notizia la foto - scatta qualche settimana fa a Ceuta - che immortala una partita a golf dei “ricchi” occidentali, noncuranti degli immigrati che a pochi metri da loro tentano di scavalcare la recinzione.

Israele/Palestina (2002). La “barriera di separazione israeliana” è lunga circa 575 kilometri (740 km a opera ultimata), circa il doppio della lunghezza della “linea verde”, il confine internazionalmente riconosciuto che divide i territori palestinesi dallo stato di Israele. La barriera che separa Israele dalla Cisgiordania è una mix di recinzioni, filo spinato, fossati e di cemento alto fino a 8 metri. Alcune sezioni includono anche sensori, sabbia - per aiutare a identificare le impronte - strade di pattugliamento e “zone cuscinetto” fino a 60 metri di larghezza. Il governo israeliano ha approvato la costruzione della barriera nel 2002. L’85 per cento di esso è costruito su terra palestinese e solo il 15 per cento della barriera segue la cosiddetta “linea verde”. Nel 2004, la barriera è stata ritenuta illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia. La posizione ufficiale di Israele è che il muro è una “barriera di sicurezza” per difendere i propri cittadini dagli attacchi dei palestinesi. I palestinesi, d’altra parte, lo vedono come un “muro dell'apartheid” che minaccia i loro diritti umani, e credono che il suo vero obiettivo sia quello di espandere il territorio israeliano. Il muro è diventato negli anni una sorta di galleria a cielo aperto di artisti che con le loro opere criticano la costruzione. Famosa l’opera dello street artist britannico, Banksy, che ha immaginato una bambina portata al di là del muro da una manciata di palloncini.

Botswana-Zimbabwe (2003). Tra Zimbawe e Botswana, in Africa, c'è una barriera elettrificata che corre lungo la frontiera tra i due paesi. In questo caso, il motivo ufficiale è quello di impedire che gli animali selvatici passino da un Paese all'altro, ma in realtà fa comodo al Botswana per arginare l’immigrazione di profughi in arrivo dallo Zimbabwe. Il recinto di filo spinato è alto 2 metri e si estende su un 500 km.

Stati Uniti/Messico (2006). Il confine tra il Messico e gli Stati Uniti è lungo 3.200 km. Il governo Usa ha costruito un muro di metallo lungo un terzo di esso, per un costo stimato finora di 2,5 miliardi di dollari, per impedire l’arrivo di immigrati clandestini provenienti dal Messico e dall’America Centrale. I primi ostacoli in realtà cominciarono ad apparire nel 1991, ma nel 1994 gli Stati Uniti hanno ufficialmente deciso di rafforzare la loro sorveglianza e hanno ampliato il muro sotto l’“Operation Guardian”. Secondo la Commissione nazionale messicana dei diritti dell'uomo, più di 5.600 immigrati clandestini sono morti nel tentativo di attraversare il confine negli anni successivi. La maggioranza è morta a causa delle alte temperature nel deserto. Secondo le stime, ogni anno sarebbero 350mila le persone che attraversano la barriera legalmente, e 500mila quelle che la attraversano in maniera illegale. L’altezza media del muro è di 4-5 metri. Gli Stati Uniti hanno iniziato anche la costruzione di un “muro virtuale”, fatto da una serie di dispositivi tecnologici come sensori a infrarossi, telecamere, radar, torri di avvistamento e sensori a terra.

Iran/Pakistan (2007). Nel 2007 l’Iran ha iniziato a costruire un muro al confine con il Pakistan, in una zona conosciuta come Belucistan. Le autorità sostengono che l’obiettivo di Teheran è quello di impedire la diffusione di attività illegali, come la circolazione delle merci sul mercato nero, il traffico di droga e l’immigrazione clandestina, ma anche per rallentare l’arrivo di estremisti islamici. La recinzione, quando ultimata, potrebbe raggiungere i 700 chilometri di lunghezza e i 3 metri di altezza e si disnoda in territorio iraniano nei pressi del confine, da Taftan a Mand.

- 08 novembre 2014   
fonte ilVelino/AGV NEWS Roma