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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

01/01/15

2015, come superare la tempesta perfetta

Analisi comparata dell’andamento e delle prospettive per le economie mondiali. Dall’Italia al resto del mondo, l’anno che verrà stabilirà il ruolo e il peso di ciascuno per il prossimo decennio

A board displaying currency exchange rates is reflected in a shop window in central Moscow


“…Non cambia niente, non c’è niente di nuovo. È la stessa vecchia, tetra atmosfera di crisi, la sensazione che non possa peggiorare ancora molto senza che qualcosa ceda. Ma non cede niente. Si moltiplicano soltanto i luoghi comuni: la rovina, il crollo, la nave dello stato che affonda, il punto di non ritorno, l’equilibrio precario, l’edificio pericolante, il tempo che scorre inesorabile…”. Questo non è un editoriale dell’anno in corso pronunciato da un economista o un intellettuale, ma un testo scritto nel 1788 estratto da La storia segreta della rivoluzione (Hilary Mantel, Fazi 2014), che racconta il periodo della Rivoluzione Francese.

La fine del 2014 è stata caratterizzata da due eventi di segno opposto. “Todos somos americanos” ha affermato il presidente americano Barack Obama annunciando la storica richiesta al Congresso di mettere fine all’embargo (el bloqueo) verso Cuba, in vigore da oltre cinquantacinque anni. “Il muro di Berlino è crollato, ma si costruiscono nuovi muri nonostante i nostri tentativi di collaborare. L’espansione della NATO non è forse un muro, un muro virtuale?” ha affermato il presidente russo Vladimir Putin nella conferenza di fine anno a proposito delle sanzioni imposte dagli USA e dall’UE alla Russia dopo la crisi Ucraina. La profonda incertezza che caratterizza gli scenari internazionali, nell’era della globalizzazione, rischia di condizionare in modo importante le possibilità di ripresa economica dell’Italia nel 2015.

I dati macroeconomici dell’eurozona sono desolanti e descrivono un continente in stagnazione, in cui l’eventualità della deflazione è sempre più vicina. Nel terzo trimestre il PIL medio è cresciuto del +0,2%, era stato del +0,1% nel secondo trimestre, mentre la formazione di capitale si è ridotta del -0,1%. La produzione industriale a ottobre è cresciuta rispetto a settembre mediamente del +0,1%, l’occupazione nel terzo trimestre è cresciuta in media del +0,2%, era cresciuta del +0,3% nel secondo trimestre, e il tasso medio di disoccupazione è all’11,5%. Il reddito medio in agricoltura si è ridotto con picchi del -15% in Belgio, il costo del lavoro medio, misurato su base annuale, è sceso del -1,3% e l’inflazione media si è attestata al +0,3% annuo. Infine, la bilancia degli scambi dei beni con il resto del mondo ha registrato in ottobre un saldo positivo di +24 miliardi, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

I mali dell’economia italiana

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In Italia il quadro macroeconomico è più grave. Il PIL si è ridotto nel terzo trimestre del -0,5% ed è previsto un sostanziale prolungamento al quarto trimestre della stagnazione (variazione del PIL compresa tra -0,2% e +0,2%), il che porta la stima della variazione del PIL nell’anno a -0,3%. Quindi, siamo nel terzo anno consecutivo di recessione: -2,4% (2012), -1,9% (2013) e -0,3% (stimato 2014). La produzione industriale si è ridotta del -3% su base annua, segnalando la sostanziale debolezza del settore manifatturiero, mentre nell’industria delle costruzioni, considerata il volano della ripresa economica, si è registrato un calo della produzione del -4,3%.

Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il record del 13,2% (43,3% tasso di disoccupazione giovanile), con un calo di oltre 50.000 occupati tra settembre e ottobre. Il tasso d’inflazione mensile a novembre è stato del -0,2%, il che porta la stima annuale del tasso d’inflazione al +0,2%. Il saldo attivo commerciale nei primi dieci mesi dell’anno è stato di +33,6 miliardi (+70,4 miliardi al netto della bolletta energetica), con un aumento del +2,9% delle esportazioni, in particolare per la crescita delle vendite verso i mercati dell’UE (+4,7%). Ma nel mese di ottobre si è evidenziata una dinamica divergente nelle vendite estere: +1,8% quelle diretto verso i Paesi dell’UE, -1,2% quelle dirette verso i Paesi extra-UE.

Il Documento di Economia e Finanza approvato dal parlamento prima della pausa natalizia ha confermato la strategia del governo del premier Matteo Renzi di voler riavviare la crescita attraverso un sostegno diretto e indiretto alla domanda privata (consumi e investimenti). Ma la profondità della crisi rende difficile il realizzarsi di una significativa inversione della congiuntura recessione-deflazione. I consumi in Italia sono crollati ai livelli del 1999 (813 miliardi), con una riduzione di 66,5 miliardi rispetto al 2007, mentre gli investimenti hanno fatto segnare un ulteriore calo del 2,3% nel 2014, principalmente nella spesa in macchinari e attrezzature e quella nei beni della proprietà intellettuale, cioè nei principali fattori di accumulazione del capitale.

La ricchezza finanziaria netta delle famiglie ha raggiunto i 4.000 miliardi, a testimonianza di generali aspettative negative sul ciclo economico. Ipotecano la ripresa, infatti, gli antichi e ben noti mali dell’economia italiana: scarsa capitalizzazione delle imprese, scarsa qualità del management, scarsa innovazione tecnologica di qualità, scarsa penetrazione dell’IT nelle imprese, scarsa produttività dei fattori, scarsa attenzione al capitale immateriale, scarsa lotta contro la rendita che si appropria di gran parte della ricchezza prodotta dal Paese e, infine, scarsa capacità di immaginare una qualsiasi forma di politica industriale.

Questa l’eredità di decenni di svalutazioni competitive che si somma alla più profonda crisi economica e finanziaria dal dopoguerra (la crescita dell’economia mondiale è attesa del +3,3% nel 2014, ben lontana dal +5,2% di prima della crisi dei mutui subprime). Anche il repentino dimezzamento del prezzo del petrolio che ha raggiunto i 59 dollari al barile – e che in tempi normali sarebbe salutato come un evento favorevole soprattutto per le economie di trasformazione ed energivore come quella italiana – rischia di rappresentare un ulteriore freno alla ripresa per le conseguenze sulla bilancia dei pagamenti di gran parte dei Paesi produttori che, come la Russia, sono anche partner commerciali dell’Italia (-16% le esportazioni verso Mosca su base annua a ottobre).

Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan:“
Ma il 2015 potrebbe essere l’anno della svolta”…..
   
Le economie avanzate mostrano gradi diversi di ripresa e le stime danno una crescita media del +1,8%, dovuta in massima parte all’ottima performance dell’economia statunitense e del Regno Unito, che contano per il 12% dei flussi di scambio mondiali dell’Italia come la sola Francia.

Le economie asiatiche e pacifiche sono attese a una crescita del +5,5%, come lo scorso anno, ma il loro peso nelle esportazioni globali italiane è molto basso (1,5% per il Giappone, 0,8% per l’India e 2,5% per la Cina). Inoltre, pesano sulle loro prospettive economiche la crisi dell’Abenomics e il ri-orientamento verso una crescita della domanda interna dell’economia cinese.

In America Latina è attesa una crescita decimale (0,7%), quando non una vera recessione come in Argentina e Venezuela. Il Nord Africa e il Medio Oriente, condizionati dalla caduta dei prezzi del petrolio e del gas e dalle guerre, sono attesi a una crescita attorno al 2%. Troppo poco per sperare in un’esplosione delle esportazioni, capace di rivitalizzare l’economia italiana.

Le dense nubi che avvolgono il Bel Paese prefigurano allora l’eventualità di una tempesta perfetta dagli esiti economici e sociali imprevedibili. Il problema della crescita economica mondiale è l’eurozona, ma senza un deciso cambio di prospettiva e di politiche economiche nell’UE non si ha nessuna ripresa economica. Il 2015 sarà l’anno della verità per l’Italia, ma anche per l’euro e la stessa Unione Europea. Incrociamo le dita e speriamo che prevalga il buon senso sulla rigidità delle regole arbitrarie e dei trattati.

www.lookoutnews.i - 1 gennaio 2015

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