Ecco le nomination per il post-Napolitano. Un evitabile teatrino di indiscrezioni e autocandidature
Ci
sono le teste di serie, i politici buoni per ogni successione. Anche
quest’anno entrati di diritto nella corsa verso il Quirinale. E poi ci
sono gli outsider, quelli in gara per la prima volta. Sembra
che le candidate di sesso femminile partiranno in vantaggio. Così come
gli aspiranti presidenti più giovani - l’articolo 84 della Costituzione
fissa il limite minimo d’età a cinquant’anni - e meno legati ai partiti
tradizionali. I più ambiziosi hanno già iniziato a mettersi in mostra. I
più furbi, al contrario, stanno bene attenti a nascondere le proprie
aspirazioni. Del resto la regola aurea per conquistare la Presidenza
della Repubblica è la stessa da decenni: chi è al centro dell’attenzione
rischia di bruciarsi, a spuntarla sono sempre i meno chiacchierati.
Intanto il teatrino è già partito, come se il Paese ne sentisse
davvero la necessità. Per avviare la gara è bastato pubblicare la
non-notizia delle probabili dimissioni di Giorgio Napolitano. E nel giro
di un paio di giorni gli italiani si sono ritrovati al centro
dell’ennesimo, vorticoso, toto-Quirinale. Il rischio è che stavolta la
gara sarà lunga ed estenuante. Nella migliore delle ipotesi il
presidente lascerà alla fine dell’anno: due mesi abbondanti di
indiscrezioni e candidature. Ma stando alle speranze di Palazzo Chigi,
la successione al Colle avverrà solo la prossima primavera. Paralizzando
inevitabilmente l’azione politica per sei, interminabili, mesi.
Intanto sfilano i candidati, veri o presunti. Si studiano gli accordi
tra i partiti, si ragiona sulle qualità e le tare di ciascun aspirante
presidente. Una passerella che almeno ha l’indubbio merito di mettere in
mostra il meglio - e il peggio - dell’élite politica italiana. Utile
criterio per valutare la nostra classe dirigente.
Impossibile non partire dai candidati di diritto. I politici che ai
blocchi di partenza si posizionano sistematicamente, ad ogni
successione. Romano Prodi ad esempio. L’ultima volta il Professore ha
persino sfiorato il traguardo. Candidato dal centrosinistra è giunto
fino al portone del Quirinale, prima di venire accoltellato nell’ombra
del voto segreto da 101 franchi tiratori. Stavolta può riprovarci
(ovviamente respingendo pubblicamente qualsiasi candidatura, ché Prodi
le regole della gara le conosce bene). Al suo fianco c’è l’inevitabile
Giuliano Amato. Il dottor Sottile, forte anche lui di un passato a
Palazzo Chigi, punta sull’esperienza e sulla trasversalità dei suoi
sostenitori. E vanta un curriculum di tutto rispetto: in pochi possono
raccontare di aver partecipato a così tante corse al Colle. Non può
mancare Massimo D’Alema. Più che una salita al Quirinale, però, la sua
rischia di diventare una missione impossibile. Inevitabilmente
ostacolata dalla siderale distanza che lo separa da Renzi e Berlusconi.
A queste considerazioni se ne aggiungono altre. Matteo Renzi è
davvero disposto a puntare su un presidente di peso? Il premier -
raccontano - avrebbe tutto l’interesse a far eleggere un Capo dello
Stato in versione “passacarte”. Una personalità di tutto rispetto, per
carità. Ma certo non un ostacolo alla sua azione di governo. Un indizio
dopo l’altro si disegna il profilo del perfetto presidente della
Repubblica. Intanto, mai come stavolta, a spuntarla potrebbe essere una
donna. Sarebbe la prima nella storia repubblicana. Ad ascoltare le
dichiarazioni di questi giorni la scelta sembra inevitabile. «L’Italia è
finalmente pronta per un presidente con la gonna» ripetono in tanti.
Tutto sta ad agire coerentemente nel segreto dell’urna. E così ecco
spuntare il nome di Emma Bonino, leader radicale, già ministro degli
Esteri nell’ultimo governo Letta (ma allontanata dalla Farnesina proprio
ad opera dell’attuale premier). In gara con lei ci sono la titolare
della Difesa Roberta Pinotti e la presidente della commissione Affari
costituzionali di Palazzo Madama Anna Finocchiaro. Distaccata già in
partenza la presidente della Camera Laura Boldrini.
C’è chi scommette su Mario Draghi, pronto a trasferirsi da
Francoforte a Roma. Qualcuno punta forte su Letta. Gianni o Enrico,
vanno bene entrambi. Il primo, apprezzato consigliere dell’ex Cavaliere
Berlusconi. Il secondo, ultimo presidente del Consiglio prima del cambio
di governo dello scorso febbraio. Tutti e due possono contare su un
sostegno bipartisan, ma su di loro pesa l’incognita del giudizio di
Matteo Renzi. La pioggia di candidati già batte scrosciante. Potrebbero
entrare nel giro il sempreverde Walter Veltroni e il presidente della
Regione Piemonte Sergio Chiamparino. Onestamente più difficili le
scalate del ministro Dario Franceschini e dell’ex leader della
Margherita Francesco Rutelli.
Può giocare la carta della trasversalità Pier Ferdinando Casini, ex
alleato di Berlusconi e oggi entusiasta interlocutore di Renzi. Chissà
se basterà. Lo stesso vantaggio ce l’ha Pietro Grasso, presidente del
Senato. Con il passare delle ore si infittiscono le nomination, come le
raramente informate indiscrezioni dal Palazzo. E la successione del
presidente della Repubblica assume le tragicomiche fattezze di un
reality show. Ai partiti, un unico avvertimento. L’ultima volta, preso
atto della propria incapacità di convergere su un nome condiviso, sono
riusciti a salvare la faccia convincendo Napolitano a restare al suo
posto. Stavolta non ci saranno scappatoie
Marco Sarti - 11 novembre 2014
fonte: http://www.linkiesta.it
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