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Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai.

(Bertrand Russell)

11/11/14

Che noia il toto-Quirinale, sembra un reality show

Ecco le nomination per il post-Napolitano. Un evitabile teatrino di indiscrezioni e autocandidature
Andreas Solaro/Afp/Getty Images

Andreas Solaro/Afp/Getty Images


Ci sono le teste di serie, i politici buoni per ogni successione. Anche quest’anno entrati di diritto nella corsa verso il Quirinale. E poi ci sono gli outsider, quelli in gara per la prima volta. Sembra che le candidate di sesso femminile partiranno in vantaggio. Così come gli aspiranti presidenti più giovani - l’articolo 84 della Costituzione fissa il limite minimo d’età a cinquant’anni - e meno legati ai partiti tradizionali. I più ambiziosi hanno già iniziato a mettersi in mostra. I più furbi, al contrario, stanno bene attenti a nascondere le proprie aspirazioni. Del resto la regola aurea per conquistare la Presidenza della Repubblica è la stessa da decenni: chi è al centro dell’attenzione rischia di bruciarsi, a spuntarla sono sempre i meno chiacchierati. 
Intanto il teatrino è già partito, come se il Paese ne sentisse davvero la necessità. Per avviare la gara è bastato pubblicare la non-notizia delle probabili dimissioni di Giorgio Napolitano. E nel giro di un paio di giorni gli italiani si sono ritrovati al centro dell’ennesimo, vorticoso, toto-Quirinale. Il rischio è che stavolta la gara sarà lunga ed estenuante. Nella migliore delle ipotesi il presidente lascerà alla fine dell’anno: due mesi abbondanti di indiscrezioni e candidature. Ma stando alle speranze di Palazzo Chigi, la successione al Colle avverrà solo la prossima primavera. Paralizzando inevitabilmente l’azione politica per sei, interminabili, mesi. 
Intanto sfilano i candidati, veri o presunti. Si studiano gli accordi tra i partiti, si ragiona sulle qualità e le tare di ciascun aspirante presidente. Una passerella che almeno ha l’indubbio merito di mettere in mostra il meglio -  e il peggio - dell’élite politica italiana. Utile criterio per valutare la nostra classe dirigente.

Impossibile non partire dai candidati di diritto. I politici che ai blocchi di partenza si posizionano sistematicamente, ad ogni successione. Romano Prodi ad esempio. L’ultima volta il Professore ha persino sfiorato il traguardo. Candidato dal centrosinistra è giunto fino al portone del Quirinale, prima di venire accoltellato nell’ombra del voto segreto da 101 franchi tiratori. Stavolta può riprovarci (ovviamente respingendo pubblicamente qualsiasi candidatura, ché Prodi le regole della gara le conosce bene). Al suo fianco c’è l’inevitabile Giuliano Amato. Il dottor Sottile, forte anche lui di un passato a Palazzo Chigi, punta sull’esperienza e sulla trasversalità dei suoi sostenitori. E vanta un curriculum di tutto rispetto: in pochi possono raccontare di aver partecipato a così tante corse al Colle. Non può mancare Massimo D’Alema. Più che una salita al Quirinale, però, la sua rischia di diventare una missione impossibile. Inevitabilmente ostacolata dalla siderale distanza che lo separa da Renzi e Berlusconi. 

A queste considerazioni se ne aggiungono altre. Matteo Renzi è davvero disposto a puntare su un presidente di peso? Il premier - raccontano - avrebbe tutto l’interesse a far eleggere un Capo dello Stato in versione “passacarte”. Una personalità di tutto rispetto, per carità. Ma certo non un ostacolo alla sua azione di governo. Un indizio dopo l’altro si disegna il profilo del perfetto presidente della Repubblica. Intanto, mai come stavolta, a spuntarla potrebbe essere una donna. Sarebbe la prima nella storia repubblicana. Ad ascoltare le dichiarazioni di questi giorni la scelta sembra inevitabile. «L’Italia è finalmente pronta per un presidente con la gonna» ripetono in tanti. Tutto sta ad agire coerentemente nel segreto dell’urna. E così ecco spuntare il nome di Emma Bonino, leader radicale, già ministro degli Esteri nell’ultimo governo Letta (ma allontanata dalla Farnesina proprio ad opera dell’attuale premier). In gara con lei ci sono la titolare della Difesa Roberta Pinotti e la presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama Anna Finocchiaro. Distaccata già in partenza la presidente della Camera Laura Boldrini.
C’è chi scommette su Mario Draghi, pronto a trasferirsi da Francoforte a Roma. Qualcuno punta forte su Letta. Gianni o Enrico, vanno bene entrambi. Il primo, apprezzato consigliere dell’ex Cavaliere Berlusconi. Il secondo, ultimo presidente del Consiglio prima del cambio di governo dello scorso febbraio. Tutti e due possono contare su un sostegno bipartisan, ma su di loro pesa l’incognita del giudizio di Matteo Renzi. La pioggia di candidati già batte scrosciante. Potrebbero entrare nel giro il sempreverde Walter Veltroni e il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino. Onestamente più difficili le scalate del ministro Dario Franceschini e dell’ex leader della Margherita Francesco Rutelli. 

Può giocare la carta della trasversalità Pier Ferdinando Casini, ex alleato di Berlusconi e oggi entusiasta interlocutore di Renzi. Chissà se basterà. Lo stesso vantaggio ce l’ha Pietro Grasso, presidente del Senato. Con il passare delle ore si infittiscono le nomination, come le raramente informate indiscrezioni dal Palazzo. E la successione del presidente della Repubblica assume le tragicomiche fattezze di un reality show. Ai partiti, un unico avvertimento. L’ultima volta, preso atto della propria incapacità di convergere su un nome condiviso, sono riusciti a salvare la faccia convincendo Napolitano a restare al suo posto. Stavolta non ci saranno scappatoie

 Marco Sarti - 11 novembre 2014
fonte: http://www.linkiesta.it

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