marzo 7.2014
Una
valanga d’informazione demonizza Putin e la Russia dipingendoli come
aggressori. Oltre a varie dichiarazioni di coloro che chiaramente vivono
ancora, e felicemente, nella Guerra Fredda, come i senatori John McCain
e Lindsey Graham, analisti di Fox News e neoconservatori, vi sono
coloro che avanzano un’analisi obiettiva ed equilibrata degli eventi in
Ucraina. Tra questi gli ex-funzionari del Consiglio di Sicurezza
Nazionale degli Stati Uniti Tom Graham e Jack Matlock, il professore
della Columbia University Robert Legvold nonché il redattore di National
Interest Dimitri Simes. Ma non sono molti. Purtroppo, anche dei
funzionari a volte partecipano a tale spiacevole tentativo aggravando
gli sforzi di esperti e giornalisti. McCain s’è dimostrato un buffone
anche prima, quando credeva che la Pravda fosse ancora il principale
giornale del governo russo. Ciò indica in modo eloquente il basso
livello di comprensione di ciò che accade in Russia. Purtroppo,
affermazioni incompetenti e perniciose sulla Russia vengono fatte anche
dal segretario di Stato John Kerry, dimostrando di vivere in un’altra
dimensione, definendo le azioni russe (quando i militari russi
probabilmente si erano diretti in Crimea) come politica del XIX secolo
nel XXI secolo, dimenticando facilmente che gli Stati Uniti adottano
esattamente tale politica da sempre, sia nel ventesimo che nel
ventunesimo secolo. Sono ovviamente persone schizofreniche: giudicano
alcune azioni con una serie di criteri, mentre dimenticano completamente
le proprie, come le azioni statunitensi in Afghanistan, Iraq e Libia.
Anche i consiglieri di Obama hanno commesso errori, parlando
d’”invasione”, dove non ce n’era. Per trattato, la Russia ha il diritto
di porre 25000 soldati sul territorio ucraino della Crimea. Secondo una
mia stima (ho parlato con persone di Sebastopoli), in Crimea ora vi sono
poco più di 10000 militari provenienti dalla Russia. Ciò significa che
la Russia può inviarne 15000 in modo perfettamente legale. Ed è
perfettamente comprensibile che i militari si muovessero verso la
penisola. Le azioni dei militari russi, anche quando bloccano i presidi
ucraini, sono in conformità con le norme negoziati tra la Russia, le
nuove autorità della Crimea e il legittimo Presidente Viktor Janukovich.
La Crimea è ancora abitata da persone in disaccordo con i tagliagole al
potere a Kiev, il cui primo atto è stato vietare la legge sulle lingue
regionali, mettendo così la lingua russa e i russi fuorilegge, oltre a
minacciare di distruggerne l’autonomia e la flotta russa. I russi nel
est e nel sud-est dell’Ucraina sono sostanzialmente privati del diritto
di tutelare i propri interessi. Riguardo l’Ucraina orientale, la
situazione è più grave. L’oriente vorrà, come minimo, la
federalizzazione. Quale livello di autonomia queste regioni otterranno,
può essere deciso solo dopo che un governo legittimo sarà formato a
Kiev. Questa sarà la vera uscita dalla crisi, senza guerra civile e
senza violenze, ma se ci dovessero essere degli improvvisi tentativi
folli, occidentali o di Kiev, d’imporre con la forza il proprio ordine
nei territori filo-russi, riceveranno un netto rifiuto. In tale scenario
la Russia non rimarrà in disparte, perché sarà esattamente lo scenario
per il quale Putin ha chiesto al Consiglio della Federazione di
autorizzare la forza militare in Ucraina per contrastare la minaccia
alla vita e alla sicurezza dei cittadini russi e russofoni della
popolazione ucraina.
Chi ha vinto, chi ha perso
Possiamo dire che l’occidente ucraino e l’occidente nel suo complesso, hanno perso in Ucraina. Dopo la rivoluzione arancione nel 2004, fui l’unico analista russo che, sconcertando molti in Russia, Ucraina e occidente, dissi in modo inequivocabile che, mentre i presidenti vincono le elezioni con il supporto dell’oriente e del meridione, ciò impedisce la mobilitazione di quelle regioni per i propri fini. Leonid Kuchma e Leonid Kravchuk capirono quanto fossero pericolose le mosse brusche, mentre avevano a che fare con l’instabilità dovuta alla presenza di due distinte culture, due lingue e due Paesi distinti storicamente. Avvertii anche allora che era meglio avere al potere Viktor Jushenko che Viktor Janukovich, perché Jushenko era dopo tutto un politico prevedibile anche se radicale. Non avrebbe seguito i radicali, una volta al potere, portando alla frattura del Paese. Mentre Kiev sembrava mantenere legittimità, il precario equilibrio era preservato. Dobbiamo constatare che in effetti, il vero sogno degli occidentali in Ucraina avrebbe dovuto essere tenere Janukovich al potere perché era un garante della stabilità e della conservazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina. L’arrivo al potere di radicali e nazionalisti, soprattutto con mezzi illegittimi, ovviamente porta al crollo dello Stato ucraino. Questo ha permesso alla Crimea di fare la stessa cosa, e così anche i protettori della Crimea e dell’Ucraina orientale, cosa che non si sarebbero mai sognato prima. Il crollo della legittimità a Kiev ha permesso alla Crimea di eleggere il sindaco di Sebastopoli e il suo Primo Ministro a Simferopol, che sono de facto filo-russi. Queste regioni hanno avuto l’opportunità di essere veramente indipendenti, ciò che il prossimo referendum suggellerà. Questo permette alle autorità della Crimea di non riconoscere la legittimità di Kiev, di fatto in conformità con la legge e la Costituzione. I golpisti hanno cacciato il legittimo Presidente Yanukovich e violato gli accordi garantiti dai ministri degli Esteri polacco, tedesco e francese. Inoltre, gli eventi in Crimea hanno ispirato russi e russofoni a Kharkov, Donetsk, Lugansk, Dnepropetrovsk e Odessa e, naturalmente, permesso a queste città di premere per la federazione. Il livello di federalizzazione in queste città, da un lato, e Kiev dall’altro, sarà oggetto di intensi negoziati, perché la popolazione russa e russofona dominante nelle città orientali e meridionali vuole avere una decisiva voce in capitolo sul proprio governo, sulla lingua che usa, sui libri che legge e sui media che guarda. Risultato di tutto ciò, l’Ucraina occidentale e l’occidente che purtroppo ha sostenuto, stimolato e aiutato l’intero processo, hanno subito una sconfitta schiacciante. Non hanno nemmeno capito che la caduta di Janukovich sarà la rovina dell’unità territoriale dell’Ucraina e che hanno incendiato casa con le proprie mani, piazzando una bomba a orologeria sull’integrità territoriale dell’Ucraina.
Possiamo dire che l’occidente ucraino e l’occidente nel suo complesso, hanno perso in Ucraina. Dopo la rivoluzione arancione nel 2004, fui l’unico analista russo che, sconcertando molti in Russia, Ucraina e occidente, dissi in modo inequivocabile che, mentre i presidenti vincono le elezioni con il supporto dell’oriente e del meridione, ciò impedisce la mobilitazione di quelle regioni per i propri fini. Leonid Kuchma e Leonid Kravchuk capirono quanto fossero pericolose le mosse brusche, mentre avevano a che fare con l’instabilità dovuta alla presenza di due distinte culture, due lingue e due Paesi distinti storicamente. Avvertii anche allora che era meglio avere al potere Viktor Jushenko che Viktor Janukovich, perché Jushenko era dopo tutto un politico prevedibile anche se radicale. Non avrebbe seguito i radicali, una volta al potere, portando alla frattura del Paese. Mentre Kiev sembrava mantenere legittimità, il precario equilibrio era preservato. Dobbiamo constatare che in effetti, il vero sogno degli occidentali in Ucraina avrebbe dovuto essere tenere Janukovich al potere perché era un garante della stabilità e della conservazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina. L’arrivo al potere di radicali e nazionalisti, soprattutto con mezzi illegittimi, ovviamente porta al crollo dello Stato ucraino. Questo ha permesso alla Crimea di fare la stessa cosa, e così anche i protettori della Crimea e dell’Ucraina orientale, cosa che non si sarebbero mai sognato prima. Il crollo della legittimità a Kiev ha permesso alla Crimea di eleggere il sindaco di Sebastopoli e il suo Primo Ministro a Simferopol, che sono de facto filo-russi. Queste regioni hanno avuto l’opportunità di essere veramente indipendenti, ciò che il prossimo referendum suggellerà. Questo permette alle autorità della Crimea di non riconoscere la legittimità di Kiev, di fatto in conformità con la legge e la Costituzione. I golpisti hanno cacciato il legittimo Presidente Yanukovich e violato gli accordi garantiti dai ministri degli Esteri polacco, tedesco e francese. Inoltre, gli eventi in Crimea hanno ispirato russi e russofoni a Kharkov, Donetsk, Lugansk, Dnepropetrovsk e Odessa e, naturalmente, permesso a queste città di premere per la federazione. Il livello di federalizzazione in queste città, da un lato, e Kiev dall’altro, sarà oggetto di intensi negoziati, perché la popolazione russa e russofona dominante nelle città orientali e meridionali vuole avere una decisiva voce in capitolo sul proprio governo, sulla lingua che usa, sui libri che legge e sui media che guarda. Risultato di tutto ciò, l’Ucraina occidentale e l’occidente che purtroppo ha sostenuto, stimolato e aiutato l’intero processo, hanno subito una sconfitta schiacciante. Non hanno nemmeno capito che la caduta di Janukovich sarà la rovina dell’unità territoriale dell’Ucraina e che hanno incendiato casa con le proprie mani, piazzando una bomba a orologeria sull’integrità territoriale dell’Ucraina.
La strada per uscire dalla crisi
Nulla impedirà il referendum in Crimea, dopo di che sarà indipendente, avendo già dichiarato di negoziare le proprie relazioni con Kiev. Il nuovo trattato probabilmente legittimerà le sue forze militari, il suo ministero degli esteri e le istituzioni governative per le quali si terranno le elezioni. Forse conserverà ancora certi rapporti simbolici con Kiev. E l’Ucraina orientale seguirà questa strada. Può essere emotivamente soddisfacente per i politici occidentali denunciare questi eventi, ma la Russia continuerà a perseguire i propri legittimi interessi nazionali.
Nulla impedirà il referendum in Crimea, dopo di che sarà indipendente, avendo già dichiarato di negoziare le proprie relazioni con Kiev. Il nuovo trattato probabilmente legittimerà le sue forze militari, il suo ministero degli esteri e le istituzioni governative per le quali si terranno le elezioni. Forse conserverà ancora certi rapporti simbolici con Kiev. E l’Ucraina orientale seguirà questa strada. Può essere emotivamente soddisfacente per i politici occidentali denunciare questi eventi, ma la Russia continuerà a perseguire i propri legittimi interessi nazionali.
Andranik Migranjan è il direttore dell’Istituto per la Democrazia e la Cooperazione di New York, che collabora con l’amministrazione presidenziale russa. È professore presso l’Istituto di Relazioni Internazionali di Mosca, ex-membro della Camera ed ex-membro del Consiglio di Presidenza russa.
fonte: AURORA
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